Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 15448 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo RAGIONE_SOCIALE
Penale Sent. Sez. 3 Num. 15448 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
RAGIONE_SOCIALE Udienza: 21/02/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
Composta da
NOME COGNOME
Presidente –
Sent. n. sez. 318/2025
NOME Gentili
NOME COGNOME
UP – 21/02/2025
R.NUMERO_DOCUMENTO.N. NUMERO_DOCUMENTO
Relatore –
NOME COGNOME
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Cefalù il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 03/06/2024 della Corte d’appello di Milano
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; lette le conclusioni, per il ricorrente, dell’AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza emessa il 3 giugno 2024, la Corte di appello di Milano, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Milano del 10 luglio 2023, ha confermato la dichiarazione di penale responsabilità di NOME COGNOME per il reato di cui all’art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000 (capo 1), nonché per il reato di cui all’art. 8 d.lgs. cit., per il periodo dal 31 maggio 2013 al 7 novembre 2013, ha dichiarato estinto per prescrizione il reato di cui all’art. 8 d.lgs. cit. dal 13 settembre 2012 al
30 maggio 2013, ed ha rideterminato la pena irrogata al medesimo, riducendola, in due anni e due mesi di reclusione.
Precisamente, la sentenza impugnata ha confermato la dichiarazione di responsabilità di NOME COGNOME, perché lo stesso, agendo nella qualità di amministratore unico della ditta ‘RAGIONE_SOCIALE‘, avrebbe: a) indicato, nella dichiarazione presentata il 30 settembre 2013 per l’anno di imposta 2012, al fine di evadere le imposte dirette e l’IVA, elementi passivi fittizi avvalendosi di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, per un imponibile di 305.700,00 euro ed IVA pari a 64.197,00 euro (capo 1); b) emesso fatture per operazioni soggettivamente inesistenti nel periodo compreso tra il 31 maggio 2013 ed il 7 novembre 2013 per un imponibile di diversi milioni di euro ed IVA pari a 827.349,22 euro.
Ha presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza indicata in epigrafe NOME COGNOME, con atto sottoscritto dall’AVV_NOTAIO, articolando quattro motivi.
2.1. Con il primo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento agli artt. 191, 546, 626 e 729 cod. proc. pen., e 26 Mod. RAGIONE_SOCIALE, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. c) , cod. proc. pen., avuto riguardo alla ritenuta utilizzabilità delle informazioni fiscali acquisite all’estero tramite i cc.dd. organi collaterali, e in difetto di rogatoria internazionale.
Si deduce che le informazioni acquisite mediante documenti trasmessi da cc.dd. organi collaterali e richiamate nei processi verbali di constatazione nonché nelle dichiarazioni dei testi di polizia giudiziaria – informazioni relative ai clienti comunitari della ditta ‘RAGIONE_SOCIALE‘ di cui era amministratore unico l’attuale ricorrente – sono inutilizzabili, perché non è stato rispettato l’art. 26 Mod. RAGIONE_SOCIALE. Si precisa che l’art. 26 Mod. RAGIONE_SOCIALE, contenuto nella Convenzione RAGIONE_SOCIALEConsiglio d’Europa sulla reciproca assistenza in materia tributaria, entrata in vigore il giorno 1 aprile 1995, e ratificata il 31 gennaio 2006, distingue tra ambito amministrativo ed ambito penale, e consente di utilizzare le informazioni acquisite tramite i cc.dd organi collaterali a fini penali solo se vi è autorizzazione dello Stato estero di provenienza dei dati, autorizzazione la quale, nella specie, non risulta né richiesta, né rilasciata. Si rimarca che l’art. 26 Mod. RAGIONE_SOCIALE, prevede, in particolare, che le informazioni richieste, oltre ad essere prevedibilmente rilevanti (paragrafo 1), debbono restare riservate ed inviate solo agli organi giurisdizionali competenti in materia di accertamento e riscossione dei tributi, e che, «in deroga a quanto sopra, le informazioni ricevute da uno Stato contraente possono essere utilizzate per altri scopi quando ciò è consentito in base alle leggi di entrambi gli Stati e l’autorità competente dello Stato che le fornisce autorizza tale utilizzo» (paragrafo 2). Si segnala che, nella vicenda in esame, le informazioni in questione sono state
utilizzate esclusivamente a fini penali a carico di un soggetto diverso da quelli ai quali le stesse si riferiscono, per di più in violazione dei principi di oralità e di tutela del contraddittorio.
2.2. Con il secondo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento agli artt. 2 e 8 d.lgs. n. 74 del 2000, nonché vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b ) ed e) , cod. proc. pen., avuto riguardo alla ritenuta sussistenza dei reati ritenuti accertati.
Si deduce, con riguardo al reato di dichiarazione fraudolenta, ritenuto integrato per l’uso di fatture ‘soggettivamente’ inesistenti, che gli elementi valorizzati sono indicativi di un mero sospetto, sia sotto il profilo oggettivo, sia con riguardo all’aspetto del dolo specifico.
Si precisa che gli elementi valorizzati dalla sentenza impugnata sono: a) l’effettuazione del pagamento ai fornitori, da parte della ‘RAGIONE_SOCIALE‘, dopo la ricezione delle risorse finanziarie dal cliente destinatario della merce; b) la mancata produzione dei contratti tra la ‘RAGIONE_SOCIALE‘ e i propri clienti e fornitori; c) la deregistrazione dal sistema VIES o comunque il coinvolgimento in frodi da parte di molti dei clienti di ‘RAGIONE_SOCIALE‘; d) la scarsa competenza dell’attuale ricorrente in materia informatica, pur essendo l’amministratore unico di ‘RAGIONE_SOCIALE‘.
Si rappresenta, in particolare, che: 1) le società acquirenti dalla ‘RAGIONE_SOCIALE‘, per quanto risulta dallo stesso processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza del 17 maggio 2017, sono state deregistrate dal sistema VIES o dichiarate fallite tutte in data successiva al 19 novembre 2013, data in cui l’attuale ricorrente era cessato dalla carica di amministratore unico della ‘RAGIONE_SOCIALE‘, ovvero, e solo in un caso, relativo alla ‘RAGIONE_SOCIALE‘, prima di tale data, ma comunque dopo la cessazione dei rapporti commerciali; 2) l’unica società fornitrice, la ‘RAGIONE_SOCIALE‘, non risulta mai deregistrata; 3) le risposte dei cc.dd. organi collaterali sono sempre in termini di sospetto e mai di certezza in ordine alla partecipazione a sistemi di frodi carosello delle società in rapporti commerciali con ‘RAGIONE_SOCIALE‘; 4) non vi è alcun elemento per ritenere incongrui i prezzi praticati nei rapporti commerciali tra ‘RAGIONE_SOCIALE‘ e i suoi clienti o fornitori; 5) la ‘RAGIONE_SOCIALE‘ aveva una sede dotata di magazzino, acquisita mediante locazione, e il locatore di tale immobile, NOME COGNOME, ha confermato di aver visto in quei locali «scatoloni», nonché una dipendente della società preposta alla redazione di fatture e alla ricezione e spedizione di materiale, aggiungendo inoltre di aver concordato di rendere disponibile, per ulteriori esigenze, il magazziniere della sua ditta; 6) la teste NOME COGNOME, dipendente della ‘RAGIONE_SOCIALE‘, ha riferito in ordine alla effettività della ricezione del materiale acquistato dalla ditta, precisando come, molto spesso, lo stesso non
transitasse per la sede sociale, ma venisse direttamente inviato al cliente finale; 7) la ‘RAGIONE_SOCIALE‘, come confermato dal teste NOME COGNOME, preposto alla logistica di tale ditta e dai documenti acquisiti, ha effettuato diversi trasporti per la ‘RAGIONE_SOCIALE‘ dal 2012 al 2015, sia in importazione, sia in esportazione, ma non ha mai ricevuto contestazioni di irregolarità dagli inquirenti per tali spedizioni; 8) la merce trattata dalla ‘RAGIONE_SOCIALE‘, siccome costituita da materiale informatico, aveva modeste dimensioni; 9) l’attuale ricorrente, secondo la teste COGNOME, pur se non esperto di informatica, conosceva bene «il mestiere di commerciante», ed era sempre attento a verificare la regolarità della partita IVA dei clienti.
2.3. Con il terzo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento agli artt. 133 e 62bis cod. pen., nonché vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b ) ed e) , cod. proc. pen., avuto riguardo al diniego delle circostanze attenuanti generiche e alla determinazione della pena.
Si deduce che la sentenza è priva di motivazione effettiva in ordine alle statuizioni sul diniego delle circostanze attenuanti generiche e sulla determinazione della pena, a fronte delle specifiche censure nei motivi di appello.
2.4. Con il quarto motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento agli artt. 8 d.lgs. n. 74 del 2000, 81, 129 e 157 cod. pen., nonché vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b ) ed e) , cod. proc. pen., avuto riguardo alla determinazione della pena.
Si deduce che la pena, in appello, è stata rideterminata, per effetto della dichiarazione di estinzione per prescrizione del reato di cui all’art. 8 d.lgs. n. 74 del 2000 per le fatture emesse nel 2012 e fino al 30 maggio 2013, con una riduzione sproporzionata per difetto. Si osserva che la riduzione di pena è stata di soli quattro mesi, sebbene il proscioglimento abbia avuto ad oggetto la maggior parte delle condotte di emissione di fatture per operazioni inesistenti, e sebbene in primo grado reato più grave fosse stato ritenuto proprio quello di cui all’art. 8 d.lgs. n. 74 del 2000. Si aggiunge che la misura della riduzione della pena non è supportata da alcuna motivazione nella sentenza di appello.
Successivamente alla presentazione della requisitoria scritta del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO della Corte di cassazione, che conclude per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente ha depositato memoria, sottoscritta dall’AVV_NOTAIO, nella quale si ripropongono e si sviluppano le censure formulate nell’atto di impugnazione.
In particolare, si specifica perché il primo motivo di ricorso non può ritenersi privo di specificità per difetto di autosufficienza, e si evidenzia l’assenza di osservazioni della requisitoria in ordine alle censure esposte nel quarto motivo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, salvo che con riferimento alla parte in cui ha confermato la confisca diretta, perché il ricorso espone censure infondate, ma non inammissibili, come di seguito precisato.
In parte infondate e in parte prive di specificità sono le censure esposte nel primo motivo, le quali contestano l’utilizzabilità delle informazioni acquisite all’estero e trasmesse alle autorità italiane nell’ambito di attività di RAGIONE_SOCIALE in sede amministrativa, in difetto di rogatoria internazionale, necessaria a norma dell’art. 26 Mod. Ocse, e in violazione dei principi di oralità e di tutela del contraddittorio.
2.1. Deve anzitutto osservarsi che gli atti acquisiti sulla base della Convenzione concernente la reciproca assistenza amministrativa in materia fiscale, fatta a Strasburgo il 25 gennaio 1988, come modificata dal Protocollo firmato a Parigi il 27 maggio 2010, sono in linea AVV_NOTAIO utilizzabili nel processo penale, a condizione che ne rispettino i principi generali in materia di formazione ed utilizzazione della prova nel processo penale, senza necessità di procedere a rogatoria internazionale.
Questo principio si desume chiaramente dal sistema normativo di riferimento, nonché dalla sua evoluzione.
È utile premettere che la Convenzione concernente la reciproca assistenza amministrativa in materia fiscale, fatta a Strasburgo il 25 gennaio 1988 tra gli Stati membri del Consiglio d’Europa ed i Paesi membri dell’RAGIONE_SOCIALE (RAGIONE_SOCIALE), nel suo testo originario, è entrata in vigore in RAGIONE_SOCIALE il giorno 1 aprile 2005, avendo il nostro Stato aderito alla stessa con legge 10 febbraio 2005, n. 19. Ed è bene aggiungere che la precisata Convenzione è stata successivamente modificata con Protocollo firmato a Parigi il 27 maggio 2010, a far data dal giorno 1 giugno 2011, e le disposizioni del Protocollo sono entrate in vigore in RAGIONE_SOCIALE in data 1 maggio 2012, sulla base di legge del 27 ottobre 2011, n. 193.
Ciò posto, la Convenzione, nel suo testo originario del 1988, nel Capitolo III, intitolato «Forme di Assistenza», nella Sezione I, dedicata allo «Scambio d’informazioni», prevedeva, nell’art. 4, rubricato «Norma AVV_NOTAIO», al paragrafo 2: «Una Parte non può utilizzare le informazioni in tal modo ottenute, come mezzo di prova dinanzi ad una giurisdizione penale, se non ha ottenuto l’autorizzazione preliminare della Parte che le ha fornite. Tuttavia, due o più Parti possono di comune accordo rinunciare alla condizione dell’autorizzazione preliminare».
Questa disposizione, però, per effetto del Protocollo del 2010, è stata espressamente e specificamente abrogata. COGNOME, per effetto del Protocollo, restano
in vigore solo il paragrafo 1 e il paragrafo 3 dell’art. 4 della Convenzione, completamente riscritti rispetto al testo originario. Precisamente, il paragrafo 1 si limita a prevedere che le Parti si scambiano le informazioni prevedibilmente rilevanti per assicurare la garanzia della disciplina nazionale in materia fiscale (« The Parties shall exchange any information, in particular as provided in this section, that is foreseeably relavant for the administration or enforcement of their domestic laws concerning the taxes covered by this Convention »); il paragrafo 3, invece, attiene alla possibilità per lo Stato richiesto di dare preventiva notizia alle persone interessate della trasmissione delle informazioni allo Stato richiedente.
Sulla base del testo normativo attualmente vigente, e a far data da epoca anteriore alla commissione dei reati per cui si procede, quindi, la Convenzione concernente la reciproca assistenza amministrativa in materia fiscale non pone alcun limite all’utilizzabilità degli atti scambiati tra autorità amministrative di Stati aderenti nel processo penale.
E, anzi, la comune volontà degli Stati contraenti, e quindi anche del legislatore italiano, di escludere limiti all’utilizzabilità degli atti scambiati nei processi penali degli Stati cui appartengono le autorità amministrative riceventi risulta rimarcata dall’espressa e formale abrogazione della prescrizione di cui al paragrafo 2 dell’art. 4 della Convenzione, come formulato nel testo originario.
2.2. Né, contro la conclusione indicata, è utile richiamare l’art. 26 del Mod. RAGIONE_SOCIALE, come indicato nel ricorso.
Innanzitutto, il Modello RAGIONE_SOCIALE ha un oggetto diverso da quello cui attiene la Convenzione concernente la reciproca assistenza amministrativa in materia fiscale, perché costituisce un modello di riferimento per la stipulazione degli accordi tra Stati al fine di impedire la doppia imposizione (cfr. in argomento, Sez. 5 civ., n. 29635 del 14/11/2019, Rv. 655743 – 01).
In secondo luogo, l’art. 26 Mod. RAGIONE_SOCIALE, come chiaramente indicato da Sez. 3, n. 9083 del 26/01/2023, Costa, Rv. 284234, non contiene divieti all’utilizzo delle informazioni scambiate tra autorità amministrative di Stati diversi.
In particolare, non può ritenersi costituire un limite la disciplina di cui al paragrafo 2 dell’art. 26 cit., come indicato nel ricorso. La disposizione appena citata, infatti, prevede la possibilità di comunicare le informazioni ricevute soltanto alle persone interessate e alle autorità – inclusi tribunali ed organi amministrativi – incaricate dell’accertamento o della riscossione, delle procedure applicative o delle decisioni dei ricorsi relativi alle imposte per le quali lo scambio di informazioni è compiuto; aggiunge, inoltre, che, «in deroga a quanto sopra, le informazioni ricevute da uno Stato contraente possono essere utilizzate per altri scopi quando ciò è consentito in base alle leggi di entrambi gli Stati e l’autorità competente dello Stato che le fornisce autorizza tale utilizzo».
Del resto, avendo riguardo a questa disposizione, Sez. 3, n. 9083 del 2023, cit., ha espressamente precisato che, relativamente all’ipotesi dello scambio di informazioni avvenuto in un momento anteriore all’apertura di un procedimento penale, «non emerge alcun elemento [normativo] che giustifichi una soluzione differente, ossia che mantenga, anche per il futuro e sine die , un silente ma vincolante collegamento tra l’informazione ottenuta e l’autorità estera che l’ha fornita, fino ad imporre – in sede penale – l’attivazione della procedura di rogatoria per ottenere nuovamente la medesima informazione già acquisita da un’autorità interna, sebbene in un procedimento di diversa natura» (in motivazione, § 7.3).
Ma, più in AVV_NOTAIO, si può osservare che l’utilizzo «per altri scopi» cui fa riferimento l’art. 26, paragrafo 2, del Modello RAGIONE_SOCIALE si riferisce a reati diversi da quelli connessi all’evasione delle imposte oggetto degli accertamenti compiuti in sede amministrativa. Sul punto, estremamente significative sono le indicazioni esposte nella versione di sintesi (‘ Condensed Version ‘) del Modello RAGIONE_SOCIALE del 21 novembre 2017, nel Commentario all’art. 26, in relazione al paragrafo 2, in particolare al punto 12.3. Al punto 12.3 appena citato, infatti, si può leggere come «per altri scopi» si intendono quelli relativi a procedimenti penali per reati in materia di riciclaggio, corruzione e terrorismo, ma non a fini fiscali. Questo il testo: « It allows the sharing of tax information by the tax authorities of the receiving State with other law enforcement agencies and judicial authorities in that State on certain high priority matters (e.g. to combat money laundering, corruption, terrorism financing). When a receiving State desires to use the information for an additional purpose (i.e. non-tax purpose), the receiving State should specify to the supplying State the other purpose for which it wishes to use the information and confirm that the receiving State can use the information for such other purpose under its laws ».
2.3. Più in AVV_NOTAIO, inoltre, nel sistema non sono ravvisabili generali divieti di utilizzare informazioni trasmesse da autorità amministrative estere, al di fuori di formali procedure di rogatoria internazionale.
In giurisprudenza, infatti, si è precisato che è legittima l’acquisizione al fascicolo del dibattimento di atti di provenienza estera di natura amministrativa, compiuti al di fuori di qualsiasi indagine penale e come tali non sottoposti al regime delle rogatorie internazionali (Sez. 2, n. 2471 del 10/10/2014, COGNOME, Rv. 261822 – 01, nonché Sez. 6, n. 30068 del 02/07/2012, COGNOME, Rv. 253273 – 01, con riferimento a documenti acquisiti nel quadro di una procedura di controllo attivata dal Ministero della Sanità).
Inoltre, sono state ritenute utilizzabili dal giudice italiano le informative redatte dalla polizia estera e da questa consegnate direttamente ad autorità di polizia italiane, al di fuori di procedure formali di rogatoria, attese l’assenza di
divieti di legge e la conformità di tale prassi alla consuetudine internazionale (così Sez. 6, n. 6346 del 09/11/2012, dep. 2013, Domizi, Rv. 254889 – 01).
E costituisce principio ampiamente consolidato quello secondo cui le informazioni e gli atti trasmessi per autonoma determinazione dell’Autorità giudiziaria di uno Stato estero, o comunque di un organo di un’organizzazione internazionale o sovranazionale, possono essere pienamente utilizzati nel procedimento penale senza che rilevino i limiti e le condizioni afferenti all’utilizzazione degli atti assunti per rogatoria (cfr. per tutte, Sez. 1, n. 354 del 16/06/2022, Macrì, Rv. 283864 – 01, e Sez. 1, n. 37250 del 20/02/2014, COGNOME, Rv. 260588 – 01).
Queste indicazioni della giurisprudenza, del resto, hanno trovato espressa e AVV_NOTAIO recezione nel ‘nuovo’ art. 729bis , cod., proc. pen., introdotto dall’art. 7 comma 1, lett. d) , d.lgs. 3 ottobre 2017, n. 149. Invero, la disposizione appena citata, la cui rubrica recita: «Acquisizione di atti e informazioni da autorità straniere», al comma 1, prevede: «La documentazione relativa ad atti e a informazioni spontaneamente trasmessi dall’autorità di altro Stato può essere acquisita al fascicolo del pubblico ministero»; e, al comma 2, aggiunge: «L’autorità giudiziaria è vincolata al rispetto delle condizioni eventualmente poste all’utilizzabilità degli atti e delle informazioni spontaneamente trasmessi a norma del comma 1». Merita di essere segnalato che l’art. 729bis cod. proc. pen., sia nella rubrica, sia nel testo dispositivo, impiega il termine «autorità», senza aggiungere l’aggettivo ‘giudiziaria’ o altra forma di specificazione.
Inoltre, con specifico riguardo alla prova documentale, è estremamente significativa la previsione dettata dall’art. 234bis cod. proc. pen., inserito dall’art. 2, comma 1bis , d.l. 18 febbraio 2015, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 aprile 2015, n. 43. Detta previsione, infatti, in termini generali, dispone: «È sempre consentita l’acquisizione di documenti e dati informatici conservati all’estero, anche diversi da quelli disponibili al pubblico, previo consenso, in quest’ultimo caso, del legittimo titolare».
2.4. Piuttosto, un limite di carattere AVV_NOTAIO all’utilizzabilità degli atti trasmessi da un’autorità amministrativa al di fuori di procedure di rogatoria è costituito dai principi relativi alla necessità della formazione della prova in contraddittorio.
Si tratta, infatti, di limiti derivanti innanzitutto dalle prescrizioni di cui all’art. 111 Cost., la cui violazione importa la conseguenza dell’inutilizzabilità (anche) per le espresse previsioni di cui all’art. 526, commi 1 e 1bis , cod. proc. pen., oltre che in applicazione della disposizione AVV_NOTAIO di cui all’art. 191 cod. proc. pen.
Tuttavia, nella specie, il ricorrente non ha indicato elementi da cui desumere la violazione dei principi in materia di formazione della prova in contraddittorio, e, per quanto emerge dalle sentenze di merito, gli atti in questione risultano essere
costituiti da fatture, bonifici, annotazioni contabili e annotazioni in pubblici registri. In altri termini, gli atti acquisiti mediante le forme di RAGIONE_SOCIALE amministrativa in attuazione della Convenzione relativa alla reciproca assistenza amministrativa in materia fiscale, ed utilizzati ai fini della decisione nelle sentenze di merito, risultano sussumibili nella categoria dei documenti, come tali legittimamente acquisibili al fascicolo per il dibattimento a norma degli artt. 234 e 234bis cod. proc. pen.
Di conseguenza, le censure esposte nel primo motivo del ricorso, nella parte in cui affermano l’inutilizzabilità degli atti acquisiti mediante le procedure di RAGIONE_SOCIALE amministrativa perché in violazione dei principi di oralità e di tutela del contraddittorio, sono manifestamente infondate e comunque prive di specificità.
Infondate sono le censure formulate nel secondo motivo, le quali contestano l’affermazione di responsabilità per i reati ritenuti accertati, deducendo che le prove acquisite sono idonee a fondare il giudizio di colpevolezza sia sotto il profilo oggettivo delle condotte, sia sotto il profilo del dolo specifico necessario per integrare le fattispecie oggetto delle imputazioni.
3.1. La sentenza impugnata espone le ragioni poste a fondamento dell’affermazione di penale responsabilità, facendo anche espresso rinvio alla motivazione della decisione emessa in primo grado.
I fatti di reato in contestazione si riferiscono all’attività svolta da NOME COGNOME quale amministratore unico della ‘RAGIONE_SOCIALE‘, ed hanno ad oggetto l’indicazione di elementi passivi fittizi nella dichiarazione fiscale presentata il 30 settembre 2013 mediante l’utilizzo di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti (capo 1), e l’emissione di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti tra il 2012 ed il 7 novembre 2013 (capo 2).
Le fatture sono state ritenute relative ad operazioni soggettivamente inesistenti perché concernenti acquisiti e cessioni di beni, e precisamente di materiale informatico, avvenuti tra la ‘RAGIONE_SOCIALE‘ ed operatori comunitari, all’esito delle quali, nei corrispondenti periodi di esercizio rilevanti ai fini fiscali, la ‘RAGIONE_SOCIALE‘ era sempre risultata a credito di imposta. In altri termini, i Giudici di merito hanno reputato che la ‘RAGIONE_SOCIALE‘ abbia operato come buffer , per essersi interposta in modo fittizio tra fornitori e clienti comunitari, al fine di consentire una cospicua evasione dell’IVA.
La sentenza impugnata, quanto agli indizi inferibili dallo svolgimento dei rapporti commerciali, evidenzia anzitutto che le singole operazioni erano fortemente anomale da un punto vista RAGIONE_SOCIALE-finanziario: la ‘RAGIONE_SOCIALE‘ dapprima incassava dai clienti, in via anticipata, le somme relative alle vendite a questi dei prodotti, e, poi, con tali somme, pagava i suoi
fornitori, che le mettevano a disposizione i beni da consegnare ai clienti (estremamente chiaro l’esempio illustrato analiticamente nella sentenza di primo grado, pagg. 50-52). Aggiunge, inoltre, che la merce, generalmente, restava ferma presso le ditte incaricate dalla logistica e veniva prelevata unicamente dal destinatario finale. Rimarca, ancora, che il settore RAGIONE_SOCIALE del commercio all’ingrosso di computer e software ha ad oggetto una merce ad elevato costo unitario e di agevole trasporto, sicché si presta alla ideazione e alla realizzazione di frodi comunitarie all’IVA.
La Corte d’appello, poi, quanto agli indizi desumibili da struttura ed attività dei clienti della ‘RAGIONE_SOCIALE‘, osserva che, come emerso dagli accertamenti compiuti mediante le richieste di mutua assistenza amministrativa, questi: a) spesso, dopo aver acquistato i prodotti dalla società italiana, li avevano rivenduti ad altre società italiane, dando luogo ad analoghi giri di fatturazione; b) talvolta avevano rivenduto i prodotti a soggetti già clienti della ‘RAGIONE_SOCIALE‘; c) erano stati generalmente deregistrati, sia pure in epoca successiva a questi scambi, dal sistema VIES, relativo appunto alla tracciabilità delle cessioni intracomunitarie; d) erano risultati spesso soggetti privi di strutture operative presso gli indirizzi dichiarati; e) in diverse occasioni erano stati coinvolti in indagini per le cc.dd. ‘frodi carosello’, e spesso avevano intrattenuto rapporti caratterizzati da anomalie o irregolarità con le Amministrazioni fiscali dei Paesi di insediamento.
La sentenza impugnata, quanto agli indizi ricollegabili alla struttura e consistenza della ‘RAGIONE_SOCIALE‘, rappresenta che la società: a) dopo aver esercitato fino al 2011 attività di consulenza nel settore immobiliare, nel 2012 era entrata nel settore del commercio all’ingrosso di computer e software , con un eccezionale incremento di fatturato; b) precisamente, era passata da un volume di affari di 38.404,00 euro nel 2011, ad un volume di affari di 2.077.723,00 euro nel 2012 e di 12.328.725,00 euro nel 2013; c) aveva più volte cambiato sede sociale, e l’ultima di queste, attiva al 17 giugno 2023, era costituita da una stanza presa in locazione, con attrezzature minime, e un piccolo spazio destinato a magazzino, per una superficie totale di 45 mq.; d) aveva avuto un amministratore unico, l’attuale ricorrente, del tutto privo di esperienza nel settore informatico, e non aveva avuto dipendenti fino all’assunzione di NOME COGNOME, avvenuta soltanto il 17 ottobre 2010, ossia circa venti giorni prima della data in cui l’attuale ricorrente era cessato dalla carica.
La Corte d’appello, in risposta alle obiezioni formulate nell’atto di appello, precisa che: a) nonostante le dichiarazioni del proprietario dell’immobile dato in locazione alla ‘RAGIONE_SOCIALE‘, secondo cui vi era l’impegno a mettere a disposizione di tale ditta un magazziniere, nessuna fattura a riscontro dell’effettuazione di questo servizio è stata esibita; b) le dichiarazioni dell’impiegata NOME COGNOME sulla presenza di merce «molto piccola» è
inconciliabile con il vertiginoso volume di affari della ‘RAGIONE_SOCIALE‘; c) l’attuale ricorrente ha affermato di aver assunto NOME COGNOME perché egli non sapeva usare bene il computer , e, però, questa è stata assunta un anno e mezzo dopo che l’uomo era divenuto amministratore della società ed aveva gestito in prima persona l’imponente volume di affari risultante dalle dichiarazioni.
Sulla base di questi elementi, la Corte d’appello ha concluso che le condotte delittuose contestate devono ritenersi provate sia sotto il profilo oggettivo, sia sotto il profilo soggettivo. In particolare, quanto al profilo del dolo, la sentenza impugnata evidenzia che l’imputato ha assunto consapevolmente la carica di amministratore della società ‘RAGIONE_SOCIALE‘, e che ha gestito l’attività direttamente e in prima persona, come confermato anche dall’assunzione di un’unica dipendente solo un anno e mezzo dopo aver preso in carico tale compito.
3.2. Le conclusioni della sentenza impugnata, in ordine all’accertamento dei fatti in contestazione, sono immuni da vizi logici o giuridici.
Invero, le stesse si fondano su elementi precisi e congrui, legittimamente utilizzabili ai fini della decisione anche per quanto indicato ni §§ 2, 2.1, 2.2, 2.3 e 2.4, e all’esito di una motivazione la quale fornisce risposte non manifestamente illogiche alle obiezioni della difesa.
La non manifesta infondatezza delle censure enunciate nei primi due motivi di ricorso impone di dichiarare l’estinzione per prescrizione dei reati per i quali la Corte d’appello aveva confermato la dichiarazione di penale responsabilità, di revocare le statuizioni in ordine alla confisca per equivalente e di tenere ferme quelle in tema di confisca diretta, nonché di rilevare la superfluità dell’esame delle censure esposte nel terzo e nel quarto motivo.
4.1. La non inammissibilità delle censure enunciate nei primi due motivi di ricorso impone di dichiarare l’estinzione per prescrizione dei reati per i quali la Corte d’appello aveva confermato la dichiarazione di penale responsabilità, perché implica la necessità di tenere conto anche del tempo decorso fino alla data della presente pronuncia.
Invero, il reato di cui all’art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000 è contestato come commesso mediante presentazione della dichiarazione fiscale il 30 settembre 2013 (capo 1), mentre il reato di cui all’art. 8 d.lgs. cit. è stato ritenuto accertato dalla Corte d’appello per il periodo dal 31 maggio 2013 al 7 novembre 2013 (capo 2).
Ciò posto, poi, deve tenersi conto della sospensione del corso della prescrizione per undici mesi e ventisette giorni, come indicato anche dalla sentenza impugnata (v. pag. 16).
Di conseguenza, il reato di cui al capo 1 deve ritenersi estinto per prescrizione in data 27 settembre 2024, mentre il reato di cui al capo 2 deve ritenersi estinto per prescrizione il 4 novembre 2024; in entrambi i casi, quindi, il tempo necessario
a prescrivere è decorso dopo la pronuncia della sentenza di appello, ma prima della pronuncia della presenta sentenza.
4.2. La dichiarazione di estinzione per prescrizione dei reati ritenuti accertati dalla Corte d’appello impone di revocare le statuizioni in ordine alla confisca per equivalente, e di tenere ferme quelle in tema di confisca diretta.
Invero, in linea con l’insegnamento delle Sezioni Unite, consolidato nella successiva giurisprudenza, e rispetto al quale non sono indicate ragioni per discostarsi, per quanto attiene al primo profilo, deve rilevarsi che il giudice, nel dichiarare la estinzione del reato per intervenuta prescrizione, non può disporre, né mantenere ferma, la confisca per equivalente delle cose che ne costituiscono il prezzo o il profitto, atteso il suo carattere afflittivo e sanzionatorio (così Sez. U, n. 31617 del 26/06/2015, COGNOME, Rv. 264435 – 01, nonché Sez. U, n. 4145 del 29/09/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284209 – 01, che ha ribadito l’applicabilità del principio con specifico riguardo ai reati commessi, come nel caso di specie, prima della data di entrata in vigore dell’art. 6, comma 4, d.lgs. 1 marzo 2018, n. 21, disposizione la quale ha introdotto la diversa disciplina di cui all’art. 578bis cod. proc. pen.). Mentre, per quanto concerne il secondo profilo, deve evidenziarsi che il giudice, nel dichiarare la estinzione del reato per intervenuta prescrizione, può disporre, a norma dell’art. 240, secondo comma, n. 1 cod. pen., la confisca del prezzo e, ai sensi dell’art. 322ter cod. pen., la confisca diretta del prezzo o del profitto del reato a condizione che vi sia stata una precedente pronuncia di condanna e che l’accertamento relativo alla sussistenza del reato, alla penale responsabilità dell’imputato e alla qualificazione del bene da confiscare come prezzo o profitto rimanga inalterato nel merito nei successivi gradi di giudizio così Sez. U, n. 31617 del 26/06/2015, COGNOME, Rv. 264434 – 01).
Ciò posto, la sentenza di primo grado aveva disposto nei confronti dell’attuale ricorrente, «la confisca, anche per equivalente, della somma di euro 2.304.465,25», a norma dell’art. 12bis d.lgs. n. 74 del 2000, precisando che tale somma costituisce il profitto dei reati oggetto delle originarie contestazioni (reato di cui all’art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000, ascritto al capo 1, e reato di cui agli artt. 81 cpv. cod. pen. e 8 d.lgs. n. 74 del 2000 dal 13 settembre 2012 al 7 novembre 2013), siccome importo corrispondente al complessivo ammontare dell’imposta evasa per condotte al medesimo attribuibili.
Mentre la sentenza di appello, dichiarato l’estinzione per prescrizione del reato di cui all’art. 8 d.lgs. cit. per il periodo dal 13 settembre 2012 al 30 maggio 2013, ha ridotto l’ammontare della confisca per equivalente alla somma di 891.546,22 euro, e confermato nel resto la decisione di primo grado, così tenendo ferma, integralmente, la statuizione del Tribunale in ordine alla confisca diretta.
Di conseguenza, in applicazione dei principi enunciati dalle Sezioni Unite e sopra riportati, la statuizione concernente la confisca per equivalente deve essere
eliminata, mentre resta ferma la statuizione concernente la confisca diretta, disposta in primo grado, e integralmente confermata in appello.
4.3. La dichiarazione di estinzione per prescrizione dei reati ritenuti accertati dalla Corte d’appello rende superfluo l’esame delle censure formulate nel terzo e nel quarto motivo del ricorso.
Il terzo ed il quarto motivo del ricorso, infatti, hanno ad oggetto la determinazione della pena, ma questa, stante la dichiarazione di estinzione dei reati per prescrizione, è ormai del tutto inapplicabile.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché i reati sono estinti per prescrizione. Revoca la confisca per equivalente e conferma la confisca in via diretta.
Così deciso in data 21/02/2025.
Il Consigliere estensore Il Presidente NOME COGNOME NOME COGNOME