Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 24063 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 24063 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME, nato a Tertenia il DATA_NASCITA,
avverso l’ordinanza del 23-10-2023 della Corte di appello di Roma;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni rassegnate dal Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Con ordinanza del 23 ottobre 2023, la Corte di appello di Roma dichiarava inammissibile l’istanza avanzata nell’interesse di NOME COGNOME, volta a ottenere la revisione del decreto penale di condanna emesso il 10 novembre 2012 dal G.I.P. del Tribunale di Lanusei, con il quale il ricorrente era stato condannato alla pena di giustizia, per avere realizzato in agro di Tertenia, in concorso con NOME COGNOME, imputato nel medesimo procedimento penale, un fabbricato ad uso di civile abitazione totalmente difforme dal progetto approvato.
Avverso l’ordinanza della Corte di appello capitolina, COGNOME, tramite il difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando un unico motivo, con il quale la difesa deduce il vizio di motivazione del provvedimento impugnato, nel quale non è stato considerato che la pronuncia assolutoria resa nei confronti del coimputato NOME COGNOME dà luogo a un contrasto di giudicati, in grado di integrare l’ipotesi di revisione di cui all’art. 630 comma 1, lett. a), cod. proc. pen., essendo emerso un profilo di inconciliabilità delle distinte decisioni. Del tutto erronea sarebbe l’affermazione secondo cui la sentenza assolutoria non gioverebbe al ricorrente, atteso che da nessun elemento processuale emerge che la realizzazione delle opere abusive sia riferibile ad NOME COGNOME, essendo risultato piuttosto coinvolto nella vicenda il figlio di costui, NOME COGNOME, nei cui confronti non si è proceduto solo per il decorso del tempo dal reato.
La declaratoria di inammissibilità dell’istanza di revisione avrebbe quindi precluso qualsiasi adeguato accertamento che sarebbe potuto discendere dalla puntuale e doverosa acquisizione degli atti del giudizio celebrato a carico di NOME COGNOME.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
1. Nel dichiarare inammissibile per manifesta infondatezza l’istanza di revisione del decreto penale di condanna del 10 novembre 2012 emesso nei confronti di NOME COGNOME, la Corte di appello ha evidenziato che la pronuncia assolutoria resa nei confronti del coimputato NOME COGNOME, assolto per non aver commesso il fatto, non giova al ricorrente, posto che tale decisione aveva valorizzato, nella sua “assai stringata motivazione”, due elementi di fatto non estendibili ad NOME COGNOME, ovvero il dato che NOME COGNOME abitava in un altro Comune, ossia quello di Foxi Manna, e la circostanza che la difesa del coimputato aveva prodotto una sentenza di usucapione dell’immobile oggetto degli abusi edilizi, sentenza che indicava tra i proprietari delle varie particelle interessate NOME COGNOME, ma non NOME COGNOME, mentre, ai fini dell’individuazione del
responsabile degli abusi, è stato ritenuto non dirimente il fatto che l’accatastamento dell’immobile era stato effettuato dai figli dei due coimputati.
Ciò posto, nell’ordinanza impugnata è stato sottolineato che non poteva ritenersi configurabile nel caso di specie una inconciliabilità tra il decreto penale di condanna reso nei confronti di NOME COGNOME e la sentenza assolutoria di NOME COGNOME, atteso che quest’ultima non escludeva la colpevolezza del ricorrente, ma si limitava a dubitare di quella del coimputato, sulla base o di elementi fattuali riferibili solo a quest’ultimo, come la citata sentenza di usucapione, o in forza di discrezionali considerazioni di tipo logico-valutativo prive di quella valenza oggettiva che avrebbe consentito di escludere la responsabilità pure del ricorrente.
Orbene, il percorso motivazionale della decisione impugnata, in quanto sorretta da argomentazioni non manifestamente illogiche, resiste alle obiezioni difensive, anche perché coerente con la condivisa affermazione di questa Corte (Sez. 6, n. 16477 del 15/02/2022, Rv. 283317 e Sez. 1, n. 8419 del 14/10/2016, dep. 2017, Rv. 269757), secondo cui, in tema di revisione, non sussiste contrasto fra giudicati agli effetti dell’art. 630, comma 1, lett. a), cod. proc. pen. se i fatti posti a base delle due decisioni, attribuiti a più concorrenti nel medesimo reato, siano stati identicamente ricostruiti dal punto di vista del loro accadimento oggettivo e il diverso epilogo giudiziale sia il prodotto di difformi valutazioni di quei fatti (specie se dipese dalla diversità del rito prescelto nei separati giudizi e dal correlato, diverso regime di utilizzabilità delle prove), dovendosi intendere il concetto di inconciliabilità fra sentenze irrevocabili non in termini di mero contrasto di principio tra le decisioni, bensì con riferimento a un’oggettiva incompatibilità tra i fatti storici su cui esse si fondano, incompatibilità esclusa nell’ordinanza impugnata con considerazioni pertinenti, cui la difesa contrappone differenti valutazioni di merito, che tuttavia non possono trovare ingresso in questa sede.
Deve pertanto concludersi nel senso che la declaratoria di inammissibilità dell’istanza di revisione da parte della Corte territoriale non presenta vizi di legittimità rilevabili in sede di legittimità. Ne consegue che il ricorso proposto nell’interesse di COGNOME deve essere rigettato, con conseguente onere per il ricorrente di sostenere le spese del procedimento, ex art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 06/03/2024