Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 25619 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 25619 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 15/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Irit di COGNOME NOME e COGNOME Giuseppe snc
avverso il decreto del 18/12/2024 della Corte di appello di Catanzaro Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per la non fondatezza dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con il decreto indicato in epigrafe, la Corte di appello di Catanzaro ha rigettato l’appello proposto dalla RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME e COGNOME NOME avverso il provvedimento di reiezione dell’istanza di ammissione della detta società al controllo giudiziario volontario ex art 34-bis, comma 6, d.lgs n. 159 del 2011, per la ritenuta non occasionalità del pericolo di infiltrazione mafiosa prospettato a fondamento della informativa di interdittiva antimafia resa ai danni del detto ente sociale.
2. Due i motivi di ricorso.
2.1. Con il primo si lamenta violazione di legge avuto riguardo ai presupposti applicativi del controllo giudiziario volontario sollecitato dalla società ricorrente, attes l’assenza di un perdurante condizionamento dell’azione economica propria dell’ente istante state l’unicità della situazione illecita prospettata a fondamento della stabile e consolidata infiltrazione mafiosa ritenuta dai giudici del merito, individuata nell’attentato incendiario realizzato su mandato di NOME COGNOME, socio amministratore della RAGIONE_SOCIALE, ai danni di un concorrente per convincerlo a rinunziare ad un subappalto che interessava
la società ricorrente; attentato realizzato da NOME COGNOME soggetto pacificamente intraneo al circuito della criminalità organizzata locale.
Ad avviso-della difesa, l’assenza di altri elementi attestanti momenti di contatto tra l’azione imprenditoriale della Irit e il contesto illecito proprio della criminalità organizzat a conferma di un passato sistematicamente estraneo ad agiti di matrice-illecita, ad avviso della difesa, avrebbe reso meramente occasionale la detta circostanza in fatto, legittimando la misura invocata.
2.2. Con il secondo motivo si lamenta vizio integrale di motivazione avendo la Corte del merito risposto solo apparentemente alla censura prospettata con l’appello riguardante l’incidenza nel caso assunta, sul detto giudizio di occasionalità della ritenuta infiltrazione, dagli esiti dell’iniziativa cautelare promossa ai danni del COGNOME rispetto al quale la richiesta di applicazione di una misura restrittiva è stata respinta dal Giudice per le indagini preliminari, con decisione confermata dal Tribunale, per l’assenza di una pericolosità attuale dell’indagato, incensurato e ritenuto estraneo a fatti di reato successivamente posti in essere, il tutto a conferma della unicità della condotta criminale in questione.
Elementi questi che, secondo l’assunto difensivo, non potevano che dare conferma dell’unicità dell’atteggiamento illecito apprezzato a sostegno della interdittiva, affatto foriero, sul piano logico, della ritenuta stabilità di condizionamento mafioso ascritta alla compagine sociale partecipata dal COGNOME sulla base di tale isolata condotta criminale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi di ricorso, che meritano uno scrutinio unitario, devono ritenersi fondati per le ragioni precisate di seguito e impongono l’annullamento con rinvio della decisione impugnata.
In linea di principio occorre muovere dalle indicazioni offerte sul tema del controllo volontario ex art 34-bis, comma 6, d.lgs. n. 159 del 2011 dalle Sezioni unite di questa Corte ( sentenza n. 46898 del 26/09/2019, COGNOME), in forza delle quali la rilevata non occasionalità dell’infiltrazione mafiosa assume radicale valenza ostativa rispetto al nucleo fondamentale del giudizio valutativo devoluto in siffatti casi al giudice della prevenzione, quello di matrice prospettica diretto a riscontrare le possibilità di incidere sulla realtà aziendale interessata dalla interdittiva antimafia consentendone una continuità imprenditoriale estranea a logiche criminali che ne possano alterare il percorso nelle more del giudizio amministrativo promosso avverso il provvedimento prefettizio.
2.1.Giova infatti ribadire che la misura in oggetto – espressamente subordinata al rilascio da parte del prefetto della informazione antimafia interdittiva, fondata sulla sussistenza di – tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi della società o dell’impresa, e alla successiva impugnazione dinanzi al giudice
amministrativo di tale provvedimento- mira, per un verso ad assicurare la “bonifica” aziendale dell’impresa che intende sottoporsi volontariamente alla stessa; per altro verso, a garantire al medesimo ente la possibilità di neutralizzare, in attesa della decisione del giudice amministrativo, gli effetti inibitori conseguenti all’interdittiva impugnata. Tanto attraverso un percorso che porta con sé limitazioni connesse sia al controllo spettante all’amministratore giudiziario che all’obbligo di adottare efficaci misure organizzative; ma che, al contempo, appare informato dall’obiettivo del reinserimento dell’ente interessato, nelle more del giudizio, amministrativo, nel circuito sano dell’economia, ragione fondante della scelta legislativa di ovviare per tale via agli effetti tipici della interdittiva contrast favorendo la continuità aziendale.
2.2. In questa cornice, assume evidente centralità, nella valutazione demandata al giudice della prevenzione chiamato a valutare la richiesta di controllo volontario, il giudizio prognostico relativo alla possibilità di positiva evoluzione della realtà aziendale attinta dal provvedimento prefettizio. Centralità sottolineata, con riferimento sia al controllo giudiziario che all’amministrazione giudiziaria, dalle citate Sezioni Unite “Ricchiuto” precisando che la condizione di assoggettamento dell’impresa all’intimidazione mafiosa costituisce solo un prerequisito: «a peculiarità dell’accertamento del giudice, sia con riferimento alla amministrazione giudiziaria che al controllo giudiziario, ed a maggior ragione in relazione al controllo volontario, sta però nel fatto che il fuoco della attenzione e quindi del risultato di analisi deve essere posto non solo su tale prerequisito, quanto piuttosto, valorizzando le caratteristiche strutturali del presupposto verificato, sulle concrete possibilità che la singola realtà aziendale ha o meno di compiere fruttuosamente il cammino verso il riallineamento con il contesto economico sano, anche avvalendosi dei controlli e delle sollecitazioni (nel caso della amministrazione, anche vere intromissioni) che il giudice delegato può rivolgere nel guidare la impresa infiltrata.»
In altri termini, anche in caso di controllo volontario, non diversamente dall’ipotesi di cui al primo comma dell’art 34-bis occorre verificare il grado e le caratteristiche della condizione di permeabilità mafiosa dell’impresa istante; ma tale accertamento, in pendenza del giudizio amministrativo avverso l’informazione interdittiva, assume una diversa latitudine, perché essenzialmente servente alle prospettive di bonifica aziendale e dunque alla possibilità di formulare un giudizio prognostico in ordine alle emendabilità della situazione posta a fondamento della decisione amministrativa.
2.3.L’accertamento demandato al giudice della prevenzione assume, quindi, i contenuti tipici di una valutazione prospettica che per forza di cose, tuttavia, trova un confine insuperabile nel caso di verificata cronicità dell’infiltrazione, in quanto tale in radice ostativa al chiesto intervento giudiziale di “bonifica aziendale”.
La pervasività dell’infiltrazione mafiosa funge, infatti, da contraltare rispetto alle prospettive di bonifica da realizzare grazie allo strumento del controllo volontario: si
tratta di momenti inscindibili di una verifica che per forza di cose, per assumere toni prospettici, presuppone, tuttavia, a monte un asservimento non integrale delle relative dinamiche imprenditoriali.
Il grado di infiltrazione mafiosa, nella verifica demandata al giudice della prevenzione, finisce, dunque, per assumere un portato condizionante se riscontato nella sua massima espressione, quale profilo in radice ostativo alla possibilità di bonifica dell’impresa istante da realizzare tramite il controllo volontario, ( bonifica) altrimenti non assentita dal sistema: l’impresa pervasa da interessenze criminali non occasionali ma radicate, rassegna, infatti, un’azione imprenditoriale decisamente avvinta da logiche di collocazione sul mercato non tutelabili e finisce in coerenza per non – meritare l’ausilio, seppur temporaneo, garantito dalla sospensione degli effetti dell’interdittiva garantita dall’art. 94 del codice antimafia, ragione fondante dello strumento in disamina.
In questa ottica, la decisione gravata ha integralmente pretermesso i profili valutativi legati alle possibilità di bonifica della realtà imprenditoriale facente capo alla società ricorrente, ritenendo quest’ultima pervasa da logiche criminali niente affatto occasionali nè modeste, in quanto tali incompatibili con lo strumento rivendicato. E la Corte del merito ha tratto tale conclusione facendo leva su un unico episodio criminale, che ha visto protagonista uno dei due soci della società di persone attinta dall’interdittiva prefettizia, i.e. -l’attentato incendiario realizzato su mandato di NOME COGNOME ai danni di un concorrente per convincerlo a rinunziare ad un subappalto che interessava la società ricorrente; attentato realizzato da NOME COGNOME già condannato per tale fatto, soggetto pacificamente intraneo al circuito della criminalità organizzata locale e al contempo contiguo al COGNOME, per aver lavorato in passato alle dipendenze di altra impresa facente capo alla moglie del predetto.
Tale giudizio non regge il peso delle censure proposte dal ricorso.
4.1. Non può disconoscersi, in sé, il rilievo del fatto valorizzato in termini ostativi dai giudici del merito. All’evidenza si tratta di una condotta espressione di una modalità di azione resa in aperto contrasto con le ordinarie regole di competizione concorrenziale che devono informare l’azione imprenditoriale e il relativo circuito economico; condotta realizzata avvalendosi di momenti di immediata contiguità con la criminalità dominante nel contesto territoriale di riferimento su impulso di uno dei soci della ricorrente, società di persone connotata altresì da una ristrettissima base sociale (dagli atti emerge la presenza di due soci soltanto).
4.2. Resta, tuttavia, il dato, altrettanto incontroverso, della unicità della condotta in questione, non facendosi riferimento, nel motivare sotteso alla decisione gravata, ad altri possibili momenti di contatto della realtà imprenditoriale in esame con il mondo della
criminalità organizzata né qualsivoglia ulteriore condotta che possa fungere da valido sintomo di una non occasionale bensì radicata modalità di azione stabilmente informata da logiche illecite estranee all’ordinario incedere delle iniziative economiche.
4.3.Non va poi trascurato che la decisione gravata sovrappone integralmente la posizione del COGNOME e quella della società ricorrente, incorrendo in un duplice errore valutativo.
4.3.1. In primo luogo, per quanto rilevante, la già rimarcata essenzialità della base sociale di riferimento lascia immutato un dato altrettanto incontrovertibile, quello della autonomia della società ricorrente dal singolo socio che si -sarebbe macchiato di tale iniziativa illecita. In questa ottica, avrebbe assunto rilievo un possibile approfondimento argomentativo riguardante la posizione assunta dall’altro componente della compagine quanto alla detta vicenda dell’attentato incendiario realizzato ai danni del concorrente, per quanto resa nell’interesse della società: la lettura delle due decisioni di merito non consente di evidenziare, infatti, momenti di consapevole coinvolgimento nel fatto da parte dell’altro socio della compagine in questione, vieppiù considerando il rapporto di parentela che legherebbe quest’ultimo al soggetto attinto dall’attentato incendiario in questione.
4.3.2. Sul piano della linearità logica, poi, la ritenuta centralità ascritta al COGNOME stride con la scelta della Corte di appello di ritenere indifferenti le valutazioni rese in sede cautelare nell’escluderne, sempre con riguardo alla detta vicenda dell’attentato incendiario, profili di attuale pericolosità atti a giustificare l’adozione di una misura ai suoi danni.
Se si muove, infatti, dalla ritenuta sovrapposizione di ruoli (sul presupposto della sostanziale immedesimazione o comunque di una decisiva e preponderante presenza del COGNOME nel quadro della relativa realtà imprenditoriale), ritenuta dalla Corte del merito ( per quanto già detto senza un adeguato substrato argomentativo), per forza di cose occorrerà poi confrontarsi, nel ritenere il grado di permeabilità criminale della relativa impresa di riferimento, con le considerazioni rese in quella sede processuale sulla attuale e concreta pericolosità del suddetto.
Profilo valutativo in radice escluso dai giudici del merito in termini di marcata intrinseca contraddittorietà.
Si impone in coerenza una rivalutazione del tema inerente alla non occasionalità dell’infiltrazione mafiosa inficiante l’azione imprenditoriale dell’impresa ricorrente alla luce delle superiori indicazioni di principio, da rendere ovviando ai vuoti e alle incongruenze argomentative rilevate.
Graverà, infine, sul giudice della prevenzione, valutare in via prospettica la possibilità di bonifica della realtà imprenditoriale riferibile alla società ricorrente individuando, alla luce delle relative connotazioni soggettive, i meccanismi di matrice organizzativa,
gestoria e rappresentativa che l’impresa potrebbe attivare con l’obiettivo di emenda l’infiltrazione mafiosa riscontrata, sempre se ritenuta occasionale all’esito del rinn
giudizio di merito da rendere sul punto.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di
Catanzaro in diversa composizione.
Così è deciso, 15/05/2025
Il Consigliere estensore
COGNOME
(
r
)
GLYPH
Il PrAlidente
NOME COGNOME