Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 30171 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 30171 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a PESCARA il 25/03/1980
avverso la sentenza del 07/10/2024 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte del PG NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento della sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d’Appello per la rideterminazione della pena
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato, la Corte d’Appello di L’Aquila, in parziale riforma dellla sentenza del Tribunale di Pescara datata 21.2.2023, emessa all’esito di rito abbreviato, ha rideterminato la pena inflitta nei confronti di NOME COGNOME applicatagli l’attenuante di cui all’art. 62, primo comma, n. 4, cod. pen., e l’h fissata in mesi dieci e giorni venti di reclusione oltre ad euro 412 di multa L’imputato è stato condannato per il reato di furto semplice di un capo di abbigliamento da un esercizio commerciale di Pescara, commesso il giorno 25.2.2022; sin dal primo grado è stata esclusa la recidiva qualificata contestatagli e, con indicazione contenuta soltanto in motivazione e non specificata in dispositivo, anche l’aggravante dell’esposizione a pubblica fede.
Avverso la citata sentenza d’appello ha proposto ricorso l’imputato, tramite il difensore di fiducia, deducendo un unico motivo con cui lamenta vizio di violazione di legge, con riguardo al divieto di reformatio in peius, per avere il giudice d’appello considerato espressamente il reato come aggravato ai sensi dell’art. 625, primo comma, n. 7 cod. pen., mentre invece la sentenza di primo grado aveva già escluso tale aggravante, come si evince dalla motivazione, ed anche quella della recidiva reiterata specifica infraquinquennale.
Il ricorso denuncia anche il vizio di omessa motivazione sul motivo d’appello riferito alla dosimetria sanzionatoria individuata dal giudice di primo grado, che non avrebbe tenuto conto dei limiti edittali previsti per il furto sempli effettivamente configurato in motivazione, nonostante l’espressa esclusione dell’aggravante dell’esposizione a pubblica fede e della recidiva qualificata (quest’ultima esplicitamente eliminata anche nel dispositivo).
Il ricorrente rappresenta l’insanabile discrasia tra dispositivo e motivazione della sentenza di primo grado e la carenza di argomentazione sulla misura della pena concretamente individuata, che, calibrata ben oltre la media edittale, avrebbe dovuto essere adeguatamente giustificata, secondo un orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità.
Nonostante l’espresso motivo d’appello, la Corte territoriale non ha fornito alcuna risposta, anzi ha sbagliato nel ritenere il delitto aggravato, come si ricava espressamente dal riferimento alla sanzione edittale di cui all’art. 625, primo comma, cod. pen., in fase di rideterminazione della pena.
Il Sostituto Procuratore Generale ha chiesto con requisitoria scritta l’annullamento della sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d’Appello di L’Aquila per la rideterminazione della pena, rilevata la fondatezza del ricorso.
3.1. La difesa dell’indagato ha depositato conclusioni scritte in vista dell’udienza con le quali insiste nell’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato quanto alla ritenuta esclusione dell’aggravante dell’esposizione a pubblica fede ed alla necessità di rideterminare il trattamento sanzionatorio.
Nell’atto di appello era stato evidenziato – sotto il profilo dell’eccessività d trattamento sanzionatorio, che si era chiesto di rideterminare – il vizio derivato dall’aver considerato sussistente l’aggravante dell’esposizione a pubblica fede del maglione del valore di cento euro, oggetto del furto, invece esclusa con chiarezza dal giudice di primo grado in motivazione.
La Corte territoriale non ha tenuto conto dell’osservazione difensiva e, anzi, piuttosto che sciogliere l’ambiguità della decisione del Tribunale mediante la prevalenza della motivazione sul dispositivo, ha espressamente conferito valore alla circostanza aggravante dell’esposizione alla pubblica fede, in realtà esclusa, ai fini della determinazione del trattamento sanzionatorio, pur ridotto per la concessione dell’attenuante prevista dall’art. 62, primo comma, n. 4, cod. pen. e già deprivato dall’operatività dell’aggravante della recidiva qualificata esplicitamente eliminata nel dispositivo.
Il Collegio intende ribadire, invero, che, in caso di contrasto tra dispositivo motivazione della sentenza, la regola della prevalenza del dispositivo, in quanto immediata espressione della volontà decisoria del giudice, non è assoluta, ma va contemperata, tenendo conto del caso specifico, con la valutazione degli elementi tratti dalla motivazione, che conserva la sua funzione di spiegazione e chiarimento delle ragioni della decisione e che, pertanto, ben può contenere elementi certi e logici che facciano ritenere errato il dispositivo o parte di esso (Sez. 3, n. 3969 de 25/09/2018, B., Rv. 275690; Sez. 2, n. 35424 del 13/07/2022, COGNOME, Rv. 283516 – 01; vedi anche Sez. 6, n. 1397 del 15/09/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 266495 – 01).
La sentenza impugnata ha richiamato l’art. 625, primo comma, cod. pen. al momento della rideterminazione della pena, così dando dimostrazione palese dell’errore in cui sono incorsi i giudici d’appello, i quali, in tal modo, hanno anch omesso di rispondere allo specifico motivo d’impugnazione dedicato proprio alla mancata considerazione dell’esclusione dell’aggravante dell’esposizione a pubblica fede, nella determinazione della dosimetria sanzionatoria.
Dinanzi a tale situazione, deve essere, anzitutto, data prevalenza alla motivazione di esclusione in primo grado sul dispositivo, che non ha specificato
l’insussistenza dell’aggravante decisa dal Tribunale, con argomentazioni peraltro molto ampie e, pertanto, inequivoche.
Quindi, va rilevata la violazione del divieto di reformatio in peius,
per avere la
Corte d’appello ritenuto sussistente ed incidente sul trattamento sanzionatorio un’aggravante invece esclusa dal primo giudice, in presenza dell’impugnazione del
solo imputato.
3. La pena emessa in violazione del divieto di reformatio in peius
non può
essere rideterminata dalla Corte, dovendosi riformulare il procedimento commisurativo ed il giudizio sanzionatorio
ex novo, a partire dalla pena base
erroneamente riferita, dalla sentenza d’appello impugnata, all’ipotesi di furto aggravato
ex art. 625, primo comma, n. 1, cod. pen.
La sentenza impugnata, pertanto, deve essere annullata con rinvio alla Corte d’Appello di Perugia.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio con rinvio per nuovo esame sul punto alla Corte d’Appello di Perugia.
Così deciso il 12/06/2025.