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Conversione ricorso in appello: il vizio di motivazione

Un’ordinanza della Corte di Cassazione stabilisce la conversione del ricorso in appello quando il motivo principale riguarda un vizio di motivazione. Nel caso specifico, un imputato per violazione del Codice della Strada aveva contestato il mancato riconoscimento della particolare tenuità del fatto. La Suprema Corte, rilevando che la doglianza atteneva a un difetto di motivazione, ha convertito il ricorso diretto in un appello da celebrarsi presso la Corte d’Appello competente, rispettando il principio dei gradi di giurisdizione.

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Pubblicato il 19 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Conversione Ricorso in Appello: Quando un Vizio di Motivazione Cambia la Strada del Processo

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha chiarito un importante principio procedurale: quando un ricorso contesta essenzialmente un vizio di motivazione, non si può ‘saltare’ il secondo grado di giudizio. In questi casi, si applica la conversione ricorso in appello, un meccanismo che ripristina il corretto iter processuale. Analizziamo questa decisione per capire le sue implicazioni pratiche.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine da una sentenza del Tribunale di Genova, che aveva dichiarato un automobilista responsabile per la violazione dell’art. 187, comma 8, del Codice della Strada. La condanna consisteva in una pena pecuniaria di 48.000 euro di ammenda, di cui una parte in sostituzione di una pena detentiva.

Durante il processo di primo grado, la difesa aveva chiesto l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis del codice penale. Il Tribunale, tuttavia, aveva respinto tale richiesta, motivando che il fatto contestato non presentava le caratteristiche di particolare tenuità, ma si limitava a integrare la fattispecie di reato.

Il Ricorso in Cassazione e il Vizio di Motivazione

L’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso diretto per Cassazione. Il motivo principale del ricorso era l’erronea applicazione dell’art. 131-bis c.p. e, soprattutto, una carenza assoluta di motivazione da parte del Tribunale. Secondo la difesa, il giudice di primo grado aveva escluso la particolare tenuità del fatto con una motivazione solo apparente, senza considerare adeguatamente la modesta entità del fatto e le condizioni di vita dell’imputato, che aveva intrapreso un percorso di recupero positivo dopo l’episodio.

Anche il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione ha concordato, nelle sue conclusioni scritte, sulla necessità di annullare la sentenza, ma limitatamente alla questione della particolare tenuità del fatto. Si profilava quindi una chiara critica alla solidità del ragionamento del primo giudice.

Le Motivazioni della Suprema Corte sulla Conversione Ricorso in Appello

La Corte di Cassazione non è entrata nel merito della questione sulla tenuità del fatto. Ha invece concentrato la sua analisi su un aspetto puramente procedurale. Il motivo sollevato dalla difesa, pur essendo formalmente inquadrato come violazione di legge (art. 606, lett. b), c.p.p.), riguardava in sostanza un vizio di motivazione (art. 606, lett. e), c.p.p.).

La giurisprudenza consolidata stabilisce che un ricorso per saltum (cioè che salta il grado d’appello) non è ammissibile se si fonda su un vizio di motivazione. Questo perché il controllo sulla logicità e completezza della motivazione spetta primariamente alla Corte d’Appello. Il principio generale è quello dell’osservanza dei gradi di giurisdizione, che non può essere derogato in questi casi.

Di conseguenza, in applicazione dell’art. 569, comma 3, del codice di procedura penale, la Corte ha disposto la conversione ricorso in appello. In pratica, l’impugnazione presentata erroneamente come ricorso per Cassazione è stata ‘trasformata’ in un atto di appello. Gli atti sono stati quindi trasmessi alla Corte d’appello di Genova, che sarà il giudice competente a riesaminare la questione della motivazione sulla particolare tenuità del fatto.

Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un cardine del nostro sistema processuale: la gerarchia dei mezzi di impugnazione. Un imputato che ritiene la motivazione di una sentenza di primo grado carente o illogica non può rivolgersi direttamente alla Cassazione, ma deve prima passare per il vaglio della Corte d’Appello. La decisione della Suprema Corte, pur non decidendo il caso nel merito, ha il pregio di rimettere il processo sul binario corretto, garantendo all’imputato la possibilità di far valere le sue ragioni nel grado di giudizio appropriato e tutelando al contempo l’ordinato svolgimento della giurisdizione.

Perché il ricorso per Cassazione è stato convertito in appello?
Perché il motivo principale del ricorso non era una pura violazione di legge, ma un vizio di motivazione della sentenza di primo grado. La legge processuale non consente di ‘saltare’ la Corte d’Appello per contestare la motivazione di una sentenza.

Cosa significa ‘conversione del ricorso in appello’ in questo caso?
Significa che la Corte di Cassazione, ritenendo inammissibile il ricorso diretto, lo ha trasformato in un regolare atto di appello, trasmettendo il caso alla Corte d’appello di Genova affinché lo giudichi nel merito.

Qual era la questione che l’imputato voleva far riesaminare?
L’imputato contestava il fatto che il Tribunale avesse escluso l’applicazione della causa di non punibilità per ‘particolare tenuità del fatto’ (art. 131-bis c.p.) con una motivazione ritenuta insufficiente e solo apparente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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