Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 45433 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 45433 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore COGNOME NOME nato a Cosenza il 24/08/1945
avverso il decreto emesso in data 30/04/2024 dalla Corte di appello di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto di annullare il provvedimento
impugnato, con restituzione degli atti alla Corte d’Appello di Napoli.
RITENUTO IN FATTO
Con il decreto impugnato la Corte di appello di Napoli ha rigettato il ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, avverso il decreto pronunciato dal Tribunale di Santa
NOME Capua Vetere, che in data 28 giugno 2023 ha rigettato l’istanza di applicazione del controllo giudiziario, ai sensi dell’art. 34 bis, comma 6, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, alla predetta azienda.
L’avvocato NOME COGNOME difensore di RAGIONE_SOCIALE, ricorre avverso tale ordinanza e ne chiede l’annullamento.
Con un unico motivo di ricorso, il difensore deduce la violazione di legge e la mancanza di motivazione, in relazione all’art. 125, comma 3, e 597 cod. prcic. pen., in quanto la Corte d’appello ha frainteso il contenuto dell’impugnazione, volto ad affermare l’occasionalità dell’infiltrazione mafiosa, intendendolo, invece, come inteso ad affermare l’assenza di ogni infiltrazione.
Con la requisitoria e le conclusioni scritte depositate in data 3 luglio 2024, il Procuratore generale NOME COGNOME ha chiesto di annullare il provvedimento impugnato, con restituzione degli atti alla Corte d’Appello di Napoli.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere accolto, in quanto è fondato.
Nel delibare i motivi di ricorso, occorre premettere che, in tema di misure di prevenzione, il ricorso per cassazione avverso il provvedimento della corte d’appello che, in sede di impugnazione, decide sulla ammissione al controllo giudiziario ex art. 34-bis, comma 6, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, è ammissibile solo per violazione di legge, essendo, in tal caso, applicabili i limiti di deducibili di cui agli artt. 10, comma 3, e 27 del medesimo decreto (Sez. 5, n. 34856 06/11/2020, RAGIONE_SOCIALE Rv. 279982 – 01).
Ne consegue che, in tale ambito, è esclusa dal novero dei vizi deducibili in sede di legittimità l’ipotesi dell’illogicità manifesta di cui all’art. 606, lett. e proc. pen., potendosi esclusivamente denunciare con il ricorso la violazione dell’obbligo di provvedere con decreto motivato il caso di motivazione inesistente o meramente apparente (ex plurimis: Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014, Repaci, Rv. 260246; Sez. 1, n. 6636 del 07/01/2016, Pandico, Rv. 266365).
Il sindacato di legittimità sui provvedimenti in materia di prevenzione è, pertanto, limitato alla violazione di legge e non si estende al controllo dell’ite giustificativo della decisione, a meno che questo sia del tutto assente (ex plurimis: Sez. 6, n. 35044 del 08/03/2007, Bruno, Rv. 237277); non può, dunque, essere dedotta come vizio di motivazione mancante o apparente la sottovalutazione di argomenti difensivi che, in realtà, siano stati presi in considerazione dal giudice o che, comunque, risultino assorbiti dalle argomentazioni poste a fondamento del
provvedimento impugnato.
Tale limitazione è, peraltro, stata riconosciuta non irragionevole dalla Corte costituzionale, stante la peculiarità del procedimento di prevenzione rispetto a quello penale, sia sul terreno processuale che su quello sostanziale (sentenze n. 321 del 22/06/2004 e n. 106 del 15/04/2015).
Con un unico motivo di ricorso, il difensore deduce la violazione di legge e il difetto assoluto di motivazione ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen., in relazione all’art. 125, comma 3, e 597 cod. proc. pen., in quanto la Corte d’appello ha frainteso il contenuto del gravame.
4. Il motivo è fondato.
La motivazione del provvedimento impugnato è integralmente incentrata sull’esposizione dei presupposti astratti degli istituti disciplinati dagli artt. 34 e bis d. Igs. 159/2011, e non affronta le questioni devolute nell’atto di appello, che, peraltro, la Corte ha interpretato difformemente dalla loro valenza testuale.
La Corte di appello ha, infatti, rigettato l’impugnazione proposta dalla società, rilevando che «è giuridicamente infondata la censura con cui l’appellante afferma che la società è un imprenditore libero da condizionamenti, mai venuto in contatto con la mafia e per questa ragione chiede a questa Corte d’appello di applicare il controllo giudiziario…».
I giudici di appello hanno, infatti, rilevato che «la società appellante, per sua espressa dichiarazione, non ha mai agevolato, nemmeno occasionalmente, la mafia, e non sussiste il pericolo concreto di infiltrazioni mafiose condizionanti, sicché non ricorrono i presupposti previsti dall’art. 34-bis d.lgs. 159/2011».
La ricorrente, tuttavia, nel primo punto del ricorso in appello, testualmente ha affermato che «MI Tribunale avrebbe dovuto accogliere l’istanza di ammissione al controllo giudiziario ex art. 34 bis comma 6 d. Igs. 159/2011, sussistendo l’occasionalità dell’infiltrazione, ovvero dell’agevolazione, certamente non più attuale, e quindi la bonificabilità dell’azienda».
Nel prosieguo del testo, il ricorso in appello deduce, in coerenza con la premessa, gli elementi di fatto non correttamente considerati dal Tribunale, nonché gli elementi che avrebbero dovuto essere valutati in maniera dinamica in un’ottica di affrancamento della società dall’occasionale condizionamento della criminalità mafiosa.
La Corte d’Appello ha, dunque, travisato integralmente il significato delle censure e, in tal modo, si è sottratta al controllo di merito sulla cronicit dell’infiltrazione mafiosa posta dal Tribunale di Napoli a fondamento del rigetto dell’istanza di applicazione del controllo giudiziario.
La struttura argomentativa del provvedimento impugnato configura,
dunque, una motivazione solo apparente, che integra il vizio di violazione di legge, in quanto fornisce una risposta distonica e non coerente con le richieste e le allegazioni contenute nei motivi d’appello.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, del resto, sussiste il vizio di mancanza di motivazione ai sensi dell’art. 606, comma primo, lett. e), cod. proc. pen., non solo quando vi sia un difetto grafico della stessa, ma anche quando le argomentazioni addotte dal giudice a dimostrazione della fondatezza del suo convincimento siano prive di completezza in relazione a specifiche doglianze formulate dall’interessato con i motivi d’appello e dotate del requisito della decisività (ex plurimis: Sez. 6, n. 35918 del 17/06/2009, COGNOME, Rv. 244763).
Alla stregua dei rilievi che precedono, deve disporsi l’annullamento del decreto impugnato, con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Napoli.
La natura di decreto non permette il rinvio a diversa sezione, a mente del disposto di cui all’art. 623, comma 1, lett. a), cod. proc. pen.; per contro, la natura decisoria dell’atto impone che il collegio chiamato alla nuova valutazione sia composto diversamente, stante l’incompatibilità dei componenti che hanno partecipato alla decisione oggetto di impugnazione (Sez. U, n. 111 clel 30/11/2017, deo. 2018, COGNOME, Rv. 271511 – 01, non massimata sul punto; Sez. 5, n. 42371 del 27/09/2004, COGNOME, Rv. 231015).
P.Q.M.
Annulla il decreto impugnato e rinvia per nuovo giudizio alla Corte di appello di Napoli in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 17 settembre 2024.