Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 26562 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 26562 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
Di Dio NOMECOGNOME nato a Mistretta il 03/07/1999
avverso la sentenza del 10/12/2024 della Corte di appello di Caltanissetta visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata; udito il difensore, avv. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Caltanissetta ha confermato la sentenza del Tribunale di Enna del 25 gennaio 2024, che aveva condannato NOME COGNOME per il reato di cui all’art. 316-bis cod. pen. alla pena sospesa di mesi sei di reclusione.
Secondo la contestazione, l’imputata, dopo aver ottenuto dall’Agea un contributo comunitario, non lo destinava alle previste finalità di pubblico interesse.
Era stato accertato in sede di merito che la imputata aveva chiesto nel 2019 il contributo da destinare a finalità pubblicistiche legate all’agricoltura, in quanto titolare di lotti pascolativi (a lei concessi dal Demanio forestale della Regione Sicilia), lotti, che tuttavia non disponeva più al momento della erogazione del contributo (29 giugno 2020), in quanto le concessioni le erano state revocate.
Il Tribunale in primo grado aveva assolto l’imputata dai reati di truffa aggravata e falso, contestati in relazione all’ottenimento del contributo, in quanto aveva ritenuto che, al momento della presentazione della relativa domanda (il 17 giugno 2019), era titolare di legittime concessioni demaniali, non ancora revocate (non emergendo prove di una preordinazione, al momento della domanda, della successiva non immissione degli animali nel fondo).
Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputata, denunciando i motivi di annullamento, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Violazione di legge per insussistenza degli elementi materiali e psicologici del reato.
La valutazione dei fatti da parte della Corte di appello ne ha letteralmente travisato la realtà e la natura giuridica delle erogazioni percepite.
In primo luogo, la Corte territoriale non ha tenuto conto delle circostanze che hanno portato all’assoluzione dell’imputata: era effettivamente titolare di un’azienda agricola; si è regolarmente immessa nei fondi in concessione dove ha tenuto i suoi equini in agro di Sperlinga per tutto il 2019 e per i primi sei mesi del 2020, pagando due annualità dei canoni.
La stessa Corte ha ritenuto rilevante la revoca delle concessioni senza considerare la normativa europea che prevede lo scollegamento tra produzione ed erogazione degli aiuti. Nel nuovo regime l’aiuto si compone di più parti: il premio base (58%), del tutto non legato alla produzione; il greening (30%), che è collegato al rispetto di alcuni impegni agro-alimentari; infine, il sostegno per i giovani agricoltori (1%) e aiuti per produzioni specifiche.
Ciò premesso, non risponde al vero che l’imputata non ha utilizzato le somme percepite per le finalità di pubblico interesse (benessere animale e greening), relative alla sola annualità 2019.
Era titolare infatti di una ditta che allevava cavalli con libero pascolo su fondi demaniali. Ha rispettato gli impegni del greening, in quanto titolare di fondi destinati a pascolo (scopo dell’aiuto era di evitare l’abbandono delle terre e la cessazione delle attività, ma non di effettuare attività previste per fondi semina vi
o comunque incompatibili con quelle vietate in zona), dei quali ha avuto la disponibilità materiale per tutto il periodo di riferimento del contributo (2019).
2.2. Assenza di prove sulla condotta e sul dolo. Violazione dell’art. 192 cod. proc. pen. per omessa valutazione di prove a discolpa. Vizio di motivazione.
La sentenza di appello non è motivata validamente sul dolo ed è in contrasto con le argomentazioni che avevano portato alla assoluzione dell’imputata per gli altri capi.
La imputata ha pagato regolarmente i rilevanti canoni al demanio, si è trovata nella impossibilità di immettere gli animali nel fondo, ha subito comunicato all’AGEA la revoca della prima concessione, così dimostrando la mancanza di dolo.
La revoca delle concessioni si è basata su discutibili cavilli e l’amministrazione si è ben guardata dal restituire le somme non dovute.
Sintomo della sua buona fede è anche la restituzione dei titoli all’AGEA di cui era legittima assegnataria dal 2019.
2.3. Mancato esame del motivo relativo all’esclusione della circostanza aggravante di cui all’art. 61 n. 7 cod. pen. e all’obbligo di risarcimento.
La difesa aveva chiesto di rivedere la ritenuta rilevante somma percepita, posto che eliminando il contributo base residuerebbe solo la somma di 8.000 euro pari ai canoni versati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso va accolto per le ragioni di seguito illustrate.
La difesa aveva sottoposto con l’appello la questione, che ha rappresentato con il primo motivo di ricorso, della imputazione del contributo ricevuto al solo anno della domanda (nella specie, il 2019), risultando pertanto indifferente il momento in cui il contributo era stato effettivamente erogato (nel caso in esame nel giugno 2020).
Secondo la tesi difensiva (che trovava fondamento in un arresto di legittimità, Sez. 3 civ., 27/09/2021, n. 26115, Rv. 662496 – 01, quanto al principio del cd. “disaccoppiamento” tra gli aiuti comunitari e la produzione agricola del singolo imprenditore), dirimente era la verifica del possesso nel 2019 da parte della ricorrente dei lotti di pascolo per i’quali aveva chiesto il contributo.
Secondo il citato arresto di legittimità, agli imprenditori agricoli sono attribuit dei titoli agli aiuti P.A.C. non direttamente correlati alla loro produzione, ma sulla base degli ettari di terreno posseduti. Tali titoli, in Italia, sono oggetto di iscrizio in un apposito registro gestito dall’AGEA, e danno diritto al soggetto tito re, annualmente, a ricevere determinate somme dagli enti pagatori (cd. premi
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Ebbene, la Corte di appello, rispetto a tale questione, avrebbe dovuto verificare se il tipo di aiuto richiesto e ottenuto dalla ricorrente era riferito al so
anno della domanda. Invece, ha fornito sul punto una risposta da un lato elusiva, limitandosi a valorizzare il momento in cui la ricorrente aveva ricevuto il
contributo, senza indicare tuttavia la fonte di tale argomentazione, e dall’altro manifestamente illogica, là dove ha ritenuto che in ogni caso anche per il 2019 la
ricorrente non avesse avuto la totale disponibilità dei pascoli.
Risulta invero accertato sin dal primo grado che alla imputata erano stati concessi due lotti di pascolo demaniali, il primo in Sperlinga (concessione n. 25
del 15 maggio 2019) e il secondo a Monreale (concessione n. 31 del 23 maggio
2019).
Per quest’ultimo lotto vi era stata il 18 novembre 2019 la revoca della concessione in quanto alla data di 90 giorni dal provvedimento concessorio la
imputata non era entrata in possesso del lotto. Questa revoca aveva comportato che il 18 giugno 2020 venisse revocata anche l’altra concessione (i due fondi
facevano parte di un’unica azienda agricola).
Pertanto, stando a tale accertamento, almeno per il fondo di Sperlinga, la ricorrente aveva mantenuto il possesso del fondo per tutto il 2019 (essendo irrilevante che la concessione fosse stata revocata ex tunc dal Demanio).
Si impone quindi un nuovo giudizio perché sia affrontata la questione sottoposta dalla ricorrente, che assume rilevanza sia al fine di stabilire l’epoca in cui la ricorrente doveva possedere la disponibilità dei fondi ai fini del contributo richiesto (ovvero per il solo 2019 o anche per l’anno della erogazione del contributo) sia per determinare il quantum del contributo effettivamente non destinato alle finalità previste.
I rilievi sopra indicati assorbono le altre questioni sollevate dalla difesa.
Di conseguenza, l’impugnata sentenza va annullata con rinvio ad altra Sezione della stessa Corte di appello che procederà a nuovo giudizio, colmando le lacune sopra riscontrate nell’esame dell’appello della ricorrente.
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P.Q.M.
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Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appell Caleanissetta.
Così deciso i 08/07/2025. LU GLYPH . GLYPH “?”‘ GLYPH c GLYPH u GLYPH t,