Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 31811 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 31811 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 27/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato a Roma il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 13/03/2014 del Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Roma
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il AVV_NOTAIO di Roma con provvedimento notificato il 11.03.2024, alle ore 10:30, imponeva a COGNOME NOME le prescrizioni di cui all’art. 6 della I. n. 401 del 1989; Il P.M., nel termine di 48 ore prescritto, richiedeva la convalida del provvedimento. Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma con provvedimento depositato in data 13.03.2024, alle ore 11:00, convalidava il provvedimento del AVV_NOTAIO.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione COGNOME NOME, a mezzo del difensore di fiducia, articolando quattro motivi di seguito enunciati.
Con il primo motivo deduce violazione degli artt. 6, comma 2 bis, I 401/1989 e 24 Cost.
Lamenta che, essendo il ricorrente in stato di custodia cautelare presso la Casa Circondariale di Regina Coeli al momento della notifica del provvedimento questorile, il diritto di difesa era stato illegittimamente compresso entro solamente 48 ore dalla notifica del provvedimento; rimarca che il procedimento cartolare di convalida dell’obbligo di presentazione prevede che la difesa possa essere svolta anche personalmente, senza l’assistenza di un difensore e che, quindi, trattandosi di un provvedimento della durata di ben dieci anni, è necessario che il diritto alla difesa venga salvaguardato pienamente sia personalmente che tramite difensore.
Con il secondo motivo deduce omessa motivazione in ordine ai presupposti di necessità ed urgenza per l’obbligo di presentazione, smentiti, peraltro, per tabulas dalla circostanza della restrizione carceraria cui era sottoposto il ricorrente al momento dell’emissione del provvedimento.
Con il terzo motivo propone eccezione di illegittimità costituzionale dell’art. 6, comma 5, I 401/1989 nella parte in cui prevede una durata non inferiore a cinque anni e superiore a dieci anni per l’obbligo di presentazione alla P.G. applicato nei confronti di persona già destinataria di un precedente DASPO, per contrasto con gli artt. 3,13 e 117 Cost’ in relazione all’art. 2 CEDU, in considerazione della sproporzione della misura rispetto alla legittima finalità di prevenzione dei reati commessi nell’ambito di manifestazioni sportive.
Con il quarto motivo propone eccezione di illegittimità costituzionale dell’art. 6, commi 2-bis e 3, I 401/1989 nella parte in cui non prevedono un’udienza camerale di convalida con la partecipazione necessaria del destinatario della misura di cui al secondo comma e la nomina di un difensore di ufficio, per contrasto con gli artt. 13, 24 e 117 Cost., in relazione all’art. 6 CEDU, in considerazione delle ripercussioni dell’eventuale convalida della misura sulla libertà personale e del parallelismo con l’art. 391 cod.proc.pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Va osservato che la Corte Costituzionale, con sentenza n. 512 del 2002, ha affermato che la misura di prevenzione di cui della L. 13 dicembre 1989, n. 401 art. 6, comma 2 e succ. modif., rientra tra le forme di restrizione della libertà personale, per cui trovano applicazione le garanzie previste dall’art. 13 Cost. Essa può essere imposta, quindi, solo con atto motivato dell’A.G. e nei soli casi e modi previsti dalla legge (comma 2); in casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge, è però consentito all’autorità di pubblica sicurezza di adottare provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati entro quarantotto ore all’autorità giudiziaria e se questa non li convalida nelle successive quarantotto ore, si intendono revocati e restano privi di ogni effetto (comma 3).Con un’interpretazione costituzionalmente orientata, la sentenza della Corte Cost., quindi, specifica che la misura di prevenzione di cui dell’art. 6 cit., comma 2 (il testo meramente letterale farebbe pensare ad un provvedimento restrittivo della libertà personale attribuito in via esclusiva e non solo provvisoria all’autorità di P.S.) è riconducibile alla previsione dell’art. 13 Cost., comma 3, ribadendo quanto già sostenuto in precedenza (cfr. sent. n. 144 del 1997) e cioè la necessità che il destinatario del provvedimento impositivo della misura abbia “una piena e previa conoscenza dei diritti di difesa di cui può fruire in tale giudizio”.
Le Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n. 44273/2004), dopo aver richiamato il contenuto delle decisioni della Corte costituzionale sopraindicate, hanno affermato che il controllo di legalità deve svolgersi su tutti i presupposti legittimanti la misura, vale a dire: a) la pericolosità del soggetto, verificando se i fatti indicati dal AVV_NOTAIO possano costituire indizio sicuro della ritenuta pericolosità; b) l’adeguatezza della misura in relazione alla sua durata, la quale se ritenuta eccessiva, può essere anche ridotta ma non aumentata ex officio dal giudice; c) le ragioni di necessità ed urgenza che hanno indotto il AVV_NOTAIO a provvedere. Quanto al diritto di difesa, hanno ribadito che il soggetto destinatario della misura deve poter interloquire nel procedimento, presentando memorie e deduzioni ed esaminando la documentazione che giustifica l’adozione della misura e che è stata trasmessa dal AVV_NOTAIO (“Diversamente la possibilità di presentare memorie o deduzioni sarebbe vanificata dalla mancata conoscenza degli atti e la possibilità di interloquiregià sensibilmente ridotta per un contraddittorio solo cartolare e consentito in termini temporali assai ristretti- sarebbe sostanzialmente elusa). Perché tale diritto di difesa possa concretamente esercitarsi è necessario che venga
riconosciuto al destinatario del provvedimento un congruo termine. E poiché il P.M. ha il termine di 48 ore (dalla notifica del provvedimento del AVV_NOTAIO) per richiedere o meno la convalida del provvedimento del AVV_NOTAIO, deve ritenersi che anche l’interessato abbia analogo termine (decorrente ugualmente dalla notifica) che gli consenta di esercitare il suo diritto di difesa (ex plurimis, sez. 3, 11 dicembre 2007- 17 gennaio 2008, nn. 2471 e 2472). Il soggetto interessato, inoltre, può accedere agli atti non solo presso l’ufficio del giudice delle indagini preliminari, ma anche presso la Procura della Repubblica prima dell’udienza di convalida (Sez.3, n.7033 del 18/01/2012, 252035).
Nella fattispecie, il provvedimento del AVV_NOTAIO risulta essere stato notificato al ricorrente alle ore 10.30 del giorno 11 marzo 2024, il PM ne ha chiesto la convalida in data 11 marzo 2024, alle ore 14.05 ed il GIP ha convalidato in data 13 marzo 2024, alle ore 11.00.
Risulta, pertanto, rispettato il termine previsto dalla legge a garanzia del diritto di difesa dell’istante, con conseguente possibilità di predisporre in concreto le proprie difese, in considerazione anche della natura urgente del provvedimento.
La doglianza proposta risulta, quindi, manifestamente infondata e, peraltro, anche generica, quanto alle ragioni in base alle quali il ricorrente, detenuto in carcere al momento della notifica del provvedimento, si sarebbe trovato nella impossibilità di esercitare il proprio diritto di difesa.
2.11 secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
L’ordinanza impugnata contiene adeguata motivazione in ordine ai presupposti della necessità ed urgenza sottesi all’adozione del provvedimento, attraverso il richiamo alla pericolosità del ricorrente (soggetto destinatario di analogo provvedimento e partecipazione attiva a disordini con realizzazione di atti di violenza del tutto gratuiti) ed alla valutazione di irrilevanza dell’attuale stato detenzione in considerazione dell’autonomia della vicenda cautelare e di sussistenza del rischio concreto che il predetto, riottenuta la libertà, possa compiere condotte singole o di gruppo pericolose per l’ordine pubblico.
3.11 terzo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Questa Corte ha affermato che il divieto, disposto dal questore, ai sensi dell’art. 6, comma quinto, della legge 13 dicembre 1989, n. 401 (come modificato dal d.l. n. 119 del 2014, conv. in I. n. 146 del 2014 e, poi, successivamente dal d.l. n. 53/2019 conv. in I. n. 77/2019 ) di accedere a manifestazioni sportive, con relativo obbligo di presentazione personale all’autorità di polizia in occasione degli incontri di calcio ha contenuto obbligatorio, quanto alle prescrizioni, nei confronti del soggetto che sia già destinatario di altro, analogo, provvedimento del questore
(Sez.3, n.33539 del 14/07/2016, Rv.267720); la norma è stata ritenuta compatibile con i principi di cui agli articoli 3, 13 e 27 della Costituzione, atteso che il trattamento censurato è sorretto da una ragionevole giustificazione, in quanto attinge il soggetto recidivo che commetta ulteriori atti di violenza in occasione o a causa di manifestazioni sportive, ed in quanto, ai sensi dell’art. 6, comma 8-bis, della stessa legge, il rigore del trattamento sanzionatorio è suscettibile di attenuazione in funzione della condotta positiva osservata dal destinatario del provvedimento (Sez.3, n.44621 del 08/07/2016, Rv.269203; Sez.3, n.33539 del 14/07/2016, Rv.267720; Sez.3, n.5621 del 08/07/2016, dep.07/02/2017, Rv.269305).
In particolare, quanto al primo profilo si è sottolineato che la pericolosità e l’allarme che destano i comportamenti sanzionati con la disposizione di legge censurata hanno portato all’articolazione di un apparato sanzionatorio di prevenzione e di difesa sociale che si sottrae, con tutta evidenza, al sindacato di costituzionalità, posto che, secondo la giurisprudenza costituzionale, non è censurabile il ricorso a scelte legislative che, nella tipizzazione delle sanzioni, involge apprezzamenti tipicamente politici, salvo il caso in cui le scelte legislative trasmodino nella manifesta irragionevolezza o nell’arbitrio (Corte cost. sentenza n. 247 del 2013), che non sono predicabili nel caso di specie; quanto al secondo profilo, è stato osservato che l’art. 6, comma 8 -bis della legge 401 del 1989, introdotto con il decreto – legge n. 119 del 2014, stabilisce, tra l’altro, che, dopo tre anni dall’applicazione del provvedimento, l’interessato può chiedere la cessazione della misura anche nel caso in cui sia stato destinatario di più divieti, qualora abbia dato prova costante ed effettiva di buona condotta, anche in occasione di manifestazioni sportive, con la conseguenza che la rigidità del trattamento sanzionatorio, ispirato ad un logico rigore per la pericolosità dei comportamenti, è sempre suscettibile di attenuazione in funzione della condotta positiva tenuta dal destinatario del provvedimento (Sez.3, n.44621 del 08/07/2016, cit). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
E si è anche precisato che la presunzione di pericolosità (che impone la prescrizione dell’obbligo di presentarsi all’autorità di PS) ha carattere di assolutezza solo quando il nuovo divieto viene applicato per fatti commessi nel triennio successivo alla cessazione di quello precedente. Superato tale periodo, la presunzione diviene, nei fatti, relativa (e dunque valevole fino a prova contraria), proprio in virtù del meccanismo riabilitativo previsto dal comma 8-bis, dell’art. 6, a favore dell’interessato. Ove la riabilitazione non sia concessa per mancanza dei relativi presupposti è evidente che il giudizio di maggiore pericolosità trova un sostrato reale e concreto, che sussiste anche se la prova contraria non viene fornita a causa dell’inerzia del diretto interessato (Sez.3, n. 5621 del 08/07/2016,
dep.07/02/2017, Rv.269305 – 01); va rimarcato che, secondo la giurisprudenza costituzionale, le presunzioni relative di pericolosità che importano automatismi procedurali, a partire dalla sentenza n. 265 del 2010, superano il vaglio di legittimità costituzionale perché superabili da prova contraria e che gli automatismi procedurali, basati su una presunzione assoluta di pericolosità, devono ritenersi arbitrari e perciò costituzionalmente illegittimi, violando il principio di eguaglianza, ove non rispondano a dati di esperienza generalizzati e l’irragionevolezza della presunzione assoluta si può cogliere tutte le volte in cui sia “agevole” formulare ipotesi di accadimenti reali contrari alla generalizzazione posta a base della presunzione stessa (sentenze n.202 del 2013, n. 57 del 2013, n. 172 e n. 110 del 2012, n. 231 del 2011, n. 265, n. 164 e n. 139 del 2010).
Alla luce di tali considerazioni, la questione di legittimità costituzionale posta risulta manifestamente infondata.
Il quarto motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Questa Corte ha già affermato, in maniera condivisibile, che, in tema di divieto di partecipazione a manifestazioni sportive, è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 6, comma 3, legge 13 dicembre 1989, n. 401 in relazione agli artt. 3, 24 e 111 Cost. e 6 CEDU, laddove per il soggetto sottoposto alla misura si prevede un contraddittorio esclusivamente cartolare, in quanto, rientrando nell’insindacabile discrezionalità del legislatore la scelta di graduare forme diverse di contraddittorio purché il diritto di difesa sia garantito, anche in forma scritta, la facoltà per il sottoposto di presentare memorie prima dell’adozione del provvedimento di convalida costituisce mezzo idoneo a consentirgli di esercitare il diritto di difesa (Sez. 3, n. 35840 del 06/11/2020, Rv. 280743 – 01); e che è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 6, comma 3, della legge 13 dicembre 1989 n.401, per contrasto con l’art. 117 Cost. in relazione all’art. 6 Cedu, laddove non prevede la possibilità, su richiesta dell’interessato, della trattazione in udienza pubblica del procedimento di convalida del provvedimento del questore impositivo dell’obbligo di presentazione all’autorità di p.s., in quanto la regola della pubblicità non è assoluta e deve confrontarsi con le caratteristiche di celerità e di immediatezza imposte dal giudizio di convalida, volte alla salvaguardia di evidenti esigenze di sicurezza e di ordine pubblico, rientranti nelle eccezioni alla pubblicità dell’udienza tollerate dalla normativa e dalla giurisprudenza europea (Sez. 3, n. 23644 del 08/07/202, Rv. 279764 – 01; Sez. 3, n. 30408 del 08/04/2016, Rv. 267361 – 01).
Alla luce di tali considerazioni, la questione di legittimità costituzionale posta risulta manifestamente infondata.
Consegue, pertanto, la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Essendo il ricorso inammissibile e, in base al disposto dell’art. 616 proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa d inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna d ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata i dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento dell spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa dell Ammende.
Così deciso il 27/06/2024