Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 23346 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 23346 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 26/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME nato a Casal Di Principe il 25/06/1975, quale legale rappresentante della omonima ditta individuale avverso il decreto emesso il 10 dicembre 2024 dalla Corte d’appello di Napoli
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RILEVATO IN FATTO
L’Avv. NOME COGNOME difensore di NOME COGNOME, legale rappresentante della omonima impresa individuale, ricorre per cassazione avverso il decreto della Corte di appello di Napoli che ha confermato il rigetto dell’istanza di applicazione del controllo giudiziario ai sensi dell’art. 34-bis d. Igs. n. 159 del 2011.
Deduce tre motivi, di seguito riassunti nei termini strettamente necessari per la motivazione.
1.1. Violazione dell’obbligo di motivazione sui presupposti normativi della misura invocata. Nel motivo si censura, in particolare, la parte della motivazione in cui la Corte
territoriale, dinanzi alla deduzione difensiva relativa alla insussistenza dell’agevolazione occasionale, ha ritenuto detta deduzione incompatibile con il vaglio dei presupposti del controllo giudiziario, richiamando a, tal fine, anche il principio devolutivo previsto dall’ar 597 cod. proc. pen. Così facendo, basandosi sulle sole deduzioni difensive, ha omesso di formulare il giudizio prognostico necessario ai fini dell’accoglimento della richiesta.
1.2. Violazione di legge e mancanza, manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione relativa alla ritenuta stabilità dell’agevolazione mafiosa, atteso che: quanto ai reati di cui all’art. 353 cod. pen., in relazione ai quali è stata emessa sentenza di non doversi procedere per intervenuta prescrizione, questa Corte, con la sentenza n. 40067 del 6/7/2018, ha escluso la circostanza aggravante della finalità agevolatrice, annullando senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente a tale punto della decisione; quanto al reato di cui all’art. 416-bis cod. pen., il Russo è stato assolto ai sensi dell’art. 53 comma 2, cod. proc. pen. Tali precedenti sono stati, invece, considerati dalla Corte territoriale al fine di concludere per la non occasionalità dell’agevolazione, disattendendo quanto deciso dalla Corte di cassazione e, soprattutto, violando, con riferimento alla valorizzazione dell’imputazione da cui il ricorrente è stato assolto, la garanzia della presunzione di innocenza e il diritto al rispetto della vita privata e familiare di cui ag artt, 6, par. 2, e 8 CEDU, in ragione dei pregiudizi reputazionali e lavorativi derivanti dall’utilizzazione della pronuncia assolutoria.
1.3. Violazione di legge, mancanza, manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione in quanto, a fronte della disponibilità della ditta ricorrente a adottare un modello organizzativo di gestione e di controllo, nonché un codice etico, ai sensi del d.lgs. n. 231 del 2001, ha omesso di effettuare il giudizio prognostico richiesto dall’art. 34-bis d.lgs. cit., secondo l’interpretazione offerta da Sez. U “COGNOME“.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I primi due motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente in quanto attaccano le due alternative ragioni poste a fondamento del diniego della misura: la preclusione correlata alle allegazioni del ricorrente e la stabilità dell’agevolazione.
Ad avviso del Collegio entrambe le censure sono fondate per le ragioni che saranno di seguito esposte.
1.1. In primo luogo, la Corte territoriale ha ricollegato la preclusione derivante dall’effetto devolutivo dell’appello alle argomentazioni del ricorrente piuttosto che ai punti della decisione impugnata. Così facendo, oltre ad imporre all’impresa ricorrente di assumere una linea difensiva opposta a quella assunta nel giudizio amministrativo di impugnazione dell’interdittiva antimafia, non ha fatto buon governo del consolidato insegnamento ermeneutico che circoscrive l’effetto preclusivo previsto dall’art. 591, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. (in relazione all’art. 581 cod. proc. pen.) ai punti dell
decisione con esclusione, invece, delle argomentazioni svolte dalla parte nell’ambito dei motivi. Come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità nel suo più ampio Consesso, “la preclusione derivante dall’effetto devolutivo dell’appello riguarda esclusivamente i “punti” della sentenza che, non essendo stati oggetto dei motivi, abbiano acquistato autorità di giudicato; non riguarda, invece, nell’ambito dei motivi proposti, le argomentazioni e le questioni di diritto non svolte o erroneamente prospettate a sostegno del “petitum” che forma oggetto del gravame, atteso che il giudice di appello ben può – senza esorbitare dalla sfera devolutiva dell’impugnazione – accogliere il gravame in base ad argomentazioni proprie o diverse da quelle dell’appellante.” (Sez. U, n. 1 del 27/09/1995, dep.1996, COGNOME, Rv. 203096; si veda anche, da ultimo, in termini conformi, Sez. 6, n. 1422 del 03/10/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 271974).
1.2. Sotto altro profilo, è, inoltre, apparente la motivazione relativa alla stabilit dell’agevolazione, desunta dai due procedimenti penali a carico di COGNOME.
Invero, quanto alle due condotte di turbata libertà degli incanti (art. 353 cod. pen.), il decreto impugnato erra là dove afferma che la prescrizione di tali reati è stata dichiarata in appello, a seguito di pronuncia di condanna; dalla sentenza di annullamento senza rinvio emessa da questa Corte (Sez. 6, n. 46007 del 6/7/2018), nel procedimento a carico di Russo e altri, risulta, invece, che la prescrizione è stata dichiarata sin da primo grado e confermata in grado di appello.
Il decreto impugnato, inoltre, ha omesso di valutare il contenuto della citata sentenza di annullamento e le sue ricadute sulle valutazioni concernenti la stabilità dell’agevolazione, avendo questa Corte annullato senza rinvio la sentenza di proscioglimento di Russo, limitatamente alla ritenuta sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 7 legge n. 203 del 1991. Appare, al riguardo, poco comprensibile, oltre che giuridicamente errato, l’argomento espresso nel decreto impugnato a sostegno della ritenuta irrilevanza di tale annullamento senza rinvio, ovvero che questa Corte sia pervenuta all’esclusione dell’aggravante sulla base di una valutazione “prettamente giuridica” e non “storico fattuale” e in considerazione dell’orientamento che richiede una imputazione soggettiva dell’aggravante.
Ebbene, in disparte l’omessa considerazione che tale “orientamento” è stato affermato da Sez. U, n. 8545 del 19/12/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278734, il decreto impugnato ha insistito nel ritenere la compartecipazione di Russo al sistema di aggiudicazione degli appalti funzionale agli interessi del clan senza, tuttavia, alcuna valutazione di quanto definitivamente affermato da questa Corte con la citata sentenza in cui si è rilevato che l’aggravante era stata ritenuta sulla base dei soli dati oggettiv relativi alla partecipazione di COGNOME alle due gare e ai suoi rapporti con COGNOME (mafioso e collaboratore di giustizia), ma in assenza di elementi che consentissero di affermare che COGNOME avesse inteso agevolare il sodalizio, e non singoli partecipi, o che fosse consapevole delle finalità perseguite da altri.
Ebbene, pur dovendosi considerare l’autonomia del giudizio di prevenzione rispetto a quello di cognizione, il decreto impugnato si è limitato a ribadire la med
argomentazione contenuta nella sentenza annullata, definita apodittica da questa Cort in merito alla effettiva conoscenza da parte del Russo delle finalità della sua con
senza, tuttavia, indicare, alcun elemento indiziario da cui desumere la consapevolezza a) della “mafiosità” di COGNOME; b) dei meccanismi di alterazione del
gare predisposti dal clan; c) della funzionalità della sua condotta alla loro realizza
1.4. Con riferimento, invece, all’altro procedimento a carico di COGNOME relat all’imputazione di cui all’art. 416-bis cod. pen., dalla quale COGNOME è stato assolto i
grado, il decreto impugnato non indica alcun elemento indiziario da cui ha desunto stabilità dell’agevolazione, ma si limita ad affermare, senza alcuna motivazione,
l’intervenuta assoluzione non rende privi di rilievo gli indizi – che, tuttavia, non v in alcun modo descritti e analizzati – di coinvolgimento della ditta negli affari del
Va, infatti, considerato che, pur potendo il giudice della prevenzione rivalutare elementi fattuali emergenti da un processo penale, benché questo sia stato definito
sentenza di assoluzione ai sensi dell’art. 530, comma 2, cod. proc. pen., tale poter
è svincolato dal rispetto dei criteri valutativi che presiedono all’ordinaria giurisdizionale e, in primo luogo, dall’onere di fornire una adeguata valutazione rilevanza, ai fini del giudizio di prevenzione, degli elementi fattuali che, nel proc cognizione, non sono stati reputati idonei all’affermazione della responsabilità penal
Si tratta, peraltro, di un potere di valutazione, quello del giudice della preven che, con riferimento alla misura invocata nel presente procedimento, contrariamento quanto afferma il ricorrente, non contrasta con la presunzione di innocenza, doven valutarsi, non la condotta dell’imputato, ma l’attività dell’impresa e la configurab una stabile o occasionale agevolazione mafiosa.
Il terzo motivo è assorbito dall’accoglimento dei primi due motivi di ricorso.
All’accoglimento del ricorso segue l’annullamento del decreto impugnato con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Napoli in diversa composizione.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Cor t..TJ di appello di Napoli. GLYPH z C
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Così deciso il 26 marzo 2025