Correlazione accusa sentenza: quando il giudice può dettagliare i fatti?
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, è tornata a pronunciarsi su un principio cardine del processo penale: la correlazione accusa sentenza. Questa decisione offre importanti chiarimenti sui limiti entro cui un giudice può specificare le modalità di un reato senza ledere il diritto di difesa dell’imputato. Analizziamo insieme questo caso, che ha visto il rigetto del ricorso di un imputato condannato per rapina impropria e la conferma della sua responsabilità penale.
I Fatti del Processo
Un individuo veniva condannato in primo grado e in appello per il reato di rapina impropria. Secondo l’accusa, subito dopo aver commesso un furto, l’uomo aveva usato violenza per assicurarsi il maltolto e l’impunità. L’imputato decideva di presentare ricorso in Cassazione, basando la sua difesa su tre motivi principali:
1. La presunta violazione del principio di correlazione tra l’accusa formulata e la sentenza di condanna.
2. Un vizio di motivazione riguardo la sussistenza degli elementi del reato di rapina e un travisamento delle prove.
3. L’errata applicazione della recidiva, chiedendone l’esclusione.
La Corte di Cassazione ha esaminato i motivi e ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo una motivazione dettagliata su ciascun punto.
La Correlazione Accusa Sentenza e il Diritto di Difesa
Il cuore della decisione riguarda il primo motivo di ricorso. L’imputato sosteneva che i giudici di merito avessero modificato sostanzialmente il fatto descritto nel capo d’imputazione. La Cassazione ha respinto questa tesi, qualificandola come ‘manifestamente infondata’.
Gli Ermellini hanno chiarito che il principio di correlazione accusa sentenza, sancito dall’art. 521 del codice di procedura penale, è violato solo in caso di una ‘assoluta e reale difformità’ tra i fatti contestati e quelli posti a fondamento della condanna. Tale difformità deve essere tale da creare un’incertezza sull’oggetto dell’imputazione, pregiudicando concretamente la possibilità per l’imputato di difendersi.
Nel caso specifico, la sentenza impugnata si era limitata a una più dettagliata indicazione delle condotte, desumendole dalle testimonianze raccolte durante il processo. Non si è trattato di una modifica del fatto storico, ma di un suo ‘arricchimento’ probatorio. La Corte ha sottolineato che, finché l’imputato è messo in condizione di difendersi rispetto al nucleo essenziale dell’accusa, il principio non è violato.
Le Altre Censure e la Decisione della Corte
Per quanto riguarda il secondo e il terzo motivo di ricorso, la Corte li ha ritenuti inammissibili perché si concentravano su questioni di fatto.
Il secondo motivo, relativo alla valutazione delle prove e alla sussistenza del reato di rapina, chiedeva alla Cassazione una ‘rilettura’ degli elementi probatori. Questo compito, però, è riservato ai giudici di primo e secondo grado. La Corte di legittimità non può sostituire la propria valutazione a quella dei giudici di merito, a meno che la motivazione di questi ultimi non sia manifestamente illogica o contraddittoria, cosa non riscontrata nel caso in esame.
Anche il terzo motivo, sulla mancata esclusione della recidiva, è stato giudicato ‘aspecifico’. La Corte territoriale aveva adeguatamente motivato la sua decisione, evidenziando la ‘progressione criminosa’ e la ‘pericolosità ingravescente’ dell’imputato come elementi che giustificavano l’applicazione della recidiva. Il ricorso si limitava a negare tali circostanze senza argomentazioni specifiche in diritto.
Le Motivazioni
Le motivazioni della Corte si fondano su principi consolidati. Primo, il principio di correlazione tra accusa e sentenza non implica una perfetta sovrapposizione testuale, ma una corrispondenza sostanziale del fatto. L’arricchimento della narrazione con dettagli emersi dall’istruttoria è legittimo se non stravolge l’imputazione. Secondo, la Corte di Cassazione è giudice di legittimità, non di merito. Non può rivalutare le prove o la ricostruzione dei fatti operata nei gradi precedenti, ma solo verificare la correttezza logico-giuridica della motivazione. Infine, l’applicazione della recidiva è una valutazione discrezionale del giudice di merito, che, se adeguatamente motivata in base alla pericolosità sociale del reo, non è sindacabile in sede di legittimità.
Le Conclusioni
L’ordinanza in commento ribadisce la distinzione tra una modifica sostanziale del fatto, che viola il diritto di difesa, e una legittima precisazione dello stesso alla luce delle prove emerse. Questa decisione conferma che il processo penale consente un’evoluzione nella comprensione dei fatti, purché il nucleo dell’accusa rimanga invariato e la difesa sia sempre garantita. Inoltre, rafforza il principio secondo cui il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito della vicenda, ma deve limitarsi a censure di legittimità.
Quando è violato il principio di correlazione tra accusa e sentenza?
Il principio si considera violato solo quando c’è una difformità assoluta e reale tra il fatto contestato nell’imputazione e quello descritto in sentenza, tale da generare incertezza sull’oggetto dell’accusa e causare un concreto pregiudizio al diritto di difesa.
Può il giudice descrivere le condotte in modo più dettagliato rispetto al capo d’imputazione?
Sì, il giudice può fornire in sentenza una descrizione più dettagliata delle condotte dell’imputato, arricchendo la ricostruzione dei fatti sulla base degli elementi probatori emersi durante il processo, a condizione che non venga modificato il nucleo essenziale del fatto contestato.
Perché un motivo di ricorso basato sulla valutazione delle prove è dichiarato inammissibile in Cassazione?
Perché la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità e non di merito. Il suo compito non è riesaminare le prove o scegliere tra diverse possibili ricostruzioni dei fatti, ma solo controllare che la motivazione della sentenza impugnata sia logica, coerente e non contraddittoria. La valutazione delle prove è di competenza esclusiva dei giudici di primo e secondo grado.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34949 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 34949 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME (CODICE_FISCALE) nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 07/11/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME e la memoria conclusiva depositata in data 27 giugno 2024 con la quale l’AVV_NOTAIO ha insistito nei motivi di ricorso rilevato che il primo motiva di impugnazione, con cui il ricorrente lamenta violazione dell’art. 521 cod. proc. pen. è manifestamente infondato. La sentenz oggetto di ricorso, pur valorizzando modalità delle condotte non dettagliatament descritte nel capo di imputazione, non è contraddistinta da alcuna violazione d principio di corrispondenza previsto dall’art. 521 cod. proc. pen.; la motivazi non è, infatti, caratterizzata da una sostanziale modifica del fatto ogget contestazione ma esclusivamente una più dettagliata indicazione delle condotte poste in essere dal ricorrente per procurarsi l’impunità; condotte desumib dall’analisi delle dichiarazioni rese dai testi COGNOMECOGNOME COGNOME COGNOMEvedi 4 della sentenza impugnata);
rilevato che il principio della correlazione tra contestazione e sentenza può ritenersi violato unicamente in caso di assoluta e reale difformità tra l’accusa statuizione del giudice, nel senso che i fatti devono essere diversi nei loro elem essenziali, tanto da determinare una incertezza sull’oggetto della imputazione cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa, condizioni sicura non ravvisabili nel caso di specie. Pertanto, l’indagine volta ad accertar eventuale violazione del principio sopra indicato non può esaurirsi nel mer confronto letterale tra contestazione e sentenza, dal momento che la violazion deve ritenersi insussistente quando l’imputato, attraverso l’iter del processo, trovato nella condizione di difendersi in ordine all’oggetto della imputazione (v in proposito Sez. 6, n. 34051 del 20/02/2003, COGNOME, Rv. 226796 – 01; Sez. 6, n. 50151 del 26/11/2019, COGNOME, Rv. 277727 – 01). Applicando tali principi alla fattispecie in esame non vi è dubbio che la sentenza impugnata abbi affermato la penale responsabilità del ricorrente sul fondamento di un ricostruzione dei fatti arricchita e conformata alla stregua degli elementi eme dagli atti utilizzabili per la decisione, ma al contempo può affermarsi che integrazione non ha comportato alcuna compressione dell’esercizio del diritto d difesa in considerazione del fatto che l’imputazione rubricata enunciava in termi chiari e sufficientemente completi, gli elementi essenziali degli addebiti.
rilevato che il secondo motivo di impugnazione con cui il ricorrente lamenta vizio di motivazione in ordine alla sussistenza degli elementi costitutivi del r di rapina, travisamento della prova dichiarativa e violazione del principio dell’o ogni ragionevole dubbio è articolato esclusivamente in fatto e, quindi, proposto di fuori dei limiti del giudizio di legittimità, restando estranei ai poteri dell di Cassazione quello di una rilettura degli elementi probatori posti a fondament
della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzio e valutazione dei fatti;
rilevato che i giudici di appello, con motivazione esaustiva e conforme alle risultanze processuali, che riprende le argomentazioni del giudice di primo gra come è fisiologico in presenza di una doppia conforme, hanno indicato la pluralit di elementi idonei a dimostrare la penale responsabilità del ricorrente in ordin reato di rapina impropria (vedi pagg. 5 e 6 della sentenza impugnata), ta ricostruzione, in nessun modo censurabile sotto il profilo della completezza e de razionalità, è fondata su apprezzamenti di fatto non qualificabili in termin contraddittorietà o di manifesta illogicità e perciò insindacabili in questa sede rilevato che il terzo motivo di impugnazione, con cui il ricorrente lamenta violazione dell’art. 99 cod. pen. nonché vizio di motivazione in ordine alla manca esclusione della contestata recidiva è aspecifico; l’applicazione della recidi basata su motivazione adeguata, logica e coerente con le risultanze processuali quindi, insindacabile in sede di legittimità. La Corte territoriale ha correttam valutato come la progressione criminosa resa palese dalla pluralità di delitti p in essere dall’imputato renda evidente la presenza di una pericolos ingravescente di cui la commissione del delitto de quo è dimostrazione ulterio (vedi pag. 7 della sentenza impugnata), fornendo, quindi, un percors motivazionale privo di illogicità e conforme all’orientamento della giurisprudenz di legittimità in tema di riconoscimento della recidiva. La replica contenuta ricorso si limita a negare tali circostanze, contro l’evidenza della loro sussis con conseguente aspecificità del ricorso.
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spe processuali e della somma’di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 9 luglio 2024.