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Conversione ricorso in appello: il caso della Cassazione

Un professionista, condannato in primo grado alla sola pena della multa per falso ideologico in una CILA, ha presentato ricorso in Cassazione lamentando un vizio di motivazione. La Suprema Corte, applicando una specifica norma procedurale, ha disposto la conversione del ricorso in appello. La decisione chiarisce che, in presenza di un’impugnazione per vizio di motivazione contro una sentenza che applica solo una pena pecuniaria, il ricorso deve essere trasformato in un appello da trattare presso la Corte d’Appello, garantendo così un secondo grado di giudizio nel merito.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Conversione Ricorso in Appello: Quando la Cassazione Invia gli Atti alla Corte d’Appello

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento su una regola procedurale chiave: la conversione del ricorso in appello. Questo meccanismo si attiva in circostanze specifiche, in particolare quando una sentenza di condanna a una sola pena pecuniaria viene impugnata per un vizio di motivazione. Analizziamo il caso per comprendere la logica dietro questa decisione e le sue conseguenze pratiche per l’imputato.

I fatti del processo

La vicenda giudiziaria ha origine dalla condanna di un progettista per il reato di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico (art. 481 c.p.). In qualità di professionista delegato, aveva presentato una Comunicazione di Inizio Lavori Asseverata (CILA) al Comune, attestando falsamente che i lavori previsti consistevano nella manutenzione di una pista forestale già esistente. Tuttavia, le indagini avevano accertato che la pista preesistente si trovava in un’altra area e che, di fatto, i lavori avevano portato alla realizzazione di un tracciato completamente nuovo.

Il Tribunale di primo grado aveva ritenuto il progettista colpevole, condannandolo alla pena di 300 euro di multa, oltre al pagamento delle spese processuali.

I motivi del ricorso e la conversione del ricorso in appello

Contro questa sentenza, il difensore del progettista ha proposto ricorso direttamente in Cassazione, basandolo su due motivi principali:

1. Vizio di motivazione sull’elemento soggettivo: La difesa sosteneva che la sentenza fosse contraddittoria e illogica nel ritenere provato il dolo. Se da un lato il giudice ammetteva la possibile buona fede dell’imputato (data la difficoltà di interpretare le mappe catastali), dall’altro concludeva per la sua colpevolezza sulla base di una mera supposizione di connivenza con il committente.
2. Violazione di legge e vizio di motivazione sul diniego della particolare tenuità del fatto: Si contestava la decisione del giudice di non applicare la causa di non punibilità ex art. 131-bis c.p., motivata unicamente sull’assenza di “segnali di resipiscenza”, un criterio ritenuto non pertinente.

Entrambi i motivi, e in particolare il primo, sollevavano una questione di vizio di motivazione, come previsto dall’art. 606, comma 1, lett. e) del codice di procedura penale. Ed è proprio questa scelta difensiva a innescare il meccanismo di conversione.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte non è entrata nel merito dei motivi del ricorso, concentrandosi invece su un aspetto puramente procedurale. La decisione si fonda sulla combinazione di due norme del codice di procedura penale:

Art. 583 c.p.p.: Stabilisce che le sentenze di condanna alla sola pena dell’ammenda sono inappellabili. Ciò significa che, di norma, non possono essere riesaminate da una Corte d’Appello.
Art. 569 c.p.p.: Prevede che, in questi casi, sia possibile presentare direttamente ricorso per cassazione. Tuttavia, il comma 3 dello stesso articolo aggiunge una regola fondamentale: se il ricorso è basato sui motivi di cui all’art. 606, comma 1, lett. d) o e) (tra cui, appunto, il vizio di motivazione), “il ricorso eventualmente proposto si converte in appello”.

La logica del legislatore è chiara: sebbene la sentenza con sola pena pecuniaria non meriti un doppio grado di giudizio di merito ordinario, qualora si contesti proprio la logicità del ragionamento del primo giudice, è necessario che un altro giudice del merito (la Corte d’Appello) possa riesaminare compiutamente i fatti. Il ricorso in Cassazione, infatti, è un giudizio di sola legittimità, che non consente una nuova valutazione delle prove.

Pertanto, avendo l’imputato dedotto un vizio di motivazione, la Corte di Cassazione ha correttamente applicato l’art. 569, comma 3, c.p.p., e ha disposto la conversione del ricorso in appello, trasmettendo gli atti alla Corte d’Appello territorialmente competente.

Le conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio procedurale cruciale. La scelta dei motivi di impugnazione ha conseguenze dirette sul tipo di giudizio che ne seguirà. Per l’imputato, la conversione significa che il suo caso non è chiuso. Anzi, si apre una nuova fase processuale in cui la sua responsabilità sarà nuovamente valutata nel merito da un collegio diverso. La Corte d’Appello dovrà quindi riesaminare le prove e la logica della prima sentenza per decidere se confermare o riformare la condanna. La decisione della Cassazione, pur non decidendo sulla colpevolezza, garantisce il rispetto del diritto a un esame approfondito quando le fondamenta logiche della prima sentenza vengono messe in discussione.

Quando un ricorso per cassazione viene convertito in appello?
Un ricorso per cassazione viene convertito in appello quando è proposto contro una sentenza di condanna a una pena alternativa alla reclusione (come la sola multa) e si basa su un vizio di motivazione, come previsto dall’art. 606, comma 1, lett. e) del codice di procedura penale. La legge, in questo caso specifico, impone la conversione per garantire un riesame del merito da parte della Corte d’Appello.

Perché una sentenza di condanna alla sola multa non è direttamente appellabile?
Secondo l’art. 583, ultimo comma, del codice di procedura penale, le sentenze di condanna per le quali è stata applicata la sola pena dell’ammenda (o la multa, in questo caso) sono definite “inappellabili”. Questa scelta del legislatore è volta a semplificare il sistema processuale per i reati considerati meno gravi, consentendo l’impugnazione solo per questioni di legittimità direttamente in Cassazione, salvo il caso della conversione.

Qual era l’accusa specifica mossa al progettista?
L’accusa era di aver commesso il reato di falsità ideologica (art. 481 c.p.) perché, in qualità di progettista, aveva attestato falsamente nella CILA (Comunicazione Inizio Lavori Asseverata) presentata al Comune che i lavori consistevano nella manutenzione di una pista forestale preesistente, mentre in realtà si trattava della realizzazione di un tracciato completamente nuovo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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