Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 31249 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 31249 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Lamezia Terme il 30/08/1991
avverso l’ordinanza del 24/04/2025 della Corte d’appello di Catanzaro visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso;
letta la memoria degli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME pervenuta a mezzo p.e.c. del 8 agosto 2025, con la quale la difesa ha concluso chiedendo l ‘ accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l ‘ordinanza impugnata la Corte di appello di Catanzaro ha dichiarato inammissibile l’istanza di revoca della sentenza, emessa dalla Corte di appello di Catanzaro in data 25 maggio 2020 n. 746-2020, avanzata relativamente all ‘ avvenuto riconoscimento della circostanza aggravante di cui all’art. 7 della legge n. 203 del 1991 ritenuta e contestata per il reato di cui al capo 12 della rubrica.
L ‘ ordinanza impugnata ha dichiarato l ‘ inammissibilità dell ‘ istanza, a fronte della richiesta della difesa che sosteneva l’esistenza di un contrasto di giudicati tra la citata sentenza, relativa alla condanna di Cerra, e quella resa dalla stessa Corte d’appello in data 14 settembre 2022, nei confronti del coimputato
concorrente del medesimo reato, NOME COGNOME per il quale, invece, la stessa circostanza aggravante era stata esclusa.
Il provvedimento ha inquadrato la deduzione svolta nella presunta violazione degli artt. 627, comma 5, 587 cod. proc. pen. e ha escluso il contrasto dedotto stante la natura soggettiva della circostanza aggravante dell ‘ agevolazione mafiosa riconosciuta a carico del ricorrente, nonché considerando l ‘ intervenuta pronuncia di questa Corte di legittimità, del 12 novembre del 2021 che, investita di uno specifico motivo sul punto da parte dell’imputato COGNOME aveva confermato la sussistenza della circostanza aggravante in relazione al reato di cui al capo 12 ascrittogli, annullando la sentenza di appello limitatamente al coimputato NOME COGNOME con rinvio al Giudice di secondo grado per la posizione di quest’ultimo imputato, per nuovo esame sulla detta circostanza aggravante.
Avverso l ‘ordinanza descritta ha proposto tempestivo ricorso per cassazione il condannato, per il tramite del difensore, avv. NOME COGNOME affidando l’impugnazione a due motivi, di seguito riassunti ai sensi dell’art. 173, disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo si denuncia violazione dell’art. 629 cod. proc. pen. e dell’art. 63 del codice di rito in relazione agli artt. 3, 13, 24 quarto comma, 25, secondo comma, 27 Cost. e art. 7 CEDU.
Si richiamano le sentenze di questa Corte Sez. 6 n. 22283 del 7 febbraio 2024, nonché Sez. 1, n. 31263 del 30 maggio 2014.
Si sostiene che, ai fini del contrasto tra giudicati, la verifica da parte del Giudice della revisione non può prescindere dai fatti addebitati all’imputato quali risultanti dalla sentenza oggetto della domanda di revisione.
Di qui il superamento della fase di ammissibilità dell’istanza secondo il consolidato orientamento, indicato nella sentenza n. 48344 del 19 luglio del 2017, secondo la quale il Giudice della revisione, investito dell ‘ istanza di contrasto di giudicati, deve valutare congiuntamente e in maniera unitaria il materiale probatorio che ha dato luogo alla sentenza di condanna impugnata, raffrontandolo con i dati fattuali accertati risultanti dalla sentenza che si pone in conflitto.
Il Giudice della revisione deve osservare un onere motivazionale rafforzato onde ribadire la sostenibilità della soluzione adottata dalla sentenza attinta dall’istanza di revisione.
La Corte di appello di Catanzaro, invece, si è limitata a dichiarare inammissibile l’istanza non attenendosi ai principi richiamati. Si tratta, infatti, di contrasto tra due sentenze che hanno diversamente qualificato il fatto come dedotto ai sensi dell’art. 630 lett a) cod. proc. pen.
2.2. Con il secondo motivo si denuncia violazione dell’art. 630 lett. a) cod. proc. pen. in combinato disposto con l’art. 631, in relazione all’art. 125 cod. proc. pen. e artt. 111 e 24 Cost. e 7 CEDU.
Si richiama Sez. 6, n. 22283 del 7 febbraio 2024 e la pronuncia della Corte costituzionale n. 200 del 2016 in tema di divieto di bis in idem.
Ai fini della revisione, il giudizio di inconciliabilità non può inserirsi nella verifica di un mero accadimento storico ma va valutata l ‘ inconciliabilità tra i fatti e non la mera divergenza di valutazioni giuridiche tra la prima e la seconda decisione. Ai fini dell ‘ individuazione del medesimo fatto, infatti, non si richiede una rivalutazione del compendio probatorio ma una valutazione comparativa per verificare se i fatti accertati dalla sentenza di condanna di cui si chiede la revisione siano conciliabili con quelli stabiliti dalla sentenza divenuta definitiva.
Nel caso di specie, si tratta dello stesso processo in cui vi sono state le stesse acquisizioni probatorie che non hanno potuto determinare una diversa valutazione, pur a fronte della natura soggettiva della circostanza aggravante riconosciuta. Dalle dichiarazioni dei collaboratori richiamate nella sentenza a carico di COGNOME e dalle osservazioni formulate all’interno della sentenza che esclude la circostanza aggravante a carico di COGNOME, infatti, emergerebbero, per il ricorrente, identici profili che, quindi, devono essere reputati estensibili a Cerra. Emergerebbe, dunque, a parere del ricorrente, un conflitto tra giudicati alla luce della valutazione del fatto come svolto all’interno delle due sentenze di appello.
La circostanza aggravante in parola nei confronti di COGNOME riposa su due presupposti, il primo, costituito dall’assenza di reale profitto a vantaggio dell’associazione per tali reati, il secondo, sull’assenza dell’aspetto psicologico atto a ritenere che l’azione delittuosa fosse stata effettuata nell’interesse dell’associazione. I dettagli argomentativi, contenuti nella sentenza resa nei confronti di COGNOME, avrebbero meritato una valutazione in termini di inconciliabilità rispetto alle conclusioni raggiunte per il ricorrente odierno.
Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME ha fatto pervenire requisitoria scritta con la quale ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
La difesa ha fatto pervenire memoria con la quale ha ulteriormente argomentato i motivi di ricorso e ha concluso chiedendone l’accoglimento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso è infondato.
1.1. L’esame, preliminare dell’istanza avanzata al Giudice dell’esecuzione , ai sensi dell ‘art. 670 cod. proc. pen. (cfr. istanza del 27 marzo 2025) ha consentito di rilevare che l’oggetto della richiesta era addivenire alla revoca della sentenza
definitiva emessa a carico di COGNOME riscontrando l ‘assoluta inconciliabilità tra la pronuncia della Corte territoriale resa, in sede di rinvio, nei confronti del coimputato COGNOME per il delitto di rapina loro contestato in concorso al capo 12 della rubrica, per il quale era stata esclusa la circostanza aggravante di cui all ‘art. 7 legge n. 203 del 1991, rispetto a quella che aveva definitivamente condannato COGNOME per il medesimo titolo di reato, ma ritenendolo aggravato ai sensi del citato art. 7.
L ‘istanza, peraltro, segnala va la sussistenza di un contrasto tra le due sentenze, ai sensi dell ‘art. 630, lett. a) cod. proc. pen., stante l ‘ogg ettiva accertata inconciliabilità tra i fatti storici giudicati con le due pronunce definitive relative al medesimo reato di rapina contestato in concorso.
1.2. Ciò premesso, si osserva che sotto entrambi i profili prospettati con i due motivi proposti, il ricorso è infondato.
1.2.1. Il ricorrente, con la prima censura, introduce il tema dell ‘ illegittimità della declaratoria di inammissibilità dell’istanza di revisione in presenza di condizioni tali da impedire l’emissione di un siffatto provvedimento (si citano Sez. 6, n. 22283 del 2024 e Sez. 1, n. 31263 del 2014).
Tuttavia, il Collegio osserva che, se il procedimento introdotto con l ‘istanza dichiarata inammissibile è stato instaurato ai sensi dell’art. 630 , comma 1, lett. a) cod. proc. pen., come sembra doversi ricavare dalla lettura delle argomentazioni svolte nella parte finale dell ‘istanza e, comunque, nel primo motivo di ricorso come ulteriormente argomentato con la memoria da ultimo depositata, deve rilevarsi che, ai fini dell ‘ammissibilità dell’istanza di revisione , è necessaria la sussistenza dei presupposti per addivenire al proscioglimento del condannato.
A mente dell ‘ art. 631 cod. proc. pen., infatti, gli elementi in base ai quali si chiede la revisione devono, a pena di inammissibilità della domanda, essere tali da dimostrare, se accertati, che il condannato deve essere prosciolto a norma degli articoli 529, 530 o 531 cod. proc. pen.
Invero, questa Corte ha affermato il condivisibile principio secondo il quale (Sez. 6, n. 4121 del 16/05/2019, 2020, A., Rv. 278194 -01) in tema di revisione, è inammissibile la richiesta fondata sulla prospettazione di elementi tali da dar luogo, se accertati, non al proscioglimento, ma alla dichiarazione di responsabilità per un diverso e meno grave reato (la fattispecie citata attiene a un’istanza di revisione volta a escludere la ricorrenza di un’aggravante, con conseguente riduzione di pena; conf. n. 12307 del 2008, Rv. 239328 -01; n. 19342 del 2009, Rv. 243778 -01; n. 4464 del 2000, Rv. 215810 -01).
Orbene, nel caso di specie, la prospettazione del ricorrente attiene soltanto alla diversa qualificazione del reato di rapina attribuito in concorso a Cerra e
Paone al capo 12, non anche a delineare elementi per addivenire al proscioglimento dell ‘imputato.
Del resto, va ricordato che, secondo principi consolidati (siccome ribaditi da Sez. U, n. 624 del 26/09/2001, dep. 2002, COGNOME, Rv. 220441 – 01), la delibazione preliminare circa l’ammissibilità della domanda di revisione deve, per quel che concerne la valutazione della sussistenza di ciascuna delle ipotesi di cui all’art. 630 cod. proc. pen., arrestarsi all’obiettivo riscontro della presenza, nell’allegazione difensiva, di specifiche situazioni riconducibili a quelle ritenute dalla legge sintomatiche della probabilità di errore giudiziario e della ingiustizia della sentenza irrevocabile, di cui si chiede la revisione. Ai fini dell’inammissibilità, l’attributo “manifesta” che contrassegna l’infondatezza della domanda di revisione va, dunque, ricollegato alla assolutamente evidente “incapacità delle ragioni poste a base della richiesta a consentire una verifica circa l’esito del giudizio”: con la precisazione che tale capacità deve ritenersi requisito “tutto intrinseco alla domanda”, o meglio alla forza persuasiva della richiesta da sola considerata, essendo riservata, invece, alla fase del merito ogni valutazione sulla effettiva idoneità di tali allegazioni a travolgere, anche nella prospettiva del ragionevole dubbio, il giudicato (Sez. 2, n. 19648 del 03/02/2021, COGNOME, Rv. 281422 – 01; Sez. 1, n. 40815 del 14/10/2010, COGNOME e altro, Rv. 248463 – 01).
1.2.2. Quanto al profilo valutato nel provvedimento impugnato e, comunque, delineato nel secondo motivo di ricorso (v. p. 15), relativo al l’estensione del giudicato favorevole emesso nei confronti del coimputato, si osserva che la lettura della sentenza di annullamento con rinvio, resa dalla sezione Seconda penale di questa Corte, n. 8136-22 del 12/11/2021 rende chiaro che il motivo sulla circostanza aggravante cd. mafiosa proposto da Cerra, in quella sede, era stato dichiarato inammissibile per aspecificità siccome la Corte di merito aveva ritenuto la sussistenza della circostanza aggravante agevolatoria della cosca COGNOME, di natura soggettiva, non specificamente confutata dall ‘ appellante.
In particolare, la Corte di legittimità ha riscontrato che la Corte di appello, nel richiamare espressamente la pronuncia di primo grado, sulla base di una valutazione complessiva delle dichiarazioni dei collaboratori sul ruolo specifico di NOME COGNOME nella vicenda e, più in generale, sui suoi rapporti con i coimputati o con altri soggetti intranei o comunque vicini alla cosca, aveva ritenuto che non poteva sostenersi che il ricorrente, ancorché ovviamente mosso anche dall’intento di arricchirsi personalmente, non sapesse (e, dunque, non volesse) agevolare la cosca capeggiata dal COGNOME (cfr. p. 11, Sez. 2, n. 8136 -22 del 12/11/2021).
Diversamente, per COGNOME, il disposto annullamento, relativo allo stesso tema, era stato determinato dall ‘inadeguata motivazione sull’integrazione dell a circostanza aggravante soggettiva in capo a quell’imputato (cfr. p. 14 e ss. della sentenza di questa Corte citata).
Posto ciò, va rilevato che vi è una parziale genericità dei due motivi di ricorso rispetto al contenuto, sia pure sintetico, della decisione adottata dal Giudice dell ‘ esecuzione perché il descritto tema, quello della preclusione derivante dalla pronuncia di questa Corte sull’esistenza in capo a Cerra, già evidente in sede di merito, della circostanza aggravante speciale, sotto il profilo soggettivo e, dunque, dell’esistenza di un invalicabile giudicato su tale punto, risulta pretermesso.
Il ricorrente si è limitato a spiegare, con ragioni di merito, che, per COGNOME, il Giudice del rinvio aveva escluso che i proventi dell ‘ espletata rapina erano destinati alla cosca COGNOME sulla base di dichiarazioni di collaboratori, posto che tali affermazioni (di COGNOME e NOME COGNOME) avevano consentito di acclarare che i proventi della rapina erano stati suddivisi, esclusivamente, tra i partecipanti al delitto.
Tanto, senza confrontarsi con il tema, ampiamente considerato dalla sentenza sezione Seconda penale di questa Corte, dell ‘ accertamento, svolto in sede di merito a carico di COGNOME, della finalità, oltre che di arricchirsi personalmente, anche di agevolare la cosca capeggiata dal COGNOME, visti gli emersi, personali rapporti con soggetti intranei o, comunque, vicini alla cosca.
Sicché, non è specificamente spiegato il prospettato contrasto tra la sentenza di annullamento con rinvio e quella di appello che, per COGNOME, ha escluso la circostanza aggravante soggettiva, non essendo illustrata compiutamente la ragione per la quale quelle acquisizioni, valevoli per COGNOME, dovessero estendersi a Cerra, così da determinare il dedotto contrasto di giudicati.
1.2.3. Né, infine, può essere considerato estensibile a Cerra il tema, introdotto nell ‘ istanza ex art. 670 cod. proc. pen. ed ulteriormente esplicitato con la memoria depositata nella presente sede, secondo il quale la sentenza del Giudice del rinvio, avendo escluso il versamento dei proventi della rapina nelle casse del clan , aveva escluso senz ‘ altro ogni finalità egoistica di agevolare il sodalizio, per assenza di riscontri oggettivi e soggettivi, in capo a COGNOME. Si tratta, infatti, di conclusione e accertamento di merito, senz ‘ altro valevole per il coimputato che, tuttavia, si scontra con il diverso accertamento cui sono pervenuti i Giudici di merito per Cerra, di cui rende conto la sentenza di legittimità ripetutamente citata, come riportato nel provvedimento censurato.
Del resto, è noto che la finalità agevolatrice necessaria ad integrare la citata circostanza aggravante è configurabile nel caso in cui l’agente persegua anche lo
scopo di trarre un vantaggio proprio dal fatto criminoso (purché a esso si accompagni la consapevolezza di favorire l’interesse della cosca beneficiata, procurando indebiti vantaggi: tra le altre, Sez. 5, n. 11101 del 04/02/2015, COGNOME, Rv. 262713 – 01).
Segue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, il 10 settembre 2025
Il Consigliere estensore Il Presidente
NOME COGNOME NOME COGNOME