Corpo del reato non nel fascicolo: lesione della difesa?
Nel processo penale, la gestione delle prove materiali è fondamentale per garantire un giusto processo. Una questione cruciale riguarda la presenza fisica del corpo del reato all’interno del fascicolo del dibattimento. È sempre necessaria? O la sua custodia in un luogo diverso può essere legittima? Con l’ordinanza n. 31545 del 2024, la Corte di Cassazione torna su questo tema, offrendo chiarimenti essenziali sul bilanciamento tra esigenze procedurali e il diritto di difesa dell’imputato.
I fatti del caso
La vicenda trae origine dalla condanna di un individuo da parte della Corte d’Appello di Genova per il reato previsto dall’art. 455 c.p., relativo alla spendita di banconote contraffatte. L’imputato, non accettando la decisione, ha proposto ricorso per cassazione. Il motivo principale del suo gravame era la presunta violazione del suo diritto di difesa.
Secondo il ricorrente, le banconote false, essendo il corpo del reato, avrebbero dovuto essere materialmente incluse nel fascicolo processuale. La loro assenza, a suo dire, gli avrebbe impedito di esaminarle e di approntare un’adeguata strategia difensiva. Le banconote, infatti, erano state sequestrate, trasmesse al pubblico ministero e custodite in un apposito luogo di deposito, come previsto dalle norme procedurali.
La custodia del corpo del reato secondo la Cassazione
La Suprema Corte ha giudicato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, lo ha dichiarato inammissibile. I giudici hanno chiarito un punto fondamentale della procedura penale, basandosi sull’articolo 431, comma 1, lettera h) del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce che il corpo del reato non deve necessariamente essere allegato fisicamente al fascicolo del dibattimento.
È infatti consentito che, per la sua natura o per opportunità, venga custodito in un luogo diverso. Nel caso specifico delle banconote, la loro conservazione in un deposito sicuro è una prassi corretta e conforme alla legge. La Corte ha sottolineato che tale modalità di custodia non pregiudica in alcun modo i diritti dell’imputato.
Le motivazioni
La decisione della Corte si fonda su un principio di logica e di diritto: la mancata allegazione fisica del corpo del reato al fascicolo non equivale a una negazione del diritto di prenderne visione. L’imputato ha sempre la facoltà di accedere alle prove materiali, ovunque esse siano custodite. Può chiederne la visione in qualsiasi momento e può persino richiederne l’esibizione in udienza durante il dibattimento, affinché il giudice possa esaminarle direttamente.
Nel caso analizzato, è emerso dagli atti processuali che l’imputato non aveva mai presentato una richiesta formale per visionare le banconote, né gli era mai stato negato l’accesso. La lesione del diritto di difesa, pertanto, non sussiste. Non si può lamentare la violazione di un diritto se non si è mai tentato di esercitarlo. La Corte ha quindi concluso che il ricorso era basato su una doglianza infondata, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 3.000,00 euro a favore della Cassa delle ammende.
Le conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio consolidato: il diritto di difesa nel processo penale è un diritto effettivo, che si sostanzia nella possibilità concreta di accedere agli atti e alle prove. La mera collocazione fisica del corpo del reato in un luogo diverso dal fascicolo processuale non costituisce, di per sé, una violazione. Spetta alla difesa attivarsi per esercitare le proprie prerogative, richiedendo la visione delle prove materiali quando lo ritenga necessario. La pronuncia conferma quindi che le esigenze di corretta conservazione delle prove possono coesistere con la piena garanzia del contraddittorio e del diritto di difesa.
Il corpo del reato deve essere sempre allegato fisicamente al fascicolo del dibattimento?
No. Secondo l’art. 431, comma 1, lett. h) c.p.p., il corpo del reato non deve necessariamente essere allegato al fascicolo, ma può essere custodito in un altro luogo quando ciò sia opportuno per la sua natura, come nel caso di banconote false.
Quando viene leso il diritto di difesa se il corpo del reato non è nel fascicolo?
Il diritto di difesa è leso solo se all’imputato viene impedito o rifiutato l’accesso al corpo del reato dopo una sua specifica richiesta. La semplice custodia in un luogo diverso dal fascicolo, senza che l’imputato abbia mai chiesto di visionarlo, non costituisce una violazione.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte non esamina il merito della questione. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, come sanzione per aver proposto un ricorso infondato.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31545 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31545 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
SPANO PASQUALE (CUI 04X7CEH) nato a NOLA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 09/11/2023 della CORTE APPELLO di GENOVA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza con cui la Corte d’appello di Genova ne ha confermato la condanna per il reato di cui all’art. 455 c.p.
Considerato che il ricorso è manifestamente infondato. Infatti, dagli atti risulta che l banconote, una volta sequestrate, sono state trasmesse al pubblico ministero e dunque depositate a norma dell’art. 82 disp. att. c.p.p., nonché custodite nel luogo di deposito Deve allora ricordarsi che, ai sensi dell’art. 431 comma 1 lett. h) c.p.p., le suddet banconote non necessariamente dovevano essere allegate al fascicolo del dibattimento, potendo il corpo del reato rimanere custodito altrove quando per la sua natura ciò si riveli opportuno (Sez. 1, n. 14594 del 16/11/1999, Marcia, Rv. 216130), come avvenuto nel caso di specie. Ciò non comporta, ovviamente, che all’imputato sia impedito di prendere visione del corpo del reato, potendo egli accedere in qualunque momento allo stesso e chiedere al giudice di visionario in udienza nel corso del dibattimento; non di meno deve rilevarsi come non risulti però dagli atti che l’imputato abbia mai avanzato una richiesta in tal senso, né tantomeno che gli sia stata in qualche momento rifiutato l’accesso al corpo del reato, talché non la lesione dei diritto di difesa eccepita dal ricorrente non sussiste.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 a favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 16/5/2024