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Conversione pena pecuniaria: Lavoro di pubblica utilità

Un condannato insolvibile si oppone alla conversione della multa in libertà controllata, chiedendo l’applicazione del lavoro di pubblica utilità previsto dalla Riforma Cartabia. La Cassazione accoglie il ricorso, stabilendo che il giudice deve sempre valutare in concreto quale sia la norma più favorevole, riconoscendo la preferenza per il lavoro di pubblica utilità in quanto misura più idonea alla risocializzazione del condannato rispetto alla precedente disciplina sulla conversione pena pecuniaria.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Conversione pena pecuniaria: la Cassazione sceglie la via della rieducazione

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 4310 del 2025, affronta un tema cruciale nel diritto penale, quello della conversione pena pecuniaria per i condannati insolventi. La decisione chiarisce l’impatto della Riforma Cartabia e il principio di applicazione della norma più favorevole, segnando un punto a favore delle sanzioni con una chiara finalità rieducativa, come il lavoro di pubblica utilità, rispetto a misure puramente afflittive come la vecchia libertà controllata.

I fatti del caso

Il caso riguarda un individuo condannato al pagamento di due multe per un importo totale di circa 50.000 euro. A seguito della sua dichiarata insolvibilità, il Magistrato di sorveglianza, su richiesta del pubblico ministero, aveva disposto la conversione della pena pecuniaria in 200 giorni di libertà controllata, applicando la normativa precedente alla Riforma Cartabia.

Il condannato, tramite il suo difensore, si è opposto a tale decisione. Ha sostenuto che la nuova disciplina introdotta dalla Riforma (D.Lgs. 150/2022) fosse per lui più favorevole. In particolare, la nuova legge prevede, in caso di insolvibilità, la conversione della pena in lavoro di pubblica utilità anziché in libertà controllata. Il Magistrato di sorveglianza, tuttavia, ha rigettato l’opposizione, ritenendo che il lavoro di pubblica utilità non fosse necessariamente meno gravoso, dato l’obbligo di svolgere un’attività lavorativa.

La questione della norma più favorevole nella conversione pena pecuniaria

Il nodo centrale del ricorso in Cassazione è stato stabilire se, e a quali condizioni, la nuova disciplina sulla conversione pena pecuniaria possa essere applicata retroattivamente. L’articolo 97 del D.Lgs. 150/2022 stabilisce che le nuove disposizioni si applicano ai reati commessi dopo la sua entrata in vigore (30 dicembre 2022), ma fa salva la loro applicazione anche ai fatti precedenti se “risultino più favorevoli al condannato”.

Il ricorrente ha argomentato che il lavoro di pubblica utilità, pur prevedendo una prestazione lavorativa, offre maggiori opportunità di reintegro sociale e minori limitazioni alla libertà personale (ad esempio, non prevede la sospensione della patente), risultando quindi complessivamente più favorevole rispetto alla libertà controllata, che imponeva restrizioni più severe come l’obbligo di firma giornaliero e limiti alla libertà di movimento.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, annullando l’ordinanza del Magistrato di sorveglianza. I giudici supremi hanno chiarito che la valutazione sulla “norma più favorevole” non può essere astratta, ma deve basarsi su un confronto concreto degli effetti che le due discipline (vecchia e nuova) produrrebbero sul condannato.

La Corte ha sottolineato come la Riforma Cartabia abbia volutamente eliminato la libertà controllata, optando per il lavoro di pubblica utilità come strumento principale per la conversione pena pecuniaria in caso di insolvibilità. Questa scelta legislativa si allinea a un orientamento già espresso in passato dalla Corte Costituzionale, che ha sempre manifestato una preferenza per il lavoro sostitutivo. La ragione è semplice: il lavoro di pubblica utilità risponde meglio alla funzione rieducativa della pena, sancita dall’articolo 27 della Costituzione. A differenza della libertà controllata, che ha un carattere prevalentemente retributivo e afflittivo, il lavoro di pubblica utilità promuove la risocializzazione del condannato.

Secondo la Cassazione, il giudice di sorveglianza ha errato nel non considerare questa fondamentale differenza e nel non aver preso in esame la richiesta del condannato di accedere a una misura che, pur comportando un impegno lavorativo, è strutturata per favorire il suo reinserimento sociale. Il Magistrato avrebbe dovuto valutare la possibilità di applicare la nuova disciplina, considerando anche i nuovi e più favorevoli criteri di ragguaglio tra pena pecuniaria e giorni di lavoro.

Le conclusioni

Con questa sentenza, la Corte di Cassazione rafforza un principio fondamentale: nella fase esecutiva della pena, le scelte devono essere guidate da un’ottica di rieducazione e non di mera punizione. La decisione impone ai giudici di sorveglianza di effettuare una valutazione attenta e concreta quando si trovano di fronte a una richiesta di applicazione della nuova disciplina sulla conversione pena pecuniaria. Non è sufficiente un rigetto basato su una presunta maggiore gravosità del lavoro di pubblica utilità. Al contrario, occorre riconoscere che questa misura, in linea con i principi costituzionali, rappresenta la via preferibile per gestire l’insolvibilità del condannato, offrendo una reale opportunità di riscatto sociale. La causa è stata quindi rinviata al Magistrato di sorveglianza di Torino per un nuovo giudizio che tenga conto di questi importanti principi.

Quando si applica la nuova disciplina sulla conversione della pena pecuniaria introdotta dalla Riforma Cartabia?
Si applica ai reati commessi dopo il 30 dicembre 2022. Tuttavia, può essere applicata retroattivamente anche ai reati commessi prima di tale data, a condizione che risulti concretamente più favorevole per il condannato.

Tra la libertà controllata (vecchia normativa) e il lavoro di pubblica utilità (nuova normativa), quale misura è considerata più favorevole?
La sentenza afferma che il lavoro di pubblica utilità è da ritenersi preferibile alla libertà controllata, poiché è più coerente con la funzione rieducativa della pena prevista dalla Costituzione. La valutazione finale spetta al giudice caso per caso, ma l’orientamento è a favore del lavoro sostitutivo.

Cosa deve fare il giudice se un condannato chiede di applicare la nuova legge per un reato commesso prima della Riforma Cartabia?
Il giudice non può rigettare la richiesta in modo astratto. Deve procedere a un confronto concreto tra la vecchia e la nuova disciplina per determinare quale delle due sia più vantaggiosa per il condannato in quella specifica situazione, tenendo conto della finalità di risocializzazione della pena.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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