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Corpo del reato non in atti: quando è legittimo?

Un soggetto, condannato per il reato di spendita di banconote false, ha presentato ricorso in Cassazione lamentando la violazione del diritto di difesa, poiché il corpo del reato (le banconote) non era stato allegato al fascicolo del dibattimento. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, chiarendo che la legge non impone la materiale allegazione del corpo del reato al fascicolo, potendo esso essere custodito altrove. Il diritto di difesa è garantito dalla possibilità per l’imputato di chiederne la visione in ogni momento, facoltà che nel caso di specie non era mai stata esercitata.

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Pubblicato il 11 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Corpo del reato non nel fascicolo: lesione della difesa?

Nel processo penale, la gestione delle prove materiali è fondamentale per garantire un giusto processo. Una questione cruciale riguarda la presenza fisica del corpo del reato all’interno del fascicolo del dibattimento. È sempre necessaria? O la sua custodia in un luogo diverso può essere legittima? Con l’ordinanza n. 31545 del 2024, la Corte di Cassazione torna su questo tema, offrendo chiarimenti essenziali sul bilanciamento tra esigenze procedurali e il diritto di difesa dell’imputato.

I fatti del caso

La vicenda trae origine dalla condanna di un individuo da parte della Corte d’Appello di Genova per il reato previsto dall’art. 455 c.p., relativo alla spendita di banconote contraffatte. L’imputato, non accettando la decisione, ha proposto ricorso per cassazione. Il motivo principale del suo gravame era la presunta violazione del suo diritto di difesa.

Secondo il ricorrente, le banconote false, essendo il corpo del reato, avrebbero dovuto essere materialmente incluse nel fascicolo processuale. La loro assenza, a suo dire, gli avrebbe impedito di esaminarle e di approntare un’adeguata strategia difensiva. Le banconote, infatti, erano state sequestrate, trasmesse al pubblico ministero e custodite in un apposito luogo di deposito, come previsto dalle norme procedurali.

La custodia del corpo del reato secondo la Cassazione

La Suprema Corte ha giudicato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, lo ha dichiarato inammissibile. I giudici hanno chiarito un punto fondamentale della procedura penale, basandosi sull’articolo 431, comma 1, lettera h) del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce che il corpo del reato non deve necessariamente essere allegato fisicamente al fascicolo del dibattimento.

È infatti consentito che, per la sua natura o per opportunità, venga custodito in un luogo diverso. Nel caso specifico delle banconote, la loro conservazione in un deposito sicuro è una prassi corretta e conforme alla legge. La Corte ha sottolineato che tale modalità di custodia non pregiudica in alcun modo i diritti dell’imputato.

Le motivazioni

La decisione della Corte si fonda su un principio di logica e di diritto: la mancata allegazione fisica del corpo del reato al fascicolo non equivale a una negazione del diritto di prenderne visione. L’imputato ha sempre la facoltà di accedere alle prove materiali, ovunque esse siano custodite. Può chiederne la visione in qualsiasi momento e può persino richiederne l’esibizione in udienza durante il dibattimento, affinché il giudice possa esaminarle direttamente.

Nel caso analizzato, è emerso dagli atti processuali che l’imputato non aveva mai presentato una richiesta formale per visionare le banconote, né gli era mai stato negato l’accesso. La lesione del diritto di difesa, pertanto, non sussiste. Non si può lamentare la violazione di un diritto se non si è mai tentato di esercitarlo. La Corte ha quindi concluso che il ricorso era basato su una doglianza infondata, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 3.000,00 euro a favore della Cassa delle ammende.

Le conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio consolidato: il diritto di difesa nel processo penale è un diritto effettivo, che si sostanzia nella possibilità concreta di accedere agli atti e alle prove. La mera collocazione fisica del corpo del reato in un luogo diverso dal fascicolo processuale non costituisce, di per sé, una violazione. Spetta alla difesa attivarsi per esercitare le proprie prerogative, richiedendo la visione delle prove materiali quando lo ritenga necessario. La pronuncia conferma quindi che le esigenze di corretta conservazione delle prove possono coesistere con la piena garanzia del contraddittorio e del diritto di difesa.

Il corpo del reato deve essere sempre allegato fisicamente al fascicolo del dibattimento?
No. Secondo l’art. 431, comma 1, lett. h) c.p.p., il corpo del reato non deve necessariamente essere allegato al fascicolo, ma può essere custodito in un altro luogo quando ciò sia opportuno per la sua natura, come nel caso di banconote false.

Quando viene leso il diritto di difesa se il corpo del reato non è nel fascicolo?
Il diritto di difesa è leso solo se all’imputato viene impedito o rifiutato l’accesso al corpo del reato dopo una sua specifica richiesta. La semplice custodia in un luogo diverso dal fascicolo, senza che l’imputato abbia mai chiesto di visionarlo, non costituisce una violazione.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte non esamina il merito della questione. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, come sanzione per aver proposto un ricorso infondato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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