Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 27078 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 27078 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 16/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOMECOGNOME nato a Palermo il 27/8/1985
avverso il decreto del 15/01/2025 emesso dalla Corte di appello di Palermo visti gli atti, il decreto impugnato e il ricorso; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Palermo confermava il decreto con il quale il ricorrente era stato sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di Pubblica sicurezza, con obbligo di soggiorno, ed era stata disposta la confisca della quota pari al 56% di un immobile, nonché di un’autovettura intestata alla moglie del proposto.
Nell’interesse del ricorrente è stato formulato un unico motivo di ricorso, con il quale si deduce la violazione di legge in ordine alla sussistenza dei presupposti per disporre la confisca, con specifico riguardo alla carenza di correlazione cronologica tra la manifestazione di pericolosità.
Rileva il ricorrete che l’immobile oggetto di confisca è stato acquistato nel 2007 e, quindi, in epoca di molto antecedente rispetto all’emersione della pericolosità che, pur a voler condividere le argomentazioni dei giudici di appello, potrebbe essere al più fatta risalire al 2012.
In realtà, risulterebbe erronea l’affermazione secondo cui, fin dal 2012, il ricorrente sarebbe stato solito accompagnarsi con esponenti mafiosi di spicco (NOME COGNOME), essendo emersa la sola frequentazione di una “sala biliardi” gestita da soggetto non legato ad ambienti criminali.
La Corte di appello, pertanto, avrebbe erroneamente perimetrato il periodo in cui sarebbe emersa la pericolosità sociale, desumendola da elementi fattuali insufficienti o, comunque, mal interpretati.
Quanto detto comporta che l’immobile, acquistato fin dal 2007 e, quindi, in ogni caso in epoca di molto antecedente rispetto al periodo di pericolosità sociale accertato, non poteva essere oggetto di confisca, in virtù della consolidata giurisprudenza secondo cui tra l’acquisto e l’emersione della pericolosità occorre che sussista una ragionevole correlazione temporale.
A ciò si aggiunga che la liceità dell’acquisto del bene era ampiamente comprovata dal fatto che l’immobile era stato acquistato all’asta, il che renderebbe irrilevante la ritenuta incongruenza tra la situazione patrimoniale del prevenuto e l’acquisto del bene.
Infine, si censura l’omessa valutazione di elementi addotti a favore del ricorrente, quali la vincita della somma di 7.600 e il modesto valore dei beni mobili in suo al predetto.
È pervenuto uno scritto personale a firma del ricorrente
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
L’impugnazione si fonda sulla dedotta violazione del requisito della correlazione temporale tra l’acquisto dell’immobile oggetto di confisca e l’emersione della pericolosità sociale, nonché sull’erronea perimetrazione temporale di quest’ultimo elemento.
Per quanto riguarda tale aspetto, il ricorrente, pur deducendo la violazione di
legge, introduce surrettiziamente una doglianza che attiene al profilo motivazionale, nella misura in cui contesta la ricostruzione degli elementi in fatto che, secondo il concorde giudizio espresso in primo e secondo grado, consentirebbe di far risalire la pericolosità sociale quanto meno al 2012.
Premesso che tale aspetto è stato oggetto di puntuale motivazione, deve rilevarsi l’inammissibilità della doglianza.
Per consolidata giurisprudenza, nel procedimento di prevenzione il ricorso per cassazione è ammesso soltanto per violazione di legge, ne consegue che è esclusa dal novero dei vizi deducibili in sede di legittimità l’ipotesi dell’illogicità manifest di cui all’art. 606, lett. e), cod. proc. pen., potendosi esclusivamente denunciare con il ricorso il caso di motivazione inesistente o meramente apparente (Sez. U, n.33451 del 29/05/2014, Repaci, Rv. 260246; sulla compatibilità costituzionale di tale disciplina si veda anche Sez. 2, n. 2566 del 19/12/2014, COGNOME, Rv. 261954, che ha dichiarato manifestamente infondata la relativa questione).
Tale principio, enunciato dalle Sezioni Unite con rifermento alla disciplina previgente rispetto a quella contenuta nel d.lgs. 16 settembre 2011, n.159, è valido anche nei procedimenti nei quali sono operanti le disposizioni introdotte dalla novella, in quanto, anche l’art. 10, comma 3, d.lgs. n.169 del 2011 prevede espressamente che il ricorso in cassazione avverso il decreto della corte di appello possa essere presentato solo per violazione di legge (così, da ultimo, Sez. 6, n. 21525 del 18/06/2020, COGNOME, rv.279284; Sez.2, n.20968 del 6/07/2020, COGNOME, Rv. 279435).
Quanto detto comporta che nel giudizio di legittimità non possono essere dedotti meri vizi della motivazione, afferenti alla illogicità e contraddittorietà della valutazione degli elementi dimostrativi sottoposti ai giudici di merito, potendo essere rilevanti solo quei vizi che concretizzino una motivazione del tutto assente o apparente, intesa quest’ultima come motivazione priva dei requisiti minimi di coerenza e completezza, al punto da risultare inidonea a rendere comprensibile l’iter logico seguito dal giudice di merito, ovvero configurabile qualora le linee argonnentative del provvedimento siano talmente scoordinate da rendere oscure le ragioni che hanno giustificato il provvedimento (così, tra le tante, Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014, Repaci, Rv. 260246).
2.1. Una volta esclusa la possibilità di sindacare, in questa sede, la perimetrazione temporale della pericolosità sociale, deve rilevarsi come il ricorso risulti manifestamente infondato in relazione alla dedotta discrepanza tra l’acquisto dell’immobile (risalente al 2007) e il periodo sospetto.
Il ricorrente, infatti, non si confronta in alcun modo con la motivazione resa nel provvedimento impugnato (sul punto integrato anche da quello di primo
grado), posto che la confisca non è stata disposta in relazione all’immobile così
come acquistato nel 2007, bensì è riferita agli incrementi patrimoniali (derivanti dalla completa ristrutturazione dello stesso) intervenuti a partire dal 2015 e,
quindi, in periodo compatibile con l’accertata pericolosità sociale (si veda a tal riguardo pg.36 decreto di primo grado).
Sulla base di tale presupposto, la confisca è stata disposta unicamente sulla quota derivante dall’incremento patrimoniale di ritenuta origine illecita, quota che
è stata quantificata nella misura del 56% del valore complessivo dell’immobile e rispetto alla quale il ricorrente non ha sollevato alcuna doglianza in sede di
legittimità.
Quanto detto consente di ritenere la manifesta infondatezza del ricorso, avendo la Corte di appello correttamente applicato il principio secondo cui, quando
risulti che un immobile lecitamente acquisito sia stato ampliato o migliorato con l’impiego di disponibilità economiche prive di giustificazione, la confisca deve
essere eseguita non sull’intero bene, bensì sulla quota corrispondente al valore dell’incremento patrimoniale di sospetta provenienza.
Viceversa, la confisca può investire il bene nella sua interezza esclusivamente nel caso in cui le trasformazioni e le addizioni abbiano natura e valore preminente, tale da non consentire una effettiva separazione di distinti valori “pro quota” (Sez.2, n. 27933 del 15/3/2019, Lampo, Rv. 276211).
Alla luce di tali considerazioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 16 giugno 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente