Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 5514 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 5514 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 11/12/2024
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
R.G.N. 34563/2024
NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE avverso il decreto del 10/09/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato;
RITENUTO IN FATTO
Con decreto emesso il 10 settembre 2024, la Corte di appello di Napoli- sezione misure di prevenzione ha confermato il decreto del Tribunale di Napoli – sezione misure di prevenzione in data 27/03/2024 che aveva dichiarato inammissibile l’istanza di applicazione del controllo giudiziario volontario ai sensi dell’art. 34 -bis d.lgs. n. 159/2011, avanzata da RAGIONE_SOCIALE a seguito dell’emissione da parte del Prefetto di Napoli dell’informativa antimafia a carattere interdittivo in data 11/12/2023.
La RAGIONE_SOCIALE era stata colpita da una prima interdittiva antimafia ai sensi dell’art. 84 d.lgs. n. 159/2011 in data 30/06/2017, motivata dall’esposizione all’infiltrazione mafiosa per un rapporto di lavoro tra l’impresa e un soggetto condannato per reato associativo, che era anche padre convivente dei soci e dell’amministratore. Il provvedimento non era stato impugnato ed era divenuto definitivo.
In data 11/12/2023 il Prefetto di Napoli aveva emesso un nuovo provvedimento interdittivo antimafia, ritenendo ancora sussistente la presenza di elementi di esposizione ai tentativi di infiltrazione.
La RAGIONE_SOCIALE aveva impugnato tale ultima informativa dinanzi al T.A.R. Campania denunciandone l’illegittimità sotto vari profili e aveva poi avanzato al Tribunale di Napoli – sezione misure di prevenzione istanza di applicazione del controllo giudiziario volontario.
In entrambi i gradi di merito i giudici della prevenzione hanno ritenuto che il controllo giudiziario non potesse essere richiesto nell’ipotesi in cui il provvedimento interdittivo derivasse dal mero rigetto della richiesta di revisione dell’informativa originaria, già divenuta definitiva perchØ non impugnata dinanzi al giudice amministrativo o a seguito di sentenza definitiva con la quale il giudice
amministrativo aveva respinto l’impugnazione.
Il difensore della RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione avverso la decisione della Corte di appello di Napoli, lamentando vizi ai sensi dell’art. 606 lett. b) e c) cod. proc. pen., per violazione di legge in relazione agli artt. 125 cod. proc. pen., 12 delle preleggi, 34 e 34 -bis, comma 1 e 6, d.lgs. n. 159/2011, 84, 91, 94 e 94 -bis stesso d.lgs., e denunciando l’assenza dei presupposti per dichiarare l’inammissibilità dell’istanza di applicazione di controllo giudiziario e l’omessa pronuncia sui rilievi critici articolati con i motivi di appello e sulla dedotta e documentata bonificabilità dell’impresa.
Il Procuratore Generale, NOME COGNOME ha chiesto l’annullamento del provvedimento impugnato con rinvio per nuovo giudizio sulla fondatezza della richiesta di applicazione del controllo giudiziario ex art. 34bis d.lgs. n. 159/2011.
Ha premesso che la decisione impugnata si basa su un orientamento espresso da Sez. 1, n. 19154 del 17/01/2022, dep. 2023, Rv. 284599; secondo quanto sostiene questa sentenza, che si discosta da altro precedente in senso contrario (Sez. 1, n. 42646 del 15/06/2022, n. m.), la posizione del soggetto che abbia visto rigettata la richiesta di revisione dell’informativa interdittiva antimafia a suo carico Ł portatore di una situazione giuridica piø fievole di colui che, invece, contesti la conformità a diritto dell’originaria informazione interdittiva e comunque sarebbe diversa da quella indicata nell’art. 34bis , comma 6, d.lgs.n. 159/2011, che in forza del dato letterale riserverebbe la facoltà di richiedere la sottoposizione a controllo giudiziario volontario solo all’imprenditore colpito da provvedimento interdittivo originario, dopo la sua tempestiva impugnazione.
Tuttavia i principi enunciati dal Consiglio di Stato nella sentenza n. 7 del 14/12/2022, dep. 2023, secondo il Procuratore Generale, dimostrano che non vi Ł alcun rapporto di condizionamento tra le vicende del procedimento relativo all’emissione dell’informazione antimafia e alla sua impugnazione dinanzi al giudice amministrativo e quelle del procedimento di sottoposizione al controllo giudiziario volontario dinanzi al giudice della prevenzione.
L’informazione antimafia Ł un istituto governato da un’unica disciplina che ricomprende la fase della sua prima emissione ai sensi dell’art. 84, comma 4, d.lgs. n. 159/2011 e quella dell’aggiornamento prevista dall’art. 91, comma 5, d.lgs.n. 159/2011.
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Il secondo provvedimento, autonomamente impugnabile, rinnova gli effetti del primo che sono per legge temporanei e abbisognano di revisione. E poichØ, secondo il Consiglio di Stato, il giudizio amministrativo Ł indipendente dal procedimento instaurato dinanzi al giudice della prevenzione tanto da non dovere essere sospeso se frattanto Ł stato applicato il controllo giudiziario volontario e da poter giungere anche ad una decisione di conferma dell’interdittiva senza per questo incidere sulla prosecuzione del controllo giudiziario medesimo, non si vede perchØ la misura ex art. 34bis comma 6, cod. pen. non possa essere richiesta anche in seguito all’impugnazione della rinnovata interdittiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso Ł fondato
Occorre ripercorrere la vicenda che ha preceduto l’emissione del provvedimento impugnato al fine di confrontarla piø adeguatamente con le disposizioni normative applicabili.
La società ricorrente era stata raggiunta da informativa interdittiva in data 30/06/2017, emessa dal Prefetto di Napoli, che aveva stigmatizzato come elementi dimostrativi dell’infiltrazione mafiosa il rapporto di lavoro dipendente instaurato con NOME COGNOME e il rapporto di parentela di costui con i soci e l’amministratore unico, suoi figli.
Il provvedimento non Ł stato impugnato.
Il Prefetto di Napoli ha emesso un provvedimento successivo in data 11/12/2023, che conteneva una rinnovata valutazione circa l’esposizione della società ai tentativi di infiltrazione mafiosa, perchØ rilevava tra i dipendenti della RAGIONE_SOCIALE. NOME COGNOME, zio dell’amministratore, frattanto divenuto anche socio unico, che Ł NOME COGNOME, figlia di NOME; costei era stata amministratore unico della società anche quando era stata emessa l’originaria interdittiva perchØ vi lavorava il padre, frattanto ritiratosi.
Il nuovo provvedimento, emesso ai sensi dell’art. 91, comma 5, d.lgs.n. 159/2011, Ł stato impugnato dalla RAGIONE_SOCIALE dinanzi al TAR Campania e successivamente la società aveva avanzato l’istanza al Tribunale di Napoli per la sottoposizione a controllo giudiziario volontario ai sensi dell’art. 34bis , comma 6, d.lgs. n. 159/2011.
L’istanza Ł stata sin qui ritenuta inammissibile nei precedenti due gradi di giudizio, sull’assunto che l’accesso al controllo giudiziario Ł consentito solo quando l’interdittiva Ł ancora soggetta a verifica giudiziaria in forza di impugnazione proposta dinanzi al giudice amministrativo competente e non ha acquisito stabilità definitiva, mentre il rigetto della revisione, emesso con il provvedimento di cui all’art. 91, comma 5, d.lgs. n. 159/2011, anche se tempestivamente impugnato, non consente il controllo giudiziario, poichØ l’informativa Ł ormai consolidata e la revisione negativa non modifica la sua stabilità giuridica.
Tale affermazione viene avvalorata dal dato testuale dell’art. 34bis , comma 6, d.lgs. n. 159/2011 («le imprese destinatarie di informazione antimafia interdittiva ai sensi dell’art. 84, comma 4, che abbiano proposto l’impugnazione del relativo provvedimento del prefetto, possono richiedere al tribunale competente per le misure di prevenzione l’applicazione del controllo giudiziario di cui alla lettera b) del comma 2 del presente articolo»); vi si parla di informazione antimafia interdittiva ai sensi dell’art. 84, comma 4, d.lgs.n. 159/2011 e di impugnazione del relativo provvedimento del prefetto. Non si fa alcun riferimento al provvedimento di cui all’art. 91, comma 5, d.lgs.n.159/2011, nØ alla sua impugnazione.
In forza di questi argomenti, dunque, si ritiene che il controllo volontario sia stato previsto e disciplinato avendo riguardo solo al provvedimento originario contenente l’informazione interdittiva antimafia, a condizione che esso sia stato tempestivamente impugnato dinanzi al giudice amministrativo e il procedimento sia ancora pendente. La coerenza del sistema sarebbe così garantita, impedendo il circolo vizioso che sarebbe determinato dalla possibilità per il destinatario dell’interdittiva di richiederne la revisione senza limiti nØ quantitativi nØ temporali, di fare seguire a ciascun provvedimento di rigetto pedissequi ricorsi al giudice amministrativo e in parallelo richieste di controllo giudiziario in una spirale reiterativa incompatibile con gli scopi della disciplina.
Il provvedimento impugnato, come ha rilevato il Procuratore Generale, innesta le sue valutazioni su un precedente di legittimità, che, pur essendo l’unico massimato, si discosta dal percorso esegetico rilevabile dalla lettura di altri precedenti decisioni sulle medesime questioni.
Ma prima di valutare a quale orientamento debba essere data continuità occorre innanzitutto chiarire il dato testuale attraverso un accurato esame sia della natura del provvedimento prefettizio al quale si riferisce l’art. 34bis , comma 6, d.lgs. n. 159/2011, quando vi collega i presupposti per l’accesso al controllo giudiziario volontario, sia delle connotazioni assunte dal rapporto tra il procedimento amministrativo di emissione dell’interdittiva e il procedimento che può essere promosso dinanzi al giudice della prevenzione a seguito della pendenza del giudizio di impugnazione previamente promosso dinanzi al giudice amministrativo.
L’art. 34bis , comma 6, d.lgs. n. 159/2011 riserva la legittimazione a richiedere il controllo giudiziario volontario alle imprese destinatarie di informazione antimafia interdittiva ai sensi dell’art.
84, comma 4, d.lgs. n. 159/2011, tempestivamente impugnata dinanzi al giudice amministrativo in procedimento ancora pendente.
3.1 Il rinvio Ł alla disposizione che indica da quali elementi e accertamenti, elencati alle lettere da a) ad f) , devono essere desunte «le situazioni relative ai tentativi di infiltrazione mafiosa che danno luogo all’adozione dell’informazione antimafia interdittiva di cui al comma 3». SicchŁ attraverso il rinvio fa ingresso nella disposizione in materia di controllo volontario il riferimento non ad un provvedimento, ma alle situazioni che hanno dato luogo all’interdittiva.
Anche a voler tener conto dell’ulteriore rinvio contenuto nell’art. 84, comma 4, quello cioŁ al comma 3, si può aggiungere al contenuto dell’art. 34bis , comma 6, d.lgs.n. 159/2011 la definizione dell’informazione antimafia, che si distingue dall’altra forma di documentazione antimafia, la comunicazione antimafia, disciplinata dal comma 2 dell’art. 84, d.lgs. n. 159/2011.
Afferma l’art. 84, comma 3, d.lgs.n. 159/2011 che essa «consiste nell’attestazione della sussistenza o meno di una delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all’art. 67, nonchØ, fatto salvo quanto previsto dall’art. 91, comma 6, nell’attestazione della sussistenza o meno di eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle società o imprese interessate indicati nel comma 4»; com’Ł evidente dal tenore letterale della disposizione, l’informazione deve comporsi di due diverse attestazioni, una, conseguente ad una mera ricognizione, con la quale si dà conto di quanto già emerge dalla banca dati nazionale unica, e cioŁ dell’esistenza o meno dei provvedimenti giudiziari indicati nell’art. 67 d.lgs.n. 159/2011, che già contengono nel loro dispositivo statuizioni di decadenza, di sospensione e divieti, e l’altra, che deriva da un’ulteriore attività accertativa del Prefetto, il quale individua il pericolo di infiltrazioni mafiose desumendolo dai dati e dagli elementi elencati nel comma 4.
Il comma 4, quindi, completa il comma 3 dell’art. 84 d.lgs.n. 159/2011, che nella sua prima parte fa richiamo alla componente attestativa, comune sia all’informazione antimafia sia alla comunicazione antimafia di cui al comma 2 (cioŁ la sola indicazione delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto derivanti da altri provvedimenti giudiziari già esecutivi); ma che nella seconda parte richiede una verifica di carattere spiccatamente preventivo, relativa a tutte quelle situazioni, che lungi dall’essere state acclarate ed essere divenute presupposto per un intervento giurisdizionale, o comunque a prescindere da questo intervento e dal suo esito, possono delineare pericoli di infiltrazione.
3.2 La sola sussistenza delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all’art. 67 d.lgs. n. 159/2011, dà luogo alla comunicazione antimafia ed Ł situazione diversa dai «tentativi di infiltrazione antimafia che danno luogo all’adozione dell’informazione antimafia», di cui al comma 4 dell’art. 84, d.lgs. n. 159/2011.
Difatti, la comunicazione antimafia attesta che Ł stata già applicata con provvedimento definitivo una misura di prevenzione dalla quale per legge (ai sensi per l’appunto del piø volte citato art. 67) discendono gli effetti interdittivi, poi meglio disciplinati dall’art. 94 d.lgs. n. 159/2011; e cioŁ che con tali soggetti le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici, anche costituiti in stazioni uniche appaltanti, gli enti e le aziende vigilati dallo Stato o da altro ente pubblico e le società o imprese comunque controllate dallo Stato o da altro ente pubblico nonchØ i concessionari di lavori o di servizi pubblici non possono stipulare contratti o autorizzare subcontratti nØ possono erogare finanziamenti, elargire contributi, rilasciare o consentire provvedimenti autorizzativi, abilitativi o concessori.
L’art. 89bis d.lgs. n. 159/2011 prevede che, se nell’ipotesi in cui si procede alle verifiche necessarie al rilascio della comunicazione antimafia (richiesta perchØ dovuta) emergono tentativi di infiltrazione mafiosa, il Prefetto adotta comunque un’informazione antimafia interdittiva, anche se non richiesta e anche se ai fini di interesse sarebbe stata sufficiente la comunicazione.
3.3 Com’Ł stato perspicuamente evidenziato dalla giurisprudenza di legittimità (Sez. 5, n.
35048 del 18/06/2021, n.m.), l’imprenditore raggiunto da comunicazione antimafia non può accedere al controllo volontario di cui all’art. 34bis , comma 6, d.lgs. n. 159/2011 e non può invocare una disparità di trattamento rispetto all’imprenditore colpito da informazione interdittiva antimafia, perchØ la comunicazione antimafia Ł il risultato di una mera attività amministrativa vincolata, limitata all’accertamento di cause di decadenza o di divieto preesistenti, definitivamente accertate con provvedimenti giudiziari definitivi e non rimuovibili se non alle condizioni di legge.
L’informazione interdittiva antimafia si basa su una valutazione della sussistenza di situazioni di pericolo di infiltrazione mafiosa con un apprezzamento circa la necessità di prevenirle attraverso un provvedimento che impedisca che l’impresa, orientata nelle scelte dagli interessi della criminalità organizzata che vi si infiltra, crei condizioni di pregiudizio per l’ordine pubblico economico, la libera concorrenza tra le imprese e il buon andamento della Pubblica Amministrazione.
E non appare secondario il fatto che nell’affermare il principio per il quale in presenza di comunicazione antimafia non si possa accedere al controllo giudiziario, la giurisprudenza non abbia fatto riferimento al dato letterale, certamente univoco, del mancato richiamo dell’art. 35bis , comma 6, d.lgs. n. 159/2011 al comma 2 dell’art. 84 d.lgs. n. 159/2011, ma ad un dato di maggiore valenza sistematica e certamente assorbente: la funzione del controllo giudiziario.
Funzione che non potrebbe assolvere quando, attraverso l’attuazione del programma di bonifica sotto il controllo del giudice delegato e dell’amministratore giudiziario, le cause di decadenza o di divieto non potrebbero essere nØ sospese nØ superate, per avere – esse sì – una condizione di stabilità (non per nulla derivano da provvedimenti giurisdizionali definitivi); e che può, invece, assolvere dinanzi al previo accertamento di una situazione di rischio di infiltrazione con la quale confrontarsi attraverso scelte organizzative e prassi aziendali che possano rimuoverla o neutralizzarla, ove ricorra anche il requisito dell’occasionalità.
L’art. 84 d.lgs. n. 159/2011 non disciplina il provvedimento amministrativo del Prefetto nØ lo tipizza, ma contiene solo la definizione della documentazione antimafia.
4.1 La comunicazione e l’informazione sono, come s’Ł detto, due forme di documentazione alle quali corrispondono due tipologie diverse di provvedimenti per il rilascio dei quali Ł competente il Prefetto; la prima, peraltro, può essere sostituita da un’autocertificazione dell’interessato a norma dell’art. 89 d.lgs.n. 159/2011.
L’informazione antimafia Ł richiesta solo per operazioni che superino certe soglie di valore, ovvero che siano poste in essere in settori sensibili e, stante la sua destinazione ad attività che richiedono una piø alta soglia di attenzione, comporta un accertamento piø articolato; quindi assume piø propriamente – in forza della necessaria valutazione e dell’imprescindibile motivazione – i caratteri del provvedimento amministrativo, ad onta del richiamo testuale alla forma dell’attestazione. E infatti, per questo, Ł esclusa la possibilità di sostituirla con un’autocertificazione.
La disciplina del provvedimento che contiene l’informazione non Ł dunque nell’art. 84 d.lgs. n. 159/2011, ma la si rinviene nell’art. 91 d.lgs.n. 159/2011; il comma 1 indica i soggetti che sono tenuti a richiederla, il comma 3 stabilisce come devono avanzarla, il comma 4 specifica cosa devono indicare nella richiesta e infine il comma 5 (integrato dal comma 6) regola lo svolgimento dei compiti del Prefetto per giungere all’accertamento delle situazioni da attestare nel provvedimento.
Vi si legge in particolare che il Prefetto deve estendere gli accertamenti anche ai soggetti che possono determinare in qualsiasi modo le scelte o gli indirizzi dell’impresa e, per le imprese costituite all’estero e prive di sedi secondarie in Italia, deve svolgere accertamenti sulle persone fisiche con ruoli di amministrazione, rappresentanza o direzione; che deve verificare l’assenza di cause di decadenza, di sospensione o di divieto; e che deve accertare se risultano elementi dai quali sia possibile desumere la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa, anche attraverso i
collegamenti informatici ad altre banche dati che alimentano la banca dati nazionale unica, ai sensi dell’articolo 98, comma 3.
Dopo avere delineato i contenuti che devono confluire nel provvedimento contenente l’informativa antimafia, nello stesso comma 5 dell’art. 91 d.lgs. n. 159/2011, il legislatore aggiunge che «il prefetto, anche sulla documentata richiesta dell’interessato, aggiorna l’esito dell’informazione al venir meno delle circostanze rilevanti ai fini dell’accertamento dei tentativi di infiltrazione mafiosa».
PoichØ l’informativa raccoglie i dati dai quali desumere il rischio di infiltrazione in una prospettiva anticipatoria, attesta una situazione in evoluzione rispetto alla quale Ł necessario un intervento preventivo che valga ad impedirlo e costituisce uno strumento per vigilare sulle condizioni che, di volta in volta e nel tempo, possono minacciare gli interessi della pubblica amministrazione, l’ordine pubblico economico e il libero mercato in conseguenza del propagarsi pervasivo e cangiante dei fenomeni criminali.
4.2 Connotato specifico della documentazione antimafia Ł la validità temporanea, fissata dall’art. 86 d.lgs. n. 159/2011 in sei mesi per la comunicazione e in un anno per l’informazione.
Il termine Ł fissato in via generale ed Ł rispondente alla finalità di entrambi gli istituti. Nei casi in cui la comunicazione o l’informazione siano liberatorie, nell’arco del termine di validità potrebbero sopravvenire cause di decadenza, di sospensione o di divieto o elementi dai quali desumere tentativi di infiltrazione.
Ma anche nel caso in cui non siano liberatorie potrebbero intervenire circostanze che mutano le condizioni.
Se tendenzialmente una comunicazione antimafia che attesti cause di decadenza, di sospensione o di divieto assume di fatto la stabilità di contenuto che le deriva dalla definitività dei provvedimenti i cui effetti attesta, per l’informazione interdittiva la necessità di un aggiornamento deriva dalla sua stessa natura tracciata dalla richiamata disposizione, contenuta nell’art. 91, comma 5, d.lgs. n. 159/2011, che prevede la revisione «anche sulla documentata richiesta dell’interessato» (così implicitamente statuendo il potere del prefetto di procedervi d’ufficio), ma, se si vuole, pure dal combinato disposto dei commi 2 e 3 dello stesso art. 86 d.lgs.n. 159/2011, che pone un’eccezione al termine di validità di un anno quando negli organismi societari sia intervenute modificazioni relativamente ai soggetti destinatari di verifiche antimafia, di cui i legali rappresentanti hanno l’obbligo di dare comunicazione entro trenta giorni al prefetto che ha rilasciato l’informazione antimafia.
4.3 La tenuta costituzionale dell’informazione interdittiva antimafia, con i suoi effetti di grave limitazione della libertà di iniziativa economica per chi la subisce, Ł garantita proprio da quella stessa natura provvisoria, che, per finalità preventive, serve a rinnovare il monitoraggio sulle imprese e consente ad intervalli anche temporalmente ravvicinati, e in ogni caso di contatto con pubblica amministrazione, enti pubblici, controllati o vigilati, di rinnovare le verifiche sui rischi di infiltrazione nella gestione delle imprese, che in precedenza ne fossero risultate esenti.
La stessa attenzione Ł dovuta per verificare se un’impresa colpita da interdittiva sia successivamente liberata dalle relazioni con soggetti e contesti pericolosi.
Come ha sottolineato Corte Cost. n. 57 del 14/01/2020, può ritenersi ispirata a ragionevolezza e proporzionalità la disciplina dell’intervento prefettizio volto a colpire in anticipo il fenomeno mafioso, perchØ «un ruolo particolarmente rilevante assume il carattere provvisorio della misura. ¨ questo il senso della disposizione dell’art. 86, comma 2, del d.lgs. n. 159 del 2011, secondo il quale l’informativa antimafia ha una validità limitata di dodici mesi, cosicchØ alla scadenza del termine occorre procedere alla verifica della persistenza o meno delle circostanze poste a fondamento dell’interdittiva, con l’effetto, in caso di conclusione positiva, della reiscrizione nell’albo delle imprese artigiane, nella specie, e in generale del recupero dell’impresa al mercato. E va sottolineata al
riguardo la necessità di un’applicazione puntuale e sostanziale della norma, per scongiurare il rischio della persistenza di una misura non piø giustificata e quindi di un danno realmente irreversibile».
La giurisprudenza amministrativa ha precisato che il decorso del termine va computato dalla data dell’acquisizione dell’informazione (e non da quella alla quale risalgono gli elementi indiziari sui quali si basa); tuttavia alla scadenza del termine di un anno, non si produce una caducazione dell’interdittiva antimafia che rimane valida ma insorge l’onere dell’amministrazione di aggiornare le proprie verifiche o comunque l’impresa interdetta Ł legittimata a chiederne il riesame per una rivalutazione del quadro istruttorio, «sul presupposto che questo non può conservare piena e immutata concludenza oltre detto limite temporale» (così Cons. Stato, sez. 3, n. 8309 del 13/12/2021; sulla stessa linea; Cons. Stato, sez. 3, n. 1838 del 03/03/2021; Cons. Stato, sez. 3, n. 2962 dell’11/05/2020).
In ogni caso, a termine scaduto, anche qualora l’interdittiva sia stata impugnata dinanzi al giudice amministrativo e in quella sede confermata, non può produrre i suoi effetti se non viene aggiornata.
La stessa giurisprudenza amministrativa ammette che non vi Ł alcuna stabilizzazione dell’originario provvedimento, che al piø, in assenza di acquisizioni sopravvenute, può essere nuovamente ribadito, ma, in presenza di qualsivoglia elemento nuovo, deve essere rivalutato nell’ambito di un procedimento, non inquadrabile tra quelli ad istanza di parte ai sensi dell’art. 10bis l.n. 241/90, ma « frutto doveroso di una iniziativa che la pubblica amministrativa deve porre in essere ex officio (atteggiandosi conseguentemente, l’istanza di parte, ad atto sollecitatorio non indispensabile ai fini del promovimento del procedimento di riesame)» (Cons. Stato, sez. 3, n. 9091 del 19/01/2023, che così trae le conseguenze delle affermazioni di Corte Cost. n. 57 del 14/01/2020).
4.4 Alla luce della ricostruzione dell’istituto, appare chiaro che il provvedimento amministrativo al quale fa riferimento la misura di prevenzione del controllo giudiziario volontario Ł – per sua vocazione ed essenza – provvisorio e l’art. 91, comma 5, d.lgs. n. 159/2011 non contiene la disciplina di un provvedimento diverso da quello descritto dall’art. 84, comma 4, d.lgs. n. 159/2011 ma regola i contenuti dell’informativa antimafia nelle diverse scansioni provvedimentali che la sua provvisorietà comporta.
Se Ł l’art. 94 d.lgs. n. 159/2011 che disciplina gli effetti dell’interdittiva (con le imprese destinatarie di essa, pubbliche amministrazione ed enti pubblici, partecipati, controllati o vigilati non possono stipulare, approvare o autorizzare i contratti o subcontratti, nØ autorizzare, rilasciare o comunque consentire le concessioni e le erogazioni), effetti che vengono sospesi dal provvedimento che accoglie la richiesta di controllo giudiziario volontario a sensi dell’art. 34bis d.lgs.n. 159/2011, Ł invece l’art. 92 d.lgs.n. 159/2011 a prevedere la procedura di rilascio dell’informativa antimafia.
Nel testo risultante dalle profonde modifiche apportate al citato art. 92 dall’art. 48, comma 1, lett. a), d.l. 06/11/2021, n. 152, conv. con mod. dalla legge 29/12/2021, n. 233, Ł previsto come obbligatorio, salvo che non vi siano esigenze di celerità, il contraddittorio con l’interessato, quando il Prefetto ritenga sussistenti i presupposti per l’adozione di un’informazione interdittiva (ovvero per procedere all’applicazione dell’altra misura amministrativa della prevenzione collaborativa introdotta dalla riforma con l’art. 94bis inserito nel d.lgs. n. 159/2011). Nel testo previgente, al contraddittorio si dava corso a seguito di una valutazione discrezionale del Prefetto.
Ciò che appare rilevante, ai fini della ricostruzione degli istituti di interesse per la presente decisione, Ł che, secondo la giurisprudenza amministrativa, il procedimento che conduceva all’emissione dell’interdittiva e quello con il quale si doveva svolgere l’aggiornamento erano già governati dalle medesime regole di cui all’art. 94 d.lgs. n. 159/2011 e per di piø, anche quando
ancora il contraddittorio non era stato espressamente disciplinato ma dipendeva dalla scelta discrezionale del Prefetto ai sensi dell’art. 93, coma 7, d.lgs.n. 159/2011, si riteneva che vi fossero maggiori spazi per darvi applicazione quando era necessario confrontarsi con le prospettazioni dell’imprenditore già colpito da interdittiva nel procedimento di aggiornamento.
E il provvedimento di conferma della precedente interdittiva doveva considerarsi illegittimo se ometteva di valutare gli elementi nuovi addotti dall’interessati, se si basava su dati ulteriori ma non correlati a quelli dell’originaria informativa, se nel provvedimento di conferma vi era «un radicale disallineamento contenutistico» rispetto all’istanza di revisione (Cons. Stato, sez. 3, n. 1341 del 25/02/2022).
Non a caso, lungo questa linea esegetica, non Ł mancato chi ha richiesto per il provvedimento di aggiornamento «una motivazione particolarmente rafforzata» (Cons. Giust. Amm. per la Regione siciliana, n. 152 del 31/01/2022).
Ciò che conta, ai fini della questione all’esame di questo Collegio, Ł comunque che l’illegittimità del provvedimento di aggiornamento che conferma l’originaria interdittiva inficia l’efficacia del provvedimento illegittimamente confermato; sicchŁ anche l’impugnazione del provvedimento di aggiornamento può inquadrarsi nelle medesime dinamiche di bilanciamento tra esigenze di prevenzione e tutela della libertà di iniziativa economica in cui si inquadra l’impugnazione del provvedimento originario.
E il possibile innesto del procedimento dinanzi al Tribunale – sezione misure di prevenzione promosso dal destinatario dell’interdittiva per richiedere l’applicazione del controllo giudiziario volontario può ritenersi corrispondere, al pari dell’obbligo dell’amministrazione di aggiornare l’informativa alla scadenza del termine dell’informativa originaria, «con l’esigenza di non prefissare rigidamente la durata della vita del provvedimento interdittivo, ma di commisurarla alla reale natura e intensità dell’esigenza preventiva cui lo stesso Ł preordinato, consentendo al soggetto interessato (titolare quantomeno di un potere di impulso) e all’amministrazione di apprezzare, in relazione alla concreta situazione ostativa ed alla potenzialità evolutiva che la stessa presenta, la sussistenza dei presupposti per procedere alla revisione, in chiave liberatoria, del provvedimento originario» (così ancora Cons. Stato, sez. 3, n. 8309 del 13/12/2021).
Tanto piø che, se Ł intervenuto un provvedimento che respinge l’istanza di revisione della precedente informativa antimafia, gli effetti di cui all’art. 94 d.lgs.n. 159/2011 si producono a carico del destinatario non piø per effetto dell’originaria validità del provvedimento interdittivo ma in forza del provvedimento successivo che ne rivitalizza la funzione quiescente.
4.5 Alla luce di queste considerazioni, può quindi concludersi che il richiamo all’interdittiva antimafia sottoposta ad impugnazione, contenuto nell’art. 34bis , comma 6,d.lgs.n. 159/2011, non può dirsi limitato al solo provvedimento di emissione originario, che rimane comunque insuscettibile di acquisire stabilità, perchŁ alla scadenza del termine di validità, gli effetti dell’interdittiva, se si dispiegheranno ancora, deriveranno non dal provvedimento originario ma da quello di aggiornamento.
Il controllo giudiziario di cui all’art. 34bis d.lgs. n. 159/2011, introdotto dall’art. 11 della legge 17/10/2017, n. 161, Ł una vera e propria misura di prevenzione, anche quando viene richiesta dall’interessato.
I presupposti normativi per la sua applicazione sono solo in parte comuni a quelli delineati all’art. 34 per l’amministrazione giudiziaria e hanno caratteristiche in parte diverse anche rispetto al controllo giudiziario che, ai sensi dell’art. 34, comma 6, d.lgs.n. 159/2011, segue, in taluni casi, l’amministrazione giudiziaria dell’azienda.
Ancora piø specifici sono i presupposti del controllo giudiziario volontario rispetto a quello che
può richiesto dalla parte pubblica, o applicato dal Tribunale come misura di prevenzione piø gradata rispetto alle misure richieste o già applicate (come annota in motivazione Sez. 1, n. 29487 del 07/05/2019, Rv. 276303 -01, il giudice della prevenzione può anche, in esito alle verifiche disposte nel corso della loro applicazione, mutare la prima valutazione in punto di qualificazione della pericolosità e sostituirle con quelle piø adeguate al caso)
5.1 L’amministrazione giudiziaria di cui all’art. 34 d.lgs.n.159/2011 può essere applicata in presenza di un requisito positivo, i « sufficienti indizi per ritenere che il libero esercizio di determinate attività economiche, comprese quelle di carattere imprenditoriale, sia direttamente o indirettamente sottoposto alle condizioni di intimidazione o di assoggettamento previste dall’articolo 416bis cod. pen. o possa comunque agevolare l’attività di persone nei confronti delle quali Ł stata proposta o applicata una misura di prevenzione personale o patrimoniale previste dagli articoli 6 e 24 del presente decreto ovvero di persone sottoposte a procedimento penale per taluno dei delitti di cui all’articolo 4, comma 1, lettere a), b) e i -bis ) , del presente decreto, ovvero per i delitti di cui agli articoli 603-bis, 629, 644, 648-bis e 648-ter cod. pen.»; e di un requisito negativo, cioŁ che «non ricorrano i presupposti per l’applicazione delle misure di prevenzione patrimoniali di cui al capo I del presente titolo», quelle piø invasive che portano al sequestro e la confisca.
L’effetto della misura Ł lo «spossessamento gestorio», senza vincolo sui beni, per un periodo non superiore ad un anno, prorogabile di ulteriori sei mesi per un tempo complessivamente non superiore a due anni; consente la prosecuzione dell’attività grazie all’esercizio di tutte le facoltà spettanti ai titolari dei diritti dei beni o agli organi societari da parte dell’amministratore giudiziario sotto la vigilanza del giudice delegato.
5.2 Il controllo giudiziario che può essere applicato dal Tribunale alla scadenza dell’amministrazione giudiziaria trova ragione nel fatto che, durante l’applicazione della misura dell’art. 34 d.lgs. n. 159/2011, non sono emersi elementi che facciano ritenere uno o piø beni frutto di attività illecite o reimpiego di esse (in tal caso questi beni saranno sottoposti a confisca) e tuttavia permangono ragioni per mantenere presidi di vigilanza sulla gestione al fine di soddisfare le esigenze preventive originariamente ritenute.
Ciò può avvenire o perchØ Ł scaduto il termine massimo di durata dell’amministrazione giudiziaria e, pur senza esservi i presupposti per una piø grave misura, rimangono attuali i presupposti per l’applicazione di quella in scadenza o perchØ tali presupposti si sono affievoliti senza essere del tutto venuti meno.
Il presupposto del controllo giudiziario che segue l’amministrazione giudiziaria non può essere, infatti, del tutto coincidente con previsto dall’art. 34bis d.lgs. n.159/2011, e cioŁ che l’agevolazione prevista dal comma 1 dell’art. 34 risulti «occasionale».
L’occasionalità Ł requisito ontologicamente originario e non può che precedere l’applicazione della misura. Se ricorre al momento della richiesta non sarà applicata l’amministrazione giudiziaria ma per l’appunto il controllo giudiziario; se non ricorreva al momento dell’applicazione dell’amministrazione giudiziaria (salva la successiva verifica in fatto dell’insussistenza del presupposto), non potrà ricorrere alla scadenza della misura dell’amministrazione giudiziaria che per l’appunto «occasione» di agevolazione non può avere dato.
Ma vi Ł un secondo presupposto che si accompagna all’«occasionalità», ai fini dell’applicazione del controllo giudiziario, che delinea ancor meglio la funzione della misura, e cioŁ che « sussistano circostanze di fatto da cui si possa desumere il pericolo concreto di infiltrazione idonee a condizionare l’attività».
Per far fronte a questo pericolo, che si ritenesse ancora residuare, anche dopo un periodo di amministrazione giudiziaria, può trovare giustificazione l’applicazione della misura piø gradata.
E se Ł sintomo di questo pericolo, l’«occasionalità» di un’agevolazione può giustificare
l’iniziativa degli organi giurisdizionali delle misure di prevenzione con l’intervento meno invasivo possibile: quello che non spossessa il titolare dei suoi beni o delle sue imprese, che gli lascia la gestione, ma che lo sottopone a prescrizioni e lo fa affiancare da un amministratore giudiziario che lo controlla e riferisce al giudice delegato, per scongiurare il pericolo e preservare i beni e l’azienda, lasciandola nelle mani di chi ne Ł titolare.
5.3 Si tratta di modulazioni di «un sistema che prevede forme di risposta giudiziaria diversificate, nell’ambito del quale il ricorso a quelle di tipo ablativo Ł tendenzialmente recessivo rispetto all’adozione delle misure “alternative” dell’amministrazione e del controllo giudiziario, delle quali il legislatore, ricorrendone i presupposti, ha inteso privilegiare l’applicazione in attuazione del principio di proporzionalità e in vista del possibile recupero dell’impresa alle fisiologiche regole del mercato, una volta ridotta l’ingerenza dei soggetti portatori di pericolosità» (Sez. 6, n. 1590 del 14/10/2020, dep. 2021, Rv. 280341-01, in motivazione).
Solo incastonando l’istituto in questo sistema si comprende la funzione della misura del controllo giudiziario volontario, l’unica chiamata a «dialogare» con la prevenzione amministrativa: un dialogo che, peculiarmente, si apre per iniziativa non delle autorità ma del titolare dell’impresa interessata dal pericolo di infiltrazione mafiosa.
Il controllo giudiziario può essere richiesto dalle «imprese destinatarie di informazione interdittiva antimafia ai sensi dell’art. 84, comma 4, che abbiano proposto l’impugnazione del relativo provvedimento del prefetto» e il tribunale accoglie la richiesta «ove ne ricorrano i presupposti».
6.1 Dando seguito all’insegnamento di Sez. U, n. 46898 del 26/09/2019, Rv. 277156, il riferimento ai «presupposti» contenuto nell’art. 34bis , comma 6,d.lgs.n. 159/2011 non può ritenersi un rinvio seccamente recettizio a quelli indicati nel comma 1 per il controllo giudiziario su richiesta della parte pubblica, perchØ, per non sottrarsi al dovere di modulazione dell’intervento di prevenzione, impartito dal legislazione con la costruzione dell’articolato sistema, il giudice deve sì confrontarsi con gli elementi rivelatori dell’agevolazione occasionale (anche perchØ se occasionale non Ł vi sarebbero i presupposti per misure piø gravi); tuttavia «il fuoco della attenzione e quindi del risultato di analisi deve essere posto non solo su tale pre-requisito, quanto piuttosto, valorizzando le caratteristiche strutturali del presupposto verificato, sulle concrete possibilità che la singola realtà aziendale ha o meno di compiere fruttuosamente il cammino verso il riallineamento con il contesto economico sano, anche avvalendosi dei controlli e delle sollecitazioni (nel caso della amministrazione, anche vere intromissioni) che il giudice delegato può rivolgere nel guidare la impresa infiltrata. L’accertamento dello stato di condizionamento e di infiltrazione non può, cioŁ, essere soltanto funzionale a fotografare lo stato attuale di pericolosità oggettiva in cui versi la realtà aziendale a causa delle relazioni esterne patologiche, quanto piuttosto a comprendere e a prevedere le potenzialità che quella realtà ha di affrancarsene seguendo l’iter che la misura alternativa comporta».
E ciò in quanto, come ha potuto precisare la giurisprudenza seguita alla pronuncia delle Sezioni Unite, «la verifica dell’occasionalità dell’infiltrazione mafiosa, che il tribunale Ł tenuto a compiere per disporre il controllo giudiziario ai sensi dell’art. 34-bis del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, non deve essere finalizzata ad acquisire un dato statico, consistente nella cristallizzazione della realtà preesistente, ma deve essere funzionale a un giudizio prognostico circa l’emendabilità della situazione rilevata, mediante gli strumenti di controllo previsti dall’art. 34-bis, commi 2 e 3, del d.lgs. n. 159 del 2011» (Sez. 6, n. 30168 del 07/07/2021, Rv. 281834 -01).
6.2 Il presupposto piø specifico del controllo giudiziario volontario Ł il frutto di una diagnosi di pericolo di infiltrazione mafiosa, seppure formulata in sede amministrativa, perchØ tale Ł l’informazione interdittiva antimafia.
Muta il «fotografo» ma ciò che deve restituire la motivazione dell’informazione interdittiva (nonostante i suoi indubbi connotati valutativi il legislatore la chiama «attestazione») Ł del pari l’immagine di «uno stato attuale di pericolosità oggettiva» dell’impresa, che renda necessario impedirle ogni contatto con la pubblica amministrazione, gli enti pubblici o gli enti partecipati, controllati o vigilati dalla pubblica amministrazione.
6.3 Dopo due interventi riformatori, l’uno contenuto nell’art. 11 della legge 17/10/2017, n. 161, l’altro nell’art. 48, comma 1, lett. a), d.l. 06/11/2021, n. 152, conv. con mod. dalla legge 29/12/2021, n. 233, il sistema oggi si compone del controllo giudiziario volontario, di cui all’art. 34bis d.lgs.n. 159/2011, che può essere richiesto al Tribunale, dopo l’impugnazione dell’interdittiva antimafia, e delle misure di prevenzione collaborative, di cui all’art. 34bis d.lgs.n. 159/2011, che il Prefetto può applicare in luogo dell’emissione interdittiva in caso di agevolazione occasionale dopo aver attivato il contraddittorio con l’interessato.
SicchŁ risulta del tutto chiaro quale sia il compito, che, nelle diverse sedi e secondo le ripartite competenze, l’autorità giudiziaria e l’autorità amministrativa devono assolvere dinanzi alla «fotografia» dello stato attuale della pericolosità oggettiva che esprime l’esercizio dell’impresa; verificare se può essere praticato, e con quali strumenti, un percorso di emancipazione dell’azienda dai contatti occasionali con la criminalità e dai tentativi di infiltrazione per bilanciare l’interesse alla prosecuzione dell’attività economica e il perseguimento delle esigenze preventive. Esigenze che devono prevalere, solo se le condizioni di pericolo non siano in concreto superabili per ragioni oggettive, per inidoneità del programma proposto o per l’indisponibilità del titolare dell’azienda.
6.3 In un contesto normativo così costruito, dove si consente un intervento dell’autorità amministrativa, indipendente dall’accertamento della commissione di illeciti, dall’individuazione di responsabilità e dall’irrogazione di sanzioni, ma al contempo connotato da indispensabile invasività, la previsione della validità solo temporanea delle informazioni interdittive ora si correla alla possibilità di verificare evoluzioni delle situazioni di pericolo di infiltrazione, anche favorevoli all’impresa, e di responsabilizzare il suo titolare ad attivare percorsi virtuosi, che lo allontanino dai condizionamenti criminali.
E se tale possibilità deve essere valutata al momento dell’originaria valutazione delle condizioni dell’emissione dell’interdittiva da parte del Prefetto o, in sede giurisdizionale, dopo la sua emissione, da parte del Tribunale su richiesta dell’interessato, certamente non potrebbe essere esclusa quando l’attualità della pericolosità deve essere rivalutata in ragione del tempo trascorso; rimanendo del tutto preclusa soltanto se l’aggravarsi del pericolo abbia reso necessario applicare all’impresa piø gravi misure di prevenzione o provvedimenti sanzionatori di matrice penale.
Il dibattito giurisprudenziale si Ł confrontato con il problema derivante dalla coesistenza, nella disciplina del controllo giudiziario volontario di cui all’art. 34bis , comma 6, d.lgs.n. 159/2011, dei «presupposti» non meglio specificati e per lo piø ricavati dal comma 1 dello stesso articolo e di quello specificato, costituito dall’emissione dell’interdittiva e dalla sua impugnazione (la pendenza del procedimento di impugnazione Ł difatti condizione di ammissibilità e la sua definizione con sentenza irrevocabile del giudice amministrativo osta alla presentazione della richiesta al Tribunale; cfr. Sez. 2, n. 16105 del 15/03/2019, Rv. 276530 – 01).
7.1 Sull’assunto della necessaria sussistenza di tutti questi presupposti, si Ł ritenuto che, pur in presenza di un’interdittiva antimafia, il Tribunale deve riscontrare, autonomamente, il requisito dell’agevolazione occasionale; pertanto, si Ł affermato che la richiesta di sottoposizione a controllo giudiziario debba essere respinta qualora il Tribunale ritenga – contrariamente a quanto ritenuto dal Prefetto – insussistenti gli elementi dimostrativi dell’agevolazione occasionale (cfr. ad esempio Sez. II n. 22083 del 20.5.2021, Rv. 281450 – 01; Sez. 5, n. 34526 del 02/07/2018, Rv. 273645).
Altre decisioni hanno affermato che la richiesta ex art. 34, comma 6, d.lgs. n. 159/2011 «non può essere respinta per insussistenza del prerequisito del pericolo di infiltrazioni mafiose, già accertato dall’organo amministrativo, dovendosi preservare, in pendenza dell’impugnazione avverso la misura prefettizia, l’interesse della parte privata alla continuità dell’attività di impresa attraverso la sospensione dell’efficacia dei divieti nei rapporti con la pubblica amministrazione e tra privati che discendono dalla interdittiva» (Sez. 6, n. 27704 del 09/06/2021, Rv. 281822 – 01).
Ancor piø di recente si Ł precisato che la verifica relativa alla sussistenza del presupposto dell’agevolazione deve essere svolta dal Tribunale, perchŁ «se l’impresa Ł fortemente condizionata da ingerenze mafiose, non può trovare accoglimento l’istanza, che presuppone una occasionalità del contatto mafioso. Ciò non significa, però, che l’istanza avanzata dalla stessa impresa possa essere rigettata escludendo in radice il pericolo di infiltrazione mafiosa, perchØ tale pericolo Ł stato già oggetto di valutazione in sede amministrativa, ed Ł solo ove il pericolo di infiltrazione sia ritenuto piø grave dal giudice della prevenzione che si può giustificare il rigetto, ma non certamente quando tale pericolo dovesse essere ritenuto addirittura inesistente, perchØ in tal caso e a maggior ragione si giustificherebbe l’accoglimento dell’istanza volta ad assicurare la continuità dell’impresa attraverso la sua sottoposizione a controllo giudiziario» (Sez. 6, n. 42983 del 17/09/2024, n.m.).
7.2 Come ha precisato in motivazione Sez. 1, n. 10578 del 09/11/2022, dep. 2023, Rv. 284243 – 01, la questione attiene alla valenza da attribuire all’interdittiva antimafia nella valutazione dei requisiti di accesso al controllo giudiziario (che in ogni caso non va considerato «come un ‘beneficio’ per il solo effetto legale di sospensione delle inibizioni derivanti dalla informazione antimafia interdittiva, trattandosi di una ‘alternativa’ che realizza un diverso assetto di interessi (rispetto alla mera inibizione all’esercizio di determinate attività economiche) e che mira a recuperare, ove possibile, i profili di competitività ‘non inquinata’ della realtà aziendale ed a favorire un intervento del Tribunale della prevenzione asseverato da migliori conoscenze delle condizioni operative della singola impresa»); e cioŁ se l’interdittiva antimafia vincoli il Tribunale a ritenere accertati gli altri presupposti inerenti la relazione dell’impresa con i soggetti portatori di pericolosità qualificata oppure se si deve affermare al contrario, come fa la già citata Sez. 1, n. 10578 del 09/11/2022, dep. 2023, che «la ‘giurisdizionalità piena’ del sistema della prevenzione esclude che il Tribunale possa considerare (…) intangibili le valutazioni espresse dall’organo di prevenzione amministrativa, fermo restando che la decisione emessa in sede di prevenzione (in tal caso reiettiva) non ‘tocca’ l’esistenza della informazione interdittiva prefettizia».
7.4 Il recente intervento del Consiglio di Stato (Ad. Plen., n. 7 del 14/12/2022, dep. 2023), che ha affermato che «la pendenza del controllo giudiziario a domanda ex art. 34bis , comma 6, d.lgs. n. 159/2011, non Ł causa di sospensione nØ del giudizio di impugnazione contro l’informazione antimafia interdittiva, nØ delle misure straordinarie di gestione, sostegno e monitoraggio di imprese previste dall’art. 32, comma 10, d.l. n. 90/2014, per il completamento dell’esecuzione dei contratti stipulati con la pubblica amministrazione dall’impresa destinataria un’informazione antimafia interdittiva», ha ricostruito i rapporti tra il procedimento relativo all’emissione dell’interdittiva e la sua impugnazione nel giudizio amministrativo da una parte e il procedimento per l’applicazione e l’attuazione della misura del controllo giudiziario dall’altra, escludendo ogni rapporto di pregiudizialità-dipendenza.
Ha in particolare sottolineato come le vicende dell’interdittiva, la cui impugnazione Ł presupposto di ammissibilità per la richiesta di controllo giudiziario volontario, restano indipendenti da quelle che possono derivare dalla proficua applicazione della misura di cui all’art. 34, comma 6, d.lgs.n.159/2011; e che Ł del tutto assertiva e non asseverata dalle disposizioni vigenti l’affermazione, secondo la quale l’eventuale rigetto del ricorso amministrativo avverso l’interdittiva, e quindi la sua «stabilizzazione», possano incidere negativamente o essere in contrasto con le
valutazioni dell’esito positivo del programma di bonifica frattanto svolto.
7.5 L’orientamento espresso dalla piø autorevole giurisprudenza amministrativa, pertanto, sostenendo l’autonomia dei procedimenti e delle valutazioni, finisce per convergere con l’orientamento della giurisprudenza di legittimità che ritiene che il giudice della prevenzione non sia vincolato dalle valutazioni svolte nell’interdittiva sulla sussistenza della relazione dell’impresa con i soggetti portatori di pericolosità qualificata.
Il sistema, così delineato, solo in astratto può avere conseguenze disorientanti, potendo accadere che, a fronte dell’emissione di un’interdittiva, magari poi ritenuta legittima dal giudice amministrativo, il giudice della prevenzione neghi il controllo giudiziario ritenendolo non necessario per l’assenza del requisito dell’agevolazione occasionale; o sotto altro profilo che, a fronte di un controllo giudiziario applicato dal Tribunale e svolto con esito positivo, senza che sia stato ritenuto necessario applicare altre piø gravi misure, l’interdittiva venga confermata dal giudice amministrativo e non revocata dal Prefetto.
E’ tuttavia la previsione legislativa della limitata validità temporale dell’interdittiva che introducendo un essenziale profilo di flessibilità consente il «dialogo» tra i procedimenti che hanno il duplice compito di registrare i rischi di infiltrazione, misurarne le mutevoli intensità e verificare gli esiti dei programmi di bonifica aziendale.
7.6 L’autonomia dei percorsi di cognizione e degli approdi decisori non comporta anche l’indifferenza alle acquisizioni, alle valutazioni e agli effetti dell’uno rispetto a quelli dell’altro.
Il Tribunale non sarà vincolato dall’accertamento contenuto nell’interdittiva ma si dovrà confrontare con il rischio in essa prospettato, certamente per vagliarlo alla luce di tutti gli altri elementi a sua disposizione perchØ «Ł tenuto a verificare sia il carattere occasionale della agevolazione che il libero svolgimento dell’attività economica può determinare nei soggetti di cui al comma 1 dell’art.34bis d.lgs,. n. 159/2011, sia la concreta possibilità dell’impresa stessa di riallinearsi con il contesto economico sano, affrancandosi dal condizionamento delle infiltrazioni mafiose» (Sez. 5, n, 13388 del 17/12/2020, dep. 2021, Rv. 280851); e appare chiaro che la stretta connessione tra le due verifiche comporterà che il Tribunale debba effettivamente ravvisare un vulnus da sanare, sicchŁ, così come rigetterà la richiesta quando il livello della compromissione Ł così alto da rendere inidoneo il percorso riabilitativo praticabile in forza dell’art. 34bis d.lgs.n. 159/2011, del pari dovrà rigettare la richiesta quando escluderà qualsivoglia forma di compromissione o la riterrà talmente flebile da non richiedere nemmeno la misura richiesta (parla della necessità di una «valutazione» che «deve tenere conto dell’accertamento di quello stesso prerequisito effettuato dall’organo amministrativo con l’informazione interdittiva antimafia», Sez. 2, n. 9122 del 28/01/2021, Rv. 280906 – 01).
Un tale provvedimento non potrà che essere un fatto nuovo che imporrà in sede amministrativa la verifica dei presupposti per la revoca dell’interdittiva o, se del caso, anche la rivalutazione delle piø fievoli misure di prevenzione collaborative (come ha fatto notare Cons. Stato Ad. Plen., n. 7 del 14/12/2022, dep. 2023, la gradualità introdotta con l’art. 94bis d.lgs.n. 159/2011 può rendere illegittima l’interdittiva in mancanza di adeguata valutazione della possibilità di applicare l’alternativa misura amministrativa meno invasiva, sulla quale prevale comunque, se applicato, il controllo giudiziario, ma che in caso di rigetto della richiesta da parte del Tribunale può essere ampiamente utilizzato).
Così pure la conclusione positiva dell’applicazione del controllo giudiziario concesso dal Tribunale non deve comportare di per sØ la caducazione dell’interdittiva (peraltro non prevista dalla legge); e laddove il giudizio amministrativo confermi la legittimità dell’interdittiva, tale esito potrebbe essere del tutto coerente proprio con la ritenuta necessità di applicare la misura del controllo giudiziario.
Sarà certamente il procedimento di revisione dell’interdittiva da parte del Prefetto la sede nella quale l’elemento nuovo dell’attuazione e del completamento del programma di bonifica, applicato ai sensi dell’art.34bis d.lgs,. n. 159/2011, positivamente valutato dal Tribunale, potrà essere oggetto dell’autonoma e specifica valutazione da parte dell’autorità amministrativa.
Lo ha ribadito di recente, in modo assai efficace, Cons. Stato, Sez. 6 n. 2515 del 15/03/2024: «il raccordo tra la sorte futura dell’interdittiva (…) ed esito del controllo giudiziario Ł, quindi, affidato ai poteri e alle valutazioni della Prefettura. E’ peraltro appena il caso di rammentare che detta rivalutazione da parte dell’autorità amministrativa, oltre ad apparire doverosa (specie ove stimolata con istanza dell’interessato ), andrà condotta in contraddittorio secondo il canone della collaborazione e buona fede ex art. 1, comma 2bis , della l.n. 241/90 e dovrà concludersi con una determinazione sorretta da congrua e adeguata motivazione che prenda in considerazione il novum rappresentato dall’esito dela procedura di controllo giudiziario».
7.7 La necessità di una «motivazione rafforzata», osservante dei principi posti dalla piø volte citata sentenza della Corte Costituzionale n. 57 del 14/01/2020, dovrà indurre il Prefetto ad apprezzare l’esito della misura di prevenzione ai fini dell’emissione del provvedimento che, se confermativo dell’interdittiva, consentirà all’interessato di promuovere l’impugnativa dinanzi al giudice amministrativo, ove ritenga di denunciare vizi della motivazione, e, se del caso, di accedere nuovamente al procedimento di prevenzione, senza che questo possa essere considerarsi un commodus discessus .
Come si Ł già detto, il Tribunale può anche rivalutare la situazione di pericolosità, ancora segnalata dal Prefetto, e gli organi legittimati alla proposta con i quali si deve instaurare il contraddittorio possono assumere eventuali ulteriori iniziative, ove gli elementi che hanno sorretto la motivazione di conferma dell’interdittiva adottata dal Prefetto la legittimino.
SicchŁ il sistema non apre la strada ad un’anodina e defatigante reiterazione di istanze sovrapponibili, ma se i poteri degli organi amministrativi e giurisdizionali vengono esercitati secondo le disposizioni di legge, crea le condizioni per un «circolo virtuoso» utile a monitorare e a sterilizzare preventivamente i rischi di infiltrazione mafiosa, riducendo quanto possibile il ricorso a strumenti ablatori o repressivi e modellando la proporzione di ogni necessario intervento.
La ricostruzione sin qui svolta consente, anche alla luce della progressiva evoluzione del quadro normativo e giurisprudenziale, di giungere alla conclusione che Ł ammissibile la richiesta di accesso al controllo giudiziario volontario, avanzata dall’impresa che, a seguito della mancata impugnazione dell’informativa interdittiva antimafia dinanzi al giudice amministrativo, abbia visto rigettata dal Prefetto la richiesta di revisione della predetta informativa e abbia impugnato il provvedimento di rigetto dinanzi al giudice amministrativo.
Già, peraltro, in questo senso si era pronunciata in alcune occasioni la giurisprudenza di legittimità.
Sez. 1, n. 42646 del 15/06/2022, n. m. aveva ricordato il disposto dell’art. 81, comma 2, d.lgs. n. 159/2011, che attribuisce natura provvisoria e temporanea all’informativa e quello dell’art. 91, comma 5, d.lgs. n. 159/2011, che onera il Prefetto di provvedere all’aggiornamento anche sulla base di documentata richiesta dell’interessato. E aveva concluso che «in questo caso, il rinnovato provvedimento interdittivo, determinando un’ulteriore limitazione dell’attività d’impresa, ben può essere impugnato avanti al giudice amministrativo, legittimando, nel contempo, l’interessato a proporre istanza di applicazione del controllo giudiziario onde sottoporsi, nelle more del giudizio amministrativo, alla “vigilanza prescrittiva” del Tribunale.
A fronte di tale istanza, il giudice della prevenzione Ł dunque tenuto a vagliare la sussistenza dei presupposti per l’applicazione di tale misura di prevenzione, verificando l’occasionalità del
pericolo di infiltrazione mafiosa, nonchØ la possibilità di risanamento dell’impresa (Sez. 2, n. 9122 del 28/01/2021, COGNOME, Rv. 280906 – 01; Sez. 6, n. 30168 del 07/07/2021, Rv. 281834 – 01; Sez. 2, n. 22083 del 20/05/2021, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 281450 – 01).»
Fa riferimento, pur senza affrontare direttamente il problema, alla possibilità di avanzare istanza di controllo giudiziario dopo l’impugnazione dinanzi al giudice amministrativo Sez. 2 n. 5776 del 30/11/2022, dep. 2023, n. m. che si occupa di una declaratoria di inammissibilità di istanza di controllo giudiziario dopo l’impugnazione di un diniego di revisione.
In tale decisione si afferma che non ricorre alcuna ipotesi di improponibilità dell’istanza, ma che essa Ł da considerarsi inammissibile solo quando sia stata già rigettata una precedente istanza di controllo giudiziario avanzata dopo l’impugnazione dell’originaria interdittiva e la nuova istanza non proponga elementi nuovi.
Tale soluzione appare coerente con il quadro sin qui ricostruito, che non consente la mera reiterazione delle analoghe istanze ma la verifica di ogni elemento che segnali una modifica delle condizioni di rischio di infiltrazione mafiose, già valutate.
Mette appena conto ricordare anche Sez. 2 n. 4980 del 29/11/2022, dep. 2023, n.m., che risolve in base allo stesso principio una situazione del tutto analoga.
Orbene nel caso di specie vi sono tutte le condizioni per considerare ammissibile la richiesta di applicazione del controllo giudiziario ex art. 34bis , comma 6, d.lgs. n. 159/2011.
Il richiedente Ł stato colpito in epoca risalente da interdittiva antimafia, a fronte della quale si era acquietato, sopportandone gli effetti.
La mancata impugnazione del provvedimento e la sua impregiudicata legittimità non ne ha stabilizzato gli effetti al punto tale da renderlo dotato di autonoma efficacia. Infatti, l’interdittiva produce i suoi effetti ai sensi dell’art. 94 d.lgs. n. 159/2011 in forza del provvedimento del Prefetto che ha rigettato l’istanza di ottenere informativa liberatoria in sede di aggiornamento e che Ł stato emesso in data 11/12/2023.
La rituale impugnazione di tale provvedimento e la pendenza del procedimento rende ammissibile la richiesta di controllo giudiziario volontario, che la ricorrente non avrebbe potuto avanzare quando, scaduti i termini per l’impugnazione dell’originaria informativa, non avrebbe potuto piø ritualmente impugnare.
La sussistenza dei presupposti per l’accoglimento della richiesta dovrà perciò valutarsi alla luce degli elementi che alle condizioni attuali, tenuto conto anche dei fatti sopravvenuti dopo l’emissione dell’originaria interdittiva, possono rendere idoneo un programma di bonifica ad emancipare l’impresa dai rischi di infiltrazione mafiosa che saranno rilevati.
Pertanto il provvedimento deve essere annullato con rinvio per nuovo giudizio dinanzi alla Corte di appello di Napoli – sezione misure di prevenzione, perchØ, libera nell’esito, valuti la fondatezza dell’istanza avanzata dalla ricorrente per l’applicazione del controllo giudiziario volontario, dando applicazione ai principi sin qui formulati.
P.Q.M.
Annulla il decreto impugnato e rinvia per nuovo giudizio alla Corte di appello di Napoli.
Così Ł deciso, 11/12/2024
Il Consigliere estensore
COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME