Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 24945 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 24945 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il 27/08/1997
avverso la sentenza del 03/10/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza indicata nel preambolo la Corte di appello di Napoli, in accoglimento dell’impugnazione proposta dall’imputato, ha riformato la decisione, in data 7 marzo 2024, con cui il G.i.p. del Tribunale della medesima sede
giudiziaria, aveva ritenuto NOME COGNOME colpevole, tra l’altro , del reato di detenzione di arma clandestina, previsto dall’art. 23, comma 3, l. n. 110 del 1975.
In particolare, la Corte distrettuale:
ha riqualificato l’originaria imputazione da ultimo citata in quella di cui agli articoli 2 e 7 legge della legge n. 895 del 1967;
ha assolto COGNOME dal reato di ricettazione dell ‘ arma oggetto della medesima contestazione; per l’effetto, ha rideterminato la pena nella misura di anni 2 mesi 9 giorni 10 di reclusione ed euro 3.000,00 di multa.
Nell’esaminare i motivi di appello, la sentenza testé descritta ha osservato che non sussiste la denunciata violazione dell’articolo 521 cod. proc. pen. perché la formale difformità tra l’arma indicata nel capo di imputazione, ‘pistola semiautomatica completa del relativo caricatore calibro 22’ e quella per cui è intervenuta la condanna, indicata come ‘ pistola avente calibro 6,35 ‘ non ha in alcun modo leso il diritto di difesa dell’imputato. Risulta, infatti, dagli atti che l’arma sottoposta ad accertamenti balistici ed oggetto del processo è la stessa rinvenuta a casa dell’imputato ed indicata al punto 4) del verbale di sequestro con una descrizione identica a quella riportata nell’imputazione.
Ricorre COGNOME per il tramite dei difensori di fiducia, avv. ti NOME e NOME COGNOME affidandosi a due motivi.
2.1. Con il primo denuncia inosservanza o erronea applicazione dell’art. 521 cod. proc. pen.
Lamenta il ricorrente che la Corte di appello ha ritenuto infondata la doglianza difensiva, relativa alla violazione del principio di necessaria correlazione tra accusa e sentenza, sulla base di un percorso motivazionale illogico, erroneo, e comunque travisante gli atti di causa.
Pur dando per pacifico che nel capo di imputazione è stata contestata all’imputato l’illegale detenzione di una pistola semiautomatica cromata calibro 22 e che la perizia balistica e la condanna hanno, invece, avuto ad oggetto una pistola semiautomatica brunita calibro 6,35, ha considerato siffatta incongruenza frutto di un errore irrilevante e, comunque, inidoneo ad instillare dubbi sull’identità dell’arma oggetto di condanna con quella rinvenuta presso l’abitazione dell’imputato e sottoposta a sequestro.
Nel pervenire a questa conclusione, la sentenza impugnata non solo non ha tenuto conto che il capo di imputazione si era uniformato al contenuto della notizia di reato, ma ha anche travisato il verbale di sequestro.
Come risulta dal contenuto trascritto nel ricorso ai fini della sua autosufficienza, al punto 4) del verbale di sequestro è indicato ‘ un coltello a serramanico ‘ ed in nessuna voce dell’elenco è indicata una ‘ pistola cal. 6,35 con
relative cartucce ‘ . Eppure, la perizia ha accertato la qualifica di arma comune da sparo di una pistola calibro 6, 35 di colore nero.
In tale contesto l’affermazione circa l’identità tra l’arma periziata e quella sequestrata è un’affermazione apodittica non supportata ma anzi smentita dagli atti: le due pistole hanno calibro e colore diverso e sono corredate da cartucce di tipo totalmente diverso.
Nessun operatore di polizia in sede di redazione del verbale può confondersi al punto da indicare un’arma al posto di un’altra.
Non essendovi alcuna certezza che la perizia, risultata decisiva ai fini della condanna, abbia avuto ad oggetto proprio la pistola rinvenuta nell’abitazione dell’imputato .
Non risulta nemmeno accertato che quest’ultima sia un’ arma comune da sparo e non una pistola a salve, come l’altra indicata nel verbale di sequestro.
2.2. Con il secondo motivo denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale nonché vizio di motivazione per l’omessa pronuncia e comunque sulla mancata concessione dell’attenuante di cui all’art. 5 della l., 2 ottobre 1967, n. 895.
Nonostante la difesa abbia richiesto nell’atto di appello la concessione dell’attenuante de qua, la Corte distrettuale ha totalmente omesso di pronunciarsi sulla richiesta. Eppure, l’attenuante invocata è stata ritenuta configurabile dalla richiamata giurisprudenza di legittimità proprio in relazione alla detenzione di pistole di calibro 6,35.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo, relativo alla violazione dell’art. 521 cod. proc. pen., è infondato.
1.1. E’ pacifico approdo della giurisprudenza di legittimità che in tema di correlazione tra imputazione contestata e sentenza, per aversi mutamento del fatto occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l’ipotesi astratta prevista dalla legge, in modo che si configuri un’incertezza sull’oggetto dell’imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa; ne consegue che l’indagine volta ad accertare la violazione del principio suddetto non va esaurita nel pedissequo e mero confronto puramente letterale fra contestazione e sentenza perché, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione è del tutto insussistente quando l’imputato, attraverso l'”iter” del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all’oggetto
dell’imputazione ( Sez. 3 n. 24932 del 10/02/2023, Gargano, Rv. 284846 -04; Sez. U, n. 36551 del 15/07/2010, COGNOME, Rv. 248051 -01).
Nella stessa prospettiva è stato precisato che la mutazione della mera descrizione del fatto, che, senza incidere sulla sua storicità, sia volta a rendere quello riportato nell’imputazione conforme a quanto risulta dagli atti e, quindi, è noto all’imputato, non preclude al giudice di pronunciarsi sullo stesso, né gli impone di restituire gli atti al pubblico ministero, in quanto non costituisce modifica dell’imputazione, rilevante ai sensi dell’art. 516 cod. proc. pen. (Sez. 3, n. 17829 del 05/12/2018, dep. 2019, COGNOME Rv. 275455 -01).
La sentenza impugnata, in puntuale applicazione dei principi sin qui ricordati, ha correttamente ritenuto infondata l’eccezione sollevata dalla difesa nei medesimi termini con cui è stata dedotta in questa sede, osservando che la condanna – a prescindere dalle indicazioni contenute nel capo di imputazione, mutuate da alcuni atti di indagine contenenti dati erronei – ha avuto ad oggetto, così come contestato nell ‘ editto di accusa, la pistola che dopo essere posta in sequestro, in esito a perquisizione che aveva consentito di accertarne la disponibilità da parte dell’imputato , è stata sottoposta agli esami balistici da cui è emersa la perfetta funzionalità.
Risulta, infatti, accertato che presso l’ abitazione dell’imputato sono state rinvenute soltanto due pistole: una, immediatamente indicata come arma giocattolo priva di tappo rosso, non è stata mai sottoposta agli esami balistici; l’ altra, descritta come di tipo semiautomatico e dotata di un caricatore in cui erano inserite 4 cartucce, ma con diverse indicazioni sul calibro, è stata l ‘ unica consegnata alla polizia scientifica, su richiesta dell’imputato che ne aveva contestato il regolare funzionamento, per essere sottoposta agli accertamenti tecnici.
Il lamentato errore non pertanto determinato alcuna lesione del diritto di difesa.
Il secondo motivo, relativo all’attenuante di cui all’art. 5 della l., 2 ottobre 1967, n. 895, non supera il vaglio di ammissibilità.
2.1. Come rilevato dalla difesa del ricorrente, la sentenza impugnata non ha preso in considerazione la richiesta di applicazione dell ‘ attenuante formulata nell ‘ atto di appello.
Tale omissione non è però sufficiente ad integrare una ipotesi di omessa pronuncia rilevante per l ‘ annullamento della sentenza sul punto. Va, infatti, verificato se il motivo di appello aveva un contenuto nei termini richiesti dall’art. 581 cod. proc. pen. come novellato dall’art. 1, comma 55, legge 3 agosto 2017, n. 103.
In caso contrario trova applicazione il condivisibile orientamento giurisprudenziale secondo cui il difetto di motivazione della sentenza di appello in ordine a motivi generici, proposti in concorso con altri motivi specifici, non può formare oggetto di ricorso per cassazione, poiché i motivi generici restano viziati da inammissibilità originaria, quand’anche il giudice dell’impugnazione non abbia pronunciato in concreto tale sanzione. (ex plurimis Sez. 5, n. 44201 del 29/09/2022 Testa, Rv. 283808 – 01 ; Sez. 3, n. 10709 del 25/11/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 262700 -01Sez. 5, n. 27202 del 11/12/2012, dep. 2013, Rv. 256314 -01;Sez. 6, n. 47983 del 27/11/2012, COGNOME, Rv. 254280 -01). E ‘ , quindi, inammissibile, per carenza d’interesse, il ricorso per cassazione avverso la sentenza di secondo grado che non abbia preso in considerazione un motivo di appello inammissibile “ab origine” per manifesta infondatezza, in quanto l’eventuale accoglimento della doglianza non sortirebbe alcun esito favorevole in sede di giudizio di rinvio (Sez. 2, n. 35949 del 20/06/2019, Rv. 276745 e n. 35493 del 03/07/2019, COGNOME, Rv. 276435).
Risulta dagli atti processuali ed in particolare dalla disamina dell’atto di appello che l ‘ odierno ricorrente si è limitato a formulare una generica richiesta di applicazione dell’attenuante di cui all’art. 5 della l., 2 ottobre 1967, n. 895, senza alcun riferimento alla condotta specificamente posta in essere dall’imputato.
La Corte distrettuale avrebbe dovuto, pertanto, dichiarare inammissibile il motivo sicché il ricorrente non può nel presente giudizio dolersi dell’omessa risposta.
2.2. In ogni caso, dalla complessiva motivazione della sentenza impugnata si comprende agevolmente che la Corte distrettuale ha escluso la sussistenza nel caso in esame dell ‘ invocata attenuante del fatto di lieve entità, mettendo in evidenza concrete circostanze del fatto che depongono in senso diametralmente opposto: non solo le modalità di conservazione della pistola illegittimamente detenuta (poggiata sul comodino in bella vista e pronta all ‘ uso), ma anche la disponibilità da parte dell ‘ imputato di ulteriori armi come coltelli a serramanico e di oggetti normalmente utilizzati per attività delittuose come i passamontagna e la pistola giocattolo.
D ‘altra parte, se è vero che in tema di armi, la circostanza attenuante speciale del fatto di lieve entità è applicabile al porto e alla detenzione di una pistola cal. 6,35, in quanto la stessa è un’arma comune da sparo dotata di minore potenzialità offensiva (Sez. 6, n. 7271 del 19/12/2019, dep. 2020, Ulisse, Rv. 278351 – 02), è principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità che la medesima attenuante possa essere negata anche per le componenti oggettive e soggettive del fatto, diverse da quelle concernenti la qualità e quantità delle armi illegalmente gestite (Sez. 2, n. 3852 del 13/12/2019, dep. 2020, NOME COGNOME; Sez. 1, n. 26270
del 27/03/2013, COGNOME, Rv. 255827 -01; Sez. 1, n. 7927 del 02/07/1997 Martino, Rv. 208266 -01, Rv. 278239 – 01).
In conclusione il ricorso, nel suo complesso, deve essere rigettato ed il ricorrente deve essere condannato al pagamento della spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, in Roma 28 maggio 2025.