Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 438 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 438 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a GELA il 14/09/1964
avverso l’ordinanza del 28/04/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di SASSARI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del procuratore generale, in persona del sostituto NOME COGNOME che ha chiesto, con requisitoria scritta, il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa in data 28 aprile 2023 il Tribunale di sorveglianza di Sassari ha respinto il reclamo proposto da NOME COGNOME avverso il provvedimento emesso in data 13 febbraio 2023 dal magistrato di sorveglianza di Sassari, con cui è stata autorizzata la sottoposizione a registrazione e controllo uditivo dei colloqui visivi e telefonici del detenuto, sottoposto al regime differenziato di cui all’art. 41-bis Ord.pen.
Il Tribunale ha ritenuto adeguatamente motivato tale provvedimento, stante la attuale pericolosità sociale del detenuto, sottoposto al regime di cui all’art. 41bis Ord.pen. ed al visto di censura sulla corrispondenza per la sua concreta possibilità di mantenere i contatti con la cosca mafiosa di appartenenza, e stante l’effettivo pericolo che possa mantenerli tramite i propri familiari.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso NOME COGNOME per mezzo del suo difensore avv. NOME COGNOME articolando due motivi.
2.1. Con il primo deduce la violazione di legge, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod.proc.pen., con riferimento all’art. 41-bis Ord.pen., per l’omessa motivazione del rigetto del reclamo, nonché per la violazione del diritto di accesso agli atti e del divieto di utilizzazione delle registrazioni.
La motivazione del provvedimento autorizzativo della registrazione dei colloqui è solo apparente, rifacendosi alla nota della direzione del carcere, che a sua volta è priva di elementi fattuali e concreti, e rinvia semplicemente al decreto ministeriale di proroga del regime differenziato. L’asserita pericolosità del ricorrente non è fondata su informazioni di polizia e su provvedimenti giudiziari, ma solo sul predetto atto amministrativo, che peraltro ha disposto la proroga del regime di cui all’art. 41-bis Ord.pen. per condotte negative del detenuto occasionali e di scarso rilievo, e per la pendenza di un procedimento penale non contro il detenuto o suoi familiari, ma contro terzi, alle cui vicende costoro e l’intero clan sono stati ritenuti estranei. Anche l’ordinanza impugnata non fornisce una motivazione autonoma.
Quanto al rispetto del diritto di accesso agli atti, il contenuto delle registrazioni non è stato mai fornito alla difesa, nonostante le molte richieste, e neppure è stato trasmesso all’autorità giudiziaria, che non può quindi esercitare un controllo su di esse. Ciò impedisce l’esercizio del diritto di difesa, in quanto il detenuto ha bisogno di tali registrazioni per una legittima controdeduzione. La direzione carceraria, che le detiene, si dice pronta a consegnarle all’autorità giudiziaria competente, per cui esse, di fatto, non sono disponibili per la difesa.
Non sono, poi, rispettati il divieto di utilizzazione e l’obbligo di distruggere l conversazioni irrilevanti. L’Amministrazione penitenziaria conserva le registrazioni e le utilizza , senza controllo, per sostenere la necessità del rinnovo del regime differenziato, trasmettendole al Ministero senza alcuna possibilità di contraddittorio. Non è vero che ciò è coerente con il trattenimento della corrispondenza, perché questa viene trasmessa all’Autorità giudiziaria, che può valutare la legittimità del trattenimento. Inoltre tali registrazioni contengono dati sensibili, e quindi dovrebbero essere distrutte, se prive di rilevanza penale.
2.2. Con il secondo motivo deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod.proc.pen., per la mancanza e contraddittorietà della motivazione.
Il Tribunale non ha motivato in ordine alla eccepita carenza di istruttoria nel decreto impugnato, alla mancata acquisizione del decreto ministeriale di proroga del regime di cui all’art. 41-bis Ord.pen. e dei vari atti prodromici alla emissione di questo, e non ha motivato neppure in ordine all’assenza di controllo sulle registrazioni.
Il Procuratore generale ha chiesto, con requisitoria scritta, il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il provvedimento con cui il magistrato di sorveglianza autorizza, ai sensi dell’art. 41-bis, 2-quater lett. b), Ord.pen., la sottoposizione a controllo uditivo e a registrazione dei colloqui del detenuto con i familiari deve essere ritenuto impugnabile ai sensi degli artt. 69 e 35-bis (:)rd.pen., comportando, nell’ottica del ricorrente, una limitazione dell’esercizio del diritto del detenuto alla riservatezza (si veda, sul punto, Sez. 1, n. 25366 del 21/05/2014, Madonia, n.m.).
Il ricorso proposto, però, è complessivamente infondato, e deve essere rigettato.
Il Tribunale di sorveglianza ha adeguatamente risposto al reclamo avanzato dal detenuto, ribadendo che l’autorizzazione contestata è stata legittimamente emessa, stante l’accertata pericolosità sociale del ricorrente e il già valutato pericolo di ripristino o di mantenimento dei suoi rapporti con l’associazione criminosa di appartenenza, anche per mezzo dei colloqui con i suoi familiari. GLYPH La valutazione della necessità di applicare una ulteriore forma di controllo, stante la sussistenza di condizioni di pericolosità, è stata effettuata attraverso il richiamo al decreto ministeriale con cui è stata disposta la proroga
del regime penitenziario differenziato, e tale richiamo è adeguato e sufficiente, dal momento che la proroga di detto regime, che comporta un elevato e stretto controllo del detenuto, è stata applicata previo accertamento delle condizioni richieste dalla norma, e non è stata impugnata.
L’affermazione del ricorrente, di una insufficienza di tale richiamo perché i giudici della sorveglianza avrebbero dovuto compiere un’autonoma istruttoria, al fine di valutare la sussistenza della predetta pericolosità, è infondata, in quanto mira a contestare il decreto ministeriale di proroga del regime differenziato emesso in data 08/02/2023, non impugnabile in questa sede. In una memoria inviata al Tribunale di sorveglianza, indicata nel ricorso, il ricorrente ammette, infatti, di non avere impugnato il decreto ministeriale di proroga del regime di cui all’art. 41-bis Ord.pen., imputando tale omissione al ritardato inoltro di sue richieste di copia delle informative citate nell’atto.
La pericolosità sociale e il pericolo di ripristino dei contatti con la cosca di appartenenza sono stati, quindi, accertati in via definitiva con il provvedimento di proroga, e non possono essere rivalutati in relazione alla mera applicazione di una delle limitazioni previste dall’art. 41-bis Ord.pen. Correttamente, quindi, il Tribunale di sorveglianza ha ritenuto sufficientemente motivato il provvedimento autorizzativo del magistrato di sorveglianza, perché conseguente alla valutazione di pericolosità posta a fondamento del decreto applicativo del regime differenziato, e ivi dichiarata in base ad elementi quali la concreta possibilità di ripresa dei contatti con la cosca di appartenenza, la gravità dei molti delitti commessi, l’assenza di forme di revisione critica.
Il decreto del magistrato di sorveglianza, infatti, ha valutato il grado di pericolosità del detenuto, come emergente dal decreto di proroga del regime di cui all’art. 41-bis Ord.pen, legittimamente adottato, decidendo, sulla base di questo, la necessità di applicazione di una ulteriore forma di controllo delle sue conversazioni. Esso, quindi, è adeguatamente motivato, e non sussiste il vizio motivazionale denunciato dal ricorrente.
3. Il ricorso, di fatto, non si confronta con la ratio decidendi dell’ordinanza impugnata, in quanto non critica la valutazione della opportunità di sottoporre i suoi colloqui a controllo uditivo e a registrazione stante la sua accertata pericolosità, ma contesta la sussistenza degli elementi che hanno indotto il Ministero a ritenere necessaria la proroga della sottoposizione del ricorrente al regime differenziato. Era però onere del detenuto impugnare il decreto ministeriale, se riteneva insussistenti gli elementi in esso contenuti o errata la loro valutazione.
Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato nella parte in cui, di fatto contesta non l’ordinanza formalmente impugnata, ma la valutazione di pericolosità sociale e del pericolo di ripresa o mantenimento dei contatti con la cosca di appartenenza, contenuta nel decreto ministeriale di proroga del regime di cui all’art. 41-bis Ord.pen.
Il ricorso deve essere rigettato anche nella parte in cui lamenta il mancato rispetto del diritto di accesso agli atti a fini difensivi e del divieto utilizzazione ed obbligo di distruzione di conversazioni irrilevanti.
Esso propone, su tali punti, delle censure del tutto generiche, prive di specifici riferimenti a vicende che abbiano concretamente leso un diritto soggettivo del ricorrente. Inoltre esso introduce doglianze del tutto estranee all’oggetto del provvedimento impugnato, che si limita ad autorizzare il controllo e la registrazione dei colloqui, non essendo il magistrato di sorveglianza competente ad adottare decisioni preventive in merito all’utilizzo o alla conservazione delle registrazioni.
Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve pertanto essere respinto, e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 29 novembre 2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente