Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 1999 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 1999 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/12/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME nato a LA MADDALENA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a LA MADDALENA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 01/12/2022 della CORTE APPELLO SEZ.DIST. di SASSARI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letto il parere del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME
che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi;
letta la memoria di replica della difesa con la quale si è insistito nei motivi di ricorso e subordine chiesto dichiararsi la prescrizione.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di Appello di Sassari, con sentenza in data 1 dicembre 2022, confermava la pronuncia del Tribunale di Tempio Pausania del 17-3-2022 che aveva condannato COGNOME NOME e COGNOME NOME alle pene di legge perché ritenuti responsabili dei delitti di truff aggravata ai danni dello Stato ed inesatta indicazione dell’orario di RAGIONE_SOCIALE (artt. 55 quinquie D.Lgs 165/2001) loro ascritti.
Avverso detta sentenza proponevano ricorso per cassazione entrambi gli imputati con unico atto del difensore AVV_NOTAIO che, con distinti motivi qui riassunti ex art. 173
disp.att. cod.proc.pen., lamentava:
inosservanza od erronea applicazione degli articoli 640 cod.pen. e 55 quinquies del decreto legislativo 165 del 2001 in relazione all’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori nel punto in cu pronunce di merito avevano ritenuto sussistente per i dipendenti pubblici l’obbligo di timbratura del badge personale benché l’obbligo anzidetto non fosse regolato da alcun accordo sindacale o da un provvedimento dell’RAGIONE_SOCIALE; al proposito si lamentava che la sentenza aveva preso in considerazione fatti commessi tra l’ottobre ed il dicembre del 2014, antecedenti la novella legislativa di cui al decreto n.151 del 2015, allorché vigeva un diviet assoluto di utilizzo di apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell’attività lavor l’orientamento giurisprudenziale richiamato dalla sentenza di appello affermava il principio esattamente contrario stabilito dalla sezione RAGIONE_SOCIALE della Corte di cassazione secondo cui è illegittima ogni attività di controllo a distanza del rispetto dell’orario di RAGIONE_SOCIALE che n oggetto di previo accordo con le rappresentanze sindacali dei dipendenti e di autorizzazione dell’RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE;
difetto di motivazione ex articolo 606 lettera e) cod.proc.pen. sugli elementi integrativi d reato ed in particolare circa l’errore induttivo delle disposizioni patrimoniali ed il pr ingiusto arrecato; al proposito si lamentava che l’ingiustizia del profitto non poteva ricavar dal difetto di corrispondenza tra prestazione retributiva e prestazione lavorativa sottolineand anche che, per entrambi i lavoratori, non erano state specificamente indicate quelle attività meramente private che sarebbero state svolte lontano dalla sede comunale; al proposito si sosteneva anche come l’istruzione dibattimentale avesse provato che per l’attività di uscieri erano autorizzate anche mansioni esterne l’ufficio comunale;
carenza di motivazione ex articolo 606 lettera e) cod.proc.pen. quanto alla valutazione delle deposizioni di vari testi analiticamente indicati nel punto in cui la sentenza aveva escluso sussistenza delle condizioni per affermare la non punibilità per particolare tenuità del fatto e articolo 131 bis cod.pen.; al proposito si deduceva che l’assenza di qualsiasi accertamento specifico risultato dalle deposizioni dei testi contraddiceva la ricostruzione contenut nell’impugnata pronuncia a fondamento del rigetto della richiesta di applicazione della causa di non punibilità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è proposto per motivi manifestamente non fondati e deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile.
Ed invero, quanto al primo motivo, deve essere ricordato come secondo il costante orientamento di questa Corte di cassazione già espresso pur in relazione a fatti antecedenti l’introduzione della disciplina dettata dal D.Lgs 151 del 2015, le limitazioni degli strumenti controllo dei lavoratori invocate quale condizione dirimente e determinante l’inutilizzabili della prova non possono assumere rilievo decisivo nel processo penale in cui l’acquisizione delle prove è autonomamente disciplinata dagli articoli del codice di rito che alcun limitazione di tale genere prevedono e disciplinano. Così che le previsioni imposte dalla disciplina dello
Statuto “dei lavoratori circa gli – strumenti di controllo dei lavoratori non comportano alcuna inutilizzabilità della prova nel processo penale. Il principio risulta già affermato d precedente di questa sezione secondo cui sono utilizzabili a fini probatori nel processo penale, le rilevazioni degli orari di ingresso ed uscita dei lavoratori, anche ove gli apparecch rilevazione siano stati installati in violazione delle garanzie procedurali previste dall’a comma secondo, della legge 20 maggio 1970,n.300 (violazione nella specie derivante dalla mancanza dell’accordo con le organizzazioni sindacali), in quanto tali garanzie riguardano soltanto i rapporti di diritto privato tra datore di RAGIONE_SOCIALE e lavoratori, ma non possono av rilievo nell’attività di accertamento e repressione di fatti costituenti reato (Sez. 2, n. 3356 12/05/2016, Rv. 267476 – 01). E tale principio risultava già adottato anche da precedenti pronunce secondo cui sono utilizzabili le videoriprese effettuate dalla polizia giudiziaria assenza di preventiva autorizzazione del giudice, nell’area riservata all’ingresso dei dipendenti di un ufficio postale, ove si trovi l’orologio marcatempo delle presenze giornaliere; motivazione, si è chiarito che l’utilizzabilità delle videoriprese in ambienti dedicati svolgimento di attività lavorativa non è preclusa dagli artt. 4 dello Statuto dei lavoratori e D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, i quali riguardano unicamente i controlli del datore di RAGIONE_SOCIALE sull’esecuzione dell’ordinaria attività lavorativa, non anche quelli destinati a preven specifiche condotte illecite del lavoratore ed a tutelare il patrimonio aziendale (Sez. 6, 30177 del 04/06/2013, Rv. 256640 – 01). Ne deriva pertanto affermare che il primo motivo è manifestamente non fondato poiché deduce una insussistente causa di inutilizzabilità della prova.
Quanto al secondo motivo che lamenta l’insussistenza degli elementi del reato di truffa, va ricordato come secondo una costante interpretazione la falsa attestazione del pubblico dipendente circa la presenza in ufficio riportata sui cartellini marcatempo o nei fogli presenza, è condotta fraudolenta, idonea oggettivamente ad indurre in errore l’amministrazione di appartenenza circa la presenza su luogo di RAGIONE_SOCIALE e integra il reato di truffa aggravata ove il pubblico dipendente si allontani senza far risultare, mediante timbratur del cartellino o della scheda magnetica, i periodi di assenza, sempre che siano da considerare economicamente apprezzabili (Sez. 2, n. 5837 del 17/01/2013, Rv. 255201 – 01). E nel caso in esame i giudici di merito, con doppia valutazione conforme, hanno proprio ritenuto che i due dipendenti attraverso il reciproco scambio dei badge avessero falsamente attestato l’entrata e l’uscita dal servizio.
Infine, quanto al terzo motivo, le specifiche osservazioni svolte dalla corte di appello pagina 13 della sentenza, fondate su precise circostanze di fatto, escludono la sussistenza dei lamentati vizi avendo i giudici di merito ricollegato la impossibilità di ritenere la richiesta di non punibilità a precisi argomenti privi di qualsiasi illogicità.
In conclusione, le impugnazioni devono ritenersi inammissibili a norma dell’art. 606 comma terzo cod.proc.pen.; alla relativa declaratoria consegue, per il disposto dell’art. 6 cod.proc.pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché al
versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in C 3.000,00 ciascuno.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Roma, 19 dicembre 2023
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