Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 29450 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 29450 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 15/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante NOME COGNOME avverso il decreto del 06/02/2025 della Corte di appello di Bologna visti gli atti, il decreto impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con il decreto indicato in epigrafe la Corte di appello di Bologna ha confermato il decreto del 9 settembre 2024 del Tribunale di Bologna che aveva rigettato l’istanza avanzata dalla RAGIONE_SOCIALE, ai sensi dell’art. 34 -bis , comma 6, d.lgs. n. 159 del 2011, di applicazione del controllo giudiziario ai sensi al comma 2, lett. b) , della medesima disposizione.
Avverso dett o decreto ha proposto ricorso, ai sensi dell’art. 10, comma 3, del citato d.lgs., la RAGIONE_SOCIALE a mezzo del suo difensore, chiedendone l’annullamento ed articolando tre motivi.
2.1. Con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione del citato art. 34bis , la mera apparenza della motivazione del provvedimento impugnato e la sua carenza, contraddittorietà e manifesta illogicità e la violazione degli artt. 597 e 605 cod. proc. pen., l’omessa pronuncia su uno specifico motivo di impugnazione e il travisamento del decreto del Tribunale.
In particolare, la ricorrente denuncia che la Corte di appello avrebbe illegittimamente ampliato la motivazione posta dal Tribunale a fondamento del rigetto della istanza, attingendo al contenuto dell’informazione interdittiva emessa dal Prefetto ed in tal modo avrebbe violato gli artt. 597 e 605 cod. proc. pen.
Inoltre, la Corte di merito, limitandosi a ricalcare la motivazione del provvedimento prefettizio, ne avrebbe fatto discendere in modo automatico l’insussistenza dei presupposti della occasionalità dell’agevolazione e della bonificabilità dell’impresa, abdicando in tal modo ai propri compiti di accertamento e valutazione, così violando l’art. 34 -bis del citato d.lgs.
In particolare, la Corte di merito avrebbe, invece, dovuto valutare se la situazione rilevata fosse emendabile e, quanto alle parentele della legale rappresentante della società con soggetti legati o appartenenti ad associazioni mafiose, avrebbe dovuto considerarle neutre, in quanto non corroborate da altri elementi dai quali desumere una ingerenza di tali soggetti nella gestione dell’impresa.
Uno dei rapporti di parentela segnalati nel provvedimento prefettizio riguardava una persona deceduta più di venti anni fa, mentre i controlli dai quali era risultata una frequentazione dei parenti con soggetti appartenenti ad organizzazioni criminali erano sporadici ed anch’essi relativi a molti anni prima.
2.2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia motivazione apparente, travisamento, violazione degli artt. 597 e 605 cod. proc. pen. , violazione dell’art. 34bis cit. e omesso esame di motivi di appello.
La ricorrente attacca il punto della motivazione in cui si fa riferimento a «rapporti dell’amministratrice della società con il marito e altri familiari coinvolti in azioni criminali» segnalando che mai alcuna azione criminale è stata attuata da NOME COGNOME da suo marito o dagli altri suoi parenti.
Inoltre, laddove nella motivazione si fa riferimento a rapporti commerciali e alla titolarità del 50% delle quote della RAGIONE_SOCIALE in capo al marito di NOME COGNOME, si sostiene che il dato è irrilevante poiché il richiamo alla cugina della figlia della moglie del nipote di un socio della società equivale al richiamo di un rapporto che non è di parentela e che in ogni caso non collega in alcun modo la società con la criminalità organizzata.
Inoltre, anche con il secondo motivo la ricorrente torna a ribadire che la
Corte di merito si è limitata a riportare i rilievi contenuti nel provvedimento prefettizio, senza valutare i presupposti dell’occasionalità della agevolazione e della bonificabilità dell’impresa.
Unico rapporto commerciale richiamato dal Tribunale era quello con la RAGIONE_SOCIALE, mentre nessun rapporto esiste tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE; vi sono state solo alcune limitate forniture nell’anno 2020.
Il grave errore sulle cointeressenze societarie tra le due società è ricavabile dalle conclusioni riportate nel decreto del Tribunale ed esso costituisce l’unica motivazione a sostegno del rigetto dell’istanza di applicazione del controllo giudiziario. Pertanto, la motivazione della Corte di merito, che ripropone pedissequamente quella del Tribunale eliminando il richiamo alla RAGIONE_SOCIALE, è del tutto viziata per travisamento, perché fonda il proprio convincimento su un dato falso e contrario al contenuto documentale.
Inoltre, sostiene la ricorrente, la Corte di merito avrebbe omesso la disamina del motivo di appello di cui alla lett. c) dell’atto di impugnazione che era volto a denunciare l’errore in cui era incorso il Tribunale , con conseguente «vizio di omesso esame e motivazione erronea e travisante».
Ulteriore vizio deriva dal richiamo alle società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, pure amministrate da NOME COGNOME, avendo la Corte omesso di dare risposta al motivo di appello con il quale si deduceva che le due società erano state destinatarie di informazioni interdittive solo a seguito della informazione interdittiva emessa a carico della RAGIONE_SOCIALE
2.3. Con il terzo motivo la ricorrente lamenta la violazione del citato art. 34bis , nonché motivazione meramente apparente o carente, travisamento e omesso esame di un motivo di appello.
La Corte di merito, segnala la ricorrente, ha ritenuto insufficiente, ai fini della bonificabilità dell’impresa, l’adozione del modello organizzativo e la nomina dell’organo di vigilanza, sulla base di una lettura parziale del motivo di appello di cui alla lettera b) dell’atto di impugnazione. In realtà, la ricorrente aveva inteso dimostrare la propria volontà di eliminare ogni elemento che potesse esprimere un pericolo di condizionamento mafioso, recidendo ogni rapporto commerciale con imprese ritenute controindicate e la legale rappresentante aveva acquistato le quote del fratello, ma tali elementi non erano stati affatto presi in considerazione, cosicché anche sotto tale profilo sussisteva il vizio di omesso esame di un motivo di appello e di motivazione apparente e carente.
Aggiunge, invocando un precedente di questa Corte di cassazione (Sez. 5, n. 13388 del 17/12/2020, dep. 2021, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 280851 – 01) che il giudizio in ordine alla occasionalità dell’agevolazione mafiosa deve fare riferimento all’attività imprenditoriale nel suo complesso e non ai singoli rapporti
di natura personale tra le persone fisiche che svolgono l’attività imprenditoriale e quelle particolari categorie di soggetti indicate dalla norma; pertanto, l’applicazione del controllo giudiziario non può essere esclusa per il sol fatto che l’imprenditore abbia uno stabile rapporto con un soggetto «pericoloso», come avviene quando vi sia un rapporto di parentela tra l’imprenditore e tale soggetto, ben potendo l’impresa dimostrare che, nonostante la stabilità di detto rapporto, la finalità di agevolazione dell’attività del soggetto pericoloso abbia riguardato solo occasionalmente l’attività imprenditoriale.
Nel caso di specie, segnala la ricorrente, la impresa ha operato per lungo tempo sul mercato partecipando a diverse gare di appalto ed è stata colpita da interdittiva antimafia solo in una particolare fase storica della propria attività, cosicché doveva ritenersi meritevole dell’applicazione del controllo giudiziario.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato nei termini qui di seguito indicati.
1.1. Questo Collegio non ignora che la Sesta sezione penale della Corte di cassazione ha recentemente rimesso alle Sezioni Unite la questione sul «se, in presenza di una richiesta di applicazione del controllo giudiziario previsto dall’art 34bis , comma 6, d.lgs. 6 settembre 2011 n. 159, il giudice, preso atto della sussistenza dell’informazione antimafia interdittiva e della pendenza del giudizio amministrativo avverso la stessa, debba svolgere esclusivamente un giudizio in merito al carattere occasionale dell’agevolazione mafiosa e alle concrete possibilità dell’impresa di riallinearsi al contesto economico sano oppure possa anche valutare la sussistenza dell’infiltrazione mafiosa, presupposto dell’interdittiva disposta dal prefetto, e, nel caso di sindacato negativo, negare il controllo giudiziario richiesto volontariamente dall’impresa» (Sez. 6, ord. n. 24672 del 30/04/2025, soc. RAGIONE_SOCIALE), ma ritiene che nel caso di specie la suddetta questione non venga in rilievo.
Difatti, nel caso che ci occupa, la Corte di appello ha valutato come sussistente l’infiltrazione mafiosa, ritenendo corretti i rilievi contenuti nell’informazione antimafia interdittiva, tanto da ribadire il giudizio già espresso dal Giudice di primo grado in ordine alla impossibilità dell’impresa di affrancarsene.
1.2. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Il divieto di reformatio in peius previsto dall’art. 597, comma 3, cod. proc. pen. per il giudizio di appello, pur non essendo espressamente richiamato dall’art. 10, comma 4, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, opera anche nel procedimento di prevenzione, ma tale divieto rileva solo in relazione all’esito del
giudizio e risulta violato nel caso in cui il contenuto precettivo della decisione di appello comporti, in assenza di impugnazione della pubblica accusa, un trattamento deteriore rispetto a quello inflitto in primo grado in termini di maggior durata temporale della misura di prevenzione, di inflizione di una misura più restrittiva o di incremento dei beni assoggettati a confisca (Sez. 1, n. 25907 del 15/01/2021, Gaeta, Rv. 281447 – 01).
Nel caso di specie, la Corte di appello si è limitata a confermare la decisione del Tribunale, sia pure sulla base di motivazioni che attingono in misura più ampia dalla motivazione della informazione antimafia interdittiva, cosicché il divieto non risulta violato.
1.3. Il secondo ed il terzo motivo di ricorso, strettamente connessi in quanto entrambi volti a denunciare il vizio di violazione di legge per mera apparenza della motivazione, possono essere trattati congiuntamente e sono fondati.
Deve in primo luogo ribadirsi, in tema di procedimento di prevenzione, che il ricorso per cassazione, anche a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, è ammesso soltanto per violazione di legge, nozione in cui va ricompresa la motivazione inesistente o meramente apparente del provvedimento, che ricorre quando il decreto omette del tutto di confrontarsi con un elemento potenzialmente decisivo nel senso che, singolarmente considerato, sarebbe tale da poter determinare un esito opposto del giudizio (Sez. 6, n. 21525 del 18/06/2020, COGNOME, Rv. 279284 – 01).
Nel caso di specie la ricorrente, con l’atto di appello, oltre a negare la rilevanza dei rapporti di parentela menzionati dalla informazione antimafia interdittiva per affermare la sussistenza di infiltrazioni mafiose, ha evidenziato, citando un precedente del Consiglio di Stato (Cons. Stato -Sez. 3 n. 8763 del 14/10/2022), che i rapporti di parentela possono assumere rilevanza quando per intensità, natura o altro, fanno ritenere che l’impresa possa essere influenzata dalla criminalità organizzata, segnalando che i rapporti di fornitura intrattenuti con altre società ritenute infiltrate da organizzazioni mafiose erano risalenti a diversi anni fa ed avevano avuto modesto valore economico e che comunque tali rapporti erano stati oramai del tutto recisi.
Tali elementi e la adozione del modello organizzativo di cui al d.lgs. n. 231 del 2001 evidenziavano l ‘ intenzione della società di evitare ogni forma di inquinamento mafioso.
Inoltre, già con l’atto di appello l’odierna ricorrente si doleva della mancanza di motivazione in ordine alla natura, occasionale o meno, dell’infiltrazione mafiosa ed alla impossibilità di «bonificare» l’impresa.
Deve, a tale proposito, ricordarsi, in tema di misure di prevenzione, che qualora l’impresa abbia presentato una richiesta di accesso al controllo
giudiziario ai sensi dell’art. 34bis , comma 6, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, il giudice non può limitarsi a prendere atto della sussistenza dell’informazione antimafia interdittiva e della pendenza del giudizio amministrativo avverso la stessa, ma deve accertare anche sia il carattere occasionale dell’agevolazione mafiosa che il libero svolgimento dell’attività economica può determinare nei soggetti di cui al comma 1 dell’art. 34 del citato d.lgs., sia la concreta possibilità per l’impresa di riallinearsi al contesto economico sano, affrancandosi dal condizionamento delle infiltrazioni mafiose (Sez. 5, n. 7090 del 19/11/2024, dep. 2025, Fra.ra.fer., Rv. 287660 – 01).
Nel caso di specie, la Corte di appello, nel motivare la decisione e nel sostenere la natura non occasionale dell’infiltrazione mafiosa , si è limitata a riportare il contenuto della informazione antimafia interdittiva nella parte in cui si evidenziavano gli elementi a sostegno della presenza di infiltrazioni mafiose, omettendo, però, di dare riposta alle censure con le quali se ne invocava la natura occasionale.
In particolare, sebbene la infiltrazione mafiosa sia stata desunta dalla sussistenza di rapporti di parentela o amicali con soggetti collusi o inseriti in organizzazioni mafiose, non è stata data risposta alla richiesta dell’odierna ricorrente di chiarire se ed in che misura tali rapporti influenzassero concretamente la gestione dell’impresa.
Deve, infatti, ribadirsi, in tema di controllo giudiziario volontario ex art. 34bis , comma 6, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, che le relazioni parentali tra soci o gestori dell’impresa raggiunta da interdittiva antimafia e soggetti, non conviventi, portatori di pericolosità possono determinare il rigetto della richiesta solo ove sussistano ulteriori elementi indicativi dell’influenza dei soggetti pericolosi sulle scelte e sugli indirizzi dell’impresa (Sez. 1, n. 10578 del 09/11/2022, dep. 2023, Edil, Rv. 284243 – 01).
Non è, quindi, sufficiente elencare siffatti rapporti (peraltro la ricorrente evidenzia che uno di tali soggetti è deceduto molti anni fa), ma è necessario spiegare come essi concretamente incidano sull’attività imprenditoriale, anche al fine di stabilire se l’agevolazione mafiosa abbia natura occasionale.
L’ accertamento giudiziale non ha un carattere puramente statico, funzionale a fotografare lo stato attuale di pericolosità oggettiva in cui versi la realtà aziendale a causa delle relazioni esterne patologiche, ma dinamico, essendo volto a formulare un giudizio prognostico in ordine alle emendabilità della situazione attraverso l’iter che ciascuna misura comporta.
Il giudice della prevenzione deve servirsi del materiale probatorio disponibile per decidere se l’azienda istante, grazie all’applicazione della misura, possa attrezzarsi in modo adeguato al fine di scongiurare in futuro quegli eventuali
tentativi di infiltrazione mafiosa diretti a condizionare l’impresa che – subìti in passato secondo le indagini prefettizie – hanno fatto scattare l’interdizione amministrativa ; l’ impresa potrà accedere alla misura richiesta se l’intervento giudiziale di «bonifica» risulti possibile, dovendo escludersi tale evenienza nel caso in cui il grado di compromissione sia talmente elevato da non consentire una prognosi favorevole.
In relazione a tale aspetto, la società ricorrente ha evidenziato che essa aveva svolto attività imprenditoriale per lungo tempo, partecipando anche a diverse gare di appalto, e che la presenza di infiltrazioni mafiose sarebbe collocata, secondo la informazione antimafia interdittiva, in un ristretto arco temporale compreso tra il 2020 ed il 2021, cosicché le stesse dovevano ritenersi occasionali e di rilevanza limitata, e che in seguito i rapporti commerciali, di rilevanza economica limitata, con altre imprese ritenute colpite da infiltrazioni mafiose erano stati del tutto recisi. Era stato anche adottato un modello organizzativo ai sensi della legge n. 231 del 2001 ed era stato istituito l’organo di vigilanza, a dimostrazione della volontà della ricorrente di affrancarsi da ogni inquinamento di natura mafiosa.
La Corte di appello non si è confrontata con tali rilievi limitandosi a richiamare la motivazione del Tribunale e della informativa antimafia, cosicché la motivazione risulta apparente.
Del tutto apparente è, poi, la motivazione in ordine alla «bonificabilità» dell’impresa, in relazione alla quale la Corte di appello, al pari del Tribunale, si è limitata ad affermare apoditticamente che, per lo stretto rapporto tra NOME COGNOME e la società richiedente, della quale è amministratrice e unica socia, il solo rimedio in grado di scongiurare il pericolo concreto di infiltrazioni mafiose sarebbe quello volto ad incidere sulla compagine sociale della stessa società.
Ne consegue che il provvedimento impugnato deve essere annullato con rinvio per nuovo esame alla Corte di appello di Bologna.
P.Q.M.
Annulla il provvedimento impugnato, con rinvio per nuovo esame alla Corte di appello di Bologna.
Così deciso il 15/07/2025.