Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 38638 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 38638 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME, nato a Katmandu (Nepal) il DATA_NASCITA
avverso il decreto emesso il 04/05/2024 dal Tribunale di Milano lette le conclusioni del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; chiesto l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con decreto del 2 febbraio 2024 il Tribunale di Milano, pronunciandosi quale COGNOME Giudice COGNOME dell’esecuzione, COGNOME dichiarava COGNOME inammissibile COGNOME l’istanza COGNOME di riconoscimento del vincolo della continuazione tra i reati giudicati dalle sentenze irrevocabili indicate nei punti 1-16 dell’istanza presentata da NOME COGNOME il 27 gennaio 2024, ai sensi degli artt. 81, secondo comma, cod. pen. e 671 cod. proc. pen.
Avverso questo decreto COGNOME, con atto depositato il 10 febbraio 2024, presentava opposizione, ai sensi degli artt. 667, comma 4, e 676 cod. proc. pen., al Tribunale di Milano, che, con provvedimento del 4 maggio 2024, dichiarava il non luogo a provvedere sull’istanza proposta, rilevando che, avverso una declaratoria di inammissibilità, emessa ai sensi del secondo comma del citato art. 666, analoga a quella opposta, può essere presentato esclusivamente ricorso per cassazione
Avverso questa ordinanza NOME COGNOME, a mezzo dell’AVV_NOTAIO, ricorreva per cassazione, deducendo la violazione di legge del provvedimento impugnato, in riferimento all’art. 178, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., conseguente al fatto che il Tribunale di Milano, con il provvedimento emesso il 2 febbraio 2024, si era pronunciato de plano sull’istanza di riconoscimento del vincolo della continuazione presentata dal condannato il 27 gennaio 2023, non consentendogli di partecipare al procedimento camerale che lo riguardava.
Si deduceva, al contempo, che il Giudice dell’esecuzione, qualora avesse ritenuto irrituale la presentazione dell’opposizione, ai sensi degli artt. 667, comma 4, e 676 cod. proc. pen., non poteva emettere un provvedimento di non luogo a provvedere, ma avrebbe dovuto riqualificare l’atto di impugnazione proposto come ricorso per cassazione e, conseguentemente, trasmetterlo al giudice di legittimità competente.
Le considerazioni esposte imponevano l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto da NOME COGNOME è infondato.
Occorre premettere che sulle istanze di applicazione del vincolo della continuazione, analoghe a quella presentata da NOME COGNOME il 27 gennaio
2024, ex artt. 81, secondo comma, cod. pen. e 671 cod. proc. pen., il Giudice dell’esecuzione decide, ai sensi dell’art. 666, comma 1, cod. proc. pen., all’esito di un’udienza camerale, che deve svolgersi in contraddittorio tra le parti processuali.
Fanno eccezione a questa regola AVV_NOTAIO le ipotesi di manifesta infondatezza, che legittimano l’adozione di una declaratoria di inammissibilità, su cui il Giudice dell’esecuzione provvede de plano, a norma dell’art. 666, comma 2, cod. proc. pen., senza l’instaurazione di un contraddittorio tra le parti processuali.
Si consideri, ulteriormente, che il presupposto legittimante l’emissione di una declaratoria di inammissibilità, adottata de plano, risiede nell’evidente insussistenza dei presupposti, formali e sostanziali, dell’istanza presentata, ex artt. 81, secondo comma, cod. pen. e 671 cod. proc. pen., il cui accertamento non deve richiedere giudizi di merito o apprezzamenti discrezionali, né implicare la risoluzione di questioni processuali controverse.
In questi casi, il combinato disposto degli artt. 81, secondo comma, cod. pen., 666, comma 2, e 671 cod. proc. pen. prevede come rimedio impugnatorio attivabile dal condannato esclusivamente quello del ricorso per cassazione (tra le altre, Sez. 1, n. 38808 del 19/07/2016, COGNOME, Rv. 268119-01; Sez. 1, n. 32279 del 29/03/2018, COGNOME, Rv. 273714 – 01; Sez. 1, n. 23101 del 19/05/2005, COGNOME, Rv. 232087 – 01).
Questa disciplina trova applicazione anche nel caso in cui il ricorrente abbia erroneamente proposto un’impugnazione avverso il provvedimento adottato dal giudice dell’esecuzione diversa dal ricorso per cassazione, analogamente a quanto riscontrabile nel caso in esame.
Tuttavia, in tali ipotesi, il giudice dell’esecuzione deve provvedere a riqualificare l’impugnazione proposta dal condannato quale ricorso per cassazione, con un provvedimento adottato nel rispetto del principio AVV_NOTAIO di conservazione degli atti processuali e del favor impugnationis, che deve essere interpretato nella sua più ampia estensione (tra le altre, Sez. 3, n. 39515 del 27/06/2017, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 271460 – 01; Sez. 5, n. 37134 del 26/05/2009, COGNOME, Rv. 245130 -01; Sez. 4, n. 23901 del 20/05/2009, NOME, Rv. 244221 – 01).
Non sussistono, infine, dubbi sull’applicazione del principio AVV_NOTAIO di conservazione degli atti processuali e del favor impugnationis all’opposizione proposta ex artt. 667, comma 4, e 676 cod. proc. pen., pur non avendo tale atto natura di mezzo di impugnazione, ma di istanza diretta al giudice procedente allo scopo di ottenere una decisione in contraddittorio tra le parti
processuali (tra le altre, Sez. U, n. 3026 del 28/11/2001, dep. 2002, Hawke, Rv. 220577 – 01).
A sostegno di tale conclusione non può non richiamarsi il principio di diritto, risalente ma tuttora insuperato, affermato da Sez. 1, n. 4083 del 11/01/2013, Tabbì, Rv. 254812 – 01, secondo cui: «In sede esecutiva, il principio di conversione dell’impugnazione è applicabile anche in caso di opposizione sulla base del principio AVV_NOTAIO di conservazione degli atti giuridici e del “favor impugnationis”».
Ricostruito in questi termini il contesto sistematico nel quale si inserisce il provvedimento impugnato, deve preliminarmente rilevarsi che sull’opposizione proposta da NOME COGNOME il 10 febbraio 2024, avverso il decreto di inammissibilità emesso il 2 febbraio 2024, il Tribunale di Milano non poteva emettere declaratoria di non luogo a provvedere, atteso che avrebbe dovuto riqualificare l’istanza proposta dal condannato quale ricorso per cassazione, trasmettendo gli atti al giudice di legittimità competente (Sez. 1, n. 4083 del 11/01/2013, Tabbì, cit.).
L’errore nel quale è incorso il Tribunale di Milano comporta che questo Collegio è tenuto a decidere l’impugnazione in esame tenendo conto dell’illegittimità del decreto di non luogo a provvedere emesso dal Tribunale di Milano il 4 maggio 2024, avverso l’opposizione proposta con atto depositato il 10 febbraio 2024, valutando il merito delle censure prospettate da NOME COGNOME con tale atto oppositivo, che deve essere preliminarmente qualificato come ricorso per cassazione.
In questa cornice, deve rilevarsi che tanto con l’atto di opposizione propos da NOME COGNOME, ex artt. 666 e 667, comma 4, cod. proc. pen., quanto con la presente impugnazione veniva dedotta la violazione dell’art. 178, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., che derivava dal fatto che il Tribunale di Milano si era pronunciato de plano sull’istanza di riconoscimento del vincolo della continuazione presentata dal condannato il 27 gennaio 2023, senza l’instaurazione di alcun contraddittorio camerale.
Occorre, in proposito, rilevarsi che il Giudice dell’esecuzione pronunciava legittimamente la declaratoria di inammissibilità censurata, ritenendo insussistenti i presupposti, formali e sostanziali, necessari per il riconoscimento del vincolo della continuazione tra i reati indicati nell’istanza presentata da NOME COGNOME, sopra citata.
Né tale pronuncia presupponeva la formulazione di giudizi di merito ovvero la risoluzione di questioni processuali complesse, atteso che NOME COGNOME si limitava a invocare l’applicazione della continuazione tra i reati giudicati dalle
sentenze irrevocabili indicate nei punti 1-16 dell’istanza del 27 gennaio 2024, senza indicare gli elementi da cui desumere un’ideazione unitaria delle condotte illecite.
Veniva, in questo modo, disattesa la giurisprudenza di legittimità consolidata secondo cui le violazioni dedotte ai fini dell’applicazione della continuazione, ex artt. 81, secondo comma, cod. pen., e 671 cod. proc. pen., devono costituire parte integrante di un unico programma criminoso, che deve essere deliberato per conseguire un determinato fine, per il quale si richiede l’originaria progettazione di una serie ben individuata di reati, già concepiti almeno nelle loro caratteristiche essenziali (tra le altre, Sez. 1, n. 11564 del 13/11/2012, Daniele, Rv. 255156 – 01; Sez. 5, n. 49476 del 25/09/2009, Notaro, Rv. 245833 – 01; Sez. 1, n. 44862 del 05/11/2008, Lombardo, Rv. 242098 – 01).
Per queste ragioni, qualificata l’opposizione proposta con atto depositato il 10 febbraio 2024 quale ricorso per cassazione, l’impugnazione in esame deve essere rigettata, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Qualificata l’opposizione come ricorso per cassazione, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso COGNOME settembre 2024.