Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 6572 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 6572 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a RAGIONE_SOCIALE il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 11/05/2023 del G.i.p. del Tribunale di Agrigento visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria de Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso;
lette le conclusioni del difensore, AVV_NOTAIO del foro di Agrigento, che insiste per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata, il G.i.p. del Tribunale di Agrigento, ai sensi dell’art. 6 I. n. 401 del 1989, convalidava il provvedimento del AVV_NOTAIO di Agrigento emesso in data 3 maggio 2023 nei confronti di NOME COGNOME e notificato all’interessato 1’8 maggio 2023, impositivo del divieto di accesso ai luoghi ove si svolgono manifestazioni sportive con contestuale prescrizione dell’obbligo di comparizione presso gli uffici del commissariato di P.S. al decimo e al quarantesimo minuto di ogni tempo delle partite giocate in casa dall’RAGIONE_SOCIALE e al quarantesimo minuto del solo primo tempo delle partite giocate in trasferta dalla stessa squadra, riducendo a due anni la durata delle suddette prescrizioni.
Avverso l’indicata ordinanza, NOME COGNOME, a mezzo dei difensori di fiducia, propone ricorso per cassazione affidato a due motivi.
2.1. Con un primo motivo, si contesta la violazione e la falsa applicazione dell’art. 6 della legge n. 401 del 1989, nonché il difetto di motivazione dell’ordinanza di convalida riguardo ai presupposti legali e alla pericolosità del soggetto interessato. Argomentano i difensori che il AVV_NOTAIO non solo non avrebbe effettuato il compiuto esame della pericolosità del soggetto imposto, ma nemmeno indica le ragioni da cui ravvisare la necessità di applicate la misura di prevenzione limitativa della libertà personale; i medesimi vizi sarebbero riscontrabili nell’ordinanza impugnata, posto che essa si limita a fare un generico rinvio al provvedimento del AVV_NOTAIO, senza soffermarsi sull’analisi della condotta ascritta all’COGNOME, la cui identificazione è incerta, come risulta dal confronto dei cinque fotogrammi estratti dalle riprese video fotografiche con le due foto indicate con il n. 6 allegata alla c.n.r. del 15 marzo 2023. In particolare, dai fotogrammi n. 2, 3 e 4 non si evince il possesso, da parte dell’COGNOME, di cinture o di altri oggetti pericolosi; in ogni caso, dagli atti risulta che i tifos RAGIONE_SOCIALE erano stati aggrediti dall’opposta tifoseria del Licata.
2.2 Con un secondo motivo si contesta la mancanza di motivazione sull’urgenza e la necessità di due obblighi di firma, oltre alla mancanza di spiegazioni sul perché il semplice divieto di accesso agli stadi non sarebbe sufficiente. Ad avviso dei difensori, sul punto la motivazione sarebbe apparente, perché opera un mero rinvio al provvedimento del AVV_NOTAIO, senza operare una compiuta valutazione del caso concreto circa la sussistenza dei presupposti applicativi della misura. In ogni caso, il g.i.p. non avrebbe valutato che la squadra di calcio del RAGIONE_SOCIALE, dal 2018, disputa le partite “casalinghe” presso il
GLYPH
7,(
campo sportivo sito nel Comune di Ravenusa, che dista quindici km. da RAGIONE_SOCIALE, donde l’inutilità della ‘frequenza’ imposta all’COGNOME, anche considerando l’assenza di precedenti specifici a suo carico.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché le censure dedotte attengono al merito o alla condivisibilità dell’impianto motivazionale del provvedimento, senza però indicare alcun vizio di legittimità.
Quanto alla doglianza, dedotta con il primo motivo, che attiene alla certa ascrivibilità all’COGNOME delle “condotte aggressive e socialmente pericolose” – sul presupposto che l’analisi dei fotogrammi non consentirebbe di identificare nell’odierno ricorrente la persona che, impugnando la cintura, aggredisce la tifoseria avversaria e che, comunque, era la tifoseria del Licata a provocare e a lanciare sassi in direzione della tifoseria del RAGIONE_SOCIALE – la medesima, proprio per come formulata, è inammissibile, perché demanda a codesta Corte una valutazione probatoria addirittura spinta fino all’analisi differenziale d fotogrammi estratti e rilevanti ai fini dell’identificazione: funzione, questa, d tutto eccentrica rispetto a quella processuale e ordinamentale ascritta alla giurisdizione di legittimità.
Va richiamato, inoltre, il principio consolidato secondo cui, in tema di provvedimenti volti a prevenire la violenza negli stadi, ai fini della convalida dell’obbligo di presentazione ad un comando di polizia (cd. DASPO), disposto ai sensi dell’art. 6, comma 1, lett. a), legge 13 dicembre 1989 n. 401 a seguito di denuncia per la partecipazione a manifestazioni di tifo violento, è sufficiente che il giudice, che non può arrestarsi alla mera constatazione dell’avvenuta denuncia, si limiti ad una valutazione indiziaria circa l’attribuibilità della condotta destinatario del provvedimento, non essendo necessaria la certezza della prova (da ultimo, Sez. 3, n. 1771 del 04/11/2020, dep. 2021, Colangelo Rv. 280285).
Orbene, tale valutazione è ampiamente presente nel dettagliato ed ampio provvedimento impugnato, che dà conto di come il ricorrente sia stato riconosciuto come uno dei tifosi che, con il volto coperto e brandendo una cintura, partecipava attivamente ai disordini verificatisi il 5 marzo 2023 in occasione dell’incontro di calcio tra il RAGIONE_SOCIALE e il Licata (cfr. 3 provvedimento impugnato), con la conseguente inammissibilità delle doglianze prospettate.
Parimenti inammissibili sono le censure, pure dedotte con il primo motivo, attinenti all’asserita mancanza di un “attento giudizio di personalità” del ricorrente, finalizzato alla prognosi di osservanza del divieto.
Si tratta di un rilievo totalmente generico e, come tale, non suscettibile di scrutinio. Invero, l’accertata partecipazione ad un’attività di tifo violento – qual quella constatata dagli organi di polizia in occasione dello scontro tra le due tifoserie, con la certa partecipazione dell’COGNOME – appare requisito di legge sufficiente per una prognosi di pericolosità idonea a fondare la misura. Quest’ultima è infatti volta a prevenire la violenza negli stadi, inibendo la loro frequentazione a quanti abbiano manifestato comunque di non percepire l’essenziale, quanto netta, differenza fra il sostegno pacifico, ancorché appassionato, alla propria squadra del cuore e l’esplosione violenta della contrapposizione fisica con la ‘tifoseria’ della squadra avversaria, come accertato nel caso di specie, il che rende del tutto evidente l’assoluta incompatibilità della partecipazione del ricorrente a manifestazioni sportive collettive.
4. Inammissibile è anche il secondo motivo.
Si rammenta, in adesione al consolidato orientamento di questa Corte di legittimità, che, in sede di convalida del provvedimento del AVV_NOTAIO circa l’obbligo positivo di presentarsi ad un ufficio o comando di polizia in coincidenza con lo svolgimento di manifestazioni sportive, la verifica, demandata al giudice, dei presupposti legittimanti l’adozione dell’atto da parte dell’autorità amministrativa si compie sulla preesistente valutazione da parte del AVV_NOTAIO cui è rimessa, nell’esercizio dell’attività di prevenzione devolutagli dalla legge, l’adozione del provvedimento oggetto della convalida, che funge, al pari di ogni altro provvedimento provvisorio restrittivo della libertà che l’autorità di polizi può adottare a norma dell’art. 13, terzo comma, Cost., da atto di natura necessariamente “servente” rispetto all’intervento di competenza dell’autorità giudiziaria, chiamata a compiere su di esso il controllo di legalità prescritto ex lege. In virtù dell’intersecazione tra il provvedimento amministrativo e la convalida giurisdizionale si ritiene legittima la motivazione resa da quest’ultima per relationem, allorquando, saldandosi con quella del provvedimento convalidato, consenta un adeguato riscontro del percorso logico-giuridico seguito dall’autorità amministrativa nel disporre la misura, peraltro già nota all’interessato (Sez. 3, n. 37656 del 07/12/2018, dep. 12/09/2019, COGNOME, Rv. 277673 – 01; Sez. 3, n. 23958 del 04/03/2014, COGNOME, Rv. 259657; conf. sez. 1, 18 marzo 2003, n. 12719; sez. 1, 18 luglio 2003, n. 30306; sez. 1, 20 gennaio 2004, n. 1338; sez. 6, 12 marzo 2004, n. 12110; sez. 3, 17 dicembre 2008, n. 3437/2009; sez. 3, 18 dicembre 2008, n. 3830/2009).
Il ‘merito’ della prevenzione effetto della misura, pertanto, è valutazione rimessa agli organi di polizia, con un limite di apprezzamento da parte della giurisdizione, in sede di convalida, rappresentato solo dalla manifesta irragionevolezza della proporzione, limite che, nella specie, in alcun modo pare oltrepassato.
La circostanza che attualmente la squadra di calcio del RAGIONE_SOCIALE disputi le partite “casalinghe” presso il campo sportivo sito nel Comune di Ravenusa per un verso non trova riscontro negli atti, e, per altro verso, in ogni caso rappresenterebbe una variabile di fatto che, evidentemente, non riveste alcuna rilevanza in questa sede di legittimità per il suo carattere di assoluta contingenza e casualità, anche considerando che proprio a Ravenusa si sono verificati i gravi fatti di guerriglia urbana per cui è causa.
La presenza di un soggetto presso gli uffici di polizia in coincidenza con la disputa degli incontri casalinghi della locale squadra è misura del tutto ordinaria e proporzionata alla prevenzione attuata e non giustifica certo le doglianze avanzate dalla difesa, anche considerando che, nella specie, il G.i.p. ha sensibilmente ridotto – della metà – la durata delle prescrizioni imposte.
Essendo il ricorso inammissibile e ricorso e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 24/10/2023.