Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 32271 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 32271 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il 21/01/1979
avverso l’ordinanza del 04/03/2025 del Tribunale di Palermo
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso per l’infondatezza del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’ordinanza impugnata, il Tribunale del riesame di Palermo ha confermato il provvedimento del G.i.p. del 14.2.2025, che aveva applicato, nei confronti, tra gl altri, di COGNOME Salvatore, la misura custodiale carceraria in relazione ai reati di c agli artt. 74, commi 1, 2 e 3, D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, aggravato ai sensi dell’art. 416-bis.1 c.p., e 73 del D.P.R. 309/1990 (di cui, rispettivamente, ai capi e 41).
In particolare, il Tribunale ha confermato la misura cautelare dopo aver considerato il cospicuo materiale probatorio e in particolare gli esiti delle numerose intercettazioni intervenute, ritenendo, riguardo all’indagato, pienamente integrati i gravi indizi di colpevolezza in relazione a tutti i reati sopra menzionati, oltre che esigenze cautelari.
Avverso l’indicata ordinanza del Tribunale del riesame, ricorre per cassazione l’indagato, tramite il difensore di fiducia, deducendo, con l’unico motivo articolato violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 273 c.p.p. e D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309. In particolare, si assume che non possono ritenersi sussistenti i gravi indizi di colpevolezza in ordine alla stabilità del contributo ch COGNOME avrebbe apportato all’associazione dedita al traffico di stupefacenti, trattandosi peraltro di soggetto che non risulta avere a suo carico alcun tipo di precedente penale per reati di cui all’art. 74 D.P.R. 309/90, né tantomeno per reati aggravati dall’art. 416-bis.1 c.p. Il Tribunale ha desunto il ruolo del ricorrente riscossione dei crediti vantati nei confronti dei pusher da due sole intercettazion ambientali risalenti rispettivamente al 21 agosto 2023 e al 20 novembre 2023. Orbene, nel corso della prima intercettazione il ricorrente, di fatto, prendeva parte ad una conversazione che aveva luogo principalmente tra altri coindagati, lamentandosi, tre o quattro volte, di alcuni soggetti che non gli avrebbero dato dei soldi. Nel corso della seconda intercettazione invece il ricorrente non prende minimamente parte alla conversazione, rimanendo in sostanza un mero spettatore. Si evidenzia come a fronte di una mole immensa di elementi investigativi di un monitoraggio durato anni di indagini, frutto di sviluppi dei risultati di pregres indagini, gli elementi indiziari a sostegno dei gravissimi reati contestati al ricorre si concretizzano in alcune parole di una conversazione. Non si può dunque in alcun modo desumere un contributo che sia apprezzabile nel tempo. L’occasionalità della condotta del COGNOME non consente di ritenere gravi indizi di colpevolezza in ordine ai reati al medesimo provvisoriamente ascritti, né tantomeno di ritenere provato il coefficiente psicologico in ordine all’aggravante dell’associazione armata. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il ricorso, proposto successivamente al 30.6.2024, è stato trattato – ai sensi dell’art. 611 come modificato dal d.lgs. del 10.10.2022 n. 150 e successive integrazioni, e dell’art. 127 c.p.p. – su richiesta del P.G., oralmente, e, presente il solo Procuratore generale, sono state rassegnato le conclusioni indicate in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
1.AI riguardo si premette il principio generale, applicabile al caso di specie, secondo cui, in tema dì misure cautelari personali, il ricorso per cassazione per vizio di motivazione del provvedimento del Tribunale del riesame in ordine alla
consistenza dei gravi indizi di colpevolezza consente al giudice di legittimità, i relazione alla peculiare natura del giudizio ed ai limiti che ad esso ineriscono, la so verifica delle censure inerenti la adeguatezza delle ragioni addotte dal giudice di merito ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie e non il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (cfr, tra tante, Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976 – 01).
Sicché inammissibile è, innanzitutto, il primo motivo di ricorso che in maniera generica assume l’insufficienza degli indizi ai fini della configurazione del ruol partecipativo del ricorrente rispetto all’associazione finalizzata al traffic stupefacenti oggetto d’imputazione provvisoria, adducendo che dal coacervo probatorio – che rispetto al COGNOME si esaurirebbe in due sole conversazioni intercettate – al più si ricaverebbe l’occasionalità della condotta, e non un contribut stabile.
Laddove il Tribunale ha confermato la misura cautelare con argomenti adeguati e logici, dopo aver considerato il cospicuo materiale probatorio acquisito ed in particolare gli esiti delle numerose intercettazioni intervenute, ritenendo, riguard all’indagato, pienamente integrati i gravi indizi di colpevolezza in relazione ai rea sopra menzionati, oltre che le esigenze cautelari.
In premessa, vi è il riferimento agli sviluppi di altro procedimento penale effettuato in relazione all’associazione di cui all’art. 74 e ai collegamenti c l’associazione mafiosa operante nel medesimo territorio riconducibile al mandamento mafioso di Porta Nuova, emersi nell’ambito di un’articolata attività di indagine svolta dal R.O.N.I. del Comando Provinciale dei Carabinieri di Palermo, avente ad oggetto la composizione e le attività criminali di tale mandamento nel periodo successivo alle ordinanze cautelari del luglio 2022, che avevano azzerato i vertici del sodalizio ai quali erano subentrati due reggenti, COGNOME NOME e COGNOME NOME, classe 75.
L’intero complesso istruttorio valorizzato nell’informativa del Comando Provinciale del 19 giugno 2024 – si precisa nel provvedimento impugnato – ruota, inoltre, intorno alla figura dì NOME COGNOME detto zio NOME, il quale nel peri di detenzione successivo all’arresto del luglio 2022 (operazione cd. Vento) non aveva smesso d’interessarsi delle principali questioni di rilievo mafioso.
L’attività di indagine si è inoltre concentrata, in continuità con le pregress acquisizioni già emerse nell’ambito di altri procedimenti menzionati dai giudici di merito, sugli assetti della distinta associazione a delinquere finalizzata al traffic
sostanze stupefacenti operante nel territorio del medesimo mandamento e diretta dai capi e dagli esponenti di rilievo del sodalizio mafioso
Il tutto anche per evidenziare che l’esistenza del sodalizio dedito al traffico stupefacenti in argomento ha già trovato riscontro nell’ambito del procedimento ‘Vento’, culminato nella sentenza del 22 Febbraio 2024, con cui sono stati condannati diversi accoliti, tra i quali NOME COGNOME Tommaso, detto il COGNOME.
Quindi il Tribunale passa ad illustrare la struttura dì tale associazione evidenziando la presenza di una rigida gerarchia interna al cui vertice si trovavano i medesimi soggetti apicali del mandamento mafioso di Porta Nuova. Sicché vi era non solo una coincidenza spazio-temporale delle due associazioni, ma anche una sorta di identificazione all’esterno dell’associazione finalizzata al traffic stupefacenti con la consorteria mafiosa. Le regole che governavano tale consorteria, fissate dai capi dell’associazione mafiosa, erano rigide, tali da non consentire forme di spaccio indipendente o al di fuori dei confini del territorio, non entro determinati limiti.
Il Tribunale non manca di soffermarsi sui tratti salienti di tale consorteri richiamando anche le risultanze probatorie di altro procedimento penale (5087/24 R.G.N.R.) che aveva disvelato l’esistenza della medesima rete di traffici di stupefacenti, e, quanto al ruolo del ricorrente, sono indicati gli specifici elementi suo carico.
In particolare, il Tribunale, non si limita a citare i dialoghi intercettati ma del iI ruolo partecipativo del ricorrente analizzandone i contenuti ritenuti altament indicativi del coinvolgimento del ricorrente nel traffico di stupefacenti gesti dall’associazione in argomento.
Innanzitutto, evidenzia il collegio territoriale che il COGNOME prese parte ad u incontro nel covo dei partecipi anche di vertice dell’associazione, e che nell’occasione si riuniva: con COGNOME NOME, attinto nel presente procedimento dalla misura di massimo rigore in relazione ai delitti di cui agli articoli 416-bis c. 74 d.p.r. 309/90, quale partecipa con ruolo apicale dell’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti diretta dal mandamento di Porta Nuova; con NOME NOME, alias COGNOME, attinto nel presente procedimento da gravi indizi in relazione al delitto di cui all’articolo 416-bis per aver fatto parte della fami mafiosa di Porta Nuova e uomo di fiducia di COGNOME NOME, a stretto contatto con il sodale mafioso COGNOME e del reggente COGNOME NOME; con COGNOME NOME, il quale, in stretta interrelazione operativa con soggetti dì spessore mafioso membri della famiglia mafiosa di Porta Nuova, esercitava in modo stabile, in affari con COGNOME NOMECOGNOME le attività di spaccio dì cocaina presso l piazze del mandamento.
4 GLYPH
Evidenza il Tribunale che nel corso della conversazione captata, il ricorrente riferiva a COGNOME una serie di lamentela su tale ‘NOME‘ ritenuto poco affidabile sotto il profilo dei pagamenti avendo corrisposto solo la somma di 200 C a fronte di un debito pari a 500 C. COGNOME invitava quindi il ricorrente ad essere più duro nei confronti del ‘Melina’ il quale tra l’altro, come riferito da COGNOME, av provveduto a pagare solo dopo un mese e mezzo un carico di fumo da 1.000 C, che lo stesso COGNOME aveva fornito. COGNOME quindi proseguiva affrontando la questione della ‘chiusura di un conto’, che COGNOME ordinava di riscuotere, da parte di un altro pusher, tale NOMECOGNOME Dopo che COGNOME si allontanava proseguiva l’intercettazione della conversazione tra il ricorrente, COGNOME e COGNOME NOME avente anche stavolta ad oggetto la riscossione di proventi da tali ‘pallinu’ ed NOME Particolarmente significativa – sottolinea il Tribunale – appare la circostanza che i COGNOME e COGNOME chiedevano espressamente a Campisi l’autorizzazione ad intervenire con le maniere forti nei confronti dei debitori, richiedevano, cioè, d parte dei vertici, la loro legittimazione formale nelle riscossioni forzate a conferm della struttura gerarchica dell’associazione a delinquere – in coerenza quindi con le altre emergenze processuali che avevano consentito di delinearne i tratti essenziali.
In definitiva, le conversazioni intercettate indicano, secondo quanto analiticamente tracciato nel provvedimento impugnato, come gli interlocutori discutevano di dinamiche relative agli introiti da percepire (anche in data 20.11.2023, in esito al resoconto, COGNOME dava incarico al ricorrente e al coindagato COGNOME di recuperare i soldi di tale NOME).
Il Tribunale quindi conclude per la sussistenza della gravità indiziaria con argomenti che non si esauriscono nella mera indicazione delle due conversazioni intercettate, ma che delineano nello specifico il ruolo del COGNOME, dando conto i dialoghi del pieno coinvolgimento degli interlocutori, e, per quanto qui rileva, dell stesso COGNOME nelle particolari dinamiche proprie dell’associazione dedita al traffico di stupefacenti in questione, come detto connotata da rigida struttura per la sua coesistenza, e sotto certi aspetti, compenetrazione con quella di stampo mafioso imperante nel medesimo territorio.
Il tutto ha consentito al Tribunale di affermare che dalle richiamate risultanze istruttorie emerge, nel periodo monitorato, la piena partecipazione del ricorrente all’associazione finalizzata al traffico dì stupefacenti operante nel mandamento mafioso di Porta Nuova, resa manifesta dal ruolo svolto, quello di garantire stabilmente, quale emissario del vertice COGNOME e del sodale COGNOME, anche con forme di intimidazione o violenza autorizzate – nel pieno rispetto delle regole del sodalizio – dai superiori gerarchici, la riscossione delle somme periodiche dovute all’associazione mafiosa dai pusher (oltre che la partecipazione personale dello
/4<
stesso ad operazioni di cessione di droga); e dì concludere che si tratta certamente di condotta idonea a connotare il contributo apportato all'associazione in termini di stabilità, a mezzo del quale il ricorrente risulta aver consapevolmente agevolato e consentito al gruppo criminale di proseguire la sua illecita attività.
A fronte di tale puntuale ricostruzione, risulta del tutto generico il moti articolato in ricorso che si limita a contestare la stabilità del contributo pe mancanza di ulteriori risultanze investigative che ne confermino la continuità nel tempo, laddove la proiezione di una condotta può essere desunta – come accaduto nel caso di specie – anche dal tenore di poche conversazioni intercettate indicative del tipo di rapporto esistente tra gli interlocutori che i dialoghi denotano com preesistente e non legato alla circostanza.
Parimenti generico è il ricorso nella parte in cui contesta la riferibi dell'aggravante del carattere armato dell'associazione, di cui all'articolo 74, comma quarto, d.p.r. 309/90, al ricorrente, dal momento che il Tribunale ha argomentato anche al riguardo, evidenziando come l'intima correlazione tra l'associazione mafiosa e l'associazione dedita al narcotraffico rende evidente la chiara consapevolezza degli associati di quest'ultima della notoria disponibilità di armi da parte del sodalizio mafioso. E sul punto non si registrano deduzioni specifiche da parte del ricorrente che si limita piuttosto a ribadire l'occasionalità della condo del ricorrente.
Dalle ragioni sin qui esposte deriva la declaratoria di inammissibilità de ricorso, cui consegue, per legge, ex art. 616 cod, proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese di procedimento, nonché, trattandosi di causa di inammissibilità determinata da profili di colpa emergenti dal medesimo atto impugnatorio, al versamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 3.000,00 in relazione alla entità delle questioni trattate.
Poiché dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà del ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell'articolo 94, comma 1-ter, delle disposizion di attuazione del codice dì procedura penale, che copia della stessa sia trasmessa al direttore dell'istituto penitenziario in cui l'indagato si trova ristretto, provveda a quanto stabilito dal comma 1-bis del citato articolo.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 94, co. 1-ter, disp, at cod. proc. pen.
Così deciso il 24/7/2025.