Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 34934 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 34934 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
RESILIENZA RAGIONE_SOCIALE IN PERSONA DEL L.R.P.T. IAIUNESE ANTONIO
avverso il decreto del 29/04/2025 della CORTE APPELLO di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Napoli, sezione misure di prevenzione, decidendo in sede di rinvio dalla Corte di cassazione che con sentenza del 17 settembre 2024 aveva annullato il provvedimento datato 30 aprile 2024, con decreto emesso in data 29 aprile 2025, respingeva l’appello proposto dal legale rappresentante della società RAGIONE_SOCIALE avverso il decreto di primo grado del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere che aveva respinto la domanda di ammissione della stessa società al controllo giudiziario ex art. 34 D.Lvo 159/2011.
Avverso detto decreto proponeva ricorso per cassazione il difensore e procuratore speciale del legale rappresentante, AVV_NOTAIO, deducendo, con unico motivo qui riassunto ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen., violazione di legge e difetto di motivazione ai sensi dell’art. 627 cod. proc. pen. avendo il giudice di
rinvio fornito una motivazione meramente apparente circa la non occasionalità delle infiltrazioni mafiose nella società istante; il giudice di appello non aveva accertato l’attualità del livello di rischio di assoggettamento della compagine societaria al potere mafioso dovendo farsi applicazione del principio stabilito dalle Sezioni Unite ‘ Ricchiuto ‘ secondo cui il dato della infiltrazione va effettuato sulla base di un giudizio prognostico e non rivolto a vicende passate. Nel caso in esame il giudizio operato dalla Corte di appello era stato omesso quanto ai fatti successivi la costituzione della società nel 2010 e mancava, pertanto, una valutazione di perdurante contiguità con i contesti mafiosi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso appare essere stato proposto per motivi manifestamente infondati e deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile.
Deve innanzi tutto essere rilevato come pur procedendosi a seguito di annullamento con rinvio per assoluto difetto di motivazione in tema di misure di prevenzione, il ricorso per cassazione avverso il provvedimento della corte d’appello che, in sede di impugnazione, decide sulla ammissione al controllo giudiziario ex art. 34bis , comma 6, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, è ammissibile solo per violazione di legge, essendo, in tal caso, applicabili i limiti di deducibilità di cui agli artt. 10, comma 3, e 27 del medesimo decreto. (Sez. 5, n. 34856 del 06/11/2020, Biessemme, Rv. 279982 – 01).
Orbene nel caso di specie non può ritenersi versare il provvedimento impugnato nel caso dell’assoluto difetto di motivazion e a sostegno del rigetto dell’appello , posto che, la Corte di appello sezione misure di prevenzione, con le diffuse argomentazioni esposte alle pagine 8-12 del decreto gravato da ricorso, ha proprio spiegato che per i soggetti indicati come dipendenti della società e per l’attività dalla stessa acquisita a titolo di affitto di azienda proveniente da altra compagine destinataria di interdittiva antimafia, il condizionamento da parte dei reali titolari, COGNOME e COGNOME, soggetti coinvolti in procedimenti per reati di mafia, non potesse ritenersi né sporadico né temporalmente limitato.
Il giudice di appello, pertanto, sulla base di specifici elementi ha escluso il presupposto del controllo giudiziario ex art. 34bis d.lgs. n. 159/2011, ritenendo la sussistenza di specifici elementi per affermare che l’agevolazione dell’attività di soggetti connessi alla criminalità organizzata da parte dell’azienda non fosse occasionale, così come imposto dalla citata norma, bensì stabile e duratura e tale da escludere, pertanto, il regime del controllo giudiziario pure richiesto dalla stessa. In tale sen so risultano confutati gli argomenti esposti nell’appello e fornita
una motivazione non censurabile e che ha sicuramente integrato il vizio rilevato nella precedente sentenza di annullamento di questa Corte di cassazione.
Alla declaratoria di inammissibilità consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Roma, 9 ottobre 2025 IL CONSIGLIERE AVV_NOTAIO NOME COGNOME
IL PRESIDENTE NOME COGNOME