Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 26824 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 26824 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 22/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Libri NOME nato a Reggio Calabria il 20/09/1960
avverso l’ordinanza del 19/11/2024 del Tribunale di sorveglianza di Bologna
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria scritta del Sostituto Procuratore generale, O. COGNOME con la quale ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato, il Tribunale di sorveglianza di Bologna ha rigettato il reclamo proposto avverso il provvedimento del Magistrato di Reggio Emilia, con il quale è stata disposta la proroga del visto di controllo sulla corrispondenza epistolare, già disposto nei confronti di NOME COGNOME con decreto del 22 novembre 2022, trattandosi di detenuto in regime di cui all’art. 41 -bis Ord. pen.
Il Tribunale ha evidenziato che il reclamo doveva reputarsi infondato posto che le risultanze istruttorie avevano dato atto dell’attuale operatività del clan di riferimento del ricorrente, del mantenimento all’interno di questo di un ruolo di rilievo da parte di Libri, di provvedimenti di trattenimento di inserti di giornali, in periodo compreso tra il 1° gennaio 2020 e il 19 luglio 2024, ravvisandosi ragioni di natura preventiva finalizzate a evitare contatti del detenuto in regime speciale con la consorteria di riferimento.
Avverso detta ordinanza, ha proposto tempestivo ricorso per cassazione il condannato, per il tramite del difensore, NOME COGNOME denunciando violazione degli artt. 18, 18ter , 41bis , Ord. pen., 3 CEDU.
Si richiama l’orientamento di questa Corte espresso con sentenze Sez. 1 n. 3155 del 11 ottobre 2024 e Sez. 1, n. 604 del 23 febbraio 2024.
Il Tribunale di sorveglianza ha ritenuto infondato il reclamo perché sarebbe emerso che il clan denominato Libri sarebbe attivo ed essendo questo uno dei più temibili sodalizi di ‘ ndrangheta operanti sul territorio reggino.
Si reputa decisiva la circostanza che, nel 2021, è stata intercettata una telefonata di NOME Libri cl. 83, intercorsa con NOME COGNOME nella quale il primo riferiva dell’interessamento per ottenere la scarcerazione del reclamante, cioè di NOME COGNOME 60, segnalando altresì che il sodalizio è ancora attivo e che, secondo il decreto che ha adottato il regime di cui all’art. 41bis Ord. pen. nei confronti del predetto, il condannato ha mantenuto un ruolo apicale all’interno della consorteria di riferimento.
Si rileva, prima di tutto, che la conversazione di cui si parla è un’intercettazione ambientale che risale non al 2021 ma al 2018. In ogni caso la frase attribuita ad NOME COGNOME cl. 83 sarebbe monca.
Inoltre, si rileva che i trattenimenti degli inserti di giornale farebbero riferimento ad un periodo che esula dalla richiesta istruttoria inoltrata dal Tribunale di sorveglianza, perché risalgono all’anno 2019 sino all’anno 2020, come segnalato con memoria difensiva, depositata per l’udienza del 19 novembre 2024, del tutto ignorata dal Tribunale.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte ritiene il ricorrente che la motivazione del provvedimento di sottoposizione a visto di controllo non può essere giustificata sulla base soltanto dell’applicazione del regime di cui all’art. 41bis Ord. pen. che renderebbe, dunque, tale visto una disposizione applicata in via automatica; del resto, la motivazione in sede di reclamo deve rispondere alle specifiche doglianze che sono state devolute.
Invero, solo ragioni di effettiva sicurezza possono legittimare la soppressione del diritto costituzionalmente garantito diretto alla tutela della segretezza e libertà della corrispondenza epistolare.
Infatti, l’art. 41bis, comma 2quater , lett. f), Ord. pen., è riferito ai soli contatti fisici tra detenuti e non trova applicazione alla generale corrispondenza epistolare che rientra nella disciplina di cui all’art. 18ter Ord. pen.
La norma, alla lett. f) citata, regola i contatti all’interno dello stesso istituto ovvero la limitazione delle ore all’aperto e le modalità, stabilendo che l’Amministrazione ha la possibilità di adottare tutti gli accorgimenti logistici
necessari. Nulla invece si prevede con riferimento alla corrispondenza che è già disciplinata dalla specifica norma citata.
Lo scambio epistolare è soggetto a censura e, dunque, controllato prima dell’arrivo al destinatario, oltre che in partenza. Sicché l’equiparazione della comunicazione di cui al 41bis Ord. pen., nel caso di corrispondenza epistolare, non troverebbe giustificazione, tenuto conto che il regime speciale legittima l’impedimento di comunicazioni fisiche tra detenuti ma non disciplina l’ipotesi delle comunicazioni di tipo epistolare.
Il Tribunale, secondo il ricorrente, si sarebbe limitato a rilevare, sulla base del decreto di proroga, che la cosca RAGIONE_SOCIALE è attualmente attiva nel territorio reggino e che, sempre secondo il decreto, RAGIONE_SOCIALE ha mantenuto un ruolo apicale all’interno di tale consorteria, omettendo ogni valutazione necessaria rispetto al contenuto della memoria difensiva che era stata depositata in vista dell’udienza.
Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME ha fatto pervenire richieste scritte con le quali ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso è infondato.
1.1. L’art. 18ter Ord. pen., nella formulazione introdotta dalla legge 8 aprile 2004, n. 95, individua le tipologie di limitazioni che possono essere imposte alla libertà e alla segretezza della corrispondenza, i relativi presupposti e tempi, nonché le autorità competenti e i meccanismi di tutela giurisdizionale. L’art. 18ter Ord. pen. dispone, al primo comma, che per esigenze attinenti alle indagini o investigative o di prevenzione dei reati, ovvero per ragioni di sicurezza o di ordine dell’Istituto, possano essere disposte, nei confronti dei singoli detenuti o internati, per un periodo non superiore a sei mesi, prorogabile per periodi non superiori a tre mesi, tre diverse forme di restrizione all’invio e alla ricezione di missive, connotate da un crescente grado di intrusività.
1.2. La forma più lieve di restrizione è il controllo del contenuto delle buste che racchiudono la corrispondenza, senza lettura della medesima, finalizzato a verificare, alla presenza dell’interessato, che nell’involucro non siano celati valori o oggetti non consentiti.
La limitazione più intensa consiste, invece, nell’inibizione totale o parziale della facoltà di spedire o di ricevere corrispondenza, cui è propedeutica la sottoposizione a visto di controllo, operazione di lettura e analisi -ad opera dell’autorità giudiziaria ovvero, su sua delega, del Direttore del carcere o di un appartenente all’Amministrazione penitenziaria designato dallo stesso direttore -del contenuto delle missive in entrata ed in uscita. Essa può, dunque, eventualmente sfociare nel trattenimento della missiva, disposto con
provvedimento giurisdizionale, adottato dal Magistrato di sorveglianza, per i condannati, o dal giudice che procede, per gli imputati, per effetto del quale lo scritto non viene consegnato al suo destinatario, il quale ne deve essere immediatamente informato. L’art. 18ter cit., pur contenendo una specifica disciplina anche della successiva operazione di trattenimento, non individua espressamente le ragioni che lo consentono.
La giurisprudenza di legittimità ha, sul punto, chiarito che, stante lo stretto collegamento funzionale con il visto di censura, il trattenimento può essere disposto qualora, dall’esame dei contenuti della corrispondenza, l’Autorità giudiziaria ritenga che sussista una situazione di pericolo concreto per quelle esigenze di ordine e di sicurezza pubblica che costituiscono i presupposti per l’adozione del visto di controllo (tra le altre, Sez. 1, n. 51187 del 17/05/2018, COGNOME, Rv. 274479, e Sez. 5, n. 32452 dei 22/02/2019, COGNOME, Rv. 277527, entrambe in motivazione).
Tale essendo la disciplina a carattere generale, si osserva che questa è derogata dall’art. 41bis Ord. pen. che contiene, tra l’altro, regole specificamente dedicate alla tutela della libertà e della segretezza della corrispondenza epistolare e telegrafica con specifico riferimento ai detenuti sottoposti al regime differenziato.
Tale disposizione -nel testo modificato dalla legge 15 luglio 2009, n. 94 -contiene al comma 2quater , un elenco puntuale di limitazioni al trattamento penitenziario tra le quali, alla lett. e), la sottoposizione a visto di censura della corrispondenza, salvo quella con i membri del Parlamento o con autorità europee o nazionali aventi competenza in materia di giustizia.
L’utilizzo di un termine («censura») diverso da quello indicato all’art. 18ter («controllo») non ha impedito la sostanziale assimilazione in giurisprudenza, dei concetti in quanto rimandano, in entrambi i casi, all’esame di una missiva, effettuato dall’Autorità preposta, attività strumentale ad evitare la trasmissione di informazioni suscettibili di mettere a repentaglio i valori a cui presidio le disposizioni sono rispettivamente poste.
La ritenuta sostanziale equivalenza tra visto di controllo (art. 18ter) e visto di censura (art. 41bis ) consente di affermare che tra le disposizioni che, rispettivamente, li prevedono sussiste un rapporto di specialità e che, quindi, nell’ipotesi di lettura della corrispondenza nei confronti dei detenuti sottoposti al regime speciale, la previsione di cui all’art. 18ter cit. si applica limitatamente agli aspetti non disciplinati dall’art. 41-bis, comma 2quater , lett. e) Ord. pen. (Sez. 1, n. 43313 del 27/20/2021, Pesce, non massimata).
Va, sul punto, sottolineato che, recentemente, il Giudice delle leggi (Corte Cost. n. 18 del 2022), ha precisato che il legislatore non ha mai espressamente
chiarito quale rapporto intercorra tra la previsione della «sottoposizione a visto di censura della corrispondenza» dei detenuti e internati in regime di cui all’art. 41bis Ord. pen. e la disciplina sui «controlli della corrispondenza» applicabile alla generalità dei detenuti e internati, contenuta oggi nell’art. 18 -ter Ord. pen.
La Corte Costituzionale ha, però, segnalato che occorre stabilire se, in base all’art. 41bis , comma 2quater , lett. e), Ord. pen. la sottoposizione a «visto di censura» della corrispondenza -misura che, malgrado la differente denominazione, di fatto coincide con quella, menzionata nell’art. 18ter, comma 1, Ord. pen., del «controllo della corrispondenza» – possa e, anzi, debba (dopo la modifica apportata alla disposizione censurata dalla legge n. 94 del 2009), essere disposta direttamente dal Ministro della giustizia, proprio con il medesimo provvedimento applicativo del regime penitenziario differenziato di cui allo stesso art. 41 -bis Ord. pen., ovvero continui a dover essere disposta dall’Autorità giudiziaria indicata come competente dall’art. 18ter, comma 3, Ord. pen.
Su tale punto, il Giudice delle leggi richiama plurimi precedenti di legittimità, riconoscendone la corrispondenza a una interpretazione costituzionalmente orientata, in ragione del fatto che la libertà di corrispondenza dei detenuti in regime speciale può essere limitata, in virtù di quanto stabilito dall’art. 15 Cost., solo con un provvedimento dell’Autorità giudiziaria, specificamente motivato in ordine alla sussistenza dei presupposti indicati dai commi da 1 a 4 dell’art. 18ter Ord. pen., come modificato dalla legge n. 95 del 2004 (Sez. 5, n. 32452 del 22/02/2019; conf. Sez. 1, n. 51187 del 17/05/2018, COGNOME, Rv. 274479, in motivazione; Sez. 1, n. 43522 del 20/06/2014; Sez. 1, n. 48365 del 21/11/2012, Di Trapani, Rv. 253978 – 01).
3. Ciò posto, si osserva che l’ordinanza impugnata si è uniformata ai principi sin qui esposti. Questa non si è limitata al mero rinvio al regime speciale in atto a carico del detenuto, dando conto, anzi, degli esiti dell’istruttoria svolta che, peraltro, sono attaccati dal ricorrente con ragioni versate in fatto, le quali contestano, in modo generico, travisamento di atti istruttori non supportato dall’allegazione dei documenti la cui erronea lettura si confuta.
Invece, il Tribunale ha esposto compiutamente le ragioni giustificative delle restrizioni imposte osservando come le esigenze di sicurezza pubblica alla base del provvedimento limitativo della corrispondenza fossero desumibili, oltre che dalle imputazioni per le quali NOME COGNOME è condannato in via definitiva, dai collegamenti acclarati con la cosca di riferimento, con la conseguente necessità di impedire che la corrispondenza, in entrata o in uscita, potesse fungere da canale di collegamento con l’esterno e rendere possibile lo scambio di informazioni con i componenti dell’omonima consorteria, ancora attiva, all’interno della quale il detenuto ha mantenuto un ruolo apicale.
Dunque, l ‘onere di motivazione che viene richiesto dalla giurisprudenza di questa Corte, richiamata anche nel ricorso, appare se nz’ altro assolto e i rilievi svolti sono, in parte, anche versati in fatto e diretti a una rilettura di atti istruttori non consentita a questo Collegio.
Infine, va ribadito, che la costante giurisprudenza di questa Corte, cui il Collegio intende dare continuità (Sez. 3, n. 23097 del 08/05/2019, Rv. 276199; Sez. 3, n. 5075 del 13/12/2017, dep. 2018, Rv. 272009; Sez. 5, n. 4031 del 23/11/2015, dep. 2016, Rv. 267561) ha, in più occasioni, chiarito che l’omessa valutazione di memorie difensive non può essere fatta valere come causa di nullità del provvedimento impugnato, non trattandosi di ipotesi prevista dalla legge, ma può influire, eventualmente, sulla congruità e correttezza logicogiuridica della motivazione che definisce la fase o il grado nel cui ambito siano state espresse le ragioni difensive, le quali devono essere attentamente considerate dal giudice cui sono rivolte. Tuttavia, tale difetto motivazionale non sussiste nel caso in cui la complessiva motivazione offra una ricostruzione del tutto incompatibile con le considerazioni difensive contenute nella memoria, come si riscontra nel caso in valutazione.
Segue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
Così deciso, il 22 maggio 2025