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Conversione del ricorso: errore del PM e decisione

La Corte di Cassazione ha analizzato il caso di una ristoratrice assolta dall’accusa di commercio di sostanze alimentari nocive. Il Pubblico Ministero ha impugnato la sentenza con ricorso per cassazione, ma la Corte ha disposto la conversione del ricorso in appello. La decisione si fonda sull’erronea scelta del mezzo di impugnazione da parte del PM, che ha sollevato vizi di motivazione non deducibili in quella sede. La Corte ha ritenuto l’errore non deliberato, trasmettendo gli atti alla Corte d’Appello competente.

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Pubblicato il 6 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Conversione del Ricorso: quando l’errore processuale non ferma la giustizia

Nel complesso mondo del diritto processuale, la scelta del corretto mezzo di impugnazione è un passo cruciale. Un errore può portare all’inammissibilità dell’atto, precludendo la possibilità di far valere le proprie ragioni. Tuttavia, il sistema prevede dei correttivi, come la conversione del ricorso, un istituto che consente di ‘salvare’ un’impugnazione errata. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un chiaro esempio di applicazione di questo principio in un caso relativo alla sicurezza alimentare.

I Fatti del Caso: Alimenti Nocivi e Assoluzione in Primo Grado

Il caso ha origine dall’assoluzione in primo grado della titolare di un ristorante, accusata del reato di commercio di sostanze alimentari nocive (art. 444 c.p.). L’accusa si basava sulla detenzione, ai fini della vendita e somministrazione, di burro che si sospettava contenesse glutine non dichiarato, una sostanza pericolosa per i soggetti celiaci o intolleranti.

Il Tribunale ha assolto l’imputata perché, pur essendo stata accertata la presenza di glutine in un campione prelevato dal lotto di produzione, non era stata eseguita alcuna analisi sui panetti di burro specificamente rinvenuti e sequestrati presso il ristorante. Secondo il giudice di primo grado, non vi era la prova certa che anche il prodotto detenuto dalla ristoratrice fosse effettivamente contaminato, data la possibile distribuzione non uniforme dell’allergene all’interno dell’intero lotto industriale. Di conseguenza, la pericolosità concreta del prodotto non era stata dimostrata.

L’Impugnazione del Pubblico Ministero

Contro la sentenza di assoluzione, il Pubblico Ministero ha proposto un ricorso immediato per cassazione (noto come ricorso per saltum), saltando quindi il grado d’appello. Nel suo ricorso, il PM ha lamentato un’erronea lettura dei fatti e l’illogicità della motivazione del Tribunale. In particolare, ha sostenuto che, trattandosi di un prodotto industriale, era logico presumere che l’intero lotto avesse le medesime caratteristiche. Inoltre, ha criticato il giudice per non aver esercitato i suoi poteri di integrazione probatoria, ad esempio disponendo d’ufficio l’analisi del burro sotto sequestro, come previsto dall’art. 507 del codice di procedura penale.

La Decisione della Cassazione: la Conversione del Ricorso

La Corte di Cassazione, esaminando l’atto, ha rilevato una questione fondamentale: le censure mosse dal PM, in particolare quelle relative alla valutazione delle prove e alla manifesta illogicità della motivazione, non sono motivi ammissibili per un ricorso per saltum. Questo tipo di impugnazione è riservato a specifiche violazioni di legge, mentre le critiche alla motivazione sono tipiche del giudizio d’appello.

Invece di dichiarare inammissibile il ricorso, la Corte ha deciso di applicare l’istituto della conversione del ricorso, previsto dall’articolo 569, comma 3, del codice di procedura penale. Ha trasformato il ricorso per cassazione in un appello e ha disposto la trasmissione degli atti alla Corte di Appello di Trieste, che sarà ora competente a giudicare nel merito la questione.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha motivato la sua decisione sulla base di due principi cardine. In primo luogo, ha ritenuto che il Pubblico Ministero avesse errato in buona fede nella scelta del mezzo di impugnazione. L’intenzione non era quella di aggirare le regole processuali, ma di ottenere una revisione della decisione di primo grado. Le critiche, sebbene formalmente indirizzate alla Cassazione, erano sostanzialmente quelle di un atto d’appello. Poiché il ricorso conteneva motivi non consentiti per un giudizio di legittimità (per saltum) ma ammissibili in appello, la conversione era la via corretta da seguire.

In secondo luogo, i giudici hanno affermato che, nei casi dubbi, si deve sempre privilegiare il mezzo di impugnazione ordinario, ovvero l’appello, che permette un riesame completo sia dei fatti che del diritto. La conversione del ricorso garantisce che la sostanza delle doglianze prevalga sulla forma, assicurando che un errore procedurale non impedisca l’esame nel merito dell’impugnazione.

Le Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un importante principio di garanzia processuale: l’errore nella scelta dello strumento di impugnazione non deve necessariamente comportare la fine del percorso giudiziario. Se l’atto contiene i requisiti sostanziali del mezzo corretto e l’errore non è deliberato, il giudice può e deve disporre la conversione. In questo caso specifico, la vicenda non si è conclusa con l’assoluzione. Grazie alla decisione della Cassazione, il caso sarà ora riesaminato dalla Corte d’Appello, che potrà valutare nel merito le argomentazioni del Pubblico Ministero, inclusa l’eventuale necessità di disporre nuove prove, per giungere a una decisione definitiva sulla presunta nocività del prodotto alimentare.

Quando un ricorso per cassazione può essere convertito in appello?
Un ricorso immediato per cassazione (per saltum) può essere convertito in appello quando contiene motivi non consentiti per quel tipo di ricorso (come vizi di motivazione), ma che sarebbero ammissibili in appello. La conversione è possibile se l’errore nella scelta del mezzo è stato commesso in buona fede e non per eludere le norme processuali.

Perché la Corte ha ritenuto che il Pubblico Ministero avesse sbagliato in buona fede?
La Corte ha ritenuto che il ricorso, pur essendo formalmente un ricorso per cassazione, nel suo contenuto sostanziale presentava censure tipiche di un atto di appello, come la critica alla valutazione delle prove e alla logicità della motivazione. Questo ha indotto la Corte a concludere che si trattasse di un errore nella scelta del mezzo e non di un tentativo deliberato di forzare le regole processuali.

Cosa succede al caso dopo questa ordinanza della Cassazione?
Il ricorso è stato convertito in appello e gli atti sono stati trasmessi alla Corte di Appello di Trieste. Sarà quindi la Corte d’Appello a dover giudicare l’impugnazione del Pubblico Ministero, riesaminando nel merito la sentenza di assoluzione di primo grado.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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