Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 27421 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 27421 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME nato il 04/01/1968 a Modena avverso la sentenza in data 05/07/2024 della Corte di appello di Bologna
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 5 luglio 2024 la Corte di appello di Bologna ha assolto NOME COGNOME in quanto non punibile ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen., dal delitto di calunnia in danno di alcuni ufficiali della Guardia di Finanza che avevano eseguito un accesso a fini fiscali presso la sede di RAGIONE_SOCIALE addebitatogli in ragione di un esposto del 22 marzo 2017, a fronte del quale l’imputato era stato riconosciuto colpevole, all’esito di giudizio abbreviato, dal G.u.p. del Tribunale di Modena in data 21 gennaio 2021.
La Corte, dato conto del contenuto dell’esposto e del riferimento nel capo di imputazione all’incolpazione per i reati di cui agli artt. 615, 616 e 617 cod. pen., ha ritenuto che in detto esposto l’imputato avesse accusato i finanzieri di condotte costituenti reato, perché senza informarlo dei suoi diritti, e anzi con modi autoritari, lo avevano di fatto costretto a immettere la password nel suo computer, per acquisire dati sensibili, con prospettazione di fatti più gravi di quelli indicat nella contestazione, e ha inoltre sottolineato che in definitiva l’esposto lungi dal rappresentare fatti veri, ma penalmente irrilevanti, aveva descritto fatti non veri, come l’aver omesso l’avviso delle facoltà difensive, la costrizione a consentire l’accesso della G.d.F. a dati sensibili, la descrizione nel verbale di una situazione di fatto diversa da quella reale, costituenti reato ai sensi delle norme richiamate nell’imputazione ma anche di nome incriminatrici, come l’art. 610 e l’art. 479 cod. pen., più gravi, sebbene non richiamate nel capo di imputazione.
Ha presentato ricorso Fiandri tramite i suoi difensori.
2.1. Con il primo motivo denuncia violazione di legge prevista a pena di nullità in relazione al decreto di citazione in appello.
Ai sensi del c.d. correttivo Cartabia, entrato in vigore il 4 aprile 2024, era stato modificato l’art. 601 cod. proc. pen. con l’introduzione dell’obbligo di inserire l’avvertimento che l’imputato, non comparendo, sarà giudicato in assenza, previsione stabilita a pena di nullità.
Posto che il decreto di citazione in appello era stato emesso dopo la vigenza di detta disposizione, lo stesso, privo dello specifico avviso, avrebbe dovuto reputarsi nullo, come da immediata eccezione formulata e respinta dalla Corte con motivazione erronea.
2.2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge prevista a pena di nullità, in relazione all’art. 521 cod. proc. pen. per inosservanza del principio di correlazione tra accusa e sentenza.
A fronte di deduzioni difensive, volte nel loro complesso a segnalare che i fatti desunti dall’esposto, quale oggetto di falsa incolpazione, e ritenuti nel capo di imputazione idonei ad integrare i reati di cui agli artt. 615, 616, 617 cod. pen., erano in realtà veri, salva la loro eventuale valutazione, spettante all’A.g., al fine di verificarne l’illiceità penale, la Corte aveva ritenuto di poter cogliere nell’esposto profili tali da rendere certamente configurabili false incolpazioni sulla base di fatti non veri, inquadrabili in reati diversi e più gravi, in ragione di una condotta costrittiva dei finanzieri e di una falsa verbalizzazione delle operazioni compiute.
In tal modo si era determinato tuttavia un difetto di correlazione tra accusa e sentenza, ricorrendo un rapporto di eterogeneità o incompatibilità sostanziale con trasformazione dei contenuti essenziali dell’addebito, incidente sul concreto
esercizio del diritto di difesa, COGNOME in assenza di qualsivoglia riferimento nell’imputazione agli elementi che la Corte aveva valorizzato, e tale da riverberarsi anche sull’originaria scelta di procedere con rito abbreviato.
2.3. Con il terzo motivo denuncia mancanza di motivazione rispetto ai temi oggetto dell’atto di appello.
La Corte aveva omesso di valutare le censure formulate in relazione al contenuto della sentenza di primo grado in rapporto all’oggetto della contestazione, avendo seguito una ben diversa impostazione, censurata nel secondo motivo di ricorso, ed essendosi limitata ad affermare in un breve inciso che nell’esposto si rinveniva la descrizione di fatti costituenti reato anche in base alle norme richiamate nel capo di imputazione, tema al quale si riferivano le deduzioni difensive pretermesse.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo è infondato.
Deve al riguardo rilevarsi che, come correttamente osservato dalla Corte territoriale, risulta utilmente valorizzabile l’analisi operata dalle Sezioni Unite (Sez. U, n. 42125 del 27/06/2024, COGNOME, Rv. 287096 – 01/02), che, pur affrontando il tema dell’applicabilità del termine di giorni 40 per la citazione nel giudizio di appello, hanno più in generale rilevato che l’intera nuova disciplina legata alle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 150 del 2022, è destinata ad operare dopo che sarà cessata l’applicazione della disciplina emergenziale, prevista in via transitoria, cosicchè anche quanto all’avviso che l’imputato, ove non compaia, sarà giudicato in assenza, introdotto dal d.lgs. n. 31 del 2024 (c.d. correttivo “Cartabia”), dovrà coerentemente aversi riguardo ai casi di appello presentato dopo il 30 giugno 2024.
2. Il secondo motivo è fondato.
A fronte di un’imputazione incentrata sull’assunto che con l’esposto presentato nel marzo 2017 il ricorrente avrebbe formulato a carico di alcuni militari della Guardia di Finanza, che avevano effettuato un accesso fiscale presso la sede di RAGIONE_SOCIALE alcune false accuse, inquadrabili nei reati di cui agli artt. 615, 616, e 617 cod. pen., il primo Giudice aveva condannato il ricorrente per il delitto di calunnia, ritenendo provati i fatti contestati.
Nel giudizio di appello, a fronte di motivi di doglianza, con i quali si faceva rilevare che i fatti oggetto dell’esposto erano veri, salva la loro concreta valutazione da parte dell’A.G., la Corte, al di là di un assertivo inciso nel quale si faceva riferimento alla configurabilità nei fatti descritti nell’esposto dei rea
indicati nel capo di imputazione, ha in realtà fondato la propria decisione sull’assunto che oggetto di incolpazione erano stati fatti non veri e che tali fatti
avrebbero dovuto primariamente ricondursi allo strumentale addebito riferibile ad una condotta di tipo costrittivo e ad una condotta volta ad alterare la corretta
rappresentazione delle operazioni.
In tal modo, tuttavia, la Corte ha ricostruito il fatto che avrebbe costituito oggetto della falsa incolpazione in termini del tutto diversi, cosicché lo stesso non
risulta più inquadrabile, neanche attraverso un’esegesi interpretativa, nell’alveo delineato dalla contestazione, da esso discostandosi sul piano strutturale in
ragione dell’introduzione di elementi ontologicamente riferibili a reati diversi e incompatibili con la descrizione delle false incolpazioni enunciate nel capo di
imputazione.
Il rapporto di eterogeneità ravvisabile implica dunque che il fatto ravvisato non sia più riconducibile alla contestazione agli effetti dell’art. 521, comma 2, cod.
proc. pen.
3. Ne discende l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata con trasmissione degli atti al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Modena per l’ulteriore corso, pronuncia da ritenersi in concreto più favorevole sia rispetto alla riconosciuta particolare tenuità del fatto, che di per sé postula l’attribuzione del fatto, sia rispetto alla immediata declaratoria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione, posto che ciò consente ab origine -peraltro in assenza di istanze di tipo civilistico – il ripristino della fisiologia del procediment e il suo esito anche senza giungere alla sede processuale.
P. Q. M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone la trasmissione degli atti al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Modena per l’ulteriore corso.
Così deciso 1’8 maggio 2025