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Correlazione sentenza richiesta: annullata pena parziale

Un imputato concorda una pena detentiva con richiesta di sostituzione in lavori di pubblica utilità. Il giudice applica solo la pena detentiva, ignorando il resto. La Cassazione, rilevando il difetto di correlazione sentenza richiesta, annulla la decisione e rinvia gli atti per un nuovo giudizio che tenga conto dell’accordo completo.

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Pubblicato il 30 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Correlazione Sentenza Richiesta: Quando il Giudice non può Ignorare l’Accordo delle Parti

La correlazione tra sentenza e richiesta delle parti nel rito del patteggiamento è un principio cardine della procedura penale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. n. 31673/2025) ha ribadito con forza questo concetto, annullando una decisione di un GUP che aveva accolto solo parzialmente l’accordo raggiunto tra imputato e Pubblico Ministero. Analizziamo insieme il caso e le importanti implicazioni giuridiche.

I Fatti del Caso

Nel caso di specie, un imputato, accusato dei reati di estorsione e spaccio di lieve entità, aveva concordato con il Pubblico Ministero l’applicazione di una pena di due anni e quattro mesi di reclusione, oltre a una multa. Elemento cruciale dell’accordo era la richiesta, formulata contestualmente, di sostituire la pena detentiva con il lavoro di pubblica utilità.

Il Pubblico Ministero aveva prestato il proprio consenso all’intero “pacchetto”: sia alla quantificazione della pena sia alla sua sostituzione. Tuttavia, il Giudice per l’Udienza Preliminare del Tribunale, nel pronunciare la sentenza, applicava la pena detentiva e pecuniaria concordata, omettendo completamente di pronunciarsi sulla richiesta di sostituzione con il lavoro di pubblica utilità e senza fornire alcuna motivazione per tale omissione.

La Decisione della Corte sulla Correlazione Sentenza Richiesta

L’imputato ha proposto ricorso per Cassazione lamentando proprio questa anomalia. La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso fondato, accogliendolo e annullando la sentenza impugnata. Il motivo centrale della decisione risiede nel “difetto di correlazione tra la richiesta stessa e la sentenza”, un vizio specificamente previsto come motivo di ricorso dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale.

La Corte ha evidenziato come l’accordo tra le parti non riguardasse solo la pena detentiva, ma un complesso unitario che includeva anche la sua modalità di esecuzione, ovvero la sostituzione con il lavoro di pubblica utilità. Il consenso del Pubblico Ministero copriva l’intera proposta. Di conseguenza, il giudice di merito non poteva “spacchettare” l’accordo, accogliendone una parte e ignorandone un’altra.

Le Motivazioni della Cassazione

La motivazione della Suprema Corte si fonda su un principio fondamentale del patteggiamento: il ruolo del giudice è quello di vagliare la congruità e la legalità dell’accordo nel suo complesso, non di riscriverlo. L’accordo, una volta formato con il consenso delle parti, costituisce un’unica proposta negoziale. Il giudice ha di fronte a sé due sole opzioni: accoglierlo in toto o rigettarlo in toto, se lo ritiene non congruo o illegale.

Nel caso analizzato, la sentenza del Tribunale ha erroneamente riportato l’accordo come se riguardasse unicamente l’applicazione della pena detentiva, tralasciando la richiesta di misura alternativa che ne era parte integrante e sostanziale. Questo ha creato una frattura insanabile tra la volontà delle parti, cristallizzata nell’accordo, e la decisione finale del giudice. Tale difetto di correlazione determina la nullità della sentenza, poiché il dispositivo emesso non rispecchia l’intesa processuale su cui avrebbe dovuto basarsi.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

Questa pronuncia rafforza la natura “negoziale” del rito del patteggiamento, limitando l’intervento manipolativo del giudice. Le implicazioni pratiche sono significative: quando si formula una richiesta di applicazione pena, ogni elemento accessorio (come la richiesta di sospensione condizionale, di non menzione o, come in questo caso, di sostituzione della pena) è parte di un’unica volontà negoziale. Il giudice non può ignorare o scartare queste clausole accessorie a sua discrezione.

L’annullamento della sentenza con trasmissione degli atti al Tribunale significa che il procedimento dovrà tornare davanti a un giudice di primo grado, il quale sarà tenuto a rivalutare l’accordo nella sua interezza. Dovrà quindi considerare sia la pena concordata sia la richiesta di sostituzione con il lavoro di pubblica utilità, emettendo una decisione che rispetti pienamente la correlazione tra la richiesta delle parti e la sentenza.

Può un giudice modificare un accordo di patteggiamento, applicandone solo una parte?
No. Secondo la Corte di Cassazione, il giudice non può applicare solo una parte dell’accordo. Se non ritiene congrua la richiesta nel suo complesso, deve rigettarla integralmente, non modificarla. La sentenza deve corrispondere alla richiesta delle parti.

Cosa succede se la sentenza di patteggiamento non corrisponde all’accordo tra imputato e pubblico ministero?
In caso di “difetto di correlazione” tra la richiesta e la sentenza, la parte interessata può presentare ricorso per cassazione. Se il ricorso è fondato, la Corte annulla la sentenza, come avvenuto in questo caso, e trasmette gli atti al tribunale per un nuovo giudizio.

La richiesta di sostituire la pena detentiva con il lavoro di pubblica utilità è parte integrante dell’accordo di patteggiamento?
Sì. Come chiarito dalla sentenza, quando l’imputato formula la richiesta di pena e “inoltre” quella di sostituzione con il lavoro di pubblica utilità, e il pubblico ministero acconsente a tale pacchetto, entrambe le richieste costituiscono un accordo unico che il giudice deve valutare nel suo complesso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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