Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 1502 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 1502 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a SERIATE il 19/11/1976
avverso la sentenza del 12/07/2022 della CORTE APPELLO di BRESCIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette la requisitoria e le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto annullarsi con rinvio la sentenza impugnata, limitatamente alla omessa valutazione della istanza di conversione della pena detentiva, dichiarando inammissibile il ricorso nel resto.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Brescia, con la sentenza emessa il 12 luglio 2022, confermava la sentenza del Tribunale di Bergamo, che aveva accertato la responsabilità penale di NOME COGNOME in relazione al delitto previsto dall’art. 483 cod. pen., per aver attestato falsamente di aver superato un corso di formazione con l’istanza di autocertificazione funzionale a ottenere il riconoscimento della qualifica di responsabile tecnico delle revisioni nella propria autofficina.
Il ricorso per cassazione proposto nell’interesse di NOME COGNOME consta di due motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, secondo quanto disposto dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Il primo motivo deduce violazione degli artt. 530 e 131-bis cod. pen., in quanto all’udienza dinanzi alla Corte di appello il difensore del ricorrente aveva chiesto dichiararsi sussistente la causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis cod. pen., lamentando l’omessa motivazione e l’omessa valutazione della incensuratezza, nonché la disparità di trattamento rispetto a un caso più grave, per il quale la causa di proscioglimento era stata riconosciuta.
Il secondo motivo lamenta violazione dell’art. 133 cod. pen. per eccessività della pena e per mancata conversione della pena detentiva in pena pecuniaria.
Il ricorso è stato trattato senza l’intervento delle parti, ai sensi dell’art. 23 comma 8, d.l. n. 137 del 2020, disciplina prorogata sino al 31 dicembre 2022 per effetto dell’art. 7, comma 1, d.l. n. 105 del 2021, la cui vigenza è stata poi estesa in relazione alla trattazione dei ricorsi proposti entro il 30 giugno 2023 dall’articolo 94 del decreto legislativo 10 ottobre 2022, come modificato dall’art. 5 -duodecies di. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito con modificazioni dalla I. 30 dicembre 2022, n. 199.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nei termini che seguono.
Il primo motivo correttamente si fonda sul principio per cui la causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. può essere rilevata di ufficio dal giudic d’appello in quanto, per assimilazione alle altre cause di proscioglimento per le quali vi è l’obbligo di immediata declaratoria in ogni stato e grado del processo, la stessa può farsi rientrare nella previsione di cui all’art. 129 cod. proc. pen.. (Sez. 6, n. 2175 del 25/11/2020, dep. 2021, Ugboh, Rv. 280707 – 01).
Non di meno, però, a buona ragione la Procura generale rileva come non è censurabile, in sede di legittimità, la sentenza che non motivi espressamente in relazione a una specifica deduzione prospettata con il gravame, quando il suo rigetto risulti dalla complessiva struttura argomentativa della sentenza (Sez. 4, n. 5396 del 15/11/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284096 – 01, in una fattispecie in cui il giudice di appello, pur non avendo espressamente argomentato in ordine alla
denegata applicazione dell’esimente di cui all’art. 131-bis cod. pen., aveva posto in rilievo la consistente quantità e la buona qualità della droga detenuta, la zona in cui la condotta era avvenuta, la mancanza di elementi favorevoli al riconoscimento delle attenuanti generiche e la sussistenza di precedenti penali dell’imputato ostativi alla concessione della sospensione condizionale della pena; mass. conf.: N. 43604 del 2021 Rv. 282097 – 01, N. 27825 del 2013 Rv. 256340 – 01, N. 6746 del 2019 Rv. 275500 – 01).
A ben vedere la motivazione resa dalla Corte territoriale in ordine alla gravità della condotta per la particolare materia attinta dal falso, inerente alle competenze tecnico professionali essenziali per la sicurezza della circolazione dei veicoli, esclude la tenuità della condotta. Difatti, in tema di “particolare tenuità del fatto”, la motivazione può risultare anche implicitamente dall’argomentazione con la quale il giudice d’appello, per valutare la congruità del trattamento sanzionatorio irrogato dal giudice di primo grado, abbia considerato gli indici di gravità oggettiva del reato e il grado di colpevolezza dell’imputato, alla stregua dell’art. 133 cod. pen. (Sez. 4, n. 27595 del 11/05/2022, Omogiate, Rv. 283420 – 01).
Pertanto, il motivo è infondato.
3. Il secondo motivo, quanto alla violazione dell’art. 133 cod. pen. risulta in parte infondato, in quanto la pena base è stata quantificata in mesi sei di reclusione, a fronte di una pena nel minimo di giorni 15 e nel massimo di anni due di reclusione, risulta pari sostanzialmente a un quarto della pena massima e corredata da una motivazione adeguata, già evidenziata al punto che precede.
Tanto più che non è necessaria una specifica e dettagliata motivazione del giudice nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto della media edittale (Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, COGNOME, Rv. 276288 – 01). Infatti quanto più il giudice intenda discostarsi dal minimo edittale, tanto più ha il dovere di dare ragione del corretto esercizio del proprio potere discrezionale, indicando specificamente, fra i criteri oggettivi e soggettivi enunciati dall’art. 133 cod. pen., quelli ritenuti rilevanti ai fini di tale giudizio (Sez. 6, n. 35346 del 12/06/2008 COGNOME, Rv. 241189); tuttavia, nel caso in cui venga irrogata, come nel caso in esame, una pena al di sotto della media edittale, non è necessaria una specifica e dettagliata motivazione da parte del giudice, essendo sufficiente il richiamo al criterio di adeguatezza della pena, nel quale sono impliciti gli elementi di cui all’art. 133 cod. pen. (Sez. 4, n. 46412 del 05/11/2015, COGNOME, Rv. 265283), ovvero se il parametro valutativo è desumibile dal testo della sentenza nel suo complesso argomentativo e non necessariamente solo dalla parte destinata alla quantificazione della pena (Sez. 3, n. 38251 del 15/06/2016, COGNOME, Rv.
267949). Tali requisiti motivazionali, come anche una specifica motivazione sulla quantificazione della pena, sono sussistenti nella sentenza impugnata.
Pertanto, il motivo sul punto è infondato.
Diversamente, fondata è la censura incentrata sulla omessa conversione della pena detentiva in quella pecuniaria, ai sensi dell’art. 53 della legge n. 689 del 1981, che risulta richiesta con l’atto di appello e riproposta in sede di conclusioni, senza che vi sia alcuna motivazione a riguardo.
Effettivamente la Corte di appello non ha provveduto sulla richiesta avanzata dalla difesa dell’imputato e, pertanto, è incorsa nel vizio di motivazione e nella violazione degli artt. 53 e 58 della legge 24 novembre 1981, n. 689, in quanto, investita di motivi d’appello con i quali si chiede la conversione della pena detentiva breve in pena pecuniaria ex art. 53 della stessa legge, la Corte territoriale non ha fornito adeguata motivazione in merito alla mancata conversione (Sez. 4, n. 46432 del 21/09/2018 A., Rv. 273932 – 01; conf. N. 37814 del 2013 Rv. 256979 – 01, N. 786 del 2007 Rv. 235608 – 01).
Pertanto, va disposto l’annullamento con rinvio alla Corte di appello, che dovrà provvedere sul punto della conversione della pena detentiva, mentre per il resto il ricorso è infondato e va rigettato.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla richiesta conversione della pena, con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Brescia. Rigetta il ricorso nel resto.
Così deciso in Roma, 17/10/2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente