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Controllo giudiziario: ok se il rischio mafia è lieve

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 42983/2024, ha stabilito un principio fondamentale in materia di controllo giudiziario. Un’impresa colpita da interdittiva antimafia non può vedersi respingere la richiesta di ammissione al controllo giudiziario sulla base del fatto che il pericolo di infiltrazione mafiosa sia insussistente o lieve. Anzi, proprio questa circostanza giustifica l’accoglimento della misura per garantire la continuità aziendale in pendenza del ricorso contro l’interdittiva. La Corte ha annullato la decisione di merito che aveva creato un paradosso, penalizzando le imprese meno contaminate.

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Pubblicato il 11 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Controllo giudiziario: Ammesso anche se il rischio mafia è lieve

L’istituto del controllo giudiziario volontario, previsto dal codice antimafia, rappresenta uno strumento cruciale per le imprese che, pur colpite da un’interdittiva, cercano di dimostrare la propria estraneità a contesti criminali e di proseguire l’attività. Con la recente sentenza n. 42983 del 2024, la Corte di Cassazione interviene per chiarire un punto fondamentale: un’impresa non può essere esclusa da questa misura perché il pericolo di infiltrazione mafiosa è ritenuto ‘troppo lieve’ o addirittura insussistente dal giudice della prevenzione. Un principio che risolve un paradosso giuridico e tutela la continuità aziendale.

I Fatti del Caso

Una società operante nel settore dell’ecologia veniva raggiunta da un’interdittiva antimafia emessa dal Prefetto. Per non paralizzare la propria attività, l’azienda presentava istanza per essere ammessa al controllo giudiziario ai sensi dell’art. 34-bis, comma 6, del D.Lgs. 159/2011.

Sorprendentemente, sia il Tribunale che la Corte di appello respingevano la richiesta. La loro motivazione si basava su un’argomentazione paradossale: poiché l’impresa non risultava esposta a un effettivo e concreto pericolo di infiltrazione mafiosa, mancava il presupposto stesso per l’applicazione della misura. In sostanza, l’azienda era considerata ‘troppo sana’ per poter accedere a uno strumento pensato per ‘curare’ le imprese a rischio. Contro questa decisione, la società proponeva ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, annullando con rinvio il decreto della Corte di appello. Gli Ermellini hanno ribadito un principio già espresso in precedenti pronunce, anche a Sezioni Unite, chiarendo la logica e la finalità del controllo giudiziario quando è richiesto dalla stessa impresa interessata.

La Corte ha censurato l’approccio dei giudici di merito, definendolo illogico e contrario alla ratio della norma. Negare l’accesso alla misura perché il pericolo è inesistente significa creare una irragionevole disparità di trattamento a sfavore delle imprese più ‘sane’ che, pur colpite da un’interdittiva (la cui legittimità è ancora sub iudice in sede amministrativa), si vedrebbero private della possibilità di continuare a operare.

Le Motivazioni della Scelta sul controllo giudiziario

Il cuore della motivazione della Cassazione risiede nella distinzione tra la richiesta di misure di prevenzione proveniente dall’autorità pubblica e quella volontaria, avanzata dall’impresa.

Quando è l’impresa stessa a chiedere il controllo giudiziario, l’obiettivo non è primariamente quello di reprimere un’infiltrazione accertata, ma di salvaguardare la continuità aziendale in pendenza del giudizio amministrativo sull’interdittiva. L’interdittiva del Prefetto costituisce già di per sé il presupposto del pericolo, e il giudice della prevenzione non deve sostituirsi al Prefetto in questa valutazione, bensì verificare se l’impresa sia ‘bonificabile’.

La Corte Suprema sottolinea che il presupposto per l’accoglimento dell’istanza è l’occasionalità del contatto con ambienti mafiosi e la possibilità per l’azienda di ‘emendarsi’. Negare il rimedio quando il pericolo è addirittura ritenuto inesistente è un controsenso. In tal caso, e a maggior ragione, l’istanza va accolta per assicurare la sopravvivenza dell’impresa, che altrimenti subirebbe gli effetti paralizzanti dell’interdittiva. Il focus del giudice deve essere sulla ‘bonificabilità’ dell’impresa, ovvero sulla sua capacità strutturale di intraprendere un percorso di riallineamento con il contesto economico sano, anche con l’aiuto dei controlli previsti dalla misura.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

Questa sentenza consolida un orientamento fondamentale a tutela della libertà di iniziativa economica. Si afferma con chiarezza che un’impresa colpita da interdittiva antimafia ha diritto di accedere al controllo giudiziario non ‘nonostante’ un basso livello di rischio, ma ‘proprio in virtù’ di esso. Il rigetto è giustificato solo se il pericolo di infiltrazione è così grave e radicato da rendere l’impresa non ‘bonificabile’ con il semplice controllo, rendendo necessarie misure più drastiche come l’amministrazione giudiziaria.

In pratica, il giudice della prevenzione, di fronte alla richiesta di un’impresa, deve valutare se la situazione di presunto condizionamento sia superabile. Se la risposta è affermativa, anche perché il condizionamento è lieve o addirittura assente, la misura deve essere concessa per contemperare l’esigenza di legalità con quella, costituzionalmente garantita, della continuità d’impresa.

Un’impresa colpita da interdittiva antimafia può chiedere il controllo giudiziario anche se il giudice ritiene insussistente il pericolo di infiltrazione?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che proprio in questo caso, e a maggior ragione, la richiesta dovrebbe essere accolta per garantire la continuità aziendale in attesa della decisione del giudice amministrativo sull’interdittiva.

Qual è lo scopo del controllo giudiziario quando richiesto dall’impresa stessa?
Lo scopo principale è tutelare l’interesse dell’impresa alla continuità dell’attività, sospendendo gli effetti dell’interdittiva antimafia mentre è in corso l’impugnazione. Permette all’azienda di ‘emendarsi’ e dimostrare la sua estraneità a contesti mafiosi.

Il giudice della prevenzione deve sempre accertare il pericolo di infiltrazione mafiosa prima di concedere il controllo giudiziario?
Sì, ma la valutazione cambia a seconda di chi fa la richiesta. Se la chiede l’impresa, il giudice deve tener conto dell’accertamento già fatto dall’organo amministrativo con l’interdittiva e valutare principalmente la ‘bonificabilità’ dell’azienda, cioè la sua capacità di recuperare una gestione sana, piuttosto che escludere la misura se il pericolo è ritenuto lieve o inesistente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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