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Convalida DASPO: i limiti del controllo del giudice

Un soggetto impugna in Cassazione la convalida di un DASPO con obbligo di firma, sostenendo di non aver partecipato ai disordini allo stadio. La Suprema Corte dichiara il ricorso inammissibile, specificando che la convalida DASPO si basa su un controllo ‘cartolare’, cioè limitato ai documenti forniti dal Questore, senza possibilità per il giudice di riesaminare prove come i video. La Corte conferma che la valutazione è ‘res sic stantibus’, basata sugli atti disponibili in quel momento.

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Pubblicato il 26 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Convalida DASPO: i limiti del Giudice nella valutazione delle prove

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 39152 del 2024, offre un’importante lezione sui limiti del potere del giudice nel procedimento di convalida DASPO. Il caso analizzato riguarda un tifoso che ha contestato il provvedimento restrittivo, sostenendo la sua estraneità ai fatti di violenza. La decisione della Suprema Corte chiarisce la natura del controllo giudiziario, definendolo come ‘cartolare’ e basato sul principio del ‘res sic stantibus’, ovvero sugli atti disponibili al momento della decisione.

Il caso: un DASPO contestato per mancanza di prove

Un tifoso veniva raggiunto da un decreto del Questore che gli vietava l’accesso alle manifestazioni sportive per cinque anni, con l’ulteriore obbligo di presentarsi presso gli uffici di polizia in occasione degli incontri. Il provvedimento traeva origine da disordini avvenuti presso i cancelli di uno stadio, dove una folla di persone aveva forzato un ingresso, divellendo un cancello per evitare i controlli.

L’interessato, tramite il suo difensore, presentava ricorso avverso l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari (GIP) che aveva convalidato il decreto del Questore. Secondo la difesa, il provvedimento era illegittimo in quanto la condotta violenta non era attribuibile al proprio assistito, il quale si sarebbe limitato a entrare regolarmente con biglietto, approfittando del varco ormai aperto dalla folla.

I motivi del ricorso: l’attribuibilità della condotta in discussione

Il ricorso in Cassazione si fondava su tre motivi principali:
1. Errata attribuzione della condotta: Il ricorrente sosteneva che le prove a suo carico fossero carenti e frammentarie, basate unicamente su una comunicazione di notizia di reato (CNR) senza allegati fotografici o video. Anzi, secondo la difesa, la visione dei filmati avrebbe scagionato l’interessato.
2. Mancanza di motivazione sulla pericolosità sociale: Si contestava l’assenza di una motivazione adeguata a giustificare la pericolosità del soggetto, tenendo conto che i suoi precedenti penali erano datati.
3. Carenza di motivazione sull’urgenza: Il ricorso lamentava che il provvedimento non spiegasse le ragioni di necessità e urgenza che ne giustificavano l’adozione.

La decisione della Cassazione sulla convalida DASPO

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutte le censure e fornendo chiarimenti fondamentali sul procedimento di convalida.

Il controllo del giudice è ‘cartolare’ e ‘res sic stantibus’

Sul primo e più importante motivo, la Corte ha ribadito un principio cardine: il controllo del giudice in sede di convalida è di pura legittimità e si svolge ‘sulla scorta degli atti trasmessi’. Questo significa che il giudice deve basare la sua decisione esclusivamente sui documenti che il Questore ha allegato alla richiesta di convalida (il cosiddetto ‘controllo cartolare’).

La Corte ha specificato che è preclusa ogni diversa ricostruzione dei fatti basata su elementi non presenti nel fascicolo, come la visione di filmati richiesta dal ricorrente. Il giudice della convalida non ha poteri istruttori; la sua valutazione avviene ‘res sic stantibus’, cioè ‘stando così le cose’ al momento della decisione. Pertanto, se la documentazione fornita dal Questore è sufficiente a giustificare la misura, la convalida è legittima.

La pericolosità sociale e la durata minima del DASPO per recidivi

Anche il secondo motivo è stato ritenuto infondato. La Corte ha evidenziato che la legge prevede un’ipotesi specifica per il cosiddetto DASPO del ‘recidivo’. In questi casi, l’obbligo di presentazione in commissariato non è una scelta discrezionale, ma un’imposizione obbligatoria. Inoltre, la durata della misura è fissata dalla legge in un minimo di cinque e un massimo di otto anni. Avendo il Questore applicato il minimo legale di cinque anni, la motivazione è stata ritenuta adeguata in relazione alla gravità dei fatti descritti.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte Suprema si fondano sulla netta distinzione tra il ruolo del Questore, quale autorità amministrativa di pubblica sicurezza, e quello del giudice della convalida. Il Questore adotta il DASPO come misura di prevenzione per evitare la commissione di reati in contesti sportivi. Il giudice, invece, svolge un controllo successivo sulla legalità di tale atto, verificando che sussistano i presupposti di legge (necessità, urgenza, pericolosità del soggetto, attribuibilità della condotta) sulla base della documentazione prodotta.

Questo controllo non può trasformarsi in un nuovo giudizio sul merito dei fatti, né può il giudice della legittimità (la Cassazione) sostituirsi al giudice della convalida per esaminare prove non valutate in quella sede. La valutazione compiuta in altre sedi, come un tribunale amministrativo, non può influenzare retroattivamente la legittimità della convalida, che si cristallizza al momento in cui viene emessa.

Le conclusioni

La sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale chiaro: la convalida DASPO è un procedimento rapido e documentale, finalizzato a garantire il rispetto della libertà personale (limitata dall’obbligo di firma) senza però snaturare la funzione preventiva della misura. Per chi intende contestare un DASPO, è fondamentale comprendere che il giudizio di convalida non è la sede per un’analisi probatoria approfondita, la quale potrà eventualmente avvenire in altri contesti giudiziari. La decisione si basa sulla ‘fotografia’ degli atti presentati dall’autorità di pubblica sicurezza in quel preciso momento, e su quella base il giudice è chiamato a decidere sulla legittimità del provvedimento.

Nella convalida di un DASPO, il giudice può visionare video o altre prove non allegate agli atti dal Questore?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che il controllo del giudice in sede di convalida è ‘cartolare’, cioè limitato ai documenti e agli atti trasmessi dal Questore. Il giudice non può procedere a una diversa ricostruzione dei fatti visionando prove, come video, che non siano state allegate alla richiesta di convalida.

Cosa significa che il controllo del giudice sulla convalida del DASPO è ‘res sic stantibus’?
Significa ‘stando così le cose’. Vuol dire che la valutazione del giudice si basa sulla situazione di fatto e di diritto e sulla documentazione disponibile nel momento esatto in cui decide. Non può considerare elementi emersi successivamente o non presenti nel fascicolo in quel momento.

In caso di DASPO per un soggetto ‘recidivo’, la durata della misura e l’obbligo di presentazione sono discrezionali?
No. La sentenza chiarisce che per l’ipotesi del DASPO ‘recidivo’, la legge (art. 6, comma 5, l. n. 401/1989) prevede l’obbligatorietà della prescrizione dell’obbligo di presentazione. Anche la durata non è pienamente discrezionale, ma deve essere compresa in un intervallo fissato dalla legge, ovvero non inferiore a cinque anni e non superiore a otto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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