Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 45844 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 45844 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato ad Aversa il 15.07.1980
avverso il decreto emesso in data 16/01/2024 dalla Corte di appello di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo di rigettare il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con il decreto impugnato la Corte di appello di Napoli ha rigettato il ricorso proposto dalla ditta individuale RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME avverso il decreto pronunciato dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, che in data 7 giugno 2023 ha rigettato l’istanza di applicazione del controllo giudiziario volontario, ai sensi dell’art. 34 bis, comma 6, d. Igs. 6 settembre 2011, n. 159 alla
predetta azienda.
L’avvocato NOME COGNOME difensore di Schiavone, ricorre avverso tale ordinanza e ne chiede l’annullamento, proponendo due motivi.
2.1. Con il primo motivo di ricorso, il difensore deduce la violazione di legge, in quanto la Corte di appello avrebbe omesso di motivare in ordine all’insussistenza dei presupposti per l’applicazione del controllo giudiziario, e l’errata applicazione dell’art. 34 bis del d.lgs. 159 del 2011, con particolare riferimento al requisito della occasionalità dell’agevolazione in favore della organizzazione criminale di riferimento.
La Corte di appello di Napoli, infatti, senza considerare le prove documentali fornite dal ricorrente, si sarebbe limitata al mero rilievo dei rapporti di parentela del ricorrente con esponenti di vertice della organizzazione criminale del clan dei casalesi (e, segnatamente, con il padre e il fratello condannati per il delitto di cui all’art. 416 bis cod. pen.), a fronte dell’assenza di rapporti attuali con questi soggetti.
Il ricorrente, peraltro, avrebbe riportato una sola condanna per un reato aggravato dalla agevolazione del sodalizio mafioso, molto risalente nel tempo e attualmente oggetto di istanza di revisione.
Il difensore rileva, tuttavia, che, come è precisato, anche recentemente, dalla giurisprudenza di legittimità (e cita in proposito Sez. 1, n. 15156 del 2023), i legami familiari dei soci o degli amministratori con soggetti legati alla criminalità organizzata non rendono di per sé l’impresa «irredimibile» e, dunque, queste circostanze non possono giustificare di per sé il rigetto di applicazione della misura del controllo giudiziario volontario.
2.2. Con il secondo motivo il difensore censura la mancanza della motivazione del decreto impugnato, in quanto il Tribunale avrebbe omesso ogni valutazione sulla possibilità di “bonificare” l’impresa interdetta.
La giurisprudenza di legittimità, infatti, con riferimento al controllo volontario delle aziende, ha rilevato che l’agevolazione, anche perdurante, dell’impresa a vantaggio di organizzazioni mafiose non preclude l’accoglimento della richiesta avanzata dalla parte privata, in quanto occorre pur sempre operare una prognosi di riallineamento dell’impresa a condizioni operative di legalità e competitività.
Il controllo giudiziario volontario postula, dunque, la prognosi favorevole di bonificabilità dell’impresa, anche in assenza di spossessamento gestorio.
La Corte di appello, inoltre, avrebbe pretermesso l’esame dei verbali di interrogatorio di NOME COGNOME, la gestione lecita dell’azienda e la prova della congruità delle somme rinvenute presso l’abitazione di NOME COGNOME ai redditi dichiarati.
NOME COGNOME avrebbe ormai quarant’anni e si sarebbe affrancato dalla
figura paterna; il ricorrente si è laureato in giurisprudenza e da dieci anni conduce fondi agricoli e svolge esclusivamente l’attività di imprenditore agricolo.
Nessuna evidenza ostativa al controllo giudiziario volontario sarebbe, inoltre, emersa dai colloqui in carcere con il padre, peraltro registrati secondo la disciplina dell’art. 41-bis ord. penit.
Il padre del ricorrente, peraltro, negli ultimi anni avrebbe intrapreso un percorso di collaborazione con l’autorità giudiziaria.
Con la requisitoria e le conclusioni scritte depositate in data 29 agosto 2024, il Procuratore generale NOME COGNOME ha chiesto di rigettare il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Nel delibare i motivi di ricorso, occorre premettere che, in tema di misure di prevenzione, il ricorso per cassazione avverso il provvedimento della corte d’appello che, in sede di impugnazione, decide sulla ammissione al controllo giudiziario ex art. 34-bis, comma 6, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, è ammissibile solo per violazione di legge, essendo, in tal caso, applicabili i limiti di deducibilità di cui agli artt. 10, comma 3, e 27 del medesimo decreto (Sez. 5, n. 34856 06/11/2020, RAGIONE_SOCIALE Rv. 279982 – 01).
Ne consegue che, in tale ambito, è esclusa dal novero dei vizi deducibili in sede di legittimità l’ipotesi dell’illogicità manifesta di cui all’art. 606, lett. e), proc. pen., potendosi esclusivamente denunciare con il ricorso la violazione dell’obbligo di provvedere con decreto motivato il caso di motivazione inesistente o meramente apparente (ex plurimis: Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014, Repaci, Rv. 260246; Sez. 1, n. 6636 del 07/01/2016, Pandico, Rv. 266365).
Il sindacato di legittimità sui provvedimenti in materia di prevenzione è, pertanto, limitato alla violazione di legge e non si estende al controllo dell’iter giustificativo della decisione, a meno che questo sia del tutto assente (ex plurimis: Sez. 6, n. 35044 del 08/03/2007, Bruno, Rv. 237277); non può, dunque, essere dedotta come vizio di motivazione mancante o apparente la sottovalutazione di argomenti difensivi che, in realtà, siano stati presi in considerazione dal giudice o che, comunque, risultino assorbiti dalle argomentazioni poste a fondamento del provvedimento impugnato.
Tale limitazione è, peraltro, stata riconosciuta non irragionevole dalla Corte costituzionale, stante la peculiarità del procedimento di prevenzione rispetto a quello penale, sia sul terreno processuale che su quello sostanziale (sentenze n. 321 del 22/06/2004 e n. 106 del 15/04/2015 della Corte costituzionale).
Con il primo motivo di ricorso, il difensore deduce la violazione di legge, in quanto la Corte di appello avrebbe omesso di motivare in ordine all’insussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’istituto, e l’errata interpretazione dell’art 34 bis del d.lgs. 159 del 2011, con particolare riferimento al requisito della occasionalità della agevolazione in favore della organizzazione criminale di riferimento.
4. Il motivo è manifestamente infondato.
La giurisprudenza di legittimità ha affermato che, in tema di controllo giudiziario volontario ex art. 34-bis, comma 6, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, le relazioni parentali tra soci o gestori dell’impresa raggiunta da interdittiva antimafia e soggetti, non conviventi, portatori di pericolosità possono determinare il rigetto della richiesta solo ove sussistano ulteriori elementi indicativi dell’influenza dei soggetti pericolosi sulle scelte e sugli indirizzi dell’impresa (Sez. 1, n. 10578 del 09/11/2022 (dep. 2023), RAGIONE_SOCIALE, Rv. 284243 – 01).
La Corte di appello, richiamando il decreto del Tribunale, non ha fondato la propria valutazione esclusivamente sulla relazione parentale del ricorrente con esponenti apicali del clan dei casalesi e, segnatamente, con il padre NOME COGNOME e il fratello NOME COGNOME entrambi condannati irrevocabilmente per il delitto di cui all’art. 416 bis cod. pen.
I giudici di appello, infatti, hanno rilevato che la gestione dell’attività di allevamento delle bufale gestita dal ricorrente costituiva un elemento essenziale delle attività imprenditoriali gestite della organizzazione criminale riferibile ai suoi vertici, nella persona di NOME COGNOME.
I giudici di appello hanno posto a motivato fondamento di questo apprezzamento la disponibilità di ingenti somme liquide in contanti da parte del ricorrente, le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia NOME COGNOME e NOME COGNOME sul ruolo e la vicinanza del ricorrente ai prossimi congiunti affiliati, la sentenza di condanna che ha accertato uno stabile collegamento dell’azienda con l’organizzazione criminale seppure risalente nel tempo, le trascrizioni di intercettazioni ambientale tra COGNOME e NOME COGNOME figlia di NOMECOGNOME che dimostrano il ruolo e la figura del ricorrente nell’ambito della organizzazione criminale.
La Corte d’Appello ha, inoltre, valorizzato le dichiarazioni del collaboratore di giustizia COGNOME che ha indicato NOME COGNOME come il «rappresentante del padre sul territorio».
L’esclusione della occasionalità dell’infiltrazione operata dalla Corte di appello di Napoli, dunque, si colloca nel perimetro delle valutazioni non censurabili in sede di legittimità sia dal punto di vista della coerenza, che della completezza della
valutazione, operata nella motivazione del provvedimento impugnato.
Con il secondo motivo il difensore censura la carenza della motivazione del decreto impugnato, in quanto il Tribunale avrebbe omesso ogni valutazione della bonificabilità dell’impresa interdetta.
6. Il motivo è manifestamente infondato.
In tema di misure di prevenzione, ai fini dell’ammissione alla misura del controllo giudiziario, ai sensi dell’art. 34-bis, comma 6, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, richiesta dall’impresa destinataria dell’informazione antimafia interdittiva che abbia impugnato detto provvedimento, il tribunale è tenuto a valutare, in termini prognostici – sulla base del dato patologico acquisito dall’accertamento amministrativo con l’informazione antimafia interdittiva – se il richiesto intervento giudiziale di “bonifica aziendale” risulti possibile, in quanto l’agevolazione dei soggetti di cui all’art. 34, comma 1, d.lgs. cit., sia da ritenere occasionale, escludendo tale evenienza, pertanto, nel caso di cronicità dell’infiltrazione mafiosa (Sez. 2, n. 9122 del 28/01/2021, COGNOME, Rv. 280906 – 01).
La verifica dell’occasionalità dell’infiltrazione mafiosa, che il tribunale è tenuto a compiere per disporre il controllo giudiziario ai sensi dell’art. 34-bis del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, non deve essere finalizzata ad acquisire un dato statico, consistente nella cristallizzazione della realtà preesistente, ma deve essere funzionale a un giudizio prognostico circa l’emendabilità della situazione rilevata, mediante gli strumenti di controllo previsti dall’art. 34-bis, commi 2 e 3, del d.lgs. n. 159 del 2011 (Sez. 6, n. 30168 del 07/07/2021, Gruppo Samir, Rv. 281834 01; Sez. 6, n. 1590 del 14/10/2020 (dep. 2021), Senesi, Rv. 280341 – 01).
La Corte di appello ha, tuttavia, escluso in radice la sussistenza del presupposto della occasionalità della agevolazione dell’organizzazione criminale (e la correlativa affermazione dell’integralmente asservimento dell’azienda a logiche criminali), rendendo ultronea ogni una valutazione (e motivazione) in ordine alla concreta possibilità di bonificare l’azienda interdetta.
Le ulteriori censure di travisamento per omissione proposte dal difensore sono, inoltre, inammissibili, in quanti sono volte a pervenire ad una diversa ricostruzione di merito delle circostanze rilevanti, non consentita nel giudizio di legittimità.
Alla stregua di tali rilievi, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Il ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
In virtù delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia
stato presentato senza «versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 17 settembre 2024.