Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 7443 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 7443 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MUGNANO DI NAPOLI il 26/06/1996
avverso la sentenza del 15/02/2024 della CORTE APPELLO SEZ.DIST. di SASSARI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procur generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente alla statuizione relativa alla concessione delle sanz sostitutive;
RITENUTO IN FATTO
1.11 difensore di NOME Tommaso ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello di Cagliari-Sezione distaccata di Sassari del 15/02/2024, che aveva confermato la condanna a carico di NOME per il reato di truffa “perché, con artifici e raggiri consistenti nell’essersi presentato come un impiegato del sito ‘Subito.it’ e nell’aver prospettato a NOME un procedimento amministrativo volto all’applicazione di una sanzione pecuniaria…la induceva in errore, ottenendo dalla persona offesa il pagamento di C 994,00 sulla propria carta prepagata Postepay…” (così il capo di imputazione).
1.1 Al riguardo il difensore rileva che la sentenza impugnata meritava censura per inosservanza degli artt. 521 e 522 cod. proc. pen. per avere il giudice di primo grado e la Corte di appello condannato l’imputato per una condotta concorsuale che nel capo di imputazione non era contestata, in quanto nello stesso il ricorrente era indicato come l’autore della telefonata truffaldina; i giudici avevano ritenuto irrilevante il fatto che le telefonate erano intercorse tra la persona offesa ed una persona di sesso femminile, in quanto COGNOME era il soggetto che aveva messo a disposizione la Postepay sulla quale era stato effettuato il pagamento, quando in realtà non si era trattato di una semplice modificazione del ruolo di COGNOME nella dinamica fattuale della imputazione, ma di una condanna per un fatto storico diverso da quello contestato.
1.2 Il difensore lamenta una errata applicazione dei criteri di valutazione della prova indiziaria, avendo il giudice di appello inferito da un unico fatto noto (la formale intestazione della utenza telefonica e quella della Postepay) due fatti ignoti, posti in rapporto di derivazione: che quegli strumenti erano davvero nella sostanziale disponibilità dell’imputato e la sua compartecipazione voluta e consapevole alla truffa in danno della persona offesa; inoltre, la Corte di appello aveva valorizzato in maniera erronea la sentenza di applicazione della pena ex art. 444 cod. proc. pen. emessa a carico dell’imputato, non considerando che non si trattava di una sentenza di condanna, e aveva violato gli artt. 63 e 64 cod. proc. pen. in relazione al principio nemo tenetur se detegere, valorizzando il silenzio dell’imputato, che non poteva certo costituire prova del fatto o essere considerato una implicita ammissione dell’addebito; la sentenza impugnata non superava, comunque, il principio dell’ “oltre ogni ragionevole dubbio”
1.3 II difensore eccepisce che la sentenza impugnata meritava censura nella parte in cui la Corte di appello aveva confermato la sentenza di primo grado nella parte relativa alla determinazione della pena: le circostanze e le modalità del fatto (non propriamente chiare) ed il comportamento processuale
dell’imputato denotavano che la concessione delle attenuanti generiche assumevano un peso specifico importante nell’economia della pena; anche per quanto concerneva la pena detentiva scelta, la sentenza impugnata meritava censura.
1.4 II difensore eccepisce la violazione degli artt. 20-bis cod. pen., 593 e 545-bis cod. proc. pen., 53 I.n.689/81 per inosservanza della normativa sostanziale e processuale concernenti l’omessa sostituzione della pena detentiva applicata con una pena sostitutiva tra quelle previste dall’art. 20-bis cod. pen. ; la Corte di appello aveva dichiarato inammissibile la richiesta di sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria ritenendo che non fosse stata indicata la pena detentiva richiesta, quando così non era: evidentemente non era stato letto il motivo di appello sub 4), nel quale la difesa aveva chiesto l’applicazione della pena sostitutiva pecuniaria corrispondente e, in subordine, le altre via via più gravose.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Stante la non manifesta infondatezza dell’ultimo motivo di ricorso, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, in quanto il reato è estinto per intervenuta prescrizione; devono però essere esaminati i motivi di ricorso, vista la presenza della parte civile.
1.1 Relativamente al primo motivo di ricorso, si osserva come da tempo nella giurisprudenza di legittimità sia stato affermato il principio secondo cui, “in tema di correlazione tra imputazione contestata e sentenza, per aversi mutamento del fatto occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l’ipotesi astratta prevista dalla legge, in modo che si configuri un’incertezza sull’oggetto dell’imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa; ne consegue che l’indagine volta ad accertare la violazione del principio suddetto non va esaurita nel pedissequo e mero confronto puramente letterale fra contestazione e sentenza perché, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione è del tutto insussistente quando l’imputato, attraverso l’iter del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all’oggetto dell’imputazione (Sez. U, n. 36551 del 15/07/2010, COGNOME, Rv. d 248051-01): nel caso in esame, COGNOME ha avuto la possibilità di difendersi dall’imputazione, in quanto sin dalla sentenza di primo grado era stato evidenziato che, sebbene non fosse stato lui ad effettuare le telefonate con le quali era stato posto in essere il raggiro, aveva concorso nel reato mettendo a
disposizione la carta Poste-pay sulla quale erano state versate le somme da parte della persona offesa, ottenendo così il profitto della truffa ((pag.3 sentenza di primo grado).
Si deve inoltre ribadire che “non sussiste la violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza nel caso in cui l’imputato, al quale sia stato contestato di essere l’autore materiale del fatto, sia riconosciuto responsabile a titolo di concorso morale, giacché tale modifica non comporta una trasformazione essenziale del fatto addebitato, né può provocare menomazioni del diritto di difesa, ponendosi in rapporto di continenza e non di eterogeneità rispetto alla originaria contestazione” (Sez.2, n. 30488 del 09/12/2022, dep. 13/07/2023, COGNOME Rv. 284953).
1.2 Quanto alle censure contenute nel secondo motivo di ricorso, se ne deve rilevare la natura meramente fattuale, in quanto con esse il ricorrente propone una mera rivalutazione del compendio probatorio, non consentita in questa sede, stante la preclusione, per il giudice di legittimità, di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito, e considerato che, in tal caso, si demanderebbe alla Cassazione il compimento di una operazione estranea al giudizio di legittimità, quale è quella di reinterpretazione degli elementi di prova valutati dal giudice di merito ai fini della decisione (cfr. ex plurimis, Sez. VI, 22/01/2014, n. 10289); deve inoltre essere chiarito che il diritto al silenzio è un fondamentale presidio difensivo concesso dal nostro ordinamento all’imputato, che tuttavia non impedisce ai giudici di merito di rilevare l’assenza di spiegazioni alternative delle emergenze processuali;, la Corte di appello non ha fatto altro che osservare che l’univocità e la concorrenza degli indizi non sono stati scalfite da indicazioni alternative provenienti dall’imputato.
E’ opportuno poi ricordare che secondo questa Corte il principio «dell’oltre ragionevole dubbio», introdotto nell’art. 533 cod. proc. pen. dalla legge n. 46 del 2006, non ha mutato la natura del sindacato della Corte di cassazione sulla motivazione della sentenza, che non può essere utilizzato per valorizzare e rendere decisiva la duplicità di ricostruzioni alternative del medesimo fatto, eventualmente emerse in sede di merito e segnalate dalla difesa, una volta che tale duplicità sia stata oggetto di attenta disamina da parte del giudice dell’appello, giacché la Corte è chiamata ad un controllo sulla persistenza o meno di una motivazione effettiva per mezzo di una valutazione unitaria e globale dei singoli atti e dei motivi di ricorso su di essi imperniati, non potendo la sua valutazione sconfinare nel merito (Sez. 2, n. 29480 del 8 4 07/02/2017, f`-
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COGNOME e altro, Rv. 270519; Sez. 1, n. 53512 del 11/07/2014, Gurgone, Rv. 261600); di conseguenza la regola dell’«al di là di ogni ragionevole dubbio», impone all’imputato che, deducendo il vizio di motivazione della decisione impugnata, intenda prospettare, in sede di legittimità, attraverso una diversa ricostruzione dei fatti, l’esistenza di un ragionevole dubbio sulla colpevolezza, di fare riferimento ad elementi sostenibili, cioè desunti dai dati acquisiti al processo, e non meramente ipotetici o congetturali. (Sez. 5, n. 18999 del 19/02/2014, C e altro, Rv. 260409; Sez. 4, n. 22257 del 25/03/2014, COGNOME e altri, Rv. 259204).
1.3 Quanto alla dosimetria della pena, si può comunque precisare che deve ritenersi adempiuto l’obbligo di motivazione del giudice di merito sulla determinazione in concreto della misura della pena allorché, come nel caso in esame, siano indicati nella sentenza gli elementi ritenuti rilevanti o determinanti nell’ambito della complessiva dichiarata applicazione di tutti i criteri di cui all’art 133 cod. pen.; la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche è giustificata da motivazione esente da manifesta illogicità, che, pertanto, è insindacabile in cassazione (vedi Sez.3, n.1913 del 20/12/2018, dep. 16/01/2019, COGNOME, Rv. 275509 – 03).
1.4 E’ invece fondato l’ultimo motivo di ricorso: a pag. 26 della sentenza di appello, viene riportata la richiesta del difensore di disporre la sostituzione delle pena della reclusione “con quella pecuniaria della specie corrispondente, o, quantomeno, con quella del lavoro di pubblica utilità”; ciò nonostante, la Corte di appello ha affermato (pag.32) che la difesa non aveva indicato quale pena sostitutiva applicare in concreto, dichiarando la richiesta inammissibile, incorrendo così in una evidente contraddizione; poiché pertanto l’ammissibilità del ricorso per cassazione ha consentito il formarsi di un valido rapporto di impugnazione , deve essere dichiarata la prescrizione intervenuta nelle more del procedimento di legittimità, con conferma delle statuizioni civili.
P.Q.M
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione
Conferma le statuizioni civili.
Così deciso il 19/12/2024