Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 23499 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 23499 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 06/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE Ferrara RAGIONE_SOCIALE avverso il decreto del 21/01/2025 della Corte d’appello di Napoli
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, con decreto del 26 giugno 2024, respingeva l’istanza avanzata da NOME COGNOME in proprio e quale titolare dell’impresa individuale RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME, di applicazione del controllo giudiziario ex art. 34-bis, comma 6, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, nelle more dell’impugnativa proposta innanzi al TAR avverso l’interdittiva antimafia emessa il 29 giugno 2023 dalla Prefettura di Caserta.
Con decreto del 21 gennaio 2025, la Corte di appello di Napoli ha confermato la statuizione reiettiva del Tribunale, sul rilievo della carenza del duplice requisito costituito dalla mera occasionalità dell’agevolazione mafiosa e dalla insussistenza del concreto pericolo di infiltrazioni mafiose nelle attivit dell’impresa.
Ad avviso di entrambi i giudici del merito, dalla motivazione dell’interdittiva prefettizia e dagli acquisiti documenti investigativi si desumevano plurimi elementi sintomatici della stabilità dell’agevolazione mafiosa e del persistente condizionamento dell’impresa da parte di soggetti (NOME COGNOME e il figlio NOME COGNOME, peraltro conviventi in alterni periodi) in strette relazioni con NOME COGNOME, riconosciuto vertice mafioso nel territorio di Sparanise. In particolare, NOME COGNOME era indicato, alla stregua delle attendibili propalazion dei collaboratori di giustizia COGNOME COGNOME come persona notoriamente contigua a NOME COGNOME capo del clan camorristico dei casalesi nel territorio del Comune di Sparanise.
Segnatamente, COGNOME era stato amministratore unico della RAGIONE_SOCIALE prima titolare del 10% delle quote sociali dal 2017 e poi dell’intero capitale sociale dall’aprile 2022, all’esito dell’acquisto del 90% delle residue quote per il prezzo di euro 2.700,00 dal socio di maggioranza NOME COGNOME figlio allora convivente di NOME COGNOME. L’operazione di cessione delle quote di NOME COGNOME era stata realizzata in prossimità dell’insediamento della Commissione di accesso seguito dalla procedura di scioglimento per infiltrazioni camorristiche del Comune di Sparanise, di cui COGNOME era Vicesindaco. Anche la RAGIONE_SOCIALE di cui era amministratore unico Ferrara era stata sottoposta a interdittiva prefettizia.
Risultava pertanto accertato che Ferrara aveva relazioni significative con soggetti vicini alla criminalità camorristica egemone in quel territorio, agevolandone l’operatività.
Il difensore di NOME COGNOME ha presentato ricorso per cassazione avverso detto decreto e ne ha chiesto l’annullamento, censurandone la violazione dell’art. 34-bis, comma 6, d.lgs. n. 159 del 2011 e la mancanza “grafica” di motivazione, enunciando plurimi ma connessi e sovrapponibili motivi, che investono i seguenti profili:
l’impresa individuale RAGIONE_SOCIALE, di cui Ferrara è titolare e per la quale è stato chiesto il controllo giudiziario volontario, è diversa dalla soc. RAGIONE_SOCIALEV cui si riferisce l’impianto argomentativo della motivazione dei giudici del merito, ed essa non risulta affatto infiltrata, neppure occasionalmente, dalla mafia locale;
non erano ravvisabili concreti elementi ostativi a una prognosi favorevole alla bonificabilità dell’azienda, assumendo scarso rilievo i rapporti tenuti da Ferrara, in una diversa società, con familiari di persone vicine ad ambienti mafiosi, quale il figlio incensurato di NOME COGNOME;
non sono stati valorizzati gli elementi sopravvenuti costituiti dal positivo riesame da parte della Prefettura di Caserta dell’azienda agricola RAGIONE_SOCIALE e dalla sentenza della Corte di cassazione del 3 aprile 2024, con la quale è stato annullato l’analogo decreto della Corte di appello di Napoli reiettivo dell’istanza di controllo giudiziario della soc. RAGIONE_SOCIALEVilla La Quercia.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Va rimarcato innanzitutto che non appare condivisibile l’assunto preliminare del decreto impugnato, secondo cui la totale assenza di agevolazione mafiosa, rivendicata dal ricorrente, al pari della riscontrata stabilit dell’assoggettamento mafioso, sarebbe dal punto di vista logico ostativa al controllo volontario, che sarebbe giustificato solo in caso di riconosciuta occasionalità dell’agevolazione stessa.
Siffatta opzione interpretativa, invero, non è conforme all’orientamento giurisprudenziale di legittimità conseguente alla sentenza “COGNOME” delle Sezioni unite (n. 46898 del 26/09/2019, Rv. 277156), per il quale, quando sia avanzata richiesta di controllo giudiziario ex art. 34-bis, comma 1, d.lgs. n. 159 del 2011, su iniziativa della parte pubblica, la valutazione del prerequisito del pericolo concreto di infiltrazioni mafiose, idonee a condizionare le attività economiche delle aziende, è riservata in via esclusiva al giudice della prevenzione, in funzione di un controllo c.d. prescrittivo, mentre, nel caso di istanza della parte privata, ai sensi del comma 6 del medesimo articolo, tale valutazione deve tenere conto di quanto verificato in ordine allo stesso prerequisito dall’organo amministrativo e registrato nell’informazione antimafia interdittiva, che rappresenta il substrato informativo e logico della decisione del giudice ordinario, al fine di garantire il contemperamento fra i diritt costituzionalmente garantiti della tutela dell’ordine pubblico e della libertà di iniziativa economica attraverso l’esercizio dell’impresa (Sez. 6, n. 30168 del 07/07/2021, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 281834; Sez. 2, n. 9122 del 28/01/2021, COGNOME, Rv. 280906; Sez. 6, 06/04/2023 n. 22395, non mass.).
La misura in oggetto – espressamente subordinata all’adozione da parte del Prefetto della informazione interdittiva – fondata sulla sussistenza di tentativi di
infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi della società dell’impresa, e alla successiva impugnazione dinanzi al giudice amministrativo di tale provvedimento – mira ad assicurare la “bonifica” volontaria dell’impresa e ad assicurarne il “riallineamento”, nelle more del giudizio amministrativo, nel circuito sano dell’economia, favorendo la continuità aziendale.
Sicché assume centrale rilievo, nella valutazione demandata al giudice della prevenzione chiamato a valutare la richiesta di controllo volontario, il giudizio prognostico relativo alla possibilità di positiva evoluzione della realtà aziendale attinta dal provvedimento prefettizio, precisandosi che la condizione di occasionale assoggettamento dell’impresa all’intimidazione mafiosa costituisce solo un prerequisito. In altri termini, in caso di controllo volontario, occorre verificare il grado e le caratteristiche della condizione di permeabilità mafiosa dell’impresa: verifica che, in pendenza del giudizio amministrativo avverso l’informazione interdittiva, è essenzialmente asservita alle prospettive di bonifica aziendale e dunque alla possibilità di formulare un giudizio prognostico in ordine alle emendabilità della situazione posta a fondamento della decisione amministrativa grazie allo strumento del controllo volontario, trovando viceversa un limite ostativo nel caso di verificata cronicità dell’infiltrazione. Inve l’impresa pervasa da cointeressenze criminali non occasionali appare irrimediabilmente avvinta da logiche di collocazione sul mercato non tutelabili e non merita la sospensione degli effetti dell’interdittiva.
In linea di principio, dunque, l’impresa assoggettata alla interdittiva, sia che rivendichi la mera occasionalità dell’agevolazione, sia che sostenga di essere integralmente estranea alla stessa, una volta esclusa in sede di accertamento giudiziale la stabilità della relativa infiltrazione, merita comunque di avvalers della misura e degli effetti neutralizzanti della decisione amministrativa nelle more della definizione del relativo giudizio secondo una prospettiva di bonifica aziendale favorita dalla situazione riscontrata.
Tanto premesso, la prima censura, avente ad oggetto la mancanza grafica di motivazione e il malgoverno dell’art. 34-bis, comma 6, d.lgs. n. 159 del 2011 per l’asserito “travisamento circa il soggetto proponente l’istanza di controllo giudiziario” (sarebbero state prese in esame le vicende non dell’impresa individuale richiedente, RAGIONE_SOCIALE Vitaliano Ferrara, ma la diversa soc. RAGIONE_SOCIALE), peraltro neppure prospettata in sede di appello, non coglie nel segno.
Lo stabile condizionamento mafioso della ricorrente RAGIONE_SOCIALE. s’incentra invero sul collegamento mafioso tra Ferrara, titolare dell’impresa individuale RAGIONE_SOCIALE, e soggetti (NOME COGNOME e il figlio NOME COGNOME in quel periodo conviventi) i
strette relazioni con NOME COGNOME, noto capo del clan camorristico operante nel territorio di Sparanise, realizzato proprio mediante la SRAGIONE_SOCIALE, destinataria a sua volta di interdittiva prefettizia, di cui Ferrara nell’aprile del 2022 ave acquisito l’intero capitale sociale mediante la cessione del 90% delle quote spettanti a NOME COGNOME. E ciò nel contesto di un’anomala operazione dettata dall’evidente intento per l’azienda RAGIONE_SOCIALE di prendere le distanze dalla famiglia COGNOME in un momento strategicamente rilevante per il sodalizio mafioso, caratterizzato dall’interdittiva antimafia a carico della stessa società e dallo scioglimento del Consiglio comunale di Sparanise di cui COGNOME era Vicesindaco.
Peraltro, le trasformazioni societarie sono leggibili anche come iniziative adottate in violazione della prescrizione dell’art. 34-bis, comma 1, lett. a) d.lgs. cit., dunque come un aggiramento della normativa.
Le residue deduzioni relative alla figura di NOME COGNOME, alla consistenza e affidabilità delle propalazioni dei collaboratori di giustizia e alle vicende della F.M fra il 2017 e il 2022 o alle concrete circostanze della cessione delle quote da parte di Ferrara o alla contiguità familiare qualificata di NOME e NOME COGNOME, oltre che assertive e generiche, attengono al merito della decisione impugnata che non è affatto sindacabile in sede di legittimità.
4. Anche gli ulteriori e sovrapponibili motivi aventi ad oggetto la effettiva “ricorrenza di condizioni inibitorie alla bonificabilità dell’azienda del Ferrara” e connesso malgoverno della disciplina del controllo giudiziario volontario, risultano non fondati, perché non appare pretermessa nell’apparato argomentativo del decreto impugnato l’indicazione degli elementi dimostrativi della soluzione decisoria.
Il provvedimento muove correttamente dal dato patologico, già indicato dall’interdittiva antimafia, delle verificate infiltrazioni mafiose idonee condizionare l’attività economica della soc. RAGIONE_SOCIALE, estendendo logicamente il concreto e stabile rischio di agevolazione mafiosa alla collegata realtà aziendale della RAGIONE_SOCIALE, pure facente capo a Ferrara, che della prima società aveva rilevato nell’aprile 2022 tutte le quote sociali nelle circostanze anomale sopra descritte.
Sicché, ritenuta motivatamente la permeabilità mafiosa connotata da stabilità, si è, come lineare e logico corollario, correttamente esclusa la bonificabilità dell’impresa mediante il controllo giudiziario volontario, alla stregu dell’argomentato giudizio prognostico, unitario e dinamico, di una cronica infiltrazione mafiosa tale da integrare l’asservimento delle relative dinamiche imprenditoriali. L’impresa pervasa da interessenze criminali, non occasionali ma radicate, rassegna, infatti, un’azione imprenditoriale decisamente avvinta da
logiche di collocazione sul mercato non tutelabili e finisce per non meritare l’ausilio garantito dalla sospensione degli effetti dell’interdittiva, restando esclus la possibilità di riallineamento al contesto commerciale sano attraverso la vigilanza prescrittiva in cui si sostanzia il controllo giudiziario volontario (Sez. 06/04/2023, n. 22395 e 07/07/2021, n. 30168, citt.).
5. Neppure coglie nel segno il rilievo per cui avrebbe dovuto essere valutato, ai fini della verifica dei presupposti dell’art. 34-bis, comma 6 cit., e in particolare dell’agevolazione mafiosa “il merito dei provvedimenti che hanno messo capo all’interdittiva del Prefetto”. Va ricordato che, in tema di misure di prevenzione, i ricorso per cassazione avverso il provvedimento della Corte d’appello che, in sede di impugnazione, decide sulla ammissione al controllo giudiziario ex art. 34bis, comma 6, d.lgs. n. 159 del 2011, è ammissibile solo per violazione di legge, essendo, in tal caso, applicabili i limiti di deducibilità di cui agli artt. 10, co 3, e 27 del medesimo decreto (Sez. 5, n. 34856 del 06/11/2020, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 279982). Nel caso di specie il ricorrente ha invece chiesto, in maniera inammissibile, di sollecitare una diversa valutazione degli elementi fattuali già considerati in sede amministrativa, provvedimento per il quale, peraltro, pende impugnazione avanti l’autorità giudiziaria amministrativa.
6. Appare infine eccentrico e privo di alcun rilievo per il presente giudizio la doglianza difensiva per la quale non sarebbero stati valorizzati gli “elementi sopravvenuti” costituiti dal positivo riesame da parte della Prefettura di Caserta dell’azienda agricola RAGIONE_SOCIALE e dalla sentenza della Corte di cassazione del 3 aprile 2024, con la quale è stato annullato l’analogo decreto della Corte di appello di Napoli reiettivo dell’istanza di controllo giudiziario della soc. RAGIONE_SOCIALE Trattasi all’evidenza di vicende estranee all’odierno thema decidendum.
7. In definitiva, considerato che la richiesta di controllo giudiziario avanzata, ai sensi dell’art. 34-bis, comma 6, d.lgs. n. 159 del 2011, dalla impresa attinta da interdittiva antimafia, va disattesa qualora il giudice ritenga che dal libero esercizio dell’attività economica non possa essere recisa, neppure in misura occasionale, l’agevolazione mafiosa, il ricorso va rigettato con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 06/05/2025