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Correlazione accusa sentenza: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione ha esaminato un caso di tentata violenza privata e danneggiamento aggravato. Ha annullato la condanna per il primo reato a causa dell’assenza di querela, resa necessaria dalla Riforma Cartabia. Ha invece confermato la condanna per danneggiamento, chiarendo il principio di correlazione accusa sentenza: la modifica del bene specifico danneggiato (da porte a una cassetta portachiavi) non viola il diritto di difesa se il nucleo essenziale della condotta contestata rimane invariato.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Quando la realtà processuale diverge dall’accusa: la Cassazione sul principio di correlazione accusa sentenza

Il principio di correlazione accusa sentenza rappresenta una delle garanzie fondamentali del giusto processo, assicurando che l’imputato possa difendersi efficacemente dal fatto che gli viene contestato. Ma cosa succede quando, nel corso del dibattimento, emergono dettagli fattuali diversi da quelli descritti nell’imputazione originaria? Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 14925 del 2024, offre chiarimenti preziosi su questo tema, distinguendo tra modifiche irrilevanti e alterazioni sostanziali che ledono il diritto di difesa. Il caso ha riguardato anche gli effetti della Riforma Cartabia sulla procedibilità del reato di violenza privata.

I Fatti del Processo

Un individuo veniva condannato in primo grado e in appello per due reati: tentata violenza privata (capo D) e danneggiamento aggravato (capo B), commessi all’interno del reparto di psichiatria di un ospedale. L’imputato proponeva ricorso per cassazione basandosi su due motivi principali:
1. Per la tentata violenza privata, sosteneva l’improcedibilità del reato a seguito della Riforma Cartabia (D.Lgs. 150/2022), che ha reso il delitto di cui all’art. 610 c.p. procedibile a querela di parte. Nel caso di specie, la persona offesa non aveva mai sporto querela.
2. Per il danneggiamento, lamentava la violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza. L’imputazione originaria contestava il danneggiamento di porte tagliafuoco e insegne del reparto, mentre l’istruttoria aveva dimostrato unicamente il danneggiamento di una cassettina portachiavi, un oggetto non menzionato nell’accusa.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto parzialmente il ricorso, con esiti opposti per i due capi d’imputazione.

Sulla tentata violenza privata (Capo D): Il ricorso è stato ritenuto fondato. La Corte ha riconosciuto che la modifica normativa introdotta dalla Riforma Cartabia ha cambiato il regime di procedibilità del reato, subordinandolo alla querela della persona offesa. In assenza di tale condizione, l’azione penale non può proseguire. Di conseguenza, la sentenza è stata annullata senza rinvio limitatamente a questo reato, con eliminazione della relativa pena.

Sul danneggiamento (Capo B): Il ricorso è stato dichiarato inammissibile. La Corte ha stabilito che la discrasia tra l’oggetto indicato nell’imputazione (porte e insegne) e quello emerso in dibattimento (cassetta portachiavi) non costituisce una violazione del diritto di difesa.

L’applicazione del principio di correlazione accusa sentenza

Il punto centrale della sentenza riguarda l’interpretazione del principio di correlazione accusa sentenza. La Corte, richiamando consolidata giurisprudenza (incluse le Sezioni Unite ‘Carelli’), ha ribadito che la violazione si verifica solo quando il fatto storico contestato viene mutato nei suoi elementi essenziali, al punto da disorientare la difesa dell’imputato e menomare la sua capacità di difendersi. La valutazione non deve essere un mero confronto letterale tra l’accusa e la sentenza.

Nel caso specifico, gli elementi essenziali del reato di danneggiamento erano rimasti invariati:
La condotta: l’azione di danneggiare beni.
Il luogo: il reparto di psichiatria dell’ospedale.
Il mezzo: l’uso di un estintore come corpo contundente.
L’elemento psicologico: la volontà di danneggiare.

Cambiare la res specifica (l’oggetto materiale del reato) da una porta a una cassetta portachiavi non ha alterato la fisionomia dell’accusa. Inoltre, l’imputato era venuto a conoscenza di questa puntualizzazione già nel corso del giudizio di primo grado e aveva avuto piena facoltà di difendersi su questo punto specifico, come dimostrato dal fatto che l’eccezione era stata sollevata già con l’atto di appello.

Le motivazioni

La Corte ha spiegato che il diritto dell’imputato a essere informato dettagliatamente dell’accusa, sancito anche dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), non è stato leso. La necessaria puntualizzazione del fatto è avvenuta nel contraddittorio del primo grado, permettendo all’imputato di esercitare pienamente il proprio diritto di difesa nelle successive fasi del giudizio. Non vi è stato alcun ‘disorientamento difensivo’, poiché la natura e il contesto dell’addebito sono rimasti gli stessi. La difesa, inoltre, si è limitata a sollevare una doglianza formale senza specificare in che modo la diversa individuazione del bene danneggiato avesse concretamente pregiudicato le sue strategie difensive.

Le conclusioni

La sentenza offre due importanti insegnamenti. In primo luogo, conferma l’impatto retroattivo delle modifiche favorevoli in tema di procedibilità introdotte dalla Riforma Cartabia. In secondo luogo, fornisce una lettura sostanziale e non formalistica del principio di correlazione tra accusa e sentenza. Una condanna è legittima anche se il bene materiale offeso risulta diverso da quello indicato nell’imputazione, a condizione che gli elementi essenziali del reato rimangano immutati e che l’imputato abbia avuto la concreta possibilità di difendersi rispetto al fatto come accertato in giudizio.

Quando una modifica del fatto contestato viola il diritto di difesa dell’imputato?
Secondo la Corte, la violazione si verifica solo se il fatto descritto in sentenza è mutato nei suoi elementi essenziali (condotta, nesso causale, evento, elemento psicologico) rispetto a quello contestato, provocando un’incertezza e un cambiamento sostanziale che impediscono o menomano concretamente il diritto di difesa. Una mera precisazione, come l’identificazione di un diverso oggetto danneggiato nello stesso contesto, non costituisce violazione.

Cosa succede se un reato diventa procedibile a querela mentre il processo è in corso?
Se una nuova legge, come la Riforma Cartabia, modifica il regime di procedibilità di un reato rendendolo perseguibile solo su querela della persona offesa, e tale querela non è mai stata presentata, l’azione penale diventa improcedibile. La sentenza di condanna per quel reato deve essere annullata, anche se emessa prima della modifica legislativa.

È sufficiente per la difesa denunciare una discrepanza tra accusa e sentenza per ottenere l’annullamento?
No. La Corte ha chiarito che non basta sollevare una doglianza formale. La difesa deve specificare in che modo la diversa individuazione del fatto (ad esempio, del bene danneggiato) abbia prodotto conseguenze sfavorevoli per l’imputato, pregiudicando in concreto le sue possibilità di difesa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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