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Convalida provvedimento Questore: quando è legittima

La Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso di un individuo destinatario di un provvedimento del Questore per condotte violente durante un evento sportivo. Il ricorso si basava sulla presunta violazione del diritto di difesa, poiché la prova (un video) non sarebbe stata disponibile, ma solo dei fotogrammi, e sulla genericità della motivazione del giudice. La Corte ha rigettato il ricorso, affermando che la convalida del provvedimento del Questore è legittima se basata su fotogrammi chiari, anche senza il video completo. Inoltre, ha dichiarato inammissibile il motivo sulla genericità della motivazione, poiché il ricorrente non ha specificato quali argomenti difensivi decisivi fossero stati ignorati.

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Pubblicato il 5 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Convalida provvedimento Questore: la Cassazione fa chiarezza su prove e motivazioni

La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 13204 del 2025 offre importanti spunti sulla legittimità della convalida provvedimento Questore, in particolare quando la difesa lamenta vizi procedurali legati alle prove e alla motivazione. Analizziamo come i giudici hanno affrontato il caso di un soggetto colpito da una misura restrittiva dopo un evento sportivo, delineando i confini tra diritto di difesa e correttezza dell’azione giudiziaria.

Il caso: la convalida provvedimento Questore per condotte violente

La vicenda ha origine da un provvedimento emesso dal Questore di Bologna nei confronti di un individuo, a seguito di condotte violente tenute durante una manifestazione sportiva. Tale atto, che imponeva specifiche prescrizioni previste dalla legge contro la violenza negli stadi, veniva successivamente sottoposto al Giudice per le indagini preliminari (GIP) per la necessaria convalida. Il GIP, valutati gli atti, confermava la legittimità e la necessità della misura.

Contro questa decisione, l’interessato, tramite il suo difensore, proponeva ricorso per cassazione, articolando due principali motivi di doglianza.

I motivi del ricorso: video mancante e motivazione generica

La difesa ha costruito il proprio ricorso su due pilastri fondamentali:

1. Violazione del diritto di difesa: Si lamentava che il GIP avesse basato la sua decisione sull’attribuibilità del fatto a un video, mentre agli atti processuali, secondo un’attestazione della cancelleria, erano presenti solo singoli fotogrammi. Questa discrepanza, secondo il ricorrente, rendeva la motivazione del GIP o astratta e slegata dalla realtà processuale, oppure sintomo della mancata messa a disposizione della difesa di un elemento di prova cruciale (il video).

2. Contraddittorietà e illogicità della motivazione: Il secondo motivo criticava la decisione del GIP per essere generica. Si sosteneva che il giudice non avesse adeguatamente considerato le argomentazioni presentate nella memoria difensiva e che, inoltre, la motivazione fosse una copia identica di quella usata per un altro soggetto coinvolto in condotte diverse.

La decisione della Cassazione sulla convalida provvedimento Questore

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, giudicando il primo motivo infondato e il secondo inammissibile. Questa decisione consolida importanti principi procedurali in materia di misure di prevenzione.

Le motivazioni

La Corte ha smontato le argomentazioni difensive con un ragionamento preciso.

Sul primo punto, i giudici hanno chiarito che il riferimento del GIP ai “fotogrammi in atti” era esplicito e sufficiente. Non vi era alcuna ambiguità: la decisione si fondava sulle immagini fisse, estrapolate dal video, che permettevano comunque di identificare il soggetto e di valutare la sua pericolosità. L’assenza del filmato integrale non costituiva, quindi, una violazione del diritto di difesa, poiché le prove disponibili (i fotogrammi) erano state correttamente valutate e ritenute adeguate a giustificare la misura. La motivazione del GIP è stata quindi considerata congrua e logicamente coerente con gli elementi processuali.

Riguardo al secondo motivo, la Cassazione lo ha bollato come generico e, pertanto, inammissibile. Il ricorrente si era limitato a denunciare l’omessa valutazione della memoria difensiva senza però specificare quale fosse l’argomento decisivo, contenuto in tale memoria, che il GIP avrebbe trascurato. Citando un proprio precedente (sentenza n. 24437 del 2019), la Corte ha ribadito che spetta alla parte che solleva la censura indicare con precisione l’elemento fattuale o giuridico non considerato, la cui valutazione avrebbe potuto portare a una decisione diversa. Una lamentela generica non è sufficiente per invalidare un provvedimento. Anche la critica sulla motivazione “fotocopia” è stata respinta come priva di concretezza.

Le conclusioni

La sentenza in esame rafforza due principi chiave. In primo luogo, ai fini della convalida provvedimento Questore, l’identificazione di un soggetto e la valutazione della sua pericolosità possono legittimamente basarsi su prove fotografiche chiare, anche se queste sono state estratte da un video non presente nel fascicolo a disposizione della difesa. Ciò che conta è la sufficienza e la chiarezza dell’elemento probatorio utilizzato. In secondo luogo, per contestare efficacemente una decisione per omessa valutazione di argomenti difensivi, non basta una critica generica. È onere della difesa individuare e dimostrare la decisività degli argomenti che si presumono ignorati, pena l’inammissibilità del ricorso. In definitiva, la forma non può prevalere sulla sostanza quando gli elementi per decidere sono chiari e la motivazione, seppur sintetica, risulta logicamente fondata.

La convalida di un provvedimento basata su fotogrammi è valida se il video da cui sono tratti non è agli atti?
Sì, secondo la sentenza, la convalida è legittima. Ciò che conta è che le prove disponibili, in questo caso i fotogrammi, siano sufficienti a identificare il soggetto e a dimostrarne la pericolosità. Il riferimento esplicito ai “fotogrammi in atti” rende la motivazione adeguata, anche in assenza del filmato completo.

Quando un ricorso per omessa valutazione della memoria difensiva è considerato generico?
Un ricorso è considerato generico quando la parte si limita a lamentare la mancata considerazione della memoria difensiva senza indicare in modo specifico e puntuale quale argomento decisivo, presente nella memoria, sia stato ignorato dal giudice e perché la sua valutazione avrebbe potuto portare a una conclusione diversa.

Una motivazione identica a quella usata per un altro caso rende il provvedimento nullo?
Non necessariamente. La Corte ha ritenuto anche questa doglianza generica e priva di concretezza. Per essere accolta, una simile censura deve essere supportata da un’analisi specifica che dimostri come l’identicità della motivazione abbia prodotto un vizio logico-giuridico nel caso concreto, data la diversità delle situazioni di fatto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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