Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 8939 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 8939 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nata in Romania il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 27/02/2023 della Corte di Appello di Milano visti gli atti, il provvedimento impugnato, il ricorso e le conclusioni delle parti; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO generale NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
lette le conclusioni del difensore del ricorrente, AVV_NOTAIO, che ha insistito nei motivi di ricorso e chiesto l’annullamento del provvedimento impugnato.
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
NOME COGNOME, a mezzo del suo difensore, propone ricorso per cassazione avverso la sentenza del 27 febbraio 2023 con la quale la Corte di Appello di Firenze, ha confermato la sentenza emessa, in data 02 dicembre 2021, con la quale il Tribunale di Milano, l’ha condannata alla pena di mesi 10, giorni 15 di reclusione ed euro 500,00 di multa in relazione al reato continuato di cui agli artt. 633, 639-bis e 635 cod. pen.
La ricorrente, con il primo motivo di impugnazione, lamenta violazione dell’art. 522 cod. proc. pen. e conseguente nullità della sentenza impugnata.
La Corte territoriale avrebbe condannato l’imputata anche per il reato di cui all’art. 635 cod. pen. senza tenere conto del fatto che tale fattispecie criminosa
non sarebbe stata contestata dal Pubblico Ministero e che, di conseguenza, le parti non avrebbero mai interloquito in ordine al reato di danneggiamento.
Secondo il ricorrente non si potrebbe parlare di contestazione in fatto in quanto il primo giudice avrebbe argomentato esclusivamente in ordine alla fattispecie di cui agli artt. 633-639-bis cod. pen. «quasi a voler espungere dal perimetro di accusa a fini sanzionatori la fattispecie di danneggiamento» (vedi pag. 3 del ricorso).
La ricorrente, con il secondo motivo di impugnazione, lamenta omessa motivazione in ordine alla memoria difensiva depositata in data 12 gennaio 2023.
I giudici di appello avrebbero del tutto ignorato tale memoria con cui la difesa integrava i motivi di impugnazione, allegando documenti attestanti la condotta «risarcitoria» tenuta dall’imputata successivamente al 2021 e, quindi, decisivi ai fini della determinazione del trattamento sanzionatorio.
La Corte territoriale, inoltre, non avrebbe valutato quanto argomentato nel quarto motivo di appello in ordine all’eccessività della pena ed all’applicabilità della sola pecuniaria in considerazione della «risalenza all’anno 2014 della condotta di occupazione» e della stipula con l’ente pubblico «di un piano cambiario di rientro nel debito di occupazione dell’alloggio, scadente nell’anno 2025» (vedi pag. 4 dell’atto di appello).
4. Il ricorso è inammissibile per le ragioni che seguono.
Il primo motivo di impugnazione è manifestamente infondato.
Il Collegio intende ribadire il principio di diritto secondo cui, ai fini della verifica del rispetto del principio di correlazione tra accusa e sentenza, si deve avere riguardo alla specificazione del fatto più che all’indicazione delle norme di legge violate, per cui ove il fatto sia precisato in modo puntuale, la mancata individuazione degli articoli di legge violati è irrilevante e non determina nullità, salvo che non si traduca in una compressione dell’esercizio del diritto di difesa (Sez. 3, n. 5469 del 05/12/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 258920; Sez. 3, n. 22434 del 19/02/2013, COGNOME, Rv. 255772, da ultimo Sez. 3, n. 5 del 09/11/2023, COGNOME, non massimata).
Nel caso di specie, a fronte di una contestazione, in fatto, precisa e dettagliata, afferente al danneggiamento della porta di ingresso dell’alloggio abusivamente occupato dall’imputata, la rubrica è caratterizzata dalla mancata indicazione del testo normativo indicante la violazione assistita da sanzione penale (art. 635 cod. pen.) che, tuttavia, non si è in alcun modo tradotta in vulnus alle prerogative difensive.
Peraltro, a differenza di quanto affermato dalla ricorrente, il primo giudice ha espressamente indicato la COGNOME come esecutore o mandante “della
riscontrata effrazione della porta dell’alloggio n. 90″ (vedi pag. 3 della sentenza di primo grado) con argomentazioni -ribadite nella sentenza oggetto di ricorsoche non possono esser rivalutate, in questa sede, non essendo i giudici di merito incorsi in contraddizioni o illogicità manifeste.
Il secondo motivo di impugnazione è al contempo privo del requisito dell’autosufficienza ed aspecifico.
6.1. L’accesso agli atti, consentito ed anzi necessario in caso di questioni processuali, comprova che la ricorrente non ha allegato al ricorso la memoria che, secondo la ricostruzione difensiva, la Corte territoriale non avrebbe tenuto in considerazione, limitandosi a produrre documentazione attestante la trasmissione in data 18 gennaio 2023 di una Pec avente come oggetto l’invio di una “memoria documentale”.
Il Collegio condivide il consolidato orientamento della Corte di legittimità secondo il quale, allorquando la doglianza ha ad oggetto la valutazione di un atto asseritamente presente nel fascicolo, è onere del ricorrente suffragare la validità del suo assunto mediante l’allegazione o la completa trascrizione dell’integrale contenuto dell’atto stesso, dovendosi ritenere precluso al giudice di legittimità l’esame diretto dell’intero fascicolo processuale (vedi Sez. 2, n. 20677 del 11/04/2017, Schioppo, Rv. 270071 – 01; Sez. 4, n. 3937 del 12/01/2021, COGNOME, Rv. 280384 – 01; Sez. 6, n. 48611 del 02/11/2022, COGNOME, non massimata).
6.2. Il motivo di impugnazione è, altresì, aspecifico in quanto la ricorrente si è limitata a sostenere una generica carenza di motivazione senza alcuna valida confutazione delle argomentazioni espresse dai giudici di merito in tema di concessione delle attenuanti generiche e determinazione del trattamento sanzionatorio in misura leggermente superiore al minimo edittale (vedi pag. 4 della sentenza di primo grado e pag. 4 della sentenza impugnata).
Deve essere in proposito, ribadito il principio di diritto secondo cui la graduazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito il quale, per assolvere al relativo obbligo di motivazione, nell’osservanza dei criteri stabiliti dagli artt. 133 e 133-bis cod. pen., è sufficiente che richiami la gravità del reato o la capacità a delinquere dell’imputato con espressioni del tipo: «pena congrua», «pena equa» o «congruo aumento», essendo, invece, necessaria una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena, diversamente dal caso di specie, sia di gran lunga superiore alla misura media edittale (cfr. Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, Mastro, Rv. 271243-01).
Ne discende che è inammissibile la censura che, come nel caso di specie, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia
frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, COGNOME, Rv. 259142; Sez. 2, n. 43893 del 29/09/2022, COGNOME, non massimata), vizi non ravvisabili nel caso oggetto di scrutinio.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso il 24 novembre 2023 Il Con GLYPH ere esenore
Presidente