Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 30230 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 30230 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto dalla società
Opus RAGIONE_SOCIALE
avverso il decreto emesso dalla Corte di appello di Napoli ii 14/01/2025;
visti gli atti ed esaminato il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere, NOME COGNOME
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, dott.ssa NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Napoli ha confermato il decreto con cui è stata dichiarata inammissibile la richiesta di ammissione al controllo giudiziario ex art. 34 bis d. Igs n 159 del 2011 presentata dalla società RAGIONE_SOCIALE
Ha proposto ricorso per cassazione la società articolando due motivi.
2.1. Con il primo si deduce violazione di legge quanto all’accertamento della natura occasionale del condizionamento mafioso nei riguardi della società, nonché quanto alla prognosi relativa alla capacità della impresa di riallinearsi al contesto economico sano.
Il tema attiene alla natura dei rapporti tra NOME COGNOME legale rappresentante della società, e NOME COGNOME, ritenuto soggetto “espressione” del clan mafioso camorristico operante sul territorio nel settore delle aste giudiziarie.
Si assume che detti rapporti, intercorsi dal febbraio 2020 al marzo 2021, sarebbero in realtà giustificati e coinciderebbero con il periodo di esecuzione dei lavori d ristrutturazione, eseguiti da COGNOME, di una villetta di proprietà di una socie riconducibile al padre di NOME.
Il rapporto personale sarebbe poi proseguito nel tempo anche attraverso la partecipazione congiunta in aste giudiziarie, rispetto alle quali, si sostiene, la socie non poteva conoscere né le frequentazioni di Lanfoldo e neppure le sue finalità, apparendo un soggetto in possesso dei requisiti di moralità (così il ricorso).
Sul tema, si valorizza l’ordinanza del Tribunale del riesame di Napoli con cui sarebbe stata annullato, per assenza dei gravi indizi di colpevolezza, il titolo custodiale da cu era stato attinto NOME in relazione ad una serie di reati di turbativa d’asta ritenu funzionali ad agevole il clan mafioso c.d. COGNOME.
La Corte di appello avrebbe ipotizzato il coinvolgimento indiretto di COGNOME non solo senza tener conto delle statuizioni del Tribunale, ma, soprattutto, senza indicare un solo elemento da cui inferire la conoscenza di COGNOME del possibile collegamento tra COGNOME e la criminalità organizzata.
Anche gli uleriori elementi valorizzati dalla Corte, quali il rapporto di parentela t NOME NOME e il di lui padre NOME NOME, attinto da un precedente penale per fatti di droga, e il rapporto professionale di ricorrente con il commercialista NOME, sarebbero privi di capacità dimostrativa, non essendo emerso nessun collegamento tra COGNOME NOME e la società ricorrente e neppure tra COGNOME e NOME.
2.2. Con il secondo motivo si deduce violazione di legge; il tema attiene alla bonifica dell’impresa che sin dal primo grado di giudizio si era detta disponibile ad adottare un modello di organizzazione idoneo ai sensi del d. Igs n. 231 del 2001 e a nominare un organismo di vigilanza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è fondato.
2. La Corte di cassazione, in tema di violazione dell’art. 34 bis d. Igs. n. 159 del 2011, ha già chiarito che presupposti della misura in questione sono il rilascio da parte del prefetto della informazione antimafia interdittiva, fondata sulla sussistenza di tentativ di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi della società dell’impresa, e la successiva impugnazione dinanzi al giudice amministrativo di tale provvedimento.
Ai sensi dell’art. 34-bis, comma 6, d.lgs. n. 159 del 2011, l’impresa destinataria del provvedimento amministrativo può richiedere l’ammissione al controllo giudiziario; si tratta di una misura di prevenzione ad istanza di parte, finalizzata ad assicurare, da un lato, la “bonifica” aziendale e, dall’altro, a sospendere, in attesa della decisione de giudice amministrativo, gli effetti inibitori conseguenti all’informativa interdit antimafia.
Ciò che è richiesto al giudice è la verifica, in una prospettiva prognostica, della evoluzione della realtà aziendale.
In tal senso si sono espresse le Sezioni Unite che hanno spiegato come la condizione di assoggettamento dell’impresa all’intimidazione mafiosa costituisca solo un prerequisito: “la peculiarità dell’accertamento del giudice, sia con riferimento all amministrazione giudiziaria che al controllo giudiziario, e, a maggior ragione, in relazione al controllo volontario, sta però nel fatto che il fuoco della attenzione, e quin del risultato di analisi, deve essere posto non solo su tale prerequisito, quanto piuttosto, valorizzando le caratteristiche strutturali del presupposto verificato, sulle concret possibilità che la singola realtà aziendale ha o meno di compiere fruttuosamente il cammino verso il riallineamento con il contesto economico sano, anche avvalendosi dei controlli e delle sollecitazioni (nel caso della amministrazione, anche vere intromissioni) che il giudice delegato può rivolgere nel guidare la impresa infiltrata” (Sez. U, n. 46898 del 26/09/2019, COGNOME).
Si è aggiunto che, mentre ai fini dell’amministrazione giudiziaria e del controllo giudiziario c.d. prescrittivo richiesta della parte pubblica o disposto di ufficio doveroso il preliminare accertamento del grado e delle caratteristiche della condizione di permeabilità mafiosa della società o dell’impresa, con riferimento al controllo giudiziario “volontario”, in pendenza dei giudizio amministrativo avverso l’informazione antimafia interdittiva, tale accertamento non scolora del tutto, dovendo pur sempre il tribunale adito accertare i presupposti della misura.
In particolare, tale accertamento giudiziale non ha un carattere puramente statico, funzionale a fotografare lo stato attuale di pericolosità oggettiva in cui versi la real aziendale a causa delle relazioni esterne patologiche, ma dinamico, essendo volto a formulare un giudizio prognostico in ordine alle emendabilità della situazione attraverso l’iter che ciascuna misura comporta (così testualmente Sez. 6, n. 30168 del 07/07/2021, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 281834).
La Corte di cassazione ha inoltre chiarito l’ambito della verifica che il giudice dell prevenzione è chiamato ad operare sulla domanda formulata dalla parte ai sensi dell’art. 34-bis, comma 6, cit.
Se è vero che il presupposto di tale misura, al pari del controllo giudiziario “prescrittivo”, è rappresentato dal carattere occasionale della condizione di agevolazione mafiosa, diverso è, invece, l’ambito dell’accertamento demandato al giudice della
3 GLYPH
(
prevenzione, più esteso nell’ipotesi di cui al primo comma dell’art. 34, d.lgs. cit., e pi ristretto nel caso del controllo giudiziario volontario. In particolare, è s condivisibilmente affermato che, “mentre nel caso del primo comma dell’art. 34-bis cit. la valutazione del prerequisito del pericolo concreto di infiltrazioni mafiose, idonee a condizionare le attività economiche e le aziende, è riservata in via esclusiva al giudice della prevenzione – trattandosi di misura richiesta ad iniziativa pubblica in funzione di un controllo cd. prescrittivo – nel caso previsto dal sesto comma, tale valutazione deve tener conto del provvedimento preventivo di natura amministrativa (Sez. 2, n. 9122 del 28/01/2021, COGNOME, in motivazione).
La verifica demandata al tribunale competente in tema di misure di prevenzione si snoda lungo due direttrici: a) il carattere occasionale della agevolazione che il libero svolgimento dell’attività economica può determinare nei soggetti di cui al comma 1 della medesima disposizione; b) la concreta possibilità dell’impresa stessa di riallinearsi con il contesto economico sano, affrancandosi dal condizionamento delle infiltrazioni mafiose (in tal senso, Sez. 6, n. 30168 del 2021 cit.; Sez. 5, n. 13388 del 17/12/2020, dep. 2021, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 280851).
Il giudice della prevenzione è, dunque, tenuto a valutare, in termini prognostici – sulla base del dato patologico acquisito dall’accertamento amministrativo con l’informazione antimafia interdittiva – se il richiesto intervento giudiziale di “bonifica aziendale” ri possibile, in quanto l’agevolazione dei soggetti di cui all’art. 34, comma 1, d.lgs. cit., da ritenere occasionale, escludendo tale evenienza, pertanto, nel caso di cronicità dell’infiltrazione mafiosa” (Sez. 2, n. 9122 del 28/01/2021, COGNOME, Rv. 280906).
La Corte di appello di Napoli non ha fatto corretta applicazione dei principi indicati.
Ha spiegato la Corte che il Ministero dell’Interno aveva rilevato un “significativo rischio di permeabilità della società alle ingerenze della criminalità organizzata in considerazione della rilevante interrelazione tra l’amministratore della società e il NOME“.
Dopo aver richiamato più volte i principi indicati, la Corte, in particolare, ha affermato che: a) NOME sarebe stato raggiunto da una ordinanza custodiale per aver agevolato le attività illecite del clan COGNOME nel settore delle aste giudiziarie; b) COGNOME e COGNOME si sarebbero aggiudicati due immobili in due distinte procedure esecutive; c) COGNOME avrebbe rapporti con il commercialista NOME COGNOME, coinvolto in vicende relative a reati tributari “unitamente a esponenti al clan COGNOME” ; d) il padre di COGNOME avrebbe riportato una condanna per fatti droga “in un contesto mafioso per suoi legami con il clan COGNOME”
Si tratta di un ragionamento obiettivamente viziato.
Se è vero che anche nel caso di controllo giudiziario volontario il Tribunale della prevenzione, pur tenendo conto del provvedimento prefettizio, è tenuto ad accertare il presupposto costitutivo della misura, e cioè la sussistenza di tentativi di infiltrazio mafiosa volti a condizionare le scelte e gli indirizzi della società o dell’impresa, non per nulla chiaro nel caso di specie in cosa detto pericolo sia consistito.
La Corte di appello, che pure ha ridimensionato il giudizio su NOME evidenziando come questi sarebbe al più coinvolto in un solo fatto di turbativa d’asta con tale NOME COGNOME – soggetto questo coinvolto in contesti di criminalità organizzata-, non ha affatto spiegato:
in cosa consisterebbe in concreto il prospettato legame tra NOME e il sodalizio mafioso;
perché NOME dovrebbe essere considerato espressione di clan camorristici in presenza di un provvedimento giurisdizionale nei suoi confronti ampiamente liberatorio, essendo stata non solo la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza per COGNOME per tutti i reati contestati ad eccezione di uno per il quale questi avrebbe avuto “un ruolo del tutto secondario”, ma, soprattutto, essendo stato il compimento di una qualsiasi attività finalizzata alla agevolazione mafiosa da parte di NOME (sul punto la motivazione del provvedimento impugnato è omessa);
perché l’acquisto dei tre immobili da parte del ricorrente e di NOME sarebbe il frutto di una collusione tra detti soggetti e la criminalità mafiosa e non, invece, il fr di una sinergia, anche clientelare ma non mafiosa;
se, in relazione agli acquisti compiuti da NOME e NOME, penda un procedimento penale;
se la società ricorrente abbia mai avuto rapporti con soggetti legati alla criminalità mafiosa ovvero se siano pendenti procedimenti penali nei riguardi dei soggetti legati alla società;
quale sia il nesso tra il rapporto del ricorrente con il commercialista COGNOME e quello con NOME e, soprattutto, perché il rapporto con COGNOME sarebbe rivelatore di un pericolo di un tentativo di infiltrazione mafiosa.
Un richio astratto, vuoto, quello rilevato dalla Corte di appello, privo di concrettezza un apparato argomentativo che rischia di trasformare l’istituto in esame in una “scatola” di dubbia legittimità costituzionale.
Una motivazione apparente della quale, peraltro, la stessa Corte di appello sembra essere consapevole nella parte in cui, per colorare il quadro accusatorio, valorizza il precedente da cui sarebbe attinto il padre di NOME NOME, senza, tuttavia, spiegare alcunchè, anche in questo caso, sul nesso di tale fatto e l’attività della società.
Un/provvedimento con cui nori`fsi fatta corretta applicazione della legge.
5 GLYPH
‘ò r”
Ne consegue che il decreto impugnato deve essere annullato con rinvio per nuovo giudizio.
ricorso è assorbito.
6. Il secondo motivo di
P. Q. M.
Annulla il decreto impugnato e rinvia per nuovo giudizio alla Corte di appello di
Napoli.
Così deciso in Roma 1’8 maggio 2025
GLYPH
Il CorOgliere estensore
Il P
y
dehte