Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 30257 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 30257 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 29/06/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
c’etto il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME
che ha concluso chiedendo GLYPH e-eAz GLYPH -, cA-, GLYPH /9 1, ‘ 64 “;’ er) LJ) GLYPH jJ GLYPH in, 2.. GLYPH i GLYPH c?.,C0 La -e GLYPH cci GLYPH LC2 GLYPH (-01./Y-) PROCEDIMENTO A TRATTAZIONE SCRITTA.
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RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Bologna, con la sentenza in epigrafe, ha rigettato l’istanz revisione, formulata nell’interesse di NOME COGNOME, della sentenza della Corte di appe di Trieste in data 12 settembre 2017 (irrevocabile in data 3 giugno 2020), che, in parzi riforma della sentenza del Tribunale di Pordenone del 15 aprile 2014, ha ritenuto riconducib la distrazione fallimentare ascritta al suddetto (capo P) anche con riguardo ai proventi di capi G) e I), ha confermato la sentenza di primo grado quanto all’affermazione responsabilità di COGNOME in relazione al ruolo apicale ricoperto in un’associazione per delinq finalizzata alla commissione di una serie indeterminata di truffe (capo A), nonché in relazion varie ipotesi di truffa consumata o tentata (capi B, D, E, F, H, I e M), e ha ridetermin conseguenza dell’accoglimento dell’appello del P.m., la pena inflitta a COGNOME in anni 11 e 4 di reclusione.
La Corte territoriale dà atto che l’istanza di revisione è fondata sul presunto contrast questo giudicato e quello assolutorio, per insussistenza del fatto, del Tribunale di Pordenon data 10 maggio 2018, irrevocabile il 7 giugno 2018, nei confronti di COGNOME in ordine ai re cui agli artt. 81 cpv., 5 d. Igs. 10 marzo 2000, n.74, allo stesso contestati per non presentato, essendovi obbligato, le dichiarazioni annuali relative alle imposte 2010 e 2 relative ai proventi illeciti incassati in esito alla consumazione dei reati di cui alla se condanna emessa dal Tribunale di Pordenone sopra indicata.
Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione, tramite il proprio difensore NOME COGNOME, deducendo violazione dell’art. 630, comma 1, lett. a) cod. proc. pen. p erronea estensione di giudicato alle valutazioni giuridiche anziché alle fonti del fatto s nonché travisamento della prova, omessa valutazione di una prova decisiva, e vizio di motivazione.
Lamenta la difesa che l’impugnata sentenza ha spostato il baricentro cognitivo dall’anal dei fatti, come sono emersi nell’ambito di filoni di indagini con esiti differenti, alla va contenutistica della sentenza di condanna della Corte di appello di Trieste di cui si chied revisione, che fa propria.
Osserva che, nel caso di specie, il contrasto attiene ai fatti storie presi in considera per la ricostruzione del fatto di reato e non alla valutazione dei fatti; e che la s impugnata non avrebbe fatto riferimento all’oggettiva incompatibilità tra i fatti storici s fondano le diverse sentenze, ma si sarebbe limitata a giustificare la contraddittorietà logi le due valutazioni, peraltro aderendo integralmente a quella veicolata nel giudicato condanna e non già a quella di assoluzione.
Rileva il ricorrente che con la sentenza di assoluzione il Tribunale di Pordenone composizione monocratica aveva evidenziato che ciò che si può affermare con certezza, sulla z.
base dei documenti bancari e delle dichiarazioni della testimone (la segretaria NOME COGNOME COGNOME il denaro prelevato ripetutamente dai conti delle società formalmente intestate ad altr transitato nelle mani di COGNOME COGNOME COGNOME, invece, non è possibile affermare con altrettanta cert che in seguito sia rimasto integralmente nella sua disponibilità, sì da costituire un suo redd
Lamenta che, invece, la Corte di appello di Bologna, disattendendo fonti probatorie cert che evidenziano l’assenza di indebito arricchimento da parte del ricorrente, sceglie di proprie le considerazioni espresse dalla Corte di appello di Trieste, che, travisando la p dichiarativa, sulla base di intercettazioni in cui COGNOME descriverebbe i ruoli dei vari coinvolti ed emergerebbero i rapporti con COGNOME COGNOMEformale intestatario di una dell associazioni riconducibili all’imputato), pretende di ricavare il coinvolgimento del suddett reato associativo finalizzato alle truffe.
Osserva la difesa che, mentre la Corte di appello di Trieste afferma che COGNOME e l’amministratore di fatto della RAGIONE_SOCIALE e dava ai suoi collaboratori direttive circa i p versamenti da effettuare sui conti correnti delle varie società collegate di cui era pari amministratore di fatto (circostanze confermate dal socio COGNOME COGNOME dalla teste NOME COGNOME), il Tribunale di Pordenone rileva che l’unico elemento di prova che le somme di denar prelevate in contanti da NOME COGNOME fossero finite nelle mani di COGNOME potrebbe ess costituito dalle dichiarazioni del primo, che, però, risulta essersi avvalso della facoltà rispondere, e ritiene, pertanto, indimostrata la destinazione dei prelievi illeciti.
Aggiunge che la Corte territoriale, investita della revisione, ha giustificato il proprio sulla base delle intercettazioni ambientali tra COGNOME e Adelchi, a fondamento della sentenz condanna.
Lamenta la difesa che la Corte a qua ha omesso di confrontarsi con prove decisive che depongono per la sussistenza di meri illeciti di carattere civilistico (affare COGNOME, i lo stesso inquirente a mostrare perplessità per la sussistenza di un reato di truffa, e a COGNOME, in cui, peraltro, i lavori venivano quasi completamente ultimati da COGNOME).
Rileva, inoltre, che l’affermazione di responsabilità di COGNOME sulla base delle sole qu delle persone offese e dell’inconsistenza della struttura societaria al fine di realiz commesse contrasta sia con l’assoluzione di COGNOME COGNOME COGNOME dall’accusa di bancarotta fraudolenta, sia col fatto, riportato dalla stessa sentenza di condanna, che la RAGIONE_SOCIALE avvalesse di società esterne per realizzare i lavori commissionati dai clienti, come evidenz dall’affare COGNOME.
Conclude col dolersi che la Corte investita della revisione reiteri il vizio di travis della prova contabile e dichiarativa della sentenza di condanna, ometta di attribuire pre giuridico a fonti di prova speculari rispetto alla sentenza di condanna e contradd illogicamente le sue asserzioni.
Il difensore, pertanto, insiste per l’annullamento dell’impugnata sentenza.
3
Disposta la trattazione scritta del procedimento ai sensi dell’art. 23 del d. I. n. 2020, l’AVV_NOTAIO Corte, AVV_NOTAIO, conclude, con requisitor scritta, per la declaratoria di inammissibilità del ricorso; il difensore di NOME COGNOME AVV_NOTAIO, insiste, con memoria scritta, per l’accoglimento dell’impugnazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza, oltre che per aspecificità.
In tema di revisione, non sussiste contrasto fra giudicati agli effetti dell’art. 630, 1, lett. a), cod. proc. pen. se i fatti posti a base delle due decisioni, attribuiti a più conco nel medesimo reato, siano stati identicamente ricostruiti dal punto di vista del accadimento oggettivo ed il diverso epilogo giudiziale sia il prodotto di difformi valutaz quei fatti – specie se dipese dalla diversità del rito prescelto nei separati giudizi e dal c diverso regime di utilizzabilità delle prove – dovendosi intendere il concetto di inconcil fra sentenze irrevocabili non in termini di mero contrasto di principio tra le decisioni, be riferimento ad un’oggettiva incompatibilità tra i fatti storici su cui esse si fondano (Se 16477 del 15/02/2022, COGNOME, Rv. 283317: fattispecie relativa a reato di turbata libertà incanti, in cui la Corte ha ritenuto immune da censure il rigetto dell’istanza di rev avanzata dall’istigatore, condannato in sede di giudizio abbreviato, in relazione alla assoluz “perché il fatto non sussiste” pronunciata, in esito a giudizio ordinario, in favore dei s istigati). Inoltre, il concetto di inconciliabilità fra sentenze irrevocabili di cui all’art primo, lett. a), cod. proc. pen., deve essere inteso con riferimento ad una oggett incompatibilità tra i fatti storici stabiliti a fondamento delle diverse sentenze, non contraddittorietà logica tra le valutazioni operate nelle due decisioni; ne consegue ch elementi in base ai quali si chiede la revisione devono essere, a pena di inammissibilità, ta dimostrare, se accertati, che il condannato deve esser prosciolto e, pertanto, non posso consistere nel mero rilievo di un contrasto di principio tra due sentenze che abbian fondamento gli stessi fatti (Sez. 1, n. 8419 del 14/10/2016, dep. 2017, Mortola, Rv. 26975 fattispecie nella quale la Corte ha escluso il contrasto di giudicati fra la sentenza di con emessa nei confronti di un imputato per il reato di falsità ideologica in atti di P.G. e q assoluzione del medesimo dal reato di concorso in falsa testimonianza, rilevando che le due decisioni avevano ad oggetto accertamenti di fatto diversi, fra i quali non era ravvisabile nesso di inconciliabilità ontologica). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Come evidenziato dalla Corte di appello di Bologna, investita della revisione, non v un’oggettiva incompatibilità tra i fatti storici accertati sui quali hanno trovato fonda due sentenze poste a raffronto nella richiesta di revisione, perché nella sentenza assoluto emessa dal Tribunale di Pordenone si riscontra una mancanza di supporto probatorio solo ed esclusivamente in ordine all’obbligo dichiarativo di COGNOME, non essendovi certezza che il den
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prelevato dai conti delle società in quegli anni di imposta (2010-2011) fosse rima integralmente nella disponibilità di COGNOME, sì da costituire un suo reddito.
Per la Corte correttamente tale passaggio motivazionale della sentenza assolutoria, su cu fa leva il ricorso, esclude l’oggettiva incompatibilità tra i fatti storici, rendendo ragione TiWg della assoluta compatibilità, addirittura uniformità, dell’accertamento storico fatto. Invero, ciò che il Tribunale di Pordenone assume quale dato di certezza probatoria processuale è ciò che vale – in relazione ai reati oggetto del giudicato di condanna della C di appello di Trieste – a configurare tanto le ipotesi di truffa, quanto quelle di bancarott quali RAGIONE_SOCIALE ha riportato condanna. Il passaggio nelle mani dell’odierno ricorrente del den prelevato (indebitamente) dalle società costituisce, infatti, come, altresì, rimarcato attentissima requisitoria dell’AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, il dato storico, ammesso incontrovertibilme anche dal giudicato assolutorio, idoneo a realizzare la serie criminosa oggetto della condan definitiva, essendo ovvio che il profitto del reato di truffa o il compendio che concr distrazione nella bancarotta non coincide con il reddito ai fini della dichiarazione fiscale che per la configurazione di quest’ultimo, come afferma lo stesso giudicato assolutorio, necessario che “in seguito (il denaro prelevato) sia rimasto integralmente nella s disponibilità”. E’ evidente che la permanenza nella disponibilità non è il fatto storico p base dell’affermazione di condanna di COGNOME, ma un ulteriore dato che, ai fini d configurazione dell’evasione fiscale, si aggiunge al nucleo fattuale comune tra le suddet fattispecie. Con la conseguenza che la possibile incertezza della quantificazione di quan fiscalmente evaso, se impedisce di configurare il reato fiscale, come sottolineato dalla Cort sede di revisione, non incide certo sulla sicura identificazione di un profitto patrimonial ancorché non determinato nel suo esatto ammontare, integra, unitamente ad altri elementi, l’ipotesi di truffa; né tale indeterminatezza vale ad escludere la condotta distrattiva, ris del tutto differente che i soldi distratti siano stati destinati al patrimonio dell’agente che ad altra finalità, essendo invero essenziale che siano destinati a finalità estranee società anche solo transitando illecitamente dal patrimonio societario nelle mani di COGNOME Correttamente la Corte territoriale rileva che a fatti oggetto di analisi immutati è corr una diversa decisione del Tribunale di Pordenone per una distinta imputazione, del tut svincolata dai reati presupposti (truffe e bancarotta fraudolenta distral:tiva) con un signi in termini strettamente giuridici, diverso da quello privilegiato dalla Corte di appello di sulla base degli elementi sintomatici emergenti dal compendio probatorio in ordine alla responsabilità di NOME COGNOME per i reati di bancarotta fraudolenta distrat associazione per delinquere e truffe; e conclude nel senso che il concetto di inconciliabilit sentenze irrevocabili non deve essere inteso come mero contrasto di principio tra du sentenze, bensì con riferimento ad una oggettiva incompatibilità tra i fatti storici su cui ultime si fondano, con la conseguenza che non è ammessa la revisione della sentenza di condanna fondata sugli stessi dati probatori utilizzati dalla sentenza di assoluzione, in qu Corte di Cassazione – copia non ufficiale
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la revisione giova ad emendare l’errore sulla ricostruzione del fatto e non sulla valutazion fatto
A fronte di tali argomentazioni scevre da vizi logici e giuridici anzi conformi a normativo che si assume violato e alla giurisprudenza di AVV_NOTAIO Corte che lo interpreta, motivo di ricorso, nel lamentare lo spostamento del baricentro cognitivo dall’analisi dei alle loro valutazioni, dimostra di non confrontarsi con tale iter argomentativo, che, invece, verte proprio sull’analisi del dato fattuale per rilevare l’assenza di contrasto tra i giud evidenzia che nella comparazione tra detti giudicati emerge una comune consonanza di fatti storici quanto al loro nucleo essenziale.
Del tutto ultronee e di nessuna inerenza – concordandosi al riguardo con quanto scrupolosamente evidenziato dall’AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO – con il contrasto, da intendersi come inconciliabilità ontologica che correttamente è stata esclusa, sono l’asserita inconsistenza d intercettazioni “Adelchi”, l’omessa valutazione di prove decisive deponenti per la sussistenza meri illeciti di carattere civilistico ovvero l’incidenza da attribuire al silenz dall’imputato in reato connesso, avvalsosi della facoltà di non rispondere, tematiche, tutte, esulano dal tema dell’inconciliabilità del fatto storico tra i giudicati e che si risolvono i fattuali alla sentenza di condanna di cui si chiede la revisione, peraltro in gran par delibate dalla pronuncia di AVV_NOTAIO Corte che ha reso definitiva detta sentenza.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrent pagamento delle spese processuali e – non ricorrendo ipotesi di esonero – al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, congruamente determinabile in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 24 aprile 2024.