Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 17899 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 17899 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 02/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a BELSH (ALBANIA) il 06/06/1992
avverso la sentenza del 17/10/2024 del GIP TRIBUNALE di PESARO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata il Tribunale di Pesaro ha applicato su richiesta, ai sens dell’art. 444 cod. proc. pen., a NOME COGNOME in relazione al delitto di cui agli artt. 81 e 73 comma 5 d.P.R. 309/90, previa concessione delle attenuanti generiche, la pena di uno e mei sei di reclusione ed C 2.164,00 di multa, sostituita, ai sensi degli artt. 545-bis cod pen., 53 e 56 della legge 24 novembre 1981, n. 689, con la detenzione domiciliare per l medesima durata. La sentenza autorizzava l’imputato a “lasciare senza scorta l’abitazione pe svolgere lavoro presso Riofer di Tavullia da lunedì al venerdì, dalle 8 alle 18” e, nei giorni “per la durata di almeno 4 ore al giorno da fruire tra le 10 e le 18” per “far fronte ai primari di vita propri e dei congiunti”.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per Cassazione NOMECOGNOME a mezzo del difensore di fiducia, deducendo due motivi.
2.1. Con il primo motivo, la difesa censura la mancanza di motivazione in relazione all’ 129 cod. proc. pen. rilevando che il Tribunale aveva ritenuto che non sussistevano i presuppos per l’assoluzione ai sensi della norma innanzi richiamata facendo riferimento a una pregress attività di spaccio che non trovava riscontro nell’incarto processuale.
2.2 Con il secondo motivo, si eccepisce la violazione dell’ “art. 606 lett. b cpp in rel all’art. 448 n° 2 bis c.p.p.- difetto di correlazione tra richiesta e sentenza”. Si ded l’accordo raggiunto fra le parti prevedeva che l’imputato fosse autorizzato a uscire dall’abita dalle 7 alle 20,30 per svolgere attività lavorativa e il sabato, la domenica e i giorni fest 10,00 alle 18,00 mentre la sentenza aveva previsto differenti orari per i giorni da lune e’ venerdì, così da rendere impossibile lo svolgimento dell’attività lavorativa documentata contratto di lavoro prodotto all’udienza del 3/10/2024, eliminato la possibilità di uscit giornata del sabato e ridotto l’orario di uscita per i giorni festivi. Si aggiunge che se “l avesse saputo che il patto sarebbe stato modificato a sua insaputa…non avrebbe operato tal scelta processuale”.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo è inammissibile non rientrando le censure difensive fra quelle per le qu l’art. 448 comma 2 bis cod. proc. pen. consente il ricorso per Cassazione ( Sez. F, n. 28742 d 25/08/2020, Messnaoui, Rv. 279761 – 01; Sez. IV, ord. n. 20821 del 5/5/2021, Akil; Sez. 5 ord. n. 10417 del 16/1/2025, Dridi). E’, infatti, rimasta isolata quella pronuncia che ha aff che, anche dopo l’introduzione della norma ad opera della legge 103/2017, la sentenza del giudice di merito che applichi la pena su richiesta delle parti, escludendo che ricorra una ipotesi proscioglimento previste dall’art. 129 cod. proc. pen., può essere oggetto di contro legittimità, sotto il profilo del vizio di motivazione, se dal testo della sentenza impugnata evidente la sussistenza di una causa di non punibilità (Sez. 2, n. 39159 del 10/09/2019, Hussai Rv. 277102 – 01). E, comunque, anche a voler aderire a un tale precedente, non per questo le doglienze difensive supererebbero il vaglio di legittimità, risultando la prospettazione dif incentrata su atti processuali non richiamati dalla sentenza e non allegati, come il princi autosufficienza al ricorso avrebbe imposto.
2. Manifestamente infondato risulta il secondo motivo d’impugnazione.
Dall’esame degli atti processuali, la cui visione è consentitq,dalla natura del vizio denun risulta che il 7/10/2024 il PM trasmise al GIP del Tribunale di Pesaro l’accordo intervenuto l’avv.to NOME COGNOME quale difensore e procuratore speciale di NOME COGNOME L’accord prevedeva la pena finale di anni due e mesi tre di reclusione ed C 3.096,00 di multa, cui applic la riduzione prevista per il rito, “sostituita ex art. 56 legge 689/81 con la detenzione dom presso l’abitazione…con facoltà per il prevenuto di svolgere attività lavorativa co
documentazione allegata”. L’incarto processuale non rivela quale fosse la documentazione allagata.
All’udienza del 17/10/2024 il difensore depositò una memoria con cui si chiedeva che l’imputato fosse autorizzato ad allontanarsi dalla propria abitazione “…dal lunedì al venerdì ore 7,00 ed a farne rientro alle ore 20,30 nonché ad essere autorizzato ad allontanarsi da propria abitazione il sabato, la domenica ed i giorni festivi dalle ore 10,00 alle ore 18,00 di poter coadiuvare la compagna”.
Tale integrazione non risulta essere stata oggetto di alcun accordo con la Procura dell Repubblica, tant’è che il PM d’udienza “confermò la richiesta di pena concordata” richiamando i precedente accordo intervenuto, che non faceva riferimento al tipo di lavoro che l’imputa avrebbe svolto né, tanto meno, agli orari che avrebbe dovuto osservare.
Non è, quindi, ravvisabile alcun difetto di correlazione fra la richiesta avanzata dalle processuali al giudice e la decisione impugnata.
Va, infine, precisato che l’ampliamento delle autorizzazioni concesse, in modo da renderl aderenti alle esigenze lavorative dell’imputato e alle prescrizioni dell’art. 56 I. 689/81, attenendo alle modalità attuative della decisione, potranno essere disposte dal magistrato di sorveglian
E’ stato in maniera condivisibile rilevato, muovendo dalla nozione di pena illegale afferm nella sentenza COGNOME, in cui è stato escluso che tale concetto possa estendersi “sino al pu da includere profili incidenti sul regime applicativo della sanzione, a meno che ciò non compo la determinazione di una pena estranea all’ordinamento per specie, genere o quantità” (Sez. U, n. 33809 del 31/03/2022, COGNOME, Rv. 283689), che la difformità delle modalità di esecuzion della detenzione domiciliare previste dal giudice della cognizione rispetto al modello legale incide sulla legalità della pena, che risulta pur sempre riconducibile al paradigma di legge suoi tratti essenziali, potendo il magistrato di sorveglianza, ai sensi dell’art. 62 I. 689/81, su richiesta dell’interessato, provvedere, ove necessario, a modificare “le modalità di esecuzion le prescrizioni della pena” (Sez. 6, n. 41487 del 16/10/2024, M., Rv. 287261 – 01).
4. Il ricorso è, quindi, inammissibile
Tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versar colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente ver somma, determinata in via equitativa, di € 3.000,00 in favore della Cass delle ammende, esercitando la facoltà introdotta dall’art. 1, comma 64, I. n. 103 del 2017, di aumentare oltre il massimo la sanzione prevista dall’art. 616 cod. proc. pen. in caso inammissibilità del ricorso, considerate le ragioni dell’inammissibilità stessa come s indicate.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processual e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende
Così deciso il 2/4/2025