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Cooperazione colposa e reati ambientali: il caso

La Corte di Cassazione annulla una sentenza di non luogo a procedere per pesca illegale in un’area protetta. La Corte stabilisce che l’ignoranza sulla natura protetta dell’area non è una scusante se deriva da colpa. Viene inoltre affermata la possibile responsabilità per cooperazione colposa, anche in assenza di dolo, ordinando un nuovo processo per riesaminare il caso alla luce di questi principi.

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Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Cooperazione Colposa nei Reati Ambientali: Ignoranza non Ammessa

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cruciale in materia di reati ambientali: l’ignoranza della legge non costituisce una scusa valida, specialmente quando è frutto di negligenza. Il caso analizzato chiarisce i contorni della cooperazione colposa e la sua applicabilità anche quando uno dei concorrenti non è pienamente consapevole di tutti gli elementi del reato.

I Fatti del Caso

Il procedimento nasceva dall’accusa mossa nei confronti di un individuo per aver partecipato, insieme ad altri soggetti, alla cattura illegale di alcuni esemplari di cernia bruna e un sarago maggiore all’interno di un’area marina protetta. Il Tribunale di Sassari, in prima istanza, aveva emesso una sentenza di “non luogo a procedere”, ritenendo che non vi fossero elementi sufficienti per una ragionevole previsione di condanna. La motivazione si basava sulla presunta mancanza di consapevolezza dell’imputato riguardo al fatto che il luogo di pesca fosse un’area protetta. In sostanza, il giudice di merito aveva escluso il dolo, ovvero l’intenzione di commettere il reato.

La Decisione del Tribunale e il Ricorso del Procuratore Generale

Contro la decisione del Tribunale, il Procuratore Generale presso la Corte di Appello ha proposto ricorso per cassazione. Il motivo principale del ricorso era la violazione di legge, in particolare degli articoli del codice penale che regolano l’elemento soggettivo del reato e la normativa specifica sulla protezione delle aree naturali (legge n. 394 del 1991). Il Procuratore ha sostenuto che il Tribunale avesse erroneamente escluso la responsabilità dell’imputato, non considerando che la sua ignoranza fosse inescusabile. Secondo l’accusa, la situazione concreta avrebbe dovuto essere inquadrata come un’ipotesi di ignoranza della legge penale dovuta a colpa, che non esclude la punibilità.

Le Motivazioni della Cassazione: il Ruolo della Cooperazione Colposa

La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il ricorso, annullando la sentenza e rinviando il caso a un nuovo giudizio. La decisione si fonda su due errori di diritto commessi dal giudice di merito.

L’Applicabilità della Cooperazione nel Delitto Colposo

In primo luogo, la Corte ha sottolineato che il Tribunale ha completamente omesso di considerare l’istituto della cooperazione colposa, disciplinato dall’art. 113 del codice penale. Anche se l’imputato non avesse agito con l’intenzione (dolo) di pescare in un’area protetta, la sua condotta poteva comunque configurare una forma di cooperazione colposa. Per aversi tale forma di concorso, non è necessaria la consapevolezza della natura illecita della condotta altrui, ma è sufficiente la coscienza di partecipare insieme ad altri a una determinata attività. Questa partecipazione comporta un dovere di prudenza e attenzione, la cui violazione può fondare una responsabilità per colpa.

L’Irrilevanza dell’Errore Determinato da Colpa

In secondo luogo, la sentenza impugnata non ha tenuto conto della natura del reato contestato. Trattandosi di un reato contravvenzionale, trova applicazione l’art. 47, comma 3, del codice penale. Questa norma stabilisce che l’errore su un fatto che costituisce il reato è irrilevante se determinato da colpa. Di conseguenza, anche ammettendo che l’imputato ignorasse la natura protetta dell’area, tale ignoranza non sarebbe stata scusabile perché derivante da un comportamento negligente. Un pescatore ha il dovere di informarsi sulle normative e sui vincoli esistenti nelle aree in cui opera.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza di proscioglimento e ha ordinato un nuovo processo. Questa decisione rafforza un principio fondamentale del diritto penale ambientale: la tutela del territorio e delle sue risorse richiede un elevato grado di diligenza da parte di tutti. L’ignoranza delle norme di protezione non può essere invocata come scusante se è il risultato di un comportamento superficiale o negligente. Inoltre, la sentenza ribadisce che si può essere ritenuti responsabili anche per la sola partecipazione colposa a un’attività illecita, senza che sia necessario provare un’intenzione dolosa.

È possibile essere condannati per un reato commesso con altri, anche senza averne l’intenzione?
Sì, secondo la sentenza è possibile. La Corte ha chiarito che si può essere responsabili per cooperazione colposa (art. 113 c.p.), che si configura quando si partecipa negligentemente a un’attività che sfocia in un reato, anche senza la volontà di commetterlo.

Ignorare che una zona di pesca sia un’area marina protetta è una difesa valida?
No, non se l’ignoranza è dovuta a colpa. Per i reati contravvenzionali, come quello in esame, l’errore sul fatto che costituisce reato è irrilevante se causato da negligenza. Chi pratica attività potenzialmente dannose per l’ambiente ha il dovere di informarsi sui divieti esistenti.

Qual è stata la decisione finale della Corte di Cassazione in questo caso?
La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza di non luogo a procedere del Tribunale e ha disposto un nuovo giudizio. Ha stabilito che il giudice di merito ha errato nel non considerare l’applicabilità della cooperazione colposa e l’irrilevanza dell’ignoranza colpevole.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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