Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 426 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 426 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a MAZZARINO il 30/08/1964
avverso l’ordinanza del 16/02/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
sentite le conclusioni del procuratore generale, in persona del sostituto procuratore NOME COGNOME che ha chiesto, con requisitoria scritta, dichiararsi l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa in data 16 febbraio 2023 il Tribunale di sorveglianza di Roma ha respinto il reclamo proposto da NOME COGNOME avverso il decreto del Ministro della Giustizia emesso il 02 marzo 2022, di proroga per due anni della sottoposizione al regime di cui all’art. 41 -bis Ord.pen., sul presupposto del suo inserimento ai massimi livelli di responsabilità nella sua cosca di appartenenza, tuttora attiva.
Il Tribunale ha ribadito che il proprio controllo sul decreto ministeriale «seppur pregnante e rigoroso, attiene comunque ad un vaglio di tipo esterno, relativo alla logicità e alla congruità della motivazione», ed ha ritenuto che le affermazioni del reclamante, dirette a negare l’attualità del pericolo che egli mantenga contatti con l’associazione criminosa, non siano rilevanti per revocare il decreto stesso, dal momento che la sottoposizione del medesimo al regime differenziato, essendo diretta ad evitare che egli possa avviare contatti con il clan, non richiede la prova della effettività e attualità di tali contatti, ma so l’attualità della capacità di mantenerli o attivarli, dedotta dagli elementi indicat dalla norma stessa. Gli indizi rilevanti di tale pericolo sono costituiti dalle recent condanne riportate dal COGNOME, nelle quali gli viene attribuito un ruolo di spicco all’interno della famiglia di COGNOME, di cui è membro, l’accertato tentativo della cosca, tuttora attiva, di creare contatti con ui attraverso un’avvocatessa collusa, la mancanza di una sua chiara dissociazione o presa di distanza dal sodalizio criminoso. Il Tribunale ha anche respinto la richiesta di acquisizione di vari documenti, affermando che l’attività istruttoria chiesta dalla difesa non sarebbe idonea per una decisione diversa. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso NOME COGNOME per mezzo del suo difensore avv. NOME COGNOME articolando un unico motivo con il quale deduce la violazione di legge, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) e c), cod. proc. pen., con riferimento agli artt. 41 -bis Ord. pen., 125 e 666 cod. proc. pen., 27 Cost., n 6 CEDU.
Il controllo del Tribunale di sorveglianza sul decreto ministeriale di proroga del regime differenziato non riguarda solo la congruità dell’atto, come affermato nell’ordinanza impugnata, ma è diretto a verificare la sussistenza dei presupposti normativi per l’applicazione di detto regime, come ritenuto dalla giurisprudenza di legittimità. Gli elementi indicati nel decreto ministeriale devono essere certi e verificabili, e per tale motivo è errato il diniego di effettuare l’approfondimento istruttorio chiesto dalla difesa, che mirava ad accertare se il ricorrente avesse mai nominato l’avvocatessa asseritamente collusa con la cosca mafiosa o se
avesse sostenuto colloqui con il fratello NOMECOGNOME che avrebbe dovuto realizzare il contatto con detto legale. Il Tribunale di sorveglianza non ha neppure motivato il suo diniego, mentre avrebbe dovuto spiegare le ragioni dell’asserita irrilevanza dei documenti di cui è stata chiesta l’acquisizione, alcuni dei quali erano anche diretti a provare la non operatività attuale della cosca a cui apparteneva il ricorrente.
Di fatto, quindi, il Tribunale non ha verificato la sussistenza dei presupposti indicati nel decreto ministeriale per la proroga del regime differenziato, così emettendo un’ordinanza viziata per carenza motivazionale.
Con motivi nuovi il ricorrente ha precisato di non avere impugnato l’atto deducendo vizi motivazionali, non ammissibili, bensì delle violazioni di legge. La totale assenza di motivazione, infatti, è ritenuta una violazione di legge, che legittima il ricorso in cassazione, e tale è anche l’omessa acquisizione di materiale processuale poi utilizzato per motivare il provvedimento, cioè gli atti indicati nel decreto ministeriale, sui quali il Tribunale di sorveglianza ha fondato la reiezione del reclamo.
Il Procuratore generale ha chiesto,, con requisitoria scritta, dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato, nei termini che seguono, e deve essere accolto.
Questa Corte ha stabilito che «In tema di ordinamento penitenziario, anche a seguito delle modifiche introdotte all’art. 41-bis ord. pen. dalla legge 15 luglio 2009, n. 94, il controllo svolto dal Tribunale di sorveglianza sul decreto di proroga del regime di detenzione differenziato, diversamente dal sindacato conducibile nel giudizio di legittimità, non è limitato ai profili di violazione del legge, ma si estende alla motivazione ed alla sussistenza, sulla base delle circostanze di fatto indicate nel provvedimento, dei requisiti della capacità del soggetto di mantenere collegamenti con la criminalità organizzata, della sua pericolosità sociale e del collegamento funzionale tra le prescrizioni imposte e la tutela delle esigenze di ordine e di sicurezza» (Sez. 1, n. 184:34 del 23/04/2021, Rv. 281361). Il ricorrente, pertanto, ha legittimamente prospettato un vizio inerenteà’l’erroneità della decisione quanto alla natura del controllo svolto dal tribunale di sorveglianza, e la carenza motivazionale in ordine alla sussistenza dei predetti requisiti, con particolare riferimento alla effettiva ed attuale capacità
di attivare o mantenere i contatti con l’associazione di appartenenza, e alla permanente operatività di questa.
3. Sotto tale profilo, l’ordinanza impugnata appare, in effetti, erronea laddove limita i propri poteri di controllo ad un «vaglio di tipo esterno» in merito alla congruità della motivazione del decreto ministeriale. Questa Corte ha, infatti, stabilito che il tribunale di sorveglianza è tenuto a verificare l’effet sussistenza dei presupposti richiesti dall’art. 41-bis Ord.pen. «mediante il ponderato apprezzamento dell’intero materiale probatorio raccolto, quindi non solo degli elementi fattuali posti a fondamento del decreto ministeriale ma anche di quelli, eventualmente, allegati dal reclamante o comunque emersi dall’istruttoria, al fine di riscontrarne, con congrue e pertinenti argomentazioni critiche sulle contrapposte prospettazioni, la idoneità dimostrativa» dei predetti presupposti normativi (Sez. 1, n. 20147 del 16/03/2021, LO Gerfo, n.m.). Il Tribunale, invece, si è limitato a valutare che il decreto nninsteriale contenesse l’indicazione di elementi idonei a dimostrare l’attuale capacità del detenuto di attivare o mantenere i contatti con il sodalizio criminoso e la ancora presente operatività di questo, ma non ha confrontato tali elementi cor quelli che la difesa ha offerto o richiesto, formulando una specifica istanza di acquisizione dei documenti citati nel decreto stesso ovvero di altri, espressamente indicati.
Tale istanza è stata respinta con una motivazione solo apparente, essendosi il Tribunale limitato ad affermare che «l’istruttoria invocata dalla difesa non porterebbe ad un esito diverso nella decisione, con conseguente rigetto». Non è stato spiegato, però, perché le censure del ricorrente in merito alla concretezza e idoneità dei tentativi compiuti dal fratello di questi per contattarlo attraverso un legale compiacente, e in merito alla effettiva sussistenza del sodalizio criminoso di appartenenza, risulterebbero irrilevanti, anche se l’istruttoria richiesta ne dimostrasse la fondatezza, ovvero perché tale istruttoria risulti ictu ()culi inidonea a dimostrare l’insussistenza dei presupposti normativi richiesti per la proroga del regime differenziato.
3.1. L’omessa acquisizione di tali documenti ha comportato, quindi, una carenza motivazionale, avendo impedito di verificare in che misura essi dimostrassero la attuale operatività della cosca e la concreta possibilità della ripresa o mantenimento dei contatti con essa, alla luce delle censure mosse dal ricorrente. Ne consegue che la correttezza e la legittimità del decreto ministeriale impugnato sono state dichiarate solo sulla base della congruità della sua motivazione, in quanto contenente l’indicazione dei presupposti normativi ritenuti accertati e dei documenti che li attesterebbero, mentre è mancata ogni valutazione circa l’effettiva sussistenza di tali presupporti, mediante l’esame
critico delle censure mosse dal ricorrente in merito alla effettiva idoneità dimostrativa dei documenti stessi.
Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere, pertanto, accolto, e l’ordinanza impugnata deve essere annullata, con rinvio al Tribunale di sorveglianza di Roma per un nuovo giudizio, da svolgersi con piena libertà valutativa, ma nel rispetto dei principi sopra puntualizzati.
P.Q. M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ai Tribunale di sorveglianza di Roma.
Così deciso il 29 novembre 2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente