LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Contributo concorsuale: esclusione e limiti del ricorso

La Procura ricorreva in Cassazione contro l’annullamento di una misura cautelare per rapina, sostenendo l’esistenza di un contributo concorsuale da parte dell’indagata. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che il giudizio di legittimità non può comportare una nuova valutazione dei fatti, ma solo un controllo sulla logicità della motivazione e sulla corretta applicazione della legge da parte del giudice di merito, che nel caso specifico aveva motivatamente escluso un apporto concreto dell’indagata al reato.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 3 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Contributo concorsuale: quando la mera presenza non basta

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 19024/2025, offre un importante chiarimento sui confini del contributo concorsuale nel reato e sui limiti del sindacato di legittimità. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso di un Procuratore che contestava l’annullamento di una misura cautelare, ribadendo un principio fondamentale: la Cassazione non è un terzo grado di giudizio sui fatti, ma un giudice della legge. Analizziamo insieme la vicenda e le sue implicazioni.

I Fatti di Causa: Dall’Arresto all’Annullamento della Misura

Il caso ha origine da un’ordinanza del Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) di Milano, che disponeva la custodia in carcere per una donna, indagata per il reato di rapina in concorso con altre persone (artt. 110-628 c.p.). Secondo l’accusa iniziale, l’indagata avrebbe partecipato al reato mettendo in atto un “diversivo” per distrarre la vittima e agevolare la sottrazione dei beni da parte delle complici.

Successivamente, il Tribunale del Riesame, accogliendo l’istanza difensiva, annullava tale provvedimento. La motivazione del Tribunale si basava su un’attenta analisi delle prove, in particolare delle testimonianze del capotreno e della stessa persona offesa. Secondo i giudici del riesame, da queste testimonianze non emergeva un’effettiva agevolazione o un contributo apprezzabile da parte dell’indagata alla rapina impropria. La sua presenza sul luogo, insieme alle altre presunte “borseggiatrici”, non era di per sé sufficiente a configurare una partecipazione penalmente rilevante.

Il Ricorso in Cassazione e il concetto di contributo concorsuale

La Procura della Repubblica decideva di impugnare la decisione del Tribunale del Riesame dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione. Il fulcro del ricorso si concentrava sulla presunta erronea valutazione del contributo concorsuale dell’indagata. Secondo il Procuratore, il Tribunale aveva ingiustamente sminuito il ruolo della donna, che avrebbe invece offerto un contributo determinante al reato attraverso un’azione fraudolenta di distrazione.

Il ricorso, in sostanza, proponeva una lettura alternativa delle risultanze probatorie, cercando di convincere la Suprema Corte della fondatezza dell’ipotesi accusatoria originaria e, di conseguenza, della necessità di ripristinare la misura cautelare.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo fondato su motivi non consentiti. Gli Ermellini hanno chiarito, ancora una volta, la natura e i limiti del proprio giudizio. Il ricorso per cassazione per vizio di motivazione permette al giudice di legittimità di controllare solo l’adeguatezza e la logicità delle ragioni esposte dal giudice di merito, non di procedere a una nuova e diversa valutazione delle prove.

Nel caso specifico, il Tribunale del Riesame aveva fornito un “ampio e adeguato apparato argomentativo”, escludendo in modo logico e coerente la sussistenza di un contributo effettivo dell’indagata al reato. Aveva valorizzato le testimonianze dirette e complete, ritenendole più attendibili di altre dichiarazioni che si limitavano a collocare genericamente l’indagata sulla scena. Pertanto, il tentativo del Procuratore di proporre una “ipotesi ricostruttiva alternativa” si scontrava con il divieto per la Cassazione di sostituire la propria valutazione a quella, immune da vizi logici, del giudice di merito.

Le conclusioni: i limiti del sindacato di legittimità

La pronuncia in esame riafferma con forza un caposaldo del nostro sistema processuale: la Corte di Cassazione non è un giudice del fatto. Il suo compito non è decidere chi ha ragione o torto nel merito della vicenda, ma assicurare l’uniforme interpretazione della legge e il rispetto delle regole processuali. Quando un giudice di merito, come il Tribunale del Riesame, fornisce una motivazione completa, coerente e non contraddittoria per la sua decisione, questa non può essere messa in discussione in sede di legittimità semplicemente perché esiste una lettura alternativa delle prove. Questa sentenza ci ricorda che per affermare una responsabilità penale, e a maggior ragione per applicare una misura grave come la custodia in carcere, non basta un sospetto o una collocazione spaziale, ma è necessaria la prova di un concreto e apprezzabile contributo alla commissione del reato.

È sufficiente essere presenti sulla scena del crimine per essere considerati complici?
No, secondo la decisione in esame, la mera presenza non basta. È necessario dimostrare un “contributo concorsuale”, ovvero un apporto apprezzabile e concreto alla realizzazione del reato, che il Tribunale del riesame ha escluso in questo caso con motivazione logica.

Può la Corte di Cassazione riesaminare le prove e i fatti di un processo?
No, la Corte di Cassazione non può riesaminare i fatti o l’attendibilità delle prove. Il suo compito è limitato alla verifica della corretta applicazione della legge e della coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata, senza entrare nel merito della ricostruzione fattuale.

Perché il ricorso del Procuratore è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché, invece di denunciare una reale violazione di legge o un vizio logico manifesto nella motivazione, proponeva una diversa valutazione delle prove e una ricostruzione dei fatti alternativa. Questo tipo di censura esula dalle competenze della Corte di Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati