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Convalida DASPO: 48 ore per la difesa o è nullo

La Cassazione ha annullato l’ordinanza di convalida DASPO con obbligo di firma perché emessa prima delle 48 ore concesse alla difesa. La Corte ha stabilito che la violazione di questo termine dilatorio causa una nullità insanabile, in quanto il pregiudizio al diritto di difesa è implicito e non richiede una prova specifica di danno.

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Pubblicato il 25 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Convalida DASPO: la Cassazione ribadisce il termine di 48 ore per la difesa

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale a tutela del diritto di difesa nell’ambito delle misure di prevenzione. Il caso riguarda la convalida DASPO con obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, un provvedimento che, limitando la libertà personale, richiede un rigoroso controllo giurisdizionale. La Corte ha chiarito che l’ordinanza di convalida emessa dal giudice prima che siano trascorse 48 ore dalla notifica del provvedimento all’interessato è irrimediabilmente nulla, senza che sia necessario dimostrare un danno concreto.

I fatti del caso

Al ricorrente era stato notificato un provvedimento del Questore (DASPO) che, oltre a vietargli l’accesso a tutte le manifestazioni sportive per sei anni, gli imponeva l’obbligo di presentarsi presso un commissariato di Polizia. Il provvedimento era stato notificato in data 28 marzo alle ore 20:00. Il Giudice per le indagini preliminari (GIP) emetteva l’ordinanza di convalida il giorno successivo, 29 marzo, alle ore 13:45. La difesa dell’interessato ha quindi presentato ricorso in Cassazione, lamentando la violazione del diritto di difesa, poiché la convalida era intervenuta prima della scadenza del termine di 48 ore che la giurisprudenza riconosce per consentire all’interessato di presentare memorie difensive.

La questione giuridica sulla convalida DASPO e il diritto di difesa

La questione centrale ruota attorno al bilanciamento tra l’esigenza di celerità delle misure di prevenzione e la garanzia del diritto di difesa, sancito dall’articolo 24 della Costituzione. Mentre la legge stabilisce termini massimi per la richiesta di convalida da parte del PM (48 ore) e per la decisione del giudice (successive 48 ore), non prevede un esplicito termine ‘minimo’ a favore della difesa.

Questo vuoto normativo è stato colmato dalla giurisprudenza, che ha individuato un termine dilatorio di 48 ore, decorrenti dalla notifica del provvedimento, entro cui l’interessato può esercitare il proprio diritto di difesa attraverso un contraddittorio cartolare. Il dibattito si è quindi concentrato sulle conseguenze della violazione di questo termine.

I due orientamenti della giurisprudenza

La Corte ha dato atto dell’esistenza di due orientamenti contrapposti:

1. Orientamento maggioritario (accolto dalla sentenza): La violazione del termine di 48 ore integra una nullità di ordine generale a regime intermedio. Il pregiudizio al diritto di difesa è considerato ‘immanente’, cioè insito nella violazione stessa della norma procedurale. Non è quindi richiesto alla difesa di provare che avrebbe effettivamente depositato delle memorie o che la decisione sarebbe stata diversa. Il semplice fatto di non aver avuto a disposizione l’intero lasso di tempo previsto dalla legge invalida l’atto.
2. Orientamento minoritario: Pur riconoscendo la nullità, questa tesi richiede che l’interessato dimostri un interesse concreto e attuale all’annullamento. In pratica, dovrebbe allegare un pregiudizio specifico derivante dalla convalida prematura, dimostrando una correlazione diretta tra la violazione del termine e la lesione del suo diritto di difesa.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte, con la sentenza in esame, ha scelto di dare continuità all’orientamento più rigoroso e garantista. I giudici hanno affermato che il termine di 48 ore costituisce un presidio irrinunciabile del diritto di difesa. La ponderazione tra gli interessi in gioco (sicurezza pubblica e libertà personale) è stata già compiuta dal legislatore (e integrata dalla giurisprudenza) nel definire lo schema procedurale.

Secondo la Corte, il pregiudizio al diritto di difesa si verifica con la ‘pura e semplice mancata realizzazione dello schema legale’. Consentire al giudice di valutare a posteriori se un pregiudizio concreto vi sia stato o meno significherebbe attribuirgli un potere discrezionale che la legge non prevede e svuoterebbe di significato la garanzia stessa. L’interesse a eccepire la nullità non risiede nel danno concreto subito, ma nel diritto della parte ‘all’osservanza della disposizione violata’. Una volta emessa l’ordinanza di convalida, il giudice ha ‘consumato’ il suo potere giurisdizionale, e qualsiasi evento successivo, come la mancata presentazione di una memoria difensiva, è irrilevante.

Le Conclusioni

La Cassazione ha annullato senza rinvio l’ordinanza impugnata, dichiarando l’inefficacia del provvedimento del Questore limitatamente all’obbligo di presentazione. Questa pronuncia consolida un importante principio di civiltà giuridica: le garanzie procedurali, specialmente quando toccano la libertà personale, non sono mere formalità. Il termine di 48 ore per l’attivazione del contraddittorio cartolare nella convalida DASPO è un diritto effettivo, la cui violazione rende l’atto del giudice radicalmente nullo. La decisione rafforza la tutela della difesa, stabilendo che il rispetto dei tempi del procedimento è un elemento essenziale per la sua legittimità.

Qual è il termine minimo che deve passare prima che il giudice possa emettere la convalida di un DASPO con obbligo di firma?
Sulla base della giurisprudenza consolidata e riaffermata in questa sentenza, deve trascorrere un termine di 48 ore dalla notifica del provvedimento all’interessato, per consentirgli di esercitare il suo diritto di difesa.

Cosa succede se la convalida del DASPO viene emessa prima dello scadere delle 48 ore?
L’ordinanza di convalida è affetta da una nullità di ordine generale per violazione del diritto di difesa. Di conseguenza, deve essere annullata, e la misura restrittiva dell’obbligo di firma perde la sua efficacia.

È necessario dimostrare di aver subito un danno concreto per ottenere l’annullamento della convalida prematura?
No. La sentenza chiarisce che il pregiudizio al diritto di difesa è ‘immanente’ alla violazione del termine. Non è quindi necessario che la persona interessata provi che avrebbe effettivamente presentato una memoria difensiva; la semplice violazione dello schema procedurale è sufficiente a determinare la nullità dell’atto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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