Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 20188 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
QUARTA SEZIONE PENALE
Penale Sent. Sez. 4 Num. 20188 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 27/03/2025
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
R.G.N. 4044/2025
NOME COGNOME
SENTENZA
Sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a VITERBO il 08/04/1961 COGNOME NOME nato a VITERBO il 19/06/1967 avverso l’ordinanza del 27/12/2024 del Tribunale del riesame di Viterbo udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi; sentito, in difesa di COGNOME NOME e COGNOME NOME l’avvocato COGNOME COGNOME anche in sostituzione dell’avvocato COGNOME Giuliano del foro di Viterbo, che ha insistito per l’accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
I difensori di NOME COGNOME e NOME COGNOME propongono ricorso avverso l’ordinanza del Tribunale di Viterbo del 27-30.12.2024, che ha rigettato l’istanza di riesame e confermato il decreto di sequestro preventivo del GIP dello stesso Tribunale, avente ad oggetto la ‘Azienda RAGIONE_SOCIALE COGNOME NOME e NOME‘ in relazione al reato di cui all’art. 603-bis cod. pen., per avere i medesimi, nelle rispettive qualità rivestite nell’ambito della predetta azienda, sottoposto n. 104 lavoratori a condizioni di sfruttamento, impiegandoli in gravosi lavori agricoli ed approfittando del loro stato di bisogno; trattandosi, nella gran parte dei casi, di cittadini extracomunitari in condizioni di povertà. In particolare, l’ipotesi di reato configura, in sintesi, le seguenti modalità di gestione del rapporto lavorativo: 1) reiterata corresponsione di retribuzioni in modo palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali e provinciali e comunque sproporzionati rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato; 2) reiterata violazione della normativa relativa all’orario di lavoro, ai periodi di riposo, al riposo settimanale e alle ferie; 3) reiterata violazione di norme in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro.
Il provvedimento di sequestro oggetto di riesame Ł stato emesso ai sensi del primo comma dell’art. 321 cod. proc. pen., a fini impeditivi e con sottoposizione dell’azienda ad amministrazione giudiziaria.
I ricorrenti lamentano, con unico e articolato motivo, la violazione dell’art. 325 cod. proc. pen. per motivazione assente quanto alla sussistenza del periculum in mora e alla proporzionalità tra le contestazioni mosse e i provvedimenti adottati.
Deducono che il sequestro preventivo in esame può essere emesso quando vi Ł pericolo che la libera disponibilità di una cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze o agevolare la commissione di altri reati; per contro, il provvedimento impugnato ha ravvisato il ‘periculum’ nei medesimi meccanismi analizzati per l’imputazione. Nella specie, la presunta violazione degli obblighi retributivi/contributivi e degli orari di lavoro, non implica necessariamente che la fattispecie criminosa contestata si sia perfezionata. La sola situazione di disagio o di bisogno
di accedere alla prestazione lavorativa, di per sØ sola non può costituire elemento valevole ad integrare il reato per cui si procede, caratterizzato dallo sfruttamento del lavoratore sottoposto ad una condizione di ‘eclatante’ pregiudizio e rilevante soggezione. La funzionalità del sequestro va contemperata con la potenzialità afflittiva su diritti fondamentali della persona costituzionalmente garantiti.
Osservano che la condotta dei fratelli COGNOME non Ł penalmente rilevante e non ha conseguenze antigiuridiche, anzi, entrambi sono intervenuti presso i lavoratori per evidenziare la necessità di rimettere ordine sulla modalità di redazione delle buste paga, così da prevedere tutte le ore lavorate. L’azienda non costituisce affatto il mezzo imprescindibile per la prosecuzione o la realizzazione dell’intento criminoso; nella specie, difetta il presupposto della pertinenzialità al reato di quanto sequestrato. In termini di attualità della misura vi Ł uno scarto temporale di oltre un anno e mezzo tra l’ultimo accesso ispettivo (giugno 2023) e l’applicazione della misura cautelare, notificata il 10.12.2024. Sussiste prova degli interventi del datore di lavoro, nel corso di tale lasso di tempo, nella riorganizzazione del lavoro volta a emendare le situazioni sfavorevoli per i dipendenti.
Eccepiscono che i giudicanti abbiano meccanicamente applicato la misura dell’amministrazione giudiziaria ex art. 104-bis disp. att. cod. proc. pen., non revocata nonostante la richiesta in tal senso della difesa in ordine alle potenzialità applicative del controllo giudiziario ex art. 3 l. n. 199/2016, strumento che può essere disposto dal giudice laddove l’interruzione dell’attività imprenditoriale possa comportare ripercussioni negative sui livelli occupazionali o compromettere il valore economico dell’azienda, come nel caso.
Lamentano il mancato rispetto dell’obbligo di motivare l’adozione del provvedimento di sequestro preventivo in relazione ai criteri di proporzionalità, adeguatezza e gradualità delle misure cautelari da ordinare in base alla graduazione del livello di afflittività delle medesime. L’art. 321, comma 1, cod. proc. pen. non consente la sottoposizione ad amministrazione giudiziaria poichØ non Ł prevista l’ulteriore misura anticipatoria/conservativa della confisca. L’applicazione della misura cautelare reale in questione costituisce un eccesso ingiustificato, rispetto ai molteplici presidi che l’ordinamento prevede al posto del sequestro impeditivo.
Con PEC inviata in data 11.2.2025 Ł pervenuta memoria aggiuntiva con cui la difesa dà conto del fatto che, con provvedimento in data 30.1.2025, il GIP del Tribunale di Viterbo, su parere favorevole del PM, ‘ritenuto che l’interruzione dell’attività imprenditoriale può comportare ripercussioni negative sui livelli occupazionali…dispone, ai sensi dell’art. 3 L. 29/10/2016 n. 199, il controllo giudiziario dell’Azienda…in luogo del sequestro preventivo’.
Secondo la difesa tale provvedimento ha valore di intervento correttivo sull’originario provvedimento di sequestro, per cui si deve procedere all’annullamento con rinvio al Tribunale del riesame, quale giudice cui va rimessa la valutazione in ordine al provvedimento del GIP per come successivamente corretto e integrato. Insiste, comunque, nell’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi devono essere dichiarati inammissibili.
Va premesso che, come noto, il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio Ł ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (cfr. ex multis Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Napoli e altro, Rv. 26965601).
Tale premessa vale a rendere inammissibili le censure con cui i ricorrenti, sotto l’apparenza del vizio di violazione di legge, deducono essenzialmente vizi motivazionali con riferimento ai
presupposti del fumus e del periculum posti a fondamento dell’impugnato provvedimento di sequestro preventivo in relazione all’ipotesi di reato oggetto di imputazione provvisoria.
Trattasi, peraltro, di doglianze prospettate in maniera generica e in fatto, laddove si sostiene che la presunta violazione degli obblighi retributivi/contributivi e degli orari di lavoro non implichi necessariamente che la fattispecie criminosa in disamina si sia perfezionata; aggiungendosi come la sola situazione di disagio o di bisogno di accedere alla prestazione lavorativa, per come riscontrata dagli elementi evidenziati in sede cautelare, non possa costituire elemento valevole ad integrare il reato di cui all’art. 603-bis cod. pen. I ricorrenti insistono nel rivendicare la legalità del loro comportamento, sostenendo, sotto il profilo del periculum, che non essendo ad essi ascrivibile il reato in questione, difetterebbe il requisito della pertinenzialità dell’azienda rispetto al paventato pericolo di protrazione della fattispecie.
Si tratta di affermazioni generiche e non supportate da alcunchØ, a fronte di un provvedimento che ha motivatamente esposto le ragioni poste a fondamento del sequestro, sulla scorta di quanto emerso dalle indagini svolte dalla polizia giudiziaria in relazione alle retribuzioni, agli orari e alle condizioni di utilizzo dei lavoratori, secondo modalità indicative di una situazione di sfruttamento e di approfittamento dello stato di bisogno dei lavoratori stessi, come desunto anche dalle dichiarazioni rese da 84 lavoratori e dal tenore di alcune conversazioni intercettate. In tal senso, le argomentazioni offerte dal Tribunale non possono essere ritenute fittizie o apparenti, sicchØ, vertendosi in tema di misura cautelare reale, tali argomentazioni non possono essere sindacate sotto il profilo del vizio motivazionale.
Limitatamente alla questione attinente alla proporzionalità e adeguatezza della misura cautelare reale applicata, si osserva che nelle more del presente procedimento i ricorrenti hanno chiesto (in data 28.1.2025) e ottenuto dal Tribunale di Viterbo (con provvedimento del 30.1.2025) la sostituzione del sequestro preventivo con la misura del controllo giudiziario prevista dall’art. 3 l. 199/2016.
Contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti nella memoria depositata, non si tratta di una correzione dell’originario provvedimento di sequestro ma di una vera e propria modifica della misura cautelare applicata all’azienda in relazione al reato per cui si procede. In proposito, infatti, la giurisprudenza di questa Corte ha già avuto modo di osservare che, in relazione ai procedimenti per sfruttamento dei lavoratori, la misura del ‘controllo giudiziario’ Ł alternativa al sequestro preventivo ‘impeditivo’ (cfr. Sez. 4, n. 40554 del 29/09/2021, Stagno, Rv. 282063 – 01). Tale orientamento si fonda sull’analisi della normativa di riferimento, costituita dall’art. 3 della legge n. 199/2016, la quale prevede la possibilità per il Giudice di disporre, in luogo del sequestro, la misura del ‘controllo giudiziario’, nei casi in cui, ferma la sussistenza dei presupposti per il sequestro preventivo (c.d. ‘impeditivo’) di cui al comma 1 dell’art. 321 cod. proc. pen., ‘l’interruzione dell’attività imprenditoriale possa comportare ripercussioni negative sui livelli occupazionali o compromettere il valore economico del complesso aziendale’ (v. comma 1 dell’art. 3 cit.).
Ciò Ł proprio quanto Ł stato disposto dal Giudice della cautela il quale, avendo evidentemente ritenuto la persistenza dei requisiti del fumus e del periculum legittimanti il sequestro preventivo, ha sostituito tale misura con quella del controllo giudiziario dell’azienda, osservando che ‘l’interruzione dell’attività imprenditoriale può comportare ripercussioni negative sui livelli occupazionali’ (v. provvedimento del GIP del 30.1.2025, in atti).
Ne discende che Ł venuto meno l’interesse dei ricorrenti a coltivare le doglianze con cui si contesta l’adeguatezza della misura sotto il profilo della asserita sproporzionalità del sequestro preventivo dell’azienda, trattandosi di misura ormai venuta meno a seguito del provvedimento del GIP del 30.1.2025, con cui Ł stata applicata, ‘in luogo del sequestro preventivo’, la diversa misura del ‘controllo giudiziario dell’Azienda RAGIONE_SOCIALE COGNOME NOME e NOME‘, fra l’altro in conformità
all’istanza proposta dagli stessi ricorrenti.
Stante l’inammissibilità dei ricorsi, e non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. sent. n. 186/2000), alla condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria, che si stima equo quantificare nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 27/03/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente COGNOME