Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 5186 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 5186 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a NASO il 02/04/1956
avverso la sentenza del 13/03/2024 della CORTE APPELLO di MESSINA udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Messina, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Patti. che aveva assolto NOME dai reati di cui agli artt. 624 612 cod. pen, ha accolto l’appello proposto dalla parte civile dichiarando la predetta NOME responsabile agli effetti civili per il fatto contestato al capo B dell’imputazi qualificato come furto tentato.
Propone ricorso per Cassazione l’imputata. Con il primo motivo deduce violazione degli artt. 516 e 517,521 e 522 cod. proc. pen. e difetto di contestazione, nonché vizio di motivazione. Con motivazione illogica, la Corte messinese aveva ritenuto l’imputata responsabile di un fatto ben diverso da quello contestato. Invero, i fatti descritti in rubrica ( Capo A) riguardavano l’avvenuta sottrazione di un orologio d’oro a NOME e NOME, presso i quali lavorava come collaboratrice domestica, nonchè la sottrazione delle somme di euro 20,00 e 25,00, prelevate dal portafogli della figlia dei predetti NOME, persona offesa e querelante. Il capo B) riguardava invece le minacce rivolte alla NOME, poiché la COGNOME, sorpresa nell’atto di occultare il portafogli, diceva GLYPH che gliela avrebbe fatta pagare promuovendo una vertenza sindacale. La Corte territoriale aveva qualificato il fatto di cui al capo B) come tentativo di furto, ma il fatto contestato come reato di cui all’art. 612 era l’aver proferito la minaccia di “farla pagare” promuovendo vertenza sindacale. Per attribuire alla ricorrente la responsabilità circa il tentato furto il avrebbe dovuto procedere a contestazione suppletiva. La sentenza era quindi nulla per difetto di correlazione tra accusa e sentenza.
2.1 Con il secondo motivo denuncia vizio di motivazione e travisamento della prova. Vi era insanabile contraddizione tra le dichiarazioni della persona offesa, costituita parte civile (NOME) fe le dichiarazioni rese dal padre di quest’ultima circa la proprietà del portafogli. In difetto di prova circa la appartenenza del portafogl alla querelante, l’azione penale avrebbe dovuto essere dichiarata improcedibile per mancanza di querela.
Il Procuratore generale ha concluso per il rigetto del ricorso.
La parte civile ha depositato memoria insistendo per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo è infondato.
Le norme che si assumono violate attengono al principio enunciato dall’art. 521 cod.proc.pen., in base al quale, ove il pubblico ministero non abbia provveduto a modificare l’imputazione, il giudice non può pronunciare sentenza per un fatto diverso da quello ivi descritto ma deve disporre con ordinanza la trasmissione degli atti al pubblico ministero. Sul punto, la Corte di Cassazione, a Sezioni Unite (Sez. U, n.
36551 del 15/07/2010, COGNOME, Rv.248051), ha affermato che, per aversi mutamento del fatto, occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l’ipotesi astratta prevista dalla legge, i modo che si configuri un’incertezza sull’oggetto dell’imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti di difesa. Ne consegue che l’indagine volta ad accertare la violazione del principio di correlazione tra imputazione contestata e sentenza non può esaurirsi nel mero confronto puramente letterale fra contestazione e sentenza perché, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione è del tutto insussistente quando l’imputato, attraverso l’iter del processo, si sia venuto a trovare nella condizione concreta di difendersi in ordine all’oggetto dell’imputazione. E’ stato infatti affermato che, a fondamento del cd principio di correlazione tra l’imputazione contestata e la sentenza, sta l’esigenza di assicurare all’imputato la piena possibilità di difendersi in rapporto a tutte le circostanze rilevanti del fatto che è ogget dell’imputazione. Ne discende che il principio in parola non è violato ogni qualvolta siffatta possibilità non risulti sminuita. Pertanto, nei limiti di questa garanzia, quan nessun elemento che compone l’accusa sia sfuggito alla difesa dell’imputato, non si può parlare di mutamento del fatto e il giudice è libero di dare al fatto la qualificazion giuridica che ritenga più appropriata alle norme di diritto sostanziale. In altri termi quindi, siffatta violazione non ricorre quando nella contestazione, considerata nella sua interezza, siano contenuti gli stessi elementi del fatto costitutivo del reat ritenuto in sentenza (ex multis , Sez. 5 – n. 37434 del 19/05/2023 , Rv. 285336-01; sez. 6, n. 18125 del 22/10/2019, Rv. 279555; Sez. 2 – n. 12328 del 24/10/2018, Rv. 276955 – 01; Sez. 1, n. 35574 del 18/06/2013, Rv. 257015 – 01; Sez.5, n. 2074 del 25/11/2008, Rv. 242351-01)
Va poi precisato che il fatto, di cui agli artt. 521 e 522 cod.proc.pen., viene definit come l’accadimento di ordine naturale dalle cui connotazioni e circostanze soggettive ed oggettive, geografiche e temporali, poste in correlazione tra loro, vengono tratti gli elementi caratterizzanti la sua qualificazione giuridica (Sez. U, n. 16 del 19/06/1996, COGNOME, Rv. 205619-01; Sez.1, n. 28877 del 4/06/2013, Colletti, Rv. 256785-01).
Orbene, la sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione dei principi citati, rilevando come al capo B) della imputazione fosse stato contestato, in fatto, che l’imputata era stata sorpresa nell’atto di occultare il portafogli della persona offes NOME e che, al capo A), la contestazione riguardasse l’avvenuta sottrazione di somme di danaro dal predetto portafogli. Il gesto di prendere il portafogli, poi nascondendolo sotto un posacenere nel momento in cui la NOME era entrata nella stanza, è stato inquadrato dai giudici di merito come atto diretto in modo non equivoco ad impossessarsi delle somme ivi contenute, intento non realizzatosi perchè la COGNOME era stata sorpresa dalla COGNOME, comparsa improvvisamente nella stanza ove
quest’ultima si trovava per svolgere le faccende domestiche presso l’abitazione 2′ c GLYPH genitori. Inoltre, la Corte territoriale ha considerato come, sul punto, ampiamente svolta l’istruttoria dibattimentale, tramite l’acquisizione messaggistica intercorsa la NOME e l’imputata, delle dichiarazioni persona offesa e del verbale delle sommarie informazioni rese dal padre della NOME nel frattempo deceduto. Nella citata messaggistica l k si legge testualmente ” da tanto tempo sospettavo di te e finalmente oggi ti ho sorpreso con il mio portafogli in mano”; inoltre, la sentenza impugnata fa riferimento alle dichiarazioni della persona o appunto la NOME che aveva dichiarato di aver colto l’imputata co portafogli in mano e che quest’ultima, al fine di occultarlo, gli aveva poggiato un posacenere. Dette dichiarazioni erano poi state riscontrate dal contenuto informazioni rese dal padre della NOME. Come detto, l’impugnata sentenza, ossequio ai principi esposti, ha osservato che i fatti su cui si era contraddittorio erano noti alla predetta imputata, non erano mutati nel cors giudizio e, sui predetti fatti, l’imputata aveva potuto ampiamente svolgere le p difese durante il processo.
Il secondo motivo è infondato. La doglianza fa leva sulle dichiarazioni rese dal della persona offesa i il quale, nel confermare la circostanza che la COGNOME fosse st colta dalla propria figlia con il portafogli in mano, occultandolo, si era ri borsellino della propria moglie, e non a quello della figlia. Di conseguenza, manc la certezza della riferibilità alla querelante della proprietà o possesso de oggetto di furto, l’azione penale non sarebbe procedibile per difetto di qu Orbene, è principio consolidato che le regole dettate dall’art. 192, comma terzo, proc. pen. non si applicano alle dichiarazioni della persona offesa, le quali p essere legittimamente poste da sole a fondamento dell’affermazione di pena responsabilità dell’imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, credibilità soggettiva del dichiarante e dell’attendibilità intrinseca del suo (Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012, Rv. 253214; Sez. 2, n. 43278 del 24/09/201 Rv. 265104; Sez. 5 – n. 21135 del 26/03/2019, Rv. 275312 – 01 Sez. 4 – , n. 410 del 09/11/2021, Rv. 282558 – 01). Tanto premesso, sono immu da vizi le conclusioni cui è giunta la Corte territoriale in ordine alla attendi narrato della persona offesa, riportando, in merito alla sottrazione del portaf riscontro della messaggistica sopra citata, ed apprezzando il contenuto sommarie informazioni del padre come conferma riguardo alla concreta dinamica dei fatti ( precisamente, la circostanza che la figlia fosse andata a controllare cos facendo la COGNOME in una stanza della casa dei genitori ove lavorava come domest poi sostanzialmente riferendo quanto gli aveva detto la NOME in or all’aver sorpreso la NOME con un borsellino in mano).
GLYPH 6. Si impone conclusivamente il rigetto del ricorso. Segue la condanna della ricor al pagamento delle spese processuali e alla rifusione delle spese sostenute costituita parte civile, liquidate come da dispositivo.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese process nonché alla rifusione delle spese di giudizio sostenute nel presente grado di legi dalla parte civile NOMECOGNOME che liquida in euro tremila oltre accessori co legge.
Roma, 15 novembre 2024