Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 14675 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 14675 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 23/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a REGGIO CALABRIA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 26/09/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di BOLOGNA
udita la relazione svolta dai Consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’annullamento con rinvio
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di sorveglianza di Bologna ha rigettato il reclamo ex art. 18-ter legge 26 luglio 1975, n. 354, presentato da NOME COGNOME, avverso il provvedimento del 27/02/2023 del Magistrato di sorveglianza di Reggio Emilia, che aveva prorogato per tre mesi la sottoposizione al visto di controllo della corrispondenza del suddetto detenuto.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME, a mezzo del difensore AVV_NOTAIO, deducendo violazione di legge penale sostanziale e processuale, con riferimento all’art. 18-ter lett. A) Ord. peri. Attraverso il mero richiamo per relationem alla motivazione del provvedimento reclamato, l’ordinanza impugnata ha ritenuto ancora necessario il moniitoraggio della corrispondenza del condannato, il quale si trova ristretto in regime ex art. 41-bis Ord. pen. da oltr ventidue anni. Non si è tenuto conto trattarsi di soggetto a carico del quale non si è mai reso necessario procedere ad alcun trattenimento di corrispondenza; COGNOME, inoltre, non ha contatti con i familiari più prossimi e, inoltre, ha anche rinuncia alla socialità inframuraria. In alcuna considerazione è stato tenuto, peraltro, il fat che il condannato non risulti coinvolto in alcun procedimento da oltre quindici anni, nonostante ne siano stati nel frattempo instaurati molteplici, a carico di esponenti dell’omonimo clan. Non è stato chiarito, quindi, in che modo e in che misura il condannato possa ancora costituire un pericolo per la sicurezza e per la disciplina dell’istituto; il Tribunale di sorveglianza – in mancanza di elementi evocativi dell attuale pericolosità del soggetto – finisce infatti per richiamare il solo dato de sottoposizione al regime detentivo ex art. 41-bis Ord. pen. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il Procuratore generale ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza impugnata. La sottoposizione al visto di controllo non discende automaticamente dall’applicazione del regime di cui all’art. 4:1-bis Ord. pen., necessitando invece, tale limitazione, di specifica motivazione; questa non coincide con la mera enunciazione delle finalità che sorreggono le norme in materia, ma deve contenere una puntualizzazione in concreto. L’ordinanza impugnata, al contrario, si fonda solo sul richiamo al decreto ministeriale di applicazione del regime speciale e alla richiesta del Direttore del carcere; non vi è motivazione, in ordine all’attualità contatti del condannato con appartenenti alla malavita organizzata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
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1. Il ricorso è fondato.
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2. Giova ricordare che la disciplina attinente alle limitazioni ed ai controll della corrispondenza, nei confronti di persone soggette a restrizioni della libertà personale, è regolata dall’ad 18-ter Ord. pen., nella veste assunta – per quanto qui di interesse – grazie all’intervento della legge 8 aprile 2004, n. 95. La suddetta disposizione, al primo comma, detta una disciplina di carattere generale, in base alla quale tanto le limitazioni, il visto di controllo e la verifica del contenuto buste, disciplinati dai commi che vanno dal primo al quarto, quanto i provvedimenti di trattenimento, consentiti dal quarto comma, possono essere adottati soltanto al ricorrere di esigenze inerenti alle indagini o alla prevenzion dei reati, ovvero per ragioni di sicurezza e di ordine dell’istituto. Tali restriz proprio in quanto limitative di un diritto fondamentale della persona, sono sottoposte – in ossequio all’art. 15 Cost. – ad una riserva di legge, rinforzata dall garanzia giurisdizionale, di tal che l’adozione delle stesse è demandata a un provvedimento motivato dell’autorità giudiziaria, che può adottarlo nei soli casi normativamente previsti. La disciplina sopra tratteggiata si applica indistintamente a tutti i soggetti reclusi e, quindi, anche a quelli sottoposti al regime di cui al 41-bis legge n. 354 del 1975; ed anzi, in relazione a questi ultimi, il comma 2quater, lett. e) di tale articolo prevede, ulteriormente, la sottoposizione a visto censura della corrispondenza, salvo che per quella con i membri del Parlamento o con le autorità europee o nazionali aventi competenza in materia di giustizia.
La giurisprudenza di legittimità, del resto, ha ripetutamente affermato il principio secondo cui «la decisione di mancata consegna, o mancato inoltro, per essere legittima, deve essere motivata, sia pur sinteticamente e tenendo conto del predetto bilanciamento tra ragioni ostensibili e rilievi non consentiti p esigenze investigative o di prevenzione, sulla base di elementi concreti che facciano ragionevolmente dubitare che il contenuto effettivo della missiva sia quello che appare dalla semplice lettura del testo» (Sez. 1, n. 48522 del 11/10/2019, COGNOME, Rv. 277888; Sez. 5, n. 32452 del 22/02/2019, COGNOME, Rv. 277527; Sez. 1, n. 51187 del 17/05/2018, COGNOME, Rv. 274479; Sez. 1, n. 9689 del 12/02/2014, COGNOME, Rv. 259472). La motivazione del provvedimento giurisdizionale, sebbene si possa esplicare secondo una modalità espressiva e argomentativa che si connoti per sinteticità, deve comunque dare esaustivamente conto, in modo comprensibile, dell’iter concettuale seguito dal giudice, non potendo essere svilito fino a presentare un contenuto generico (Sez. 1, n. 16744 del 14/03/2013, COGNOME, Rv. 257013).
3. Tanto premesso, al fine di inquadrare la questione di diritto ora al vaglio di questo Collegio, non vi è chi non rilevi come l’ordinanza impugnata non abbia
mostrato di saper fare buon governo dei sopra esposti principi. E infatti, es risulta adeguatamente motivata, essendosi sostanzialmente limitata a ribadi sussistenza di una adeguata motivazione, quale fondamento del provvedimento confermato, senza però chiarire i punti pile atti a supportare tale affermaz in tal modo, evitando il confronto con le specifiche deduzioni difensive. Il dat perdurante pericolosità del soggetto, d’altra parte, viene tratto semplic dalla gravità dei reati in espiazione e dal fatto oggettivo della sottopos regime differenziato ex art. 41-bis Ord. pen.; in tal modo, però, si finisce per affidarsi a una operazione argomentativa ellittica e tautologica. Il Tribu sorveglianza, infine, omette il confronto con l’ulteriore obiezione difensiv aveva specificamente posto il tema della sussistenza – nella motivaz dell’avversata ordinanza – di una relazione di automatica derivazione l’assoggettamento del condannato al regime ex art. 41-bis Ord. pen. e la sottoposizione della corrispondenza dello stesso a visto di controllo. Anche s punto, peraltro, manca il dialogo con la deduzione difensiva, concernente eventuali riflessi – in punto di attualità della pericolosità sociale del con di due elementi di valutazione e conoscenza, rappresentati dal lungo period sottoposizione a tale regime carcerario differenziato e dall’interruzione dei c anche con i familiari.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il provvedimento impugnat deve essere annullato e gli atti rimessi al Tribunale di sorveglianza di Bolog nuovo esame nel rispetto dei principi di diritto indicati.
P.Q.M Q.M.
Annulla la ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunal di sorveglianza di Bologna.
Così deciso in Roma, il 23 febbraio 2024.