Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 32087 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 32087 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a VASTO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 04/04/2023 del GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE di PESCARA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto annullarsi la sentenza impugnata quanto alla pena.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza del 4 aprile 2023 il G.u.p. del Tribunale di Pescara, accogliendo la richiesta ex art. 444 cod. proc. pen. ha applicato nei confronti di NOME COGNOME, per quel che qui rileva, la pena di anni tre, mesi cinque e giorni sedici di detenzione domiciliare sostitutiva della pena di anni tre, mesi cinque e giorni dieci di reclusione ed euro 1500,00 di multa.
Avverso la sentenza ricorre NOME COGNOME a mezzo del proprio difensore di fiducia, articolando unico motivo con cui deduce carenza di motivazione in ordine alla ritenuta insussistenza di cause di non punibilità ex art. 129 cod. proc. pen. e illegalità della pena, lamentando la diversità quantitativa della pena della detenzione domiciliare applicata rispetto a quella della reclusione
sostituita, risultando la prima maggiore di sei giorni.
Il ricorso è stato trattato senza intervento delle parti, ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. n. 137 del 2020, disciplina prorogata sino al 31 dicembre 2022 per effetto dell’art. 7, comma 1, dl. n. 105 del 2021, la cui vigenza è stata poi estesa in relazione alla trattazione dei ricorsi proposti entro il 30 giugno 2023 dall’art. 94 del d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 150, come modificato dall’art. 5-duodecies dl. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito con modificazioni dalla I. 30 dicembre 2022, n. 199, nonché entro il 30 giugno 2024 ai sensi dell’art. 11, comma 7, del d.l. 30 dicembre 2023, n. 215, convertito in legge 23 febbraio 2024, n. 18.
Il Sostituto procuratore generale, AVV_NOTAIO, ha concluso chiedendo annullarsi la sentenza impugnata limitatamente alla pena applicata, con rideterminazione da parte della Corte di cassazione nella misura di anni tre, mesi cinque e giorni dieci di reclusione ed euro 1500,00 di multa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere accolto per la doglianza inerente alla determinazione della pena.
Fondata è la doglianza quanto alla pena applicata, in quanto il G.i.p. non ha tenuto conto della richiesta di pena concordata che prevedeva la sostituzione della pena della reclusione determinata in anni tre, mesi cinque e giorni dieci di reclusione con detenzione domiciliare per la medesima durata, venendo invece la detenzione domiciliare aumentata ad anni tre, mesi cinque e giorni sedici.
Diversamente ‘scompariva’ nella sostituzione della pena detentiva anche quella pecuniaria, oggetto dell’accordo, di euro 1500,00.
La censura dedotta è fondata in quanto ricompresa fra quelle ammesse dall’art. 448, comma 2 -bis, cod. proc. pen., come introdotto dalla legge n. 103 del 2017, che ha stabilito che il ricorso avverso la sentenza di patteggiamento è proponibile solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza.
Nel caso in esame si verte in tema di difetto di correlazione tra richiesta e sentenza e illegalità della pena.
Quanto a quest’ultimo profilo, infatti, la pena della detenzione domiciliare, per il rinvio operato dall’art. 20 -bis cod. pen. alle disposizioni della legge 24 novembre 1981, n. 689, in particolare all’art. 53 per quel che qui rileva, va a sostituire la pena detentiva per la stessa durata, ex art. 57 I. cit.
Né è possibile operare la sostituzione della pena pecuniaria con la detenzione domiciliare, in quanto tale sostituzione è riferibile esclusivamente alle «pene detentive brevi» secondo il dettato dell’art. 20-bis cod. pen.
Ne consegue anche l’illegalità della pena come applicata, che integra un errore di diritto, e non un errore di computo, ex art. 619, comma 2, cod. proc. pen., con il che non è consentito alla Corte di cassazione intervenire direttamente sulla pena, dovendo invece disporsi l’annullamento senza rinvio al Tribunale di Pescara per ulteriore corso.
Il motivo relativo alla violazione dell’art. 129 cod. proc. pen. è pertanto da ritenersi assorbito.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Pescara per l’ulteriore corso.