Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 7063 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 2 Num. 7063 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/02/2025
SECONDA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME
UP – 11/02/2025
R.G.N. 38560/2024
NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato in Tunisia il 19/04/1995
avverso la sentenza del 11/06/2024 della Corte di appello di Ancona visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso; ricorso trattato ai sensi dell’art. 23, comma 8, D.L. n. 137/2020 e successivo art. 8 D.L. n. 198/2022.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 11/06/2024 la Corte di appello di Ancona, in riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Ancona in data 30/11/2022, che aveva condannato NOME COGNOME per i reati di tentata estorsione e lesioni personali, riconosciuta la circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen. equivalente alla aggravante contestata, rideterminava la pena, confermando nel resto la sentenza impugnata.
L’imputato, a mezzo del difensore, ha interposto ricorso per cassazione.
2.1. Con il primo motivo deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc.
pen., in relazione agli artt. 56 e 629 cod. pen., nonchØ omessa, manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione. Rileva che, con riferimento al reato di cui al capo A), la condotta violenta tenuta dall’odierno ricorrente non era finalizzata ad estorcere somme di denaro, ma era solo una reazione di disappunto alla mancata concessione del prestito, che si inseriva in un rapporto consolidato di erogazione di piccoli prestiti con restituzione a seguire; che, invece, la Corte territoriale ha collegato la condotta violenta alla richiesta di ricarica a credito non accordata, piuttosto che ad uno sfogo di rabbia momentaneo, che non aveva finalità estorsiva; che tale interpretazione Ł frutto di una valutazione parcellizzata ed unidirezionale delle risultanze probatorie, che non tiene conto dei precedenti rapporti tra le parti.
2.2. Con il secondo motivo eccepisce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), c) ed e), cod.
proc. pen., in relazione all’art. 582 cod. pen., nonchØ omessa, manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione. Osserva che entrambe le sentenze di merito sono incorse nel vizio di mancata correlazione tra imputazione e sentenza, tenuto conto che l’imputato Ł stato condannato anche per il reato di lesioni personali, benchØ non contestato; che, poichØ la fattispecie di cui all’art. 629 cod. pen. prevede come elemento materiale la violenza, non può ritenersi che la descrizione della condotta contenuta nella imputazione possa sopperire alla specifica, dettagliata e autonoma contestazione del reato di cui all’art. 582 cod. pen.; che, invero, non Ł da escludere che il pubblico ministero abbia ritenuto il reato di lesioni assorbito in quello di cui all’art. 629 cod. pen.; che, dunque, l’imputato non Ł stato messo in condizione di potersi difendere, nØ può affermarsi che avrebbe potuto ‘immaginare’ la contestazione del reato di lesioni.
2.3. Con il terzo motivo lamenta la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., in relazione all’art. 62bis cod. pen., nonchØ omessa, manifesta contraddittorietà e illogicità della motivazione con riferimento alle circostanze dedotte dalla difesa. Evidenzia che, nonostante fossero stati indicati precisi elementi deponenti per il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, la Corte territoriale si Ł limitata a valorizzare i precedenti penali, senza dar conto dei motivi per i quali questi ultimi sono stati ritenuti prevalenti rispetto alle disagiate condizioni di vita dell’imputato ed al corretto comportamento processuale tenuto dallo stesso.
2.4. Con il quarto motivo si duole della violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., in relazione agli artt. 81, 132 e 133 cod. pen., nonchØ omessa motivazione, rilevando che il provvedimento impugnato non dà conto delle ragioni per le quali l’aumento per la continuazione sia stato determinato nella misura di mesi due.
2.5. In data 28/1/2025 Ł pervenuta memoria difensiva con cui si insiste nell’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł inammissibile.
1.1. Il primo motivo non Ł consentito, perchØ reitera pedissequamente le doglianze già dedotte in appello e motivatamente disattese dal giudice di merito, dovendosi le stesse considerare non specifiche ma soltanto apparenti, in quanto non assolvono la funzione tipica di critica puntuale avverso la sentenza oggetto di ricorso (cfr., tra le tante, Sez. 6, n. 23014 del 29/04/2021, B., Rv. 281521 – 01; Sez. 3, n. 50750 del 15/06/2016, COGNOME, Rv. 268385 – 01; Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012, COGNOME, Rv. 253849 – 01). In altri termini, Ł del tutto evidente che, a fronte di una sentenza di secondo grado che ha fornito una risposta ai motivi di gravame, la pedissequa riproduzione di essi come motivi di ricorso per cassazione non può essere considerata come critica argomentata rispetto a quanto affermato dalla Corte d’appello: in questa ipotesi, pertanto, i motivi sono necessariamente privi dei requisiti di cui all’art. 581 cod. proc. pen., comma 1, lett. c), che impone la esposizione delle ragioni di fatto e di diritto a sostegno di ogni richiesta.
Peraltro, il motivo Ł costituito da mere doglianze di fatto, tutte finalizzate a prefigurare una rivalutazione alternativa delle fonti probatorie, estranee al sindacato di legittimità. Il controllo sulla motivazione rimesso al giudice di legittimità, invero, Ł circoscritto, ex art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., alla sola verifica dell’esposizione delle ragioni giuridicamente apprezzabili che l’hanno determinata, dell’assenza di manifesta illogicità dell’esposizione e, quindi, della coerenza delle argomentazioni rispetto al fine che ne ha giustificato l’utilizzo e della non emersione di alcuni dei predetti vizi dal testo impugnato o da altri atti del processo, ove specificamente indicati nei motivi di gravame, requisiti la cui sussistenza rende la decisione insindacabile (Sez. 3, n. 17395 del 24/01/2023, COGNOME, Rv. 284556 – 01; Sez. 5, n. 26455 del 09/06/2022, COGNOME, Rv. 283370 – 01; Sez. 2, n. 9106 del 12/02/21, COGNOME, Rv. 280747 – 01).
Pertanto, il sindacato di legittimità non ha per oggetto la revisione del giudizio di merito, bensì
la verifica della struttura logica del provvedimento e non può, quindi, estendersi all’esame ed alla valutazione degli elementi di fatto acquisiti al processo, riservati alla competenza del giudice di merito, rispetto alla quale la Suprema Corte non ha alcun potere di sostituzione al fine della ricerca di una diversa ricostruzione dei fatti in vista di una decisione alternativa.
Orbene, la sentenza impugnata – che in relazione alla ricostruzione dei fatti ascritti all’imputato ed alla sua dichiarazione di responsabilità costituisce una c.d. doppia conforme della decisione di primo grado, con la conseguenza che le due sentenze di merito possono essere lette congiuntamente costituendo un unico corpo decisionale (Sez. 2, n. 6560 del 08/10/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280654 – 01; Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218 – 01) – ha evidenziato come la condotta violenta fosse intervenuta immediatamente dopo il rifiuto della persona offesa, per cui correttamente ha ritenuto che fosse finalizzata a costringere NOME ad effettuare le ricariche telefoniche in favore suo e dei correi senza versargli il corrispettivo. Trattasi di motivazione congrua e immune da vizi logici con la quale il ricorrente omette sostanzialmente di confrontarsi.
1.2. Anche il secondo motivo non Ł consentito, sia pure per ragioni diverse.
1.2.1. Invero, con riferimento alla ritenuta violazione del principio di correlazione tra imputazione e sentenza, alcuna doglianza Ł stata avanzata in sede di appello. In proposito, va ricordato che la giurisprudenza di legittimità pacificamente ritiene che non possano essere dedotti con il ricorso per cassazione argomenti e questioni sulle quali il giudice di appello abbia correttamente omesso di pronunziarsi perchØ non devolute alla sua cognizione ( ex plurimis , Sez. 2, n. 11027 del 20/01/2016, COGNOME, Rv. 266226 – 01;Sez. 2, n. 42408 del 21/09/2012, COGNOME, Rv. 254037 – 01).
Nel caso di specie, come si Ł accennato, risulta che, con l’appello proposto, la Corte territoriale non Ł stata specificamente investita della questione relativa alla violazione dell’art. 521 cod. proc. pen., per cui detto tema non poteva essere introdotto per la prima volta con il ricorso per cassazione. Ed invero, Ł in gioco il rispetto dei principi che governano il sistema delle impugnazioni e in particolare di quello devolutivo, per cui la Corte di legittimità non può essere sollecitata, sostanzialmente in prima istanza, ad affrontare tale profilo se prima lo stesso non Ł stato sottoposto al giudice del merito. In buona sostanza, il tema della violazione del principio di correlazione tra imputazione e sentenza, essendo stato proposto soltanto con il ricorso in cassazione, ha determinato una inammissibile interruzione della catena devolutiva, che non consente l’esame in questa sede della nuova doglianza.
1.2.2. In ogni caso il motivo appare anche manifestamente infondato, sol che si consideri che la descrizione della condotta contenuta nel capo di imputazione contiene la contestazione in fatto del delitto di lesioni personali, atteso che in esso si legge testualmente: «NOME lo afferrava per la t-shirt scaraventandolo contro il muro, NOME gli scaraventava contro, con efferata violenza, l’espositore in plastica presente sul bancone del negozio cagionandogli lesioni personali giudicate guaribili in gg. 8». Dunque, nel capo A) risulta compiutamente descritta sia la condotta lesiva che l’evento cagionato, vale a dire le lesioni giudicate guaribili in otto giorni, per cui non può dirsi che l’imputato sia stato colto di sorpresa per essere stato messo per la prima volta di fronte a un fatto del tutto nuovo senza avere avuto nessuna possibilità di effettiva difesa, ciò che accade quando non ha mai avuto l’occasione di interloquire sul punto, così trovandosi di fronte ad un fatto storico radicalmente trasformato in sentenza nei suoi elementi essenziali rispetto all’originaria imputazione, di cui rappresenti uno sviluppo inaspettato (Sez. 2, n. 10989 del 28/02/2023, COGNOME, Rv. 284427 01; Sez. 6, n. 18125 del 22/10/2019, dep. 2020, Bolla, Rv. 279555 – 01).
In altri termini, la violazione del principio di correlazione tra contestazione e sentenza Ł ravvisabile nel caso in cui il fatto ritenuto nella decisione si trovi, rispetto a quello contestato, in rapporto di eterogeneità, ovvero quando il capo d’imputazione non contenga l’indicazione degli
elementi costitutivi del reato ritenuto in sentenza, nØ consenta di ricavarli in via induttiva, tenendo conto di tutte le risultanze probatorie portate a conoscenza dell’imputato e che hanno formato oggetto di sostanziale contestazione (Sez. 2, n. 21089 del 29/03/2023, COGNOME, Rv. 284713 – 02).
1.3. Il terzo motivo Ł manifestamente infondato. Ed invero, la statuizione relativa alla conferma della sentenza di primo grado in ordine al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche Ł giustificata da motivazione esente da manifesta illogicità – avendo la Corte territoriale evidenziato l’esistenza di plurimi precedenti penali da cui il ricorrente risulta gravato, uno dei quali specifico e commesso appena tre mesi dopo il fatto per cui si procede, dato su cui ha fondato il giudizio di negativa personalità, che Ł stato ritenuto prevalente rispetto ai recessivi elementi positivi evidenziati dal difensore, quali le condizioni di vita ed il corretto comportamento processuale statuizione che, conseguentemente, Ł insindacabile in cassazione (Sez. 3, n. 2233 del 17/06/2021, COGNOME, Rv. 282693 – 01; Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269 – 01; Sez. 2, n. 3609 del 18/01/2011, COGNOME, Rv. 249163 – 01; Sez. 6, n. 42688 del 24/09/2008, COGNOME, Rv. 242419 – 01). Del resto, Ł ormai pacifico il principio affermato da questa Corte secondo cui non Ł necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle circostanze attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma Ł sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549 – 02; Sez. 5, n. 43952/2017 cit.; Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Lule, Rv. 259899 – 01; Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010, Giovane, Rv. 248244).
1.4. Anche il quarto motivo, con cui l’imputato si duole della mancata motivazione in relazione all’aumento di pena effettuato per la continuazione con il reato di lesioni personali, Ł manifestamente infondato. Sul punto, la giurisprudenza di legittimità, anche nella sua piø autorevole composizione, ha avuto modo di precisare che sul giudice di merito grava l’obbligo di rendere una motivazione specifica e dettagliata in ordine all’aumento effettuato per la continuazione, obbligo che si attenua solo qualora individui aumenti di esigua entità, essendo in tal caso escluso in radice ogni abuso del potere discrezionale conferitogli dall’art. 132 cod. pen. In altri termini, l’obbligo della motivazione non può essere astrattamente circoscritto secondo canoni predeterminati, non potendosi ritenere che il vizio renda nulla la decisione sul punto allorchØ la pena irrogata sia stata determinata in prossimità del minimo piuttosto che al massimo edittale. Dunque, l’astratto rigore che assiste la decisione del giudice di merito nell’operazione di calcolo dei vari aumenti, deve essere di volta in volta calato nel caso concreto, nel senso che il grado di impegno nel motivare richiesto in ordine ai singoli aumenti di pena Ł correlato all’entità degli stessi e deve essere funzionale alla verifica del rispetto del rapporto di proporzione esistente tra le pene, anche in relazione agli altri illeciti accertati, con particolare riferimento ai limiti previsti dall’art. 81 cod. pen. e che non si sia operato surrettiziamente un cumulo materiale di pene (Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021, COGNOME, Rv. 282269 – 01; v. anche, Sez. 2, n. 41504 del 13/09/2024, COGNOME, n.m.; Sez. 2, n. 18398 del 22/03/2024, COGNOME, n.m.; Sez. 6, n. 44428 del 05/10/2022, COGNOME, Rv. 284005 – 01). Nel caso di specie, l’aumento di pena effettuato per la continuazione risulta modesto, tenuto conto del titolo di reato, punito con la reclusione da sei mesi a tre anni, ed Ł stato pari a mesi due di reclusione ed euro cento di multa: la ‘misura’ dell’aumento ha conseguentemente esonerato la Corte territoriale dal rendere una motivazione specifica e dettagliata.
All’inammissibilità del ricorso segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonchØ, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 11/02/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME