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Conversione pena: arresto in ammenda e non reclusione

Un automobilista ricorre in Cassazione dopo una condanna per un’infrazione stradale. La Suprema Corte rigetta il motivo sulla non punibilità per tenuità del fatto, a causa dei precedenti specifici dell’imputato che ne dimostrano l’abitualità. Tuttavia, accoglie il secondo motivo, correggendo un errore della Corte d’Appello sulla conversione pena: per un reato contravvenzionale, la pena detentiva corretta è l’arresto, che si converte in ammenda, e non la reclusione, che si converte in multa. La Cassazione ha quindi annullato e corretto direttamente la sentenza su questo punto.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Conversione pena: la Cassazione corregge l’errore tra arresto e reclusione

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 4348/2024) offre importanti chiarimenti sulla corretta conversione pena per i reati contravvenzionali, evidenziando una distinzione fondamentale che può avere conseguenze significative sulla sanzione finale. Il caso riguardava un’infrazione al Codice della Strada e ha permesso ai giudici di ribadire i criteri per l’applicazione della non punibilità per tenuità del fatto e, soprattutto, di correggere un errore comune nella trasformazione di una pena detentiva in pecuniaria.

I Fatti del Caso

Il ricorrente era stato condannato dal Tribunale di Brindisi per un reato contravvenzionale previsto dall’art. 116 del Codice della Strada. La Corte di Appello di Lecce, pur confermando la condanna, aveva disposto la conversione della pena detentiva in una pena pecuniaria. Tuttavia, l’imputato ha presentato ricorso in Cassazione lamentando due vizi principali: il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) e un errore di diritto nella conversione della pena.

I Motivi del Ricorso e la questione sulla conversione pena

Il ricorso si fondava su due pilastri:
1. La tenuità del fatto: secondo la difesa, i giudici di merito avevano negato l’applicazione dell’art. 131-bis c.p. basandosi unicamente sui precedenti penali dell’imputato, senza valutare l’effettiva scarsa offensività della condotta contestata.
2. L’errore nella conversione pena: la difesa ha sostenuto che la Corte d’Appello avesse erroneamente convertito la pena della “reclusione” in “multa”. Trattandosi di un reato contravvenzionale, la pena detentiva corretta sarebbe stata l'”arresto”, da convertire nella corrispettiva pena pecuniaria dell'”ammenda”.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha analizzato separatamente i due motivi, giungendo a conclusioni opposte.

Sul Diniego della Particolare Tenuità del Fatto (Art. 131-bis c.p.)

Il primo motivo è stato giudicato infondato. La Cassazione ha confermato che il comportamento dell’imputato era da considerarsi “abituale”, elemento ostativo all’applicazione del beneficio. I giudici hanno sottolineato che l’esistenza di due precedenti penali specifici, relativi alla stessa materia della circolazione stradale, rivelava una “particolare pervicacia” nel violare le regole. L’abitualità, hanno ricordato, non solo esclude il beneficio della tenuità, ma è anche un indicatore della personalità negativa dell’imputato, criterio rilevante ai sensi dell’art. 133 c.p.

Sull’Errore nella Conversione della Pena

Il secondo motivo è stato, invece, ritenuto fondato. La Corte ha riconosciuto che la pronuncia impugnata era incorsa in un palese errore di diritto. Il reato contestato è una contravvenzione, per la quale il nostro ordinamento prevede come pena detentiva l’arresto e come pena pecuniaria l’ammenda. La Corte d’Appello aveva invece fatto riferimento alla reclusione e alla multa, che sono le pene previste per i delitti, ovvero i reati più gravi. Questa distinzione non è meramente terminologica, ma sostanziale.

Le Conclusioni: La Correzione Diretta della Corte

In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza impugnata senza rinvio, ma limitatamente alla statuizione errata. Poiché la correzione non richiedeva alcuna valutazione discrezionale, i giudici supremi hanno potuto applicare direttamente l’art. 620, lett. l, c.p.p., provvedendo a correggere l’errore. Hanno quindi eliminato la statuizione che disponeva la sostituzione della reclusione con la multa e l’hanno sostituita con la corretta dicitura, disponendo la sostituzione della pena detentiva in euro 9.000 di ammenda. Il resto del ricorso è stato rigettato. Questa decisione riafferma l’importanza della precisione tecnica nel diritto penale e la netta distinzione tra le sanzioni previste per i delitti e quelle per le contravvenzioni.

Quando un comportamento è considerato “abituale” ai fini dell’esclusione della tenuità del fatto?
Un comportamento è ritenuto abituale quando l’autore, oltre al reato per cui si procede, ha commesso almeno altri due illeciti, anche se giudicati non punibili in precedenza. Questa pluralità di condotte dimostra una tendenza a violare la legge che impedisce l’applicazione del beneficio della particolare tenuità del fatto.

Qual è la differenza tra arresto/ammenda e reclusione/multa?
Arresto e ammenda sono le pene, rispettivamente detentiva e pecuniaria, previste per le contravvenzioni (reati meno gravi). Reclusione e multa sono, invece, le pene previste per i delitti (reati più gravi). È un errore di diritto applicare le pene previste per i delitti a un reato contravvenzionale.

Cosa può fare la Corte di Cassazione se rileva un errore nella conversione della pena?
Se l’errore commesso dal giudice di merito è di puro diritto e non richiede nuove valutazioni discrezionali, la Corte di Cassazione può annullare la sentenza limitatamente alla parte errata e correggerla direttamente, senza bisogno di rinviare il caso a un altro giudice. Nel caso specifico, ha sostituito la pena della multa con quella corretta dell’ammenda.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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